Il ritorno della denervazione renale nella cura
dell’ipertensione arteriosa: nuove evidenze
e indicazioni cliniche

Simone Fezzi, Gianluca Castaldi, Maddalena Widmann, Federico Marin, Flavio Ribichini

Divisione di Cardiologia, Dipartimento di Medicina, Università degli Studi, Verona

Improved and durable control of hypertension is a global priority for healthcare providers and policymakers. Despite all the efforts, hypertension is still misdiagnosed in half of hypertensive patients and poor drug adherence, reaching half of drug-treated patients, represents the major cause of uncontrolled hypertension. Initial studies on renal denervation (RDN) for the treatment of uncontrolled resistant hypertension produced conflicting results. A new generation of randomized clinical trials has shown promising results with new-generation devices in various hypertensive populations. From uncontrolled-resistant hypertension, the target population for RDN has moved to difficult-to-treat or resistant hypertensive patients. The selection process should take into account not only blood pressure values and the global cardiovascular risk profile, but also drug adherence and tolerability and patient preferences. The following is a state-of-the-art review of current studies and an analysis of the characteristics of hypertensive patients that could benefit from RDN.

Key words. Difficult to treat hypertension; Global cardiovascular risk; Renal denervation; Resistant hypertension.

IPERTENSIONE ARTERIOSA: EPIDEMIOLOGIA
E IMPATTO SULLA SALUTE GLOBALE

L’ipertensione arteriosa (IA) è la più importante causa di mortalità e morbilità a livello globale, responsabile di almeno 10 milioni di morti all’anno (13.5% di tutte le morti), rappresentando pertanto il fattore di rischio cardiovascolare più rilevante, con un impatto indipendente e continuo sull’incidenza di eventi cardiovascolari quali ictus ischemico ed emorragico, infarto del miocardio, morte improvvisa, scompenso cardiaco, vasculopatia periferica e fibrillazione atriale1. Nonostante la progressiva sensibilizzazione alla prevenzione primaria e i trattamenti efficaci disponibili, dati recenti riportano come l’IA risulti misconosciuta fino al 50% dei pazienti ipertesi e come addirittura solamente un paziente ogni tre raggiunga gli obiettivi pressori ottimali, nonostante trattamento farmacologico2. L’ipertensione resistente (IR) è definita come il non raggiungimento del target di pressione arteriosa nonostante trattamento con tre differenti classi di farmaci tra cui un diuretico, alla dose ottimale o meglio tollerata, oppure qualora si raggiunga l’obiettivo terapeutico con almeno 4 farmaci3. La prevalenza di IR tra la popolazione ipertesa adulta è riportata tra il 12% e il 18%4. I pazienti affetti da IR presentano un maggior rischio di eventi cardiovascolari rispetto ai pazienti con IA controllata.

La scarsa aderenza al trattamento rappresenta la causa principale del non raggiungimento di un adeguato controllo pressorio, con circa il 50% dei pazienti ipertesi che parrebbe interrompere il trattamento farmacologico nel primo anno dopo la prescrizione5. La scarsa aderenza è legata principalmente a una decisione intenzionale del paziente, secondaria alla percezione personale della patologia; i fattori che più impattano su tale scelta sono, infatti, la frequenza di somministrazione del farmaco e gli effetti collaterali, piuttosto che il beneficio a lungo termine atteso dalla terapia6. Risulta pertanto cruciale individuare strategie condivise mirate che possano corrispondere alle esigenze individuali del paziente e garantire un miglioramento della prognosi, particolarmente in pazienti ad elevato rischio cardiovascolare.

