Plastica mitralica transcatetere per il trattamento dell’insufficienza mitralica acuta

Francesco Cannata1,2, Jorge Sanz-Sanchez1,3, Ottavia Cozzi1, Martina Briani4, Letizia Bertoldi4,
Fabio Fazzari2, Giuseppe Ferrante3, Elena Corrada4, Renato M. Bragato2, Giulio G. Stefanini1,3,
Paolo G. Pagnotta3, Bernhard Reimers3, Damiano Regazzoli3

1Dipartimento di Scienze Biomediche, Humanitas University, Pieve Emanuele (MI)

2U.O. Ecocardiografia, 3U.O. Cardiologia Interventistica, 4Unità di Cura Coronarica,

IRCCS Humanitas Research Hospital, Rozzano (MI)

Acute mitral regurgitation is a life-threatening pathology. Nowadays, percutaneous mitral valve repair with the MitraClip device offers, in selected patients, a safe and effective therapeutic alternative to open surgery. Hereby, we report the case of an 82-year-old woman with lateral ST-elevation myocardial infarction determining severe acute mitral regurgitation, who was treated with an urgent MitraClip procedure. Moreover, we discuss echocardiographic assessment of acute mitral regurgitation and we review available literature and possible management of this complex scenario.

Key words. Cardiogenic shock; MitraClip; Mitral regurgitation; Myocardial infarction; Papillary muscle rupture; Percutaneous mitral valve repair.

INTRODUZIONE

La riparazione percutanea della valvola mitrale (VM) con sistema MitraClip (Abbott Vascular, Abbott Park, IL, USA) è una consolidata opzione terapeutica per i pazienti con insufficienza mitralica (IM) severa, rischio chirurgico elevato e caratteristiche anatomiche favorevoli della VM1. Mentre nell’IM cronica i risultati della riparazione percutanea della VM sono sostenuti da numerose evidenze, i dati riguardanti l’uso di tale sistema nell’IM acuta sono limitati a casi clinici e piccoli registri.

Il trattamento tradizionale dell’IM acuta ha finora previsto il ricorso alla cardiochirurgia dopo la stabilizzazione emodinamica del paziente, ma oggi, grazie alla riparazione percutanea della VM, abbiamo a disposizione una nuova alternativa terapeutica2.

CASO CLINICO

Una paziente di 82 anni si presentava in pronto soccorso per dolore toracico insorto 72 h prima. La paziente era nota per ipertensione arteriosa, artrite reumatoide, talassemia minor, ed aveva una storia di radioterapia toracica per un pregresso tumore della lingua. L’ECG mostrava un sopraslivellamento in sede laterale con onde q nelle derivazioni posteriori. L’ecoscopia a letto mostrava una frazione di eiezione del 40%, acinesia delle pareti laterale e posteriore, normali dimensioni ventricolari ed atriali, un’IM lieve e sezioni destre nella norma.

La successiva coronarografia mostrava una stenosi critica dell’arteria circonflessa prossimale, che veniva trattata con angioplastica ed impianto di due stent medicati. La procedura veniva complicata da un severo “no-reflow”, che richiedeva il posizionamento di un contropulsatore aortico e l’infusione intracoronarica di adrenalina e nitroprussiato con successiva normalizzazione del flusso coronarico. La paziente si manteneva stabile in unità coronarica per le successive 24 h, dopodiché l’improvvisa comparsa di congestione polmonare ed ipotensione richiedevano l’intubazione e l’uso di vasopressori ad alte dosi. L’ecocardiogramma transtoracico e transesofageo mostravano un’IM acuta di grado severo con un jet eccentrico diretto verso la parete posteriore dell’atrio sinistro, dovuta a “tethering” estremo del lembo mitralico posteriore con associata rottura parziale del muscolo papillare posteromediale e conseguente prolasso del lembo mitralico anteriore (Figura 1). L’Heart Team escludeva l’opzione cardiochirurgica per il proibitivo rischio operatorio (età, infarto miocardico subacuto con danno da “no-reflow”, pregressa radioterapia toracica, doppio antiaggregante, instabilità emodinamica, STS score 66.6%) e nonostante le caratteristiche anatomiche non ottimali della VM, si decideva di valutare l’opzione della riparazione percutanea. Il meccanismo dell’IM rientrava nel tipo IIIC della classificazione di Carpentier e determinava un jet principale tra A3 e P3, con un lembo mitralico posteriore di 9 mm ed un’ampia distanza sistolica (>10 mm) tra i punti di coaptazione dei lembi dovuta alla parziale eversione del lembo anteriore, ma in assenza di calcificazioni nella zona di “grasping” e con un basso rischio di stenosi mitralica (area della VM >4 cm2)3.

