L’alcolizzazione del setto interventricolare
nella cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva:
il ruolo emergente del Cardiomyopathy Team

Felice Gragnano1, Vincenzo Pasceri2, Giuseppe Limongelli3, Gaetano Tanzilli4, Paolo Calabrò1,
Francesco Pelliccia4

1Cattedra di Cardiologia, Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, U.O.C. Cardiologia-UTIC,
AORN Sant’Anna e San Sebastiano, Caserta

2U.O. Cardiologia, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale San Filippo Neri, Roma

3U.O. Cardiologia Pediatrica e U.O. Riabilitazione e Scompenso Cardiaco, Ospedale Monaldi, A.O. dei Colli,
Dipartimento di Scienze Cardio-Toraciche e Respiratorie, Seconda Università degli Studi, Napoli

4U.O. Cardiologia e Angiologia, Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, Sapienza Università di Roma, Roma

Alcohol septal ablation is a minimally invasive, safe, and effective procedure for the treatment of left ventricular outflow tract (LVOT) obstruction in patients with hypertrophic obstructive cardiomyopathy (HOCM) who remain symptomatic despite maximal medical therapy. Originally performed by Ulrich Sigwart in 1994, the procedure causes a iatrogenic infarction – through the injection of absolute alcohol – of the basal portion of the interventricular septum and aims at reducing LVOT obstruction in order to improve patient’s hemodynamics and symptoms. Numerous studies have demonstrated the effectiveness and safety of the procedure, making it a valid alternative to surgical myectomy. The success of alcohol septal ablation depends upon the selection of the patient and the experience of both the operators and the center where the procedure is performed. In this review, we summarize current evidence on alcohol septal ablation, describe its procedural aspects and propose a multidisciplinary approach that involves a team of clinical cardiologists, interventionists, and cardiac surgeons, the Cardiomyopathy Team, with high experience in the clinical management of these patients.

Key words. Alcohol septal ablation; Hypertrophic cardiomyopathy; Interventricular septum; Left ventricular outflow tract; Myectomy; Obstruction.

INTRODUZIONE

La cardiomiopatia ipertrofica (CMI) si caratterizza per un’ipertrofia del ventricolo sinistro non secondaria a condizioni di sovraccarico emodinamico1. Per l’estrema eterogeneità fenotipica, dalla sua descrizione iniziale, la CMI ha ricevuto oltre 70 differenti terminologie da parte di singoli ricercatori e dei gruppi di ricerca che l’hanno studiata. Tra il 1950 e il 1960, una nuova condizione clinica denominata “ipertrofia settale asimmetrica” ed associata ad un alto rischio di morte cardiaca improvvisa veniva per la prima volta descritta nel Regno Unito. Negli stessi anni, dall’altra parte dell’oceano, due guru della cardiologia moderna, Eugene Braunwald e David Morrow, diagnosticavano e trattavano – in modo pionieristico – l’ostruzione dinamica del tratto di efflusso ventricolare sinistro (left ventricular outflow tract, LVOT) all’interno di un nuovo quadro clinico che definirono “stenosi subaortica ipertrofica idiopatica”2.

La CMI è una patologia relativamente comune (prevalenza 1:500) ed ha carattere ereditario in più della metà dei casi, più frequentemente con trasmissione autosomica dominante, legata ad una mutazione genetica di una proteina sarcomerica2. Il sospetto diagnostico iniziale è generalmente guidato dall’anamnesi (es. familiarità per morte improvvisa) e dalla presenza di sintomi e segni elettrocardiografici più o meno tipici, e confermato da metodiche di imaging cardiaco (es. esame ecocardiografico, risonanza magnetica cardiaca) che mostrano la presenza di ipertrofia cardiaca (spessore del setto interventricolare [SIV] >15 mm) e ne caratterizzano la morfologia (asimmetrica, settale, concentrica)1. La diagnosi differenziale tra CMI e cuore d’atleta è in genere complessa e basata su di un approccio multiparametrico che include ECG e test di imaging necessari per distinguere un’ipertrofia fisiologica da una patologica3-5. In circa il 30% pazienti con CMI è possibile identificare un’ostruzione dinamica dell’LVOT a riposo, mentre in un altro 30% dei pazienti un’ostruzione si slatentizza dopo manovra di Valsalva, esercizio fisico o stress farmacologico2. I pazienti affetti da CMI possono rimanere asintomatici nel corso della loro vita, a meno dell’insorgenza di aritmie, ostruzione ventricolare sinistra, disfunzione ventricolare sinistra e/o scompenso cardiaco2. Nei pazienti con documentata ostruzione dell’LVOT, il grado dei sintomi a riposo o sotto sforzo è estremamente variabile, rendendo spesso difficile una chiara definizione dello stato clinico. Aritmie ventricolari potenzialmente fatali possono rappresentare la prima tragica manifestazione della malattia, in particolare nel caso di pazienti giovani e/o negli atleti2,6. Per questo motivo, il rischio di morte cardiaca improvvisa dovrebbe essere valutato di routine in base alle caratteristiche cliniche e/o modelli e score di rischio standardizzati (es. modello HCM Risk-SCD)6.