DENERAZIONE RENALE: BASI ANATOMICHE
E FISIOLOGICHE

Innervazione renale, direttrice d’orchestra

Il sistema simpatico renale è direttamente coinvolto nella regolazione della funzione renale e della pressione arteriosa, con diversi meccanismi tra loro sinergici, come illustrato in Figura 1:




1) la noradrenalina rilasciata dal neurone ganglionico agisce a livello delle cellule iuxtaglomerulari renali interagendo con i recettori β1 e inducendo la secrezione di renina e l’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone; 2) viene favorito il riassorbimento di sodio con ulteriore effetto anti-natriuretico attraverso recettori α-1b presenti a livello della membrana baso-laterale delle cellule epiteliali tubulari; 3) infine, a più elevati livelli di tono adrenergico, si aggiunge un effetto di vasocostrizione renale indotta dall’interazione con recettori α-1a presenti a livello della muscolatura liscia della vascolarizzazione infra-renale, con riduzione del flusso renale globale e del filtrato glomerulare (GFR)7. Un aumento della pressione arteriosa generalmente determina un aumento della natriuresi e quindi della diuresi (natriuresi pressoria) con riduzione del volume circolante e, in ultima analisi, riduzione dell’output cardiaco; si ipotizza che in alcuni pazienti ipertesi un processo di maladattamento comporti la perdita di questo equilibrio e che, di conseguenza, siano necessari regimi pressori più elevati per mantenere un fisiologico, o meglio para-fisiologico, bilancio di Na e H2O8.

L’innervazione simpatica renale si sviluppa a partire da neuroni ganglionici localizzati a livello della catena simpatica paravertebrale, o dai gangli prevertebrali aortici, da dove si dipanano fibre assoniche afferenti ed efferenti che decorrono lungo lo spazio periavventiziale delle arterie renali e terminano nell’ilo renale9. Secondo studi anatomici, circa il 75% di questi nervi è localizzato ad una distanza di circa 4 mm dal lume dell’arteria renale. Di particolare interesse risulta essere la relazione topografica tra le fibre nervose e le strutture vascolari: le fibre periavventiziali, infatti, sono massimamente distanti dal ramo principale dell’arteria renale a livello della sua emergenza dal plesso periaortico, e si avvicinano progressivamente fino a decorrere a ridosso della parete del vaso a livello distale in corrispondenza delle diramazioni nei rami secondari. L’altra particolarità nell’anatomia della loggia renale riguarda la posizione e la relazione spaziale tra le altre strutture in essa alloggiate. Le fibre nervose simpatiche, infatti, sono immerse nel tessuto adiposo perirenale e l’ablazione con radiofrequenze o ultrasuoni agisce mediante la propagazione di energia termica attraverso il grasso stesso. La presenza e la relazione con il lume dell’arteria renale di strutture come linfonodi, plessi nervosi extra-renali, vene e dotti linfonodali possono influire sull’efficacia della denervazione disperdendo in maniera non uniforme l’energia generata dai dispositivi. Anche in questo caso, però, la maggior parte di queste strutture sono concentrate in prossimità della loggia periaortica e pertanto, più distalmente viene praticata l’ablazione e maggiore è la probabilità di essere selettivi a livello delle fibre nervose renali10.

Pattern di denervazione renale

Nonostante dall’analisi dello studio SYMPLICITY HTN-3 è stato suggerito che la risposta alla procedura di denervazione renale (DR) possa dipendere dal numero di ablazioni applicate, sono pochi gli studi che hanno confermato tale relazione. Invero, i risultati degli studi più recenti, come lo studio SPYRAL HTN-ON e SPYRAL HTN-OFF, vanno a indicare l’importanza della sede di ablazione, piuttosto che il numero di ablazioni applicate. Inizialmente è stato riportato come l’ablazione limitata all’arteria renale principale fosse meno efficace rispetto all’ablazione distale, a livello delle branche di biforcazione11. Recentemente il pattern combinato di denervazione dell’arteria renale principale e delle branche di biforcazione, soprannominato Y-pattern, ha dimostrato superiorità in confronto alla procedura standard di ablazione della sola arteria renale principale, sia con l’utilizzo di catetere d’ablazione monopolare che tetrapolare11,12. Analogamente, una recente analisi del registro Global SYMPLICITY (Böhm M., dati non pubblicati) ha dimostrato una più ampia riduzione dei valori di pressione arteriosa in un sottogruppo di 45 pazienti trattati con Y-pattern, confrontati con 138 pazienti trattati solo a livello dell’arteria principale (-21.9 ± 22.6 vs. -14.4 ± 27.9 mmHg, p=0.052).

