L’angioplastica delle arterie polmonari nel cuore
polmonare cronico tromboembolico:
5 anni di esperienza in Italia

Francesco Saia1, Fabio Dardi2, Nevio Taglieri1, Mariangela Rotunno1, Alessandra Manes1,
Daniele Guarino2, Elisa Zuffa2, Alessandro De Lorenzis2, Ilenia Magnani1, Alberto Ballerini1, Fabio Niro3, Sofia Martin Suarez4, Davide Pacini4, Enrico Gotti2, Nazzareno Galiè1,2, Massimiliano Palazzini1,2

1U.O.C. Cardiologia, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico S. Orsola, Bologna

2Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale, Università degli Studi, Bologna

3U.O. Radiologia, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico S. Orsola, Bologna

4U.O. Cardiochirurgia, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico S. Orsola, Bologna

Background. Balloon pulmonary angioplasty (BPA) represents a therapeutic option for the treatment of chronic thromboembolic pulmonary hypertension (CTEPH) in patients who are not eligible for surgical pulmonary endarterectomy (PEA) or with persistent/recurrent symptomatic pulmonary arterial hypertension after PEA. This study evaluated the safety of BPA during 5 years of experience of the only Italian center systematically performing this procedure.

Methods. The BPA program was activated at the S. Orsola Polyclinic in Bologna in June 2015. Life-threatening periprocedural complications were defined as: death <30 days, need for cardiopulmonary support, hemoptysis with the need for endotracheal intubation. Serious complications were vascular complications requiring surgical or percutaneous intervention. Other endpoints of interest were: hemoptysis, pulmonary vascular damage with or without hemoptysis, and pulmonary reperfusion injury with high-resolution computed tomography lung scan at 24 h.

Results. From June 2015 to September 2020, 50 patients (45% male, median age 68 years), 42 inoperable and 8 with persistent/recurrent pulmonary hypertension after PEA, underwent 156 BPA procedures at our institution. There was one life-threatening complication (2% of patients, 0.06% of the procedures), i.e. severe hemoptysis requiring endotracheal intubation, and four serious complications (8% of the patients, 2.6% of the procedures), i.e. one pulmonary artery perforation requiring percutaneous treatment and three access-site vascular complications requiring surgery. There were no deaths <30 days. Pulmonary reperfusion injury occurred in 37 patients (74%) for a total of 96 sessions (62%). However, reperfusion injury was limited and with subclinical course in most cases.

Conclusions. This study confirmed the relative safety of BPA in patients with CTEPH who are not candidates for heart surgery or with persistent pulmonary hypertension after PEA in the first large Italian experience.

Key words. Balloon angioplasty; Chronic thromboembolic pulmonary hypertension; Pulmonary embolism.

INTRODUZIONE

Il cuore polmonare cronico tromboembolico (chronic thromboembolic pulmonary hypertension, CTEPH) è una malattia rara e potenzialmente letale determinata da lesioni ostruttive della circolazione arteriosa polmonare associate a estesi fenomeni di rimodellamento vascolare. Viene identificato come Gruppo 4 della classificazione clinica dell’ipertensione polmonare (IP)1,2. Le lesioni ostruttive sono dovute alla presenza di materiale tromboembolico organizzato, mentre i fenomeni di rimodellamento vascolare, simili a quelli presenti nell’ipertensione arteriosa polmonare (IAP), vengono classicamente spiegati come disfunzione endoteliale secondari alla ridistribuzione del flusso polmonare nelle arterie polmonari non occluse esposte ad alta perfusione (shear stress)3-5. Tuttavia, questa microvasculopatia è stata osservata non solo nelle aree polmonari perfuse da arterie polmonari prossimali non occluse, ma anche distalmente alle arterie polmonari occluse da materiale fibrotico e questo può giustificare la persistenza di IAP dopo endoarterectomia polmonare (pulmonary endarterectomy, PEA). L’aumento delle resistenze polmonari nel CTEPH è quindi dovuto sia alle ostruzioni meccaniche sia allo sviluppo della vasculopatia polmonare ipertensiva. Se non trattata, la storia naturale della malattia è quella di condurre alla progressiva insufficienza cardiaca destra e alla morte6-8, specialmente in presenza di IP severa6,7.

La diagnosi di CTEPH si basa sull’utilizzo combinato di diverse tecniche di imaging e sull’esecuzione del cateterismo cardiaco destro (right heart catheterization, RHC). Dal punto di vista emodinamico, il CTEPH prevede la presenza di IP pre-capillare, caratterizzata da una pressione arteriosa media in arteria polmonare (PAPm) ≥25 mmHg, da una pressione di incuneamento capillare polmonare ≤15 mmHg e da resistenze arteriose polmonari (RAP) >3 UW1.

Tutti i pazienti affetti da CTEPH dovrebbero ricevere una terapia anticoagulante a tempo indefinito1. Anche se i farmaci specifici per il trattamento della IAP sono in grado di migliorare il profilo emodinamico e la capacità di esercizio9-11, il trattamento ottimale del CTEPH deve essere mirato alla rimozione delle lesioni ostruttive polmonari o alla mitigazione dei fenomeni di rimodellamento vascolare periferico. L’intervento di PEA costituisce il gold standard terapeutico, in quanto in grado di determinare una completa normalizzazione del profilo emodinamico e dei sintomi, con un basso tasso di mortalità e buoni risultati di sopravvivenza a lungo termine12,13. Tuttavia, più del 30% dei pazienti viene giudicato inoperabile ad una valutazione multidisciplinare14, solitamente alla luce dell’elevato rischio chirurgico o per la presenza di lesioni con anatomia non favorevole in quanto distali (Figura 1).