ITER DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO DELLA CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA OSTRUTTIVA

Meccanismi di ostruzione ventricolare

L’ostruzione dell’LVOT e il gradiente che ne consegue nei pazienti con CMI è per sua natura dinamico e varia in funzione delle condizioni di carico e di contrattilità. L’ostruzione è causata dal movimento sistolico anteriore (SAM) della valvola mitrale e dal successivo contatto tra il lembo mitralico anteriore e il SIV2. Anche se inizialmente veniva considerato patognomonico di CMI, il SAM può associarsi a differenti condizioni in grado di alterare strutturalmente o funzionalmente l’apparato valvolare mitralico, l’angolo mitro-aortico, la morfologia e/o la contrattilità del ventricolo sinistro. Nella CMI, il SAM è generalmente considerato secondario all’effetto Venturi e alla riduzione dell’angolo mitro-aortico7. Tuttavia, le anomalie primarie dell’apparato mitralico (spostamento antero-mediale dei muscoli papillari, allungamento dei lembi valvolari, ecc.) gioca un ruolo centrale nel suo determinismo. Durante la sistole ventricolare, l’effetto Venturi e le forze di trascinamento determinano uno spostamento dei lembi mitralici alterati che vanno ad occupare l’LVOT, con conseguente rigurgito mitralico eccentrico ed ostruzione all’efflusso. Il SAM è considerato severo se occupa più del 30% della durata della sistole8.

Diagnosi e terapia medica dell’ostruzione ventricolare nei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica

L’ostruzione dell’LVOT è definita dalla comparsa di un gradiente di picco sistolico a livello del tratto di efflusso >30 mmHg1. L’ecocardiografia è la tecnica di prima scelta nel work-up diagnostico nelle forme di CMI ostruttiva1,2. Attraverso la modalità M-mode è possibile documentare la presenza (o assenza) di SAM, mentre l’utilizzo del Doppler continuo permette di misurare il gradiente a livello dell’LVOT che mostra in questi pazienti un caratteristico picco tardivo delle velocità. Il cateterismo cardiaco, raramente indicato a meno che non sia indicata una coronarografia, può essere utile in caso di discordanza tra i sintomi e dati ecocardiografici, permettendo la valutazione del gradiente picco-picco1. Le linee guida europee ed americane raccomandano di effettuare sempre la valutazione della presenza di un’ostruzione latente nei pazienti con CMI sintomatica (Tabella 1)1,9.




L’eco-stress farmacologico con dobutamina o nitrati può generare un ampio gradiente senza però riprodurre in modo affidabile il meccanismo dell’ostruzione. Per questo motivo, l’utilizzo di un ecocardiogramma da sforzo con stress fisico rappresenta la tecnica di scelta per slatentizzare un’ostruzione dinamica dell’LVOT10. L’impatto prognostico dell’ostruzione rimane dibattuto in quanto l’incidenza di eventi fatali in pazienti con CMI sembrerebbe simile in pazienti con o senza ostruzione11. Di conseguenza, l’ostruzione dovrebbe essere considerata come un fattore determinante principalmente lo stato clinico ed emodinamico piuttosto che un marcatore di prognosi1.

Nei pazienti con CMI ostruttiva, l’utilizzo di betabloccanti, dei calcioantagonisti non diidropiridinici e della disopiramide consente di ridurre l’ostruzione ventricolare e alleviare i sintomi attraverso un effetto inotropo e cronotropo negativo. In pazienti selezionati e non candidabili ad un trattamento ablativo chirurgico o percutaneo, la stimolazione con pacemaker bicamerale può essere utile per ridurre il gradiente dell’LVOT e migliorare lo stato clinico12 (Figura 1).