In studi preclinici su animali, inoltre, è stata riportata l’importanza di un’ablazione circonferenziale a spirale. La non uniforme distribuzione delle fibre nervose, la presenza di plessi linfatici e venosi possono potenzialmente limitare l’efficacia dell’ablazione stessa. In uno studio condotto sul maiale l’efficacia dell’ablazione, valutata all’istologia dopo 1 settimana e tramite il calo dei valori di norepinefrina circolante, risultava massimale con un’ablazione circonferenziale con l’attivazione di almeno 4 elettrodi. L’area di ablazione totale e la copertura circonferenziale erano inoltre i determinanti maggiori di efficacia, che risultava superiore in arterie di diametro minore13.

Sempre nel modello animale porcino, dalla valutazione istologica delle strutture nervose sottoposte ad ablazione in radiofrequenza (RF), è stato recentemente dimostrato lo sviluppo di necrosi a 7 giorni, infiammazione a 60 giorni e fibrosi a 180 giorni. La sostituzione fibrotica del sito ablato si associava ad atrofia completa del nervo nella sua distalità. Pertanto, nonostante sia possibile la proliferazione di nuove cellule di Schwann a livello del sito di ablazione, risulterebbe compromessa la ricostruzione della normale morfologia del nervo e il supporto a un assone funzionalmente integro. In conclusione, un’ablazione nervosa renale efficace offrirebbe un effetto irreversibile, con remota possibilità di recupero funzionale a lungo termine14.

DENERVAZIONE RENALE: EVIDENZA DI EFFICACIA

Prima generazione di studi

La prima generazione di studi atta a valutare efficacia e sicurezza della procedura di DR fu condotta in pazienti con IR, tramite l’utilizzo di un catetere unipolare a RF (Symplicity Flex™). Nonostante i risultati promettenti degli studi SYMPLICITY HTN-1 e HTN-2, che riportarono una riduzione significativa dei valori di pressione arteriosa clinica e ambulatoriale, con efficacia che risultava confermarsi a 6 mesi dalla procedura e a lungo termine15-17, risultati contrastanti vennero riportati in altre serie di casi18, ma soprattutto nello studio SYMPLICITY HTN-3. Questo studio prospettico, condotto in singolo cieco su una popolazione di 535 pazienti affetti da IR, con randomizzazione (2:1) tra DR e procedura “sham”, consistente in semplice angiogramma renale, pur dimostrando una riduzione dei livelli di pressione arteriosa sistolica (PAS) a 6 mesi nel braccio sottoposto a DR (-14.13 ± 23.93 mmHg; p<0.001), non ha evidenziato una significativa riduzione dei valori di PAS rispetto al gruppo di controllo sottoposto a procedura “sham”19. Tuttavia diverse criticità sono state in seguito riportate a spiegazione dei risultati negativi di questo studio20-22: in primo luogo possibili lacune procedurali, dal momento che la maggior parte degli operatori coinvolti presentavano limitata esperienza, con il 34% del totale che aveva condotto una sola procedura in precedenza e solo il 12% degli stessi che ne aveva condotte più di 5, e dal momento che circa il 75% delle procedure non aveva portato a un’ablazione circonferenziale delle strutture nervose su quattro quadranti. In secondo luogo nel disegno dello studio non vi era una standardizzazione del trattamento antipertensivo essendo sufficienti, prima dell’arruolamento, 2 settimane di terapia antipertensiva per definire la pressione arteriosa come resistente a terapia massimale tollerata, ma soprattutto non vi era alcuna verifica dell’aderenza al trattamento, sia basale che durante il follow-up, con circa il 39% dei pazienti che riportò un cambiamento della terapia farmacologica dopo inclusione e randomizzazione, il 12% di almeno due farmaci. Un’altra osservazione riguarda nello specifico la popolazione nera in terapia con vasodilatatori arruolata nel braccio “sham”, che ha riportato un marcato calo di PAS (-21.9 mmHg) non riscontrabile nel gruppo sottoposto a DR, riflettendo probabilmente un cambiamento nell’aderenza farmacologica. Infine, nella popolazione in oggetto erano compresi pazienti con IA sistolica isolata (35.7% nel braccio DR vs. 28.4% nel braccio “sham”); un’analisi post-hoc dello studio ha dimostrato l’efficacia della procedura di DR nella popolazione con IA combinata, e non nei pazienti con IA sistolica isolata, verosimilmente per la più avanzata progressione della malattia vascolare ipertensiva.