La procedura percutanea di riparazione della VM veniva eseguita in urgenza in anestesia generale, con contropulsatore aortico e vasopressori, sotto guida transesofagea e fluoroscopica. Venivano impiantate due clip, prima una XTR in posizione A3-P3 con un’IM residua moderata e gradienti transmitralici medi di 3 mmHg, poi una NTR in posizione A2-P2 con un’IM residua lieve e gradienti di 4 mmHg (Figura 2).




Il beneficio emodinamico risultava immediato e la paziente veniva progressivamente svezzata da vasopressori e contropulsatore ed estubata. La paziente è stata quindi dimessa in decima giornata postoperatoria con un’IM residua lieve e gradienti medi di 5 mmHg.

DISCUSSIONE

L’IM acuta è un’emergenza medica caratterizzata dall’improvviso e importante aumento delle pressioni atriali sinistre ed una riduzione della portata cardiaca in cuori con usualmente modesti meccanismi di compenso (ventricoli ed atri di normali dimensioni). Da un punto di vista clinico questa situazione si riflette in quadri di edema polmonare e shock cardiogeno2,4,5.

La diagnosi è principalmente ecocardiografica. La valutazione dell’IM acuta presenta alcune specificità: il color-Doppler può sottostimare la severità della valvulopatia, sia per la rapida equalizzazione delle pressioni atriali e ventricolari sia per l’eccentricità dei jet con effetto “Coanda”2,4,5. Pertanto, le misurazioni quantitative basate sul color-Doppler risultano fuorvianti; invece, misure semiquantitative come l’ampiezza della vena contracta e l’aspetto della curva velocità-tempo alla valutazione con il Doppler continuo, di solito triangolare e densa, rappresentano strumenti diagnostici semplici ed affidabili. Ogni misurazione deve essere interpretata alla luce del contesto clinico, perciò IM acute di grado apparentemente moderato devono essere considerate emodinamicamente significative in presenza di un quadro di scompenso cardiaco acuto, non altrimenti giustificabile. L’ecocardiografia transtoracica è l’esame di prima linea per la diagnosi differenziale della dispnea acuta, eseguibile a letto e sufficiente per orientare il sospetto diagnostico. L’ecocardiografia transesofagea con ricostruzione tridimensionale è considerata necessaria per un’accurata valutazione del meccanismo dell’IM e dell’anatomia della VM, nonché per la pianificazione preoperatoria e la guida intraprocedurale6,7.

Identificare il meccanismo e la causa dell’IM acuta è fondamentale per definire l’approccio terapeutico più appropriato per il singolo paziente. Le cause di IM acuta sono molteplici, i meccanismi sono definiti secondo la classificazione di Carpentier (Tabella 1)3.




Una volta diagnosticata l’IM acuta, la valutazione ecocardiografica deve distinguere i danni strutturali dalle alterazioni funzionali della VM, in quanto le cause organiche (rottura di papillare o di corda) richiedono sempre un intervento di riparazione, mentre le cause funzionali (“tethering”) possono migliorare se si agisce sulla sottostante ischemia miocardica o disfunzione sistolica2,4,5. Segue lo studio del movimento dei lembi e delle lesioni anatomiche, ed infine la valutazione con color-Doppler dell’area di convergenza e dei jet di rigurgito7.

Un danno strutturale con normale movimento dei lembi (Carpentier I) è generalmente dovuto alla perforazione di un lembo, in seguito ad un’endocardite infettiva o un danno iatrogeno da cateteri o dispositivi transaortici di supporto del circolo6. Rotture cordali o dei muscoli papillari sono alla base di prolassi o eversioni dei lembi (Carpentier II). La degenerazione mixomatosa della VM o malattia di Barlow, il deficit fibroelastico e l’endocardite infettiva rappresentano le cause principali di rottura cordale, invece le rotture complete o parziali dei muscoli papillari sono perlopiù complicanze meccaniche di infarti miocardici acuti (IMA)6.