ALCOLIZZAZIONE DEL SETTO INTERVENTRICOLARE

Considerazioni cliniche e anatomiche

Il concetto di un trattamento interventistico e non chirurgico dei pazienti con CMI ostruttiva nasce negli anni ’80. L’idea di utilizzare l’alcool per indurre un infarto iatrogeno del SIV deriva in quegli anni dagli studi di Brugada che utilizzava alcool intracoronarico nel trattamento delle aritmie ventricolari13. Questi studi hanno ispirato il cardiologo berlinese Berghöfer che, nel 1989, ha descritto per la prima volta la possibilità di un’ablazione con alcool del SIV nei pazienti con CMI ostruttiva (Berghöfer G., comunicazione personale). Nei primi anni ’90, Gietzen e Kuhn hanno descritto alcuni casi di CMI in cui l’occlusione transitoria del primo ramo settale con palloncino da angioplastica determinava una riduzione del gradiente ventricolare13. Nel 1995, Sigwart ha pubblicato per primo tre casi di alcolizzazione percutanea del SIV in pazienti con CMI ostruttiva refrattari alla terapia medica, riportando la completa risoluzione della stenosi subaortica e il miglioramento dei sintomi a partire dal giorno dopo l’intervento13. Attualmente, l’alcolizzazione del SIV è considerata una strategia efficace, sicura e minimamente invasiva nei pazienti con CMI ostruttiva in presenza di un gradiente dell’LVOT ≥50 mmHg, e che restano sintomatici nonostante terapia medica massimale1. La procedura consiste nel determinare un infarto iatrogeno localizzato a livello del SIV basale, punto di contatto con il lembo anteriore della valvola mitrale. Nonostante l’assenza di studi randomizzati controllati di grandi dimensioni, i dati provenienti da studi osservazionali hanno conquistato l’interesse di cardiologi clinici ed interventisti, e proposto l’alcolizzazione del SIV come una valida alternativa alla miectomia chirurgica1.

Considerazioni terapeutiche

Nei pazienti con CMI ostruttiva, il primo step dell’algoritmo decisionale deve prevedere la raccolta di un’attenta anamnesi e un esame clinico accurato al fine di valutare i sintomi ed escludere altre condizioni (es. malattia coronarica, patologie respiratorie, anemia, tireopatie, obesità, ecc.) che potrebbero risultare confondenti nel work-up diagnostico e terapeutico (Figura 1). Le linee guida della Società Europea di Cardiologia raccomandando l’ablazione alcolica del SIV in pazienti con sintomi moderati-severi (classe NYHA [New York Heart Association] III-IV, classe CCS [Canadian Cardiovascular Society] III-IV), pre-sincope/sincope ricorrente e/o scompenso cardiaco, nonostante terapia medica ottimizzata1. Pazienti selezionati con sintomi lievi ed ostruzione severa potrebbero beneficiare della procedura, sebbene siano necessari ulteriori dati a supporto di un approccio interventistico in questo specifico sottogruppo13. La scelta di eseguire un’alcolizzazione deve essere effettuata sulla base delle caratteristiche cliniche (es. età del paziente, comorbilità, presenza di pacemaker, blocco di branca destra preesistente) e dell’esperienza degli operatori e del centro (Tabella 2).




L’utilizzo di alcolizzazione del SIV in bambini ed adolescenti rimane controverso a causa della mancanza di dati di follow-up a lungo termine.

Valutazione anatomica pre-procedurale

La valutazione della silhouette’ e della geometria dell’LVOT, della morfologia del SIV e dell’anatomia dell’apparato valvolare mitralico è fondamentale per la valutazione della fattibilità dell’intervento, in quanto la presenza di concomitanti anomalie dell’efflusso, della valvola mitrale e/o dei muscoli papillari devono sempre essere escluse. Uno spessore del SIV ≥17 mm rappresenta il cut-off raccomandato dalle linee guida per eseguire un’alcolizzazione sicura e ridurre al minimo il rischio di difetto interventricolare iatrogeno1. Attualmente mancano evidenze in pazienti con ipertrofia modesta (SIV di 15-16 mm), e in questi casi una riparazione/sostituzione isolata della valvola mitrale può rappresentare un’alternativa all’ablazione percutanea o chirurgica del setto14. L’efficacia dell’alcolizzazione può essere inadeguata in pazienti con ipertrofia severa (SIV basale ≥25 mm) o cicatrice settale estesa, a causa dei limiti intrinseci dell’alcolizzazione15,16.