Alla luce dei risultati di tale studio, che non ha mostrato evidenze di efficacia, la procedura di DR è risultata non raccomandata come approccio terapeutico di routine dalle recenti linee guida europee, trovando spazio solamente nell’ambito di studi clinici2.

Seconda generazione di studi

Una nuova generazione di studi clinici randomizzati, sempre condotti “sham-controlled” ma con protocolli più rigidi, ha negli anni successivi dato nuova linfa alla procedura di DR, confermando sicurezza ed efficacia dei nuovi dispositivi di ablazione23-25. Le novità sostanziali degli studi riguardano l’innovazione tecnica degli strumenti di ablazione, in grado di garantire, sia nel caso del catetere tetrapolare a RF (Symplicity Spyral™), che nel caso del sistema di ablazione termica a ultrasuoni (Paradise™ Renal Denervation System), un’ablazione circonferenziale delle fibre nervose circostanti l’arteria renale. Il catetere Spyral™ presenta quattro elettrodi montati su un supporto autoespandibile in nitinolo, in grado di assumere una conformazione a spirale dopo esposizione al calore realizzando un contatto circonferenziale con la parete vasale e rilasciando RF contemporaneamente.

In secondo luogo, ai fini di verificare l’efficacia della procedura, escludendo potenziali fattori confondenti quali la terapia farmacologica e il conseguente problema dell’aderenza terapeutica, l’ipertensione sistolica isolata e cause secondarie di IR, sia lo studio SPYRAL HTN-OFF MED che lo studio RADIANCE-HTN SOLO sono stati condotti su pazienti naive o che avessero interrotto la terapia antipertensiva almeno 2-4 settimane prima della randomizzazione, prevedendo sempre il confronto con procedura “sham”.

Lo studio SPYRAL HTN-OFF MED25 è uno studio randomizzato (1:1), in singolo cieco, “sham-controlled” che ha incluso 331 pazienti (166 assegnati a DR, 165 a procedura “sham”), non in terapia farmacologica o che avessero sospeso la terapia da almeno 4 settimane. I valori di PAS al momento dell’arruolamento e della randomizzazione dovevano essere compresi tra 150-180 mmHg alla valutazione clinica e tra 140-170 al monitoraggio pressorio delle 24 h, con un valore di pressione arteriosa diastolica (PAD) di almeno 90 mmHg. Il protocollo prevedeva inoltre test delle urine e plasmatico basale e a 3 mesi per documentare eventuali assunzioni di farmaci antipertensivi. Lo studio ha dimostrato, quali endpoint primario e secondario di efficacia a 3 mesi, una differenza significativa tra il gruppo DR e il gruppo sottoposto a procedura “sham” nella riduzione della PAS delle 24 h (-3.9 mmHg; intervallo Bayesiano di confidenza [IC] 95% da -6.2 a -1.6) e della PAS clinica (-6.5 mmHg; IC 95% da -9.6 a -3.5). Simili risultati sono stati riportati per la PAD delle 24h e clinica.

Lo studio SPYRAL HTN-ON MED24 presentava criteri di inclusione e disegno dello studio simili ai precedenti, tuttavia i pazienti assumevano da 1 a 3 farmaci antipertensivi a dose costante da almeno 6 settimane al momento della randomizzazione. Tale terapia veniva mantenuta durante il follow-up senza possibilità di modifica e l’aderenza terapeutica veniva valutata tramite esame delle urine e plasmatico al basale e a 3 mesi. Anche in questo caso è stata osservata una differenza significativa tra il gruppo DR e il gruppo sottoposto a procedura “sham”, sia nella riduzione dei valori di di PAS delle 24 h che di PAD, valutati a 6 mesi.