Non va dimenticato inoltre che, dal 17% al 31% dei pazienti che viene sottoposto a intervento di PEA, può sviluppare persistenza o ricorrenza di IAP dopo l’intervento15,16. In questo contesto, è evidente la necessità di individuare strategie di trattamento alternative o complementari alla chirurgia.

Il trattamento percutaneo delle lesioni ostruttive polmonari distali mediante angioplastica delle arterie polmonari con pallone (balloon pulmonary angioplasty, BPA) viene proposto alla fine degli anni ’8017, senza tuttavia affermarsi nella pratica clinica alla luce dell’elevata incidenza di gravi complicanze periprocedurali18. Di recente, grazie soprattutto al lavoro di alcuni Centri giapponesi, la tecnica della BPA è stata modificata ed affinata. In diversi studi la BPA, se eseguita da cardiologi interventisti esperti operanti nell’ambito di un team multidisciplinare dedicato, si è dimostrata in grado di avere effetti molto favorevoli a fronte di una percentuale sempre più contenuta di complicanze19-29.

In questo studio riportiamo i dati preliminari di sicurezza dopo 5 anni di esperienza dell’unico Centro in Italia che esegue sistematicamente BPA per il trattamento del CTEPH.

METODI

Disegno dello studio

Questo è uno studio retrospettivo, monocentrico, osservazionale e non randomizzato di pazienti affetti da CTEPH che sono stati sottoposti a BPA tra giugno 2015 e settembre 2020 presso l’Ospedale S. Orsola-Malpighi di Bologna.

Sono stati presi in considerazione tutti i pazienti trattati con BPA per CTEPH non operabile o IP persistente/ricorrente dopo PEA, sintomatici (classe funzionale NYHA ≥II). Sono stati arruolati sia i pazienti incidenti, riferiti per la prima volta al Centro di Bologna a partire da giugno 2015, che prevalenti, già seguiti in precedenza. Tutti i pazienti sono stati valutati nell’ambito di un Heart Team dedicato composto da cardiologi esperti di IP, cardiochirurghi esperti di PEA, cardiologi interventisti, radiologi esperti di malattie del circolo polmonare. L’indicazione alla BPA è stata sempre subordinata alla valutazione di anatomia non favorevole o rischio molto elevato/proibitivo dell’intervento di PEA, secondo le raccomandazioni vigenti30 (Figura 2).




In condizioni basali (pre-BPA) sono stati valutati: la classe funzionale NYHA, la distanza percorsa al test dei 6 min di marcia, le dimensioni e gli indici di funzionalità del ventricolo destro all’ecocardiogramma ed i principali parametri emodinamici al RHC. La sicurezza della procedura è stata valutata mediante determinazione della frequenza degli eventi avversi fatali/potenzialmente fatali (morte entro 30 giorni, necessità di supporto cardiopolmonare percutaneo o chirurgico, emottisi non controllabile con necessità di intubazione endotracheale) o gravi (complicanze vascolari richiedenti intervento chirurgico o percutaneo). È stata inoltre valutata l’incidenza di: emottisi, danno vascolare polmonare con o senza emottisi, danno polmonare da riperfusione (reperfusion pulmonary injury, RPI) (Figura 3).




Al fine di valutare l’incidenza del RPI, anche silente, tutti i pazienti sono stati sottoposti a tomografia computerizzata del torace ad alta risoluzione (high resolution computed chest tomography, HRCT) il giorno successivo alla procedura. Il RPI è stato definito dalla comparsa di opacità a vetro smerigliato o di consolidazione nei territori trattati.

Tecnica

Ogni sessione è stata effettuata da almeno due cardiologi interventisti, di cui uno esperto di fisiopatologia del circolo polmonare. La terapia anticoagulante orale con antagonisti della vitamina K è stata sospesa almeno 5 giorni prima della procedura e sostituita con eparina a basso peso molecolare previa valutazione del rapporto internazionale normalizzato, mentre nei pazienti trattati con un anticoagulante orale diretto ne è stata sospesa l’assunzione 1 o 2 giorni prima della procedura secondo le raccomandazioni vigenti.

È stata utilizzata una sala angiografica biplana in grado di fornire contemporaneamente acquisizioni sul piano antero-posteriore e latero-laterale, data l’estrema complessità dell’albero arterioso polmonare e con l’obiettivo di limitare quanto più possibile l’esposizione a radiazioni ionizzanti e mezzo di contrasto iodato. Sono state inoltre utilizzate ricostruzioni tridimensionali dell’albero polmonare derivanti da scansioni tomografiche per aiutare gli operatori nel riconoscimento e nell’incannulazione selettiva dei vasi da trattare (Figura 4).




È stato sempre effettuato un RHC pre-procedurale. La BPA è stata eseguita mediante l’impiego di un introduttore lungo posizionato nell’arteria polmonare principale e di cateteri standard da angioplastica coronarica, avanzati selettivamente nelle diramazioni dell’arteria polmonare da trattare. A seguito dell’introduzione del catetere guida è stata somministrata eparina non frazionata con dose regolata in base ai valori del tempo di coagulazione attivato (activated clotting time, ACT; valore target 200-250 s). È stata quindi eseguita l’angiografia polmonare selettiva per identificare le lesioni target. Identificati i vasi da trattare, è stata utilizzata una guida da angioplastica coronarica 0