L’anatomia del circolo coronarico e la presenza di concomitante aterosclerosi coronarica deve essere sempre accuratamente valutata prima della procedura mediante angiografia coronarica e/o tomografia computerizzata coronarica, per ottenere informazioni sul decorso e sulle dimensioni delle arterie coronarie e dei rami settali, e sulla perfusione del SIV16,17.

La corretta identificazione di un ramo settale suscettibile di alcolizzazione è centrale nella preparazione della procedura. Il primo ramo settale viene generalmente scelto come vaso “bersaglio” perché responsabile nella maggior parte dei casi della perfusione del SIV basale16. Questo ramo nasce in genere dall’arteria discendente anteriore sinistra e si sviluppa in prossimità del fascio di His e della branca di conduzione destra. Nel 15% dei casi, i rami settali possono non originare dall’interventricolare anteriore, e per questo motivo una valutazione sistematica dell’anatomia coronarica è sempre raccomandata nei pazienti candidati ad alcolizzazione18. Nel caso in cui più rami settali siano responsabili della perfusione del SIV basale, questi dovrebbero essere tutti sottoposti ad alcolizzazione nel corso della procedura iniziale (“index”) e/o di eventuali procedure coronariche eseguite successivamente (“staged”). In circa il 10-15% dei pazienti candidati ad alcolizzazione non è possibile identificare un ramo settale “colpevole” e suscettibile quindi di alcolizzazione, ad esempio per la presenza di multipli rami settali di minimo calibro in cui non è possibile utilizzare i materiali tradizionali (palloni “over the wire”, OTW)18,19. Inoltre, quando i rami settali riforniscono anche la parete libera del ventricolo sinistro, i muscoli papillari e/o le strutture del ventricolo destro, la procedura di alcolizzazione è controindicata in quanto l’iniezione di alcool nel ramo settale determinerebbe un danno miocardico esteso con conseguenze potenzialmente drammatiche.

Descrizione della procedura

L’alcolizzazione del SIV consiste nell’infusione selettiva di alcool assoluto (95-96°) all’interno dei rami perforanti del setto che sono responsabili della perfusione arteriosa del setto basale e/o medio16,20. Il razionale della procedura è quello di determinare un’occlusione del vaso attraverso l’uso di alcool, provocando un infarto “controllato” – e quindi terapeutico – a livello del SIV. Progressivamente il miocardio ipertrofico vitale viene sostituito da una sottile cicatrice acinetica, con conseguente rimodellamento dell’LVOT e riduzione dell’ostruzione a livello dell’LVOT.

L’accesso arterioso può essere sia per via radiale che per via femorale e la scelta dipende principalmente dalla preferenza dell’operatore e dall’anatomia del paziente. I due approcci hanno mostrato tassi di successo simili a breve e lungo termine, con un approccio radiale gravato da una più bassa incidenza di complicanze vascolari21.

Le fasi principali della procedura sono rappresentate in Figura 2.




Dopo posizionamento di un introduttore arterioso e di un pacemaker temporaneo, è possibile eseguire un cateterismo cardiaco sinistro per confermare la presenza di gradiente subaortico16,20. Un’angiografia coronarica viene quindi eseguita per selezionare il ramo settale candidato all’infusione di alcool e valutarne anatomia, origine, angolazione e dimensioni. Il decorso del vaso può essere correttamente visualizzato attraverso le proiezioni obliqua destra e/o postero-anteriore craniale, mentre l’utilizzo di una proiezione obliqua sinistra permette di differenziare il decorso dei rami settali sul lato destro o sinistro del setto – importante perché l’alcolizzazione di rami che decorrono lungo il lato sinistro del SIV riduce il rischio di blocco atrioventricolare16,20.