Ablazione a ultrasuoni

I cateteri a ultrasuoni basano il meccanismo d’azione sulla generazione di energia termica per frizione, con rilascio circonferenziale di onde ultrasonore ad alta frequenza, con un simultaneo rilascio di liquido refrigerante per proteggere la superficie endoteliale26. Il principale catetere d’ablazione a ultrasuoni, il PARADISE™ (ReCor Medical, Palo Alto, CA, USA), ha dapprima dimostrato risultati sovrapponibili a quelli ottenuti con sistema a RF nel caso di IR, nello studio preliminare REDUCE-HTN27, ma soprattutto nello studio RADIOSOUND-HTN, dove ha dimostrato superiorità rispetto ad un’ablazione in RF limitata all’arteria renale principale (differenza di PAS delle 24 h -13.2 ± 13.7 vs. -6.5 ± 10.3 mmHg, differenza media -6.7 mmHg, p aggiustato =0.043), senza differenza significativa nel caso di RF applicata distalmente alle branche di biforcazione28.

Lo studio RADIANCE-HTN SOLO29 è uno studio randomizzato (1:1), in singolo cieco, “sham-controlled” che ha incluso 146 pazienti (74 assegnati a DR, 72 a procedura “sham”), non in terapia farmacologica o che avessero sospeso la terapia da almeno 2 settimane. I valori di PAS al momento dell’arruolamento e della randomizzazione dovevano essere compresi tra 140-180 mmHg alla valutazione clinica e tra 135-170 al monitoraggio delle 24 h, con un valore di PAD di almeno 90 mmHg. Lo studio ha dimostrato, quali endpoint primario e secondario di efficacia, valutati a 2 mesi, una differenza significativa tra il gruppo DR e il gruppo sottoposto a procedura “sham” nella riduzione della PAS delle 24 h (-6.3 mmHg; IC 95% da -9.4 a -3.1) e della PAS clinica, senza raggiungere differenza significativa per il valore di PAD. Circa il 20% dei pazienti sottoposti a DR ha riportato un controllo pressorio ottimale a 2 mesi in assenza di terapia farmacologica (20% vs 3%, p=0.001).

Le caratteristiche dei principali studi di prima e seconda generazione sono riassunte in Tabella 115-17,19,24,25,27,29.




DENERVAZIONE RENALE: EVIDENZA DI SICUREZZA

Fin dai primi studi la procedura di DR ha dimostrato un ottimo profilo di sicurezza15-17. Negli studi clinici randomizzati, infatti, non sono state riportate complicanze specificatamente correlate alla procedura, con rara incidenza di ematoma in sede di accesso femorale. Un caso di dissezione acuta dell’arteria renale è stato riportato solo nel SYMPLICITY HTN-2. Nel Global Symplicity Registry (GSR), il registro “real-world” più esteso sulla procedura di DR, su 2237 pazienti, sono stati riportati 3 casi di stenosi dell’arteria renale, verosimilmente dovute a progressione della malattia aterosclerotica di base come confermato dalla valutazione con risonanza magnetica30,31. Al contempo nel GSR è stato riportato un trend di riduzione del GFR compatibile con il normale invecchiamento della popolazione ipertesa, senza differenze in pazienti con insufficienza renale cronica (IRC). La procedura ha dimostrato sicurezza anche nella popolazione con insufficienza renale avanzata e in dialisi32-34.