Tra le alterazioni funzionali della VM con restrizione simmetrica (Carpentier IIIb) o asimmetrica (Carpentier IIIc) del movimento dei lembi, la causa più frequente è l’ischemia miocardica. Nelle fasi più precoci di un IMA, persino un modesto “tethering” valvolare dovuto a disfunzione ventricolare regionale e/o globale può portare ad IM emodinamicamente significative8. Ulteriore meccanismo funzionale, raro ma altamente pericoloso, è il movimento sistolico anteriore dei lembi (Carpentier IV) nella cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva o, più raramente, nella cardiomiopatia da stress (sindrome Takotsubo)6,7.

Dalla sua introduzione ad oggi, la tecnica di riparazione percutanea della VM ha subito numerosi passi in avanti, sia legati alla maggiore esperienza degli operatori, sia ai miglioramenti dei dispositivi stessi. Ad oggi, quindi, poche sono le controindicazioni anatomiche assolute alla riparazione percutanea della VM: estese calcificazioni dell’area di “grasping”, minima lunghezza dei lembi (<7 mm) e ridotta area della VM (<3.5 cm2)9. Per questo è stato possibile sviluppare una discreta esperienza sull’uso della MitraClip nell’IM acuta, derivata principalmente da registri di piccole dimensioni, sintetizzati nella Tabella 2, e casi clinici10-14.







 Nella maggior parte dei casi l’IM era il risultato di una complicanza meccanica da IMA, con un meccanismo funzionale da “tethering” dei lembi o strutturale da rottura dei muscoli papillari. La rivascolarizzazione primaria per via percutanea veniva sempre eseguita eccetto nelle presentazioni tardive per il rischio di danno da riperfusione su miocardio necrotico. Le condizioni emodinamiche erano spesso critiche, con evidenza di shock cardiogeno ed edema polmonare, con la necessità di intubazione e supporto del circolo con inotropi/vasopressori e contropulsatore aortico. La decisione dell’Heart Team di procedere con la riparazione percutanea della VM era primariamente guidata dall’alto rischio chirurgico dovuto a instabilità emodinamica, ischemia acuta/subacuta, doppia terapia antiaggregante, età avanzata o comorbilità, e dal favorevole rapporto rischio-beneficio della procedura. La tempistica della procedura era determinata dalle condizioni emodinamiche e dalle possibilità di risposta dell’IM alla terapia medica ed alla rivascolarizzazione. Nelle casistiche analizzate, sono state posizionate da una a tre clip con successo procedurale quasi completo, significativa riduzione del grado di IM, sostanziale riduzione delle pressioni atriali sinistre ed incremento della gittata cardiaca. L’unica complicanza maggiore è stata riportata da Haberman et al.13: un caso di lacerazione del lembo mitralico posteriore in seguito all’impianto della seconda clip, per cui il paziente è stato sottoposto a cardiochirurgia urgente ma è deceduto. I risultati a breve termine sono promettenti, con alti tassi di sopravvivenza, una sostenuta riduzione del grado di IM ed un notevole miglioramento della classe funzionale e risultano ancor più interessanti se confrontati con gli scadenti esiti della cardiochirurgia nell’IM acuta15. Ciononostante, occorre tenere in considerazione un possibile bias di pubblicazione e ricordare che l’esperienza degli ecocardiografisti e dei cardiologi interventisti ha un ruolo determinante sul risultato delle procedure di MitraClip. La riparazione percutanea della VM presenta alcuni chiari vantaggi rispetto alla cardiochirurgia: è una procedura sicura che non preclude il ricorso successivo all’intervento cardiochirurgico, permette di evitare la circolazione extracorporea e il danno infiammatorio miocardico associato ed infine non causa anomalie della cinesi a carico del setto interventricolare e del ventricolo destro14.

Proponiamo una flow-chart per la scelta del percorso terapeutico nell’IM acuta (Figura 3).




Stabilizzate le condizioni emodinamiche del paziente e posta diagnosi di IM acuta, l’ecocardiografia transesofagea è necessaria per indirizzare il percorso terapeutico.

Un meccanismo Carpentier I deve spingere ad escludere un’endocardite infettiva attiva, la quale rappresenta una controindicazione alla MitraClip16.

Un meccanismo Carpentier II richiede l’esclusione di endocarditi attive e la ricerca di ischemia/IMA in atto, dal cui trattamento con rivascolarizzazione miocardica e terapia medica l’IM potrebbe beneficiare. Una valutazione caso per caso è necessaria e deve prendere in considerazione la presenza di ischemia in atto, la tempistica di insorgenza dell’ischemia/IMA, l’estensione della malattia coronarica, il tipo di lesione della VM e il peso differenziale della malattia ischemica e valvolare. La rivascolarizzazione primaria di IMA con sopraslivellamento del tratto ST è sempre indicata a meno di presentazioni tardive. Le rotture cordali conseguenti a malattia di Barlow o deficit fibroelastico richiedono, invece, un’attenta definizione della lesione valvolare17.