Dopo aver cannulato il tronco comune con catetere guida, un piccolo pallone OTW (1.5-2.5 mm di diametro, 6-10 mm di lunghezza, con un rapporto pallone-arteria di circa 1.3:1) viene posizionato su una guida extra-support 0.014” da 180 cm (o 300 cm) all’interno del ramo settale. L’utilizzo di palloni OTW è indispensabile in quanto permette di eseguire durante il gonfiaggio un’angiografia selettiva del vaso occluso per verificare il corretto posizionamento del pallone, la presenza di un’occlusione settale completa e l’assenza di reflusso di contrasto nella discendente anteriore. In considerazione della frequente presenza di collaterali che si estendono tra coronaria sinistra e coronaria destra, prima di procedere con l’iniezione dell’alcool è necessario escludere il riempimento e l’opacizzazione di qualsiasi altro vaso attraverso rami collaterali settali22. Il vaso “bersaglio” deve essere quindi valutato mediante ecocardiografia con contrasto (Figura 3):




1-2 ml di contrasto ecocardiografico possono essere iniettati attraverso il pallone OTW per visualizzare l’area “target” dell’alcolizzazione ed escludere che il contrasto si propaghi in altre regioni (es. parete inferiore del ventricolo sinistro, muscoli papillari, ventricolo destro), il che rappresenterebbe una controindicazione assoluta all’infusione di alcool23. Tra i mezzi di contrasto ecocardiografici, il Levovist® è stato ampiamente utilizzato in passato ma non è più disponibile in molti paesi. Gli agenti di seconda generazione possono essere utilizzati ma presentano uno scarso deposito all’intero del miocardio; il Gelafundin®, un espansore di volume con un buon contrasto ecocardiografico, può essere ugualmente utilizzato. Nei casi più impegnativi, l’ecografia intracardiaca e/o l’ecocardiografia tridimensionale possono essere necessarie per guidare la procedura24.

Una volta completata con successo la fase di preparazione, l’operatore può procedere con un’iniezione di 1-3 ml di etanolo all’interno del ramo settale per un periodo di circa 1-5 min1. La quantità di alcool usualmente utilizzata è pari a circa 0.7-1 ml per ogni 10 mm di spessore del SIV25. Durante l’infusione di etanolo, è fondamentale che il pallone OTW rimanga gonfio e correttamente posizionato occludendo completamente il vaso per evitare il passaggio di alcool in altri vasi che determinerebbe un esteso danno miocardico24. Un’infusione “aggressiva” di alcool (vale a dire una dose elevata iniettata velocemente ad alta pressione) è sconsigliata in quanto l’etanolo può attraversare i rami collaterali e creare lesioni a carico della parete inferiore. Infine, subito prima dell’infusione di alcool, è raccomandata la somministrazione di farmaci analgesici (es. morfina) per controllare il dolore causato dall’iniezione di alcool e dall’ischemia dovuta all’occlusione del ramo settale.

Un’angiografia coronarica finale – effettuata circa 20 min dopo l’infusione di alcool – permette di escludere eventuali lesioni coronariche lungo la discendente anteriore e i suoi rami secondari prima di concludere la procedura.

Come valutare l’efficacia della procedura?

L’obiettivo dell’alcolizzazione del SIV è quello di ridurre l’ostruzione a livello dell’LVOT e di ottenere una conseguente riduzione significativa e duratura dei sintomi e del gradiente pressorio (a riposo e sotto sforzo) ≥50% a un follow-up di 6 mesi. Studi multicentrici hanno dimostrato come, dopo alcolizzazione, circa il 90% dei pazienti presenta una classe NYHA I-II, nel 76% dei casi si osserva una diminuzione del grado di ostruzione dell’LVOT e solo nel 7% dei casi è indicato un reintervento26-28. I benefici della procedura possono richiedere fino a 12 mesi per diventare clinicamente evidenti, soprattutto nei pazienti più giovani28. Sebbene sia stata descritta un’associazione tra la dose di alcool iniettata e l’area della necrosi miocardica, non è chiaro se i livelli di marker di miocitolisi (picco di creatinchinasi e/o troponina) siano in grado di predire il successo della procedura29. L’impatto prognostico dell’alcolizzazione del SIV in termini di riduzione del rischio di eventi cardiovascolari rimane controverso sebbene la presenza di gradiente residuo dell’LVOT sia stata associata a un aumento del rischio di aritmie e di mortalità a lungo termine28,30.