DALL’IPERTENSIONE ARTERIOSA RESISTENTE
AL PAZIENTE IPERTESO RESISTENTE

Alla luce delle evidenze acquisite in merito all’efficacia della procedura di DR e a fronte di una già nota sicurezza, la Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (SIIA) ha recentemente cercato di regolamentarne l’appropriatezza di applicazione e di riassumerne le potenziali indicazioni in un position paper35. Nella prima generazione di studi clinici la procedura era stata valutata nel contesto dell’IR non controllata, risentendo della difficoltà clinica nell’individuare in maniera precisa il paziente con IR. Come precedentemente sottolineato, la scarsa aderenza al trattamento farmacologico rappresenta il principale limite all’ottimizzazione del controllo pressorio e va ad impattare in maniera significativa sull’incidenza di malattia cardiovascolare a livello globale, sia nel contesto della prevenzione primaria che secondaria. A fronte dell’importanza di campagne di screening e di sensibilizzazione nella popolazione, la costruzione di un percorso condiviso di scelta, che metta al centro la figura del paziente e quella del clinico, appare cruciale per cercare di ridurre la crescita di malattie “non-communicable”. In questa visione, la procedura di DR rappresenta l’unica strategia terapeutica con efficacia dimostrata nel paziente non compliante. È stato pertanto sottolineato dalla SIIA come la DR possa svolgere un ruolo importante nei confronti del “paziente iperteso resistente”. Il concetto di paziente iperteso resistente si distingue da quello di IR, poiché include il processo di cura nella sua totalità e complessità: il rapporto medico-paziente, la scelta della terapia farmacologica con la conseguente aderenza terapeutica e gli effetti collaterali, le comorbilità, e soprattutto la volontà del paziente.

Seppur allo stato attuale non siano ancora definiti in maniera esaustiva i fattori predittivi di una migliore risposta a terapia con DR, le esperienze finora elaborate suggeriscono una minore risposta nel caso di una malattia ipertensiva, definita dalla presenza di IA sistolica isolata, rigidità vascolare arteriosa, disfunzione diastolica cardiaca e calcificazione aortica36. Al contempo il sesso femminile, una maggiore frequenza cardiaca e l’assenza di diabete sembrerebbero fattori a favore di una risposta a DR37,38.

Alla luce di queste evidenze, la procedura di DR risulta potenzialmente raccomandata nei soggetti con IA essenziale non controllata (PAS 140-170 mmHg e PAD >90 mmHg) nonostante terapia con inibitori del sistema renina-angiotensina/calcioantagonisti/diuretico alla dose massima tollerata e che presentino caratteristiche aggiuntive quali IA sisto-diastolica combinata, scarsa aderenza alla terapia farmacologica, reazioni avverse o intolleranza allo spironolattone, malattia vascolare periferica non estesa, rischio cardiovascolare alto/molto alto o fibrillazione atriale parossistica candidata ad ablazione. In secondo luogo, la procedura potrebbe essere considerata possibile in pazienti con IA essenziale combinata di grado 1 o 2 non in trattamento o in trattamento con uno o due farmaci antipertensivi che presentino i sopracitati fattori aggiuntivi.

In un recente documento di consenso della Società Europea di Cardiologia viene posta particolare attenzione ai soggetti con cardiopatia ischemica sottoposti a procedure di rivascolarizzazione coronarica, in quanto gruppo ad elevato rischio che necessita di terapie efficaci per ottenere i valori pressori raccomandati, con un elevato tasso di risultati non ottimali. In questo contesto, inoltre, la DR viene proposta quale opzione interessante, data l’evidenza di effetti antiaritmici39.

Il paziente iperteso resistente dovrebbe pertanto essere valutato in sede multidisciplinare in centri di riferimento e la procedura eseguita da personale certificato, con esperienza adeguata (almeno 5 procedure per anno).

I principali predittori potenziali di efficacia e le caratteristiche salienti del candidato ideale da sottoporre a procedura di DR sono riassunti in Figura 2.




DENERVAZIONE RENALE E INSUFFICIENZA RENALE CRONICA

L’evidenza di efficacia della procedura di DR in pazienti con IRC è limitata dall’esclusione di tali pazienti dai trial SYMPLICITY HTN 1-2-3 e SPYRAL (GFR limite 45 ml/min). Tuttavia, dall’esperienza di studi monocentrici su popolazioni con numerosità campionaria limitata, è suggerita l’efficacia della procedura di DR in pazienti con IRC40. Simili risultati sono stati descritti in pazienti con IRC avanzata e IR nonostante terapia dialitica33 e con persistenza di IR dopo trapianto renale nello studio ISAR-denerve32.