Un meccanismo Carpentier III è dovuto a disfunzione sistolica regionale o globale del ventricolo sinistro. La rivascolarizzazione miocardica e la terapia medica possono determinare un notevole beneficio sull’IM, ed una rivascolarizzazione più precoce si associa ad un beneficio maggiore18. Pertanto, se le condizioni emodinamiche sono stabili dopo la rivascolarizzazione e l’implementazione della terapia farmacologica, una strategia “wait and see” può essere appropriata.

Un meccanismo Carpentier IV si osserva nella cardiomiopatia ipertrofica e nella sindrome Takotsubo e rappresenta una causa insidiosa di IM acuta. La diagnosi ecocardiografica è fondamentale dato che vasodilatatori, inotropi e contropulsatore aortico possono paradossalmente peggiorare lo stato emodinamico del paziente. Le armi da adoperare sono quindi betabloccanti, espansione volemica, interruzione degli inotropi, aumento del postcarico con vasopressori. Tra i supporti meccanici del circolo, appare maggiormente indicato il ricorso a Impella od ossigenazione extracorporea a membrana rispetto al contropulsatore aortico.

Al termine della fase diagnostica, l’Heart Team deve definire il percorso terapeutico più adatto per il singolo paziente soppesando fattori clinici ed anatomici: età, comorbilità, stabilità emodinamica, risposta alla terapia medica, meccanismo dell’IM, rischio chirurgico, compresenza di altre indicazioni cardiochirurgiche ed esperienza del singolo centro. Se il rischio operatorio è basso, è presente un ulteriore bersaglio cardiochirurgico e la lesione della VM è organica, l’intervento di cardiochirurgia è la prima scelta. In tutti gli altri casi, a nostro parere, la MitraClip potrebbe essere sempre tentata secondo una filosofia di graduale incremento dell’invasività delle procedure. La riparazione percutanea della VM è, infatti, una procedura sicura che non esclude, in caso di fallimento o risultato subottimale, il ricorso successivo alla cardiochirurgia; inoltre, la sua fattibilità richiede la compresenza di sole tre condizioni: possibilità di avvicinare ed afferrare i lembi con la clip, basso rischio di stenosi mitralica residua, adeguata finestra acustica transesofagea19.

CONCLUSIONI

L’IM acuta è un’emergenza medica e chirurgica, date le sue potenziali conseguenze cliniche ed emodinamiche severe e potenzialmente rapidamente evolutive. In tale contesto, la riparazione transcatetere della VM rappresenta al giorno d’oggi un’opzione terapeutica sicura ed efficace, non preclude la cardiochirurgia ed è potenzialmente efficace in quasi tutti i contesti anatomici e fisiopatologici, con pochissime controindicazioni. Un’accurata valutazione ecocardiografica dell’anatomia e della funzione della VM e la discussione delle caratteristiche del paziente e delle eventuali comorbilità in Heart Team sono fondamentali per personalizzare il percorso terapeutico migliore. Le evidenze disponibili confermano i buoni risultati della riparazione transcatetere della VM nel contesto acuto, ma ulteriori studi sono necessari per evidenziare limiti ed applicabilità di questa tecnica.

RIASSUNTO

L’insufficienza mitralica acuta è uno scenario clinico ad elevata complessità e ad elevato impatto prognostico. In tale contesto, la riparazione percutanea della valvola mitrale con sistema MitraClip può rappresentare una nuova arma terapeutica finalizzata a minimizzare il rischio operatorio e a garantire buona efficacia nella riduzione dell’entità dell’insufficienza valvolare. Presentiamo qui un caso di riparazione transcatetere con MitraClip in un’anziana paziente con insufficienza mitralica acuta dovuta ad infarto miocardico acuto laterale, con un focus particolare su aspetti riguardanti la valutazione ecocardiografica dell’insufficienza mitralica e i parametri da valutare per un buon decision-making.

Parole chiave. Infarto miocardico; Insufficienza mitralica; MitraClip; Riparazione percutanea della valvola mitrale; Rottura dei muscoli papillari; Shock cardiogeno.

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