Sicurezza della procedura e possibili complicanze

La complicanza più frequente nei pazienti sottoposti ad alcolizzazione del SIV è il blocco atrioventricolare completo (transitorio nel 30% dei casi o permanente nel 10% dei casi)26-28, secondario al danno da alcool e dovuto alla prossimità dei rami settali con il sistema di conduzione. Il blocco atrioventricolare completo può svilupparsi durante la procedura o nei giorni successivi all’intervento (sia come evento ritardato che come ricorrenza dopo il recupero), specialmente in pazienti con età avanzata e/o QRS prolungato. Per tale motivo, in casi selezionati, un pacemaker temporaneo può essere posizionato prima della procedura e poi mantenuto fino a 6 giorni dopo la procedura31. L’impianto di un pacemaker definitivo è indicato se il disturbo di conduzione persiste per oltre 24-72 h16,20. Poiché un blocco di branca destro può verificarsi in oltre il 50% dei casi, l’impianto pre-procedurale di un pacemaker può essere preso in considerazione nei pazienti con blocco di branca sinistro preesistente30. Nei pazienti candidati ad alcolizzazione del SIV con concomitante indicazione a un defibrillatore, l’impianto del dispositivo dovrebbe precedere la procedura al fine di semplificare la gestione delle bradi- e/o tachiaritmie peri- e post-procedurali. In particolare, è importante sottolineare come lo score di rischio HCM Risk-SCD sia stato validato nei pazienti sottoposti ad alcolizzazione del SIV32.

Altre possibili complicanze dell’alcolizzazione sono l’infarto della parete anteriore/inferiore, dei muscoli papillari o del ventricolo destro a causa del passaggio di alcool nella discendente anteriore o di collaterali tra il circolo sinistro e il circolo destro33. Dal momento che l’occlusione transitoria di un vaso settale con pallone OTW può determinare il reclutamento immediato di circoli collaterali, è preferibile eseguire una singola iniezione di etanolo in bolo. Nei casi in cui sia necessaria una seconda iniezione di alcool, la possibile presenza di collaterali deve essere attentamente valutata prima dell’iniezione33. La mortalità peri-procedurale è <1% e simile a quella riportata per la miectomia chirurgica26,27. In alcuni studi, l’utilizzo di dosi relativamente elevate di alcool (>2 ml) è stato associato a una prognosi peggiore29,34. Possibili motivazioni potrebbero essere rappresentate da una più estesa cicatrice infartuale che potrebbe predisporre ad un maggiore rischio di blocco atrioventricolare e di altre aritmie fatali. Tuttavia, tale associazione rimane controversa e una corretta selezione del paziente e l’uso di basse dosi di alcool rimangono fondamentali per ridurre al minimo il rischio di complicanze.

L’IMPORTANZA DI UN APPROCCIO PERSONALIZZATO

La scelta della migliore strategia ablativa del SIV (percutanea vs chirurgica) dovrebbe sempre basarsi su di un approccio multidisciplinare che tenga in considerazione fattori clinici e procedurali, e l’esperienza dell’operatore e del centro15.

Risultati procedurali in relazione all’esperienza del centro e degli operatori

I risultati a breve lungo termine dell’alcolizzazione del SIV così come della miectomia dipendono in gran parte dall’esperienza del centro a cui i pazienti vengono riferiti1. Se eseguita da un operatore esperto, l’alcolizzazione è una procedura sicura ed efficace, anche se dati di follow-up a lungo termine rimangono limitati rispetto a quelli disponibili per la miectomia chirurgica28. Nei pazienti sottoposti a miectomia, la mortalità è di circa il 4-16% ma si riduce al di sotto dell’1% nei centri a più alto volume27. Nel caso dell’alcolizzazione, un recente studio multicentrico ha dimostrato come l’esecuzione di una procedura in centri ad elevata “expertise” (>50 procedure eseguite) sia associata ad una minore incidenza di complicanze, ad una maggiore sopravvivenza dei pazienti, ad un effetto emodinamico e clinico più favorevole e ad una minore necessità di reintervento35. Le attuali linee guida americane raccomandano l’esecuzione di un intervento di ablazione del setto – sia mediante alcolizzazione che miectomia – solo da parte di operatori esperti e/o centri ad elevata esperienza, che possano garantire un rischio di complicanze maggiori <3%9. Sebbene manchino dati specifici al riguardo, un minimo di 10 alcolizzazioni o miectomie all’anno per operatore rappresenta un numero di casi appropriato, che consente di mantenere un’adeguata competenza all’esecuzione della procedura1.