Recentemente Marin et al.41 hanno presentato la prima esperienza italiana “real-world” di DR che ha coinvolto 40 pazienti con IR (numero di farmaci antipertensivi 5.3 ± 1.1) ad alto rischio confermando efficacia e sicurezza della procedura. Una sottoanalisi dello studio ha confermato efficacia comparabile nella popolazione con IRC di stadio almeno IIIB (GFR <45 ml/min) rispetto alla restante popolazione sia nella valutazione clinica (riduzione PAS -19.42 ± 31.57 vs -19.92 ± 23.59) che delle 24 h (riduzione PAS -18.00 ± 23.41 vs -9.75 ± 24.58) a 12 mesi, senza variazioni significative della funzione renale nel tempo41.

L’esperienza più ampia è tuttavia quella dello studio GSR, che in una recente analisi ha dimostrato una riduzione significativa dei valori di pressione arteriosa a 3 anni nella popolazione con IRC di stadio almeno IIIA (-10.1 ± 20.3 mmHg) con un trend di riduzione del GFR compatibile con il normale invecchiamento della popolazione ipertesa, senza differenze in pazienti con IRC, indipendentemente dal profilo di rischio cardiovascolare34.

Le caratteristiche dei principali studi clinici che hanno incluso pazienti con IRC sono riassunte in Tabella 232-34,40,41.




CONCLUSIONI

Alla luce delle recenti evidenze scientifiche la DR si offre non più solo come una procedura rivolta alla popolazione con IR non controllata, ma quale possibile strategia terapeutica efficace e sicura in pazienti ipertesi resistenti. Nel percorso multidisciplinare di selezione del candidato da sottoporre a DR risultano centrali non solo i semplici valori pressori, ma anche il profilo di rischio cardiovascolare globale, la tolleranza e l’aderenza alla terapia farmacologica e la preferenza del paziente stesso. In quest’ottica la procedura di DR si offre quale unica strategia terapeutica con efficacia dimostrata nel paziente con scarsa aderenza alla terapia farmacologica.

RIASSUNTO

L’ipertensione arteriosa rappresenta il principale fattore di rischio cardiovascolare a livello globale. L’obiettivo di ottenere un adeguato e duraturo controllo pressorio mediante strategie farmacologiche e non, rappresenta un’assoluta priorità. Allo stato attuale l’ipertensione arteriosa risulta non diagnosticata in circa la metà dei pazienti ipertesi, mentre la scarsa aderenza alla terapia farmacologica, interessando circa la metà dei pazienti in trattamento, rappresenta la principale causa di mancato raggiungimento del target pressorio. I primi studi clinici che hanno testato la procedura di denervazione renale (DR) nel trattamento dell’ipertensione arteriosa resistente non controllata hanno prodotto risultati discordanti. Una nuova generazione di studi clinici randomizzati, supportati dall’affinamento tecnico della procedura e da protocolli rigidi di selezione, ha prodotto risultati promettenti in diversi sottogruppi di pazienti ipertesi, sia in corso di terapia farmacologica che in sua assenza. Da una popolazione con ipertensione resistente non controllata, l’attenzione è stata rivolta a pazienti “ipertesi resistenti”, includendo nel percorso di selezione del candidato a DR non solo i semplici valori pressori, ma anche il profilo di rischio cardiovascolare globale, la tolleranza e l’aderenza alla terapia farmacologica e la preferenza del paziente stesso. In quest’ottica la procedura di DR si offre quale unica strategia terapeutica con efficacia dimostrata nel paziente con scarsa aderenza alla terapia farmacologica.

Parole chiave. Denervazione renale; Ipertensione arteriosa di difficile controllo; Ipertensione arteriosa resistente; Rischio cardiovascolare globale.

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