Il concetto di Cardiomyopathy Team

La scelta della strategia da adottare per l’ablazione del SIV in pazienti con CMI ostruttiva deve sempre basarsi sulle caratteristiche del singolo paziente e seguire un approccio multifattoriale. L’alcolizzazione del SIV rimane controversa nei pazienti più giovani a causa della mancanza di dati a lungo termine36. Inoltre, tale strategia può essere meno efficace nei pazienti con ipertrofia grave e/o cicatrice settale estesa, e potenzialmente meno sicura in caso di ipertrofia settale lieve (a causa del rischio di difetto interventricolare post-procedurale).

Il processo decisionale deve essere sempre condiviso con i pazienti, discutendo rischi e benefici di ogni approccio e comprendendo i bisogni e le preferenze del singolo paziente. A tale scopo, è fondamentale che la scelta del tipo di intervento venga presa da un team esperto, presso centri di eccellenza nel trattamento della CMI ostruttiva. Il concetto di Heart Team che comprende cardiologi clinici, emodinamisti e cardiochirurghi, ha dimostrato la sua efficacia nel migliorare la discussione e perfezionare l’algoritmo decisionale nell’ambito della cardiopatia ischemica e delle patologie valvolari cardiache. Seguendo lo stesso concetto nella gestione dei pazienti affetti da CMI, un Cardiomyopathy Team dovrebbe effettuare una valutazione clinico-diagnostica multifattoriale e contestualizzare i risultati per poter criticamente decidere in merito alla necessità (o meno) di un intervento di ablazione del setto e all’opportunità di intervenire per via percutanea o chirurgica sulla base del rapporto beneficio-rischio individuale del paziente36. Il Cardiomyopathy Team dovrebbe essere composto da un cardiologo clinico, un cardiologo interventista e un cardiochirurgo, tutti con una documentata e pluriennale esperienza nella gestione dei pazienti con CMI. L’implementazione di tale team risulta essenziale nella moderna gestione dei pazienti con CMI poiché il successo dell’intervento e la prognosi dei pazienti dipende in gran parte dall’esperienza degli operatori e dei centri in cui le procedure vengono eseguite36,37.

CONCLUSIONI

A più di due decenni dalla sua introduzione, l’alcolizzazione del SIV rappresenta oggi una procedura sicura ed efficace nel trattamento dei pazienti sintomatici affetti da CMI ostruttiva. Quando eseguita in centri di eccellenza, l’intervento garantisce percentuali di successo simili a quelle della miectomia, con un’incidenza di complicanze relativamente basso. Un approccio multidisciplinare basato sul consenso di cardiologi clinici, interventisti e cardiochirurghi con una riconosciuta esperienza in CMI ostruttiva – il Cardiomyopathy Team – può migliorare il moderno management e la prognosi a breve e lungo termine di questi pazienti.

RIASSUNTO

L’alcolizzazione del setto interventricolare rappresenta oggi una procedura mini-invasiva, sicura ed efficace nel trattamento dell’ostruzione del tratto di efflusso ventricolare sinistro (LVOT) in pazienti con cardiomiopatia ipertrofica (CMI) ostruttiva che rimangono sintomatici nonostante una terapia medica massimale. Eseguita per la prima volta da Ulrich Sigwart nel 1994, la procedura consiste nel provocare un infarto iatrogeno – tramite l’iniezione di alcol assoluto – della porzione basale del setto, ed ha l’obiettivo di ridurre l’ostruzione a livello dell’LVOT, di migliorare l’emodinamica del paziente, ed alleviarne i sintomi. Numerosi studi hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezza della procedura, rendendola una valida alternativa all’intervento di miectomia chirurgica. Il tasso di successo dell’alcolizzazione è profondamente influenzato dalla selezione del paziente e dall’esperienza dell’operatore e del centro in cui si esegue la procedura. La presente rassegna si pone l’obiettivo di riassumere le attuali evidenze sull’alcolizzazione del setto, di descriverne gli aspetti procedurali e proporre un approccio multidisciplinare che coinvolga un team di cardiologi clinici, interventisti, e cardiochirurghi, il Cardiomyopathy Team, con elevata esperienza nella gestione clinica di questi pazienti.

Parole chiave. Alcolizzazione; Cardiomiopatia ipertrofica; Miectomia; Ostruzione; Setto interventricolare; Tratto di efflusso ventricolare sinistro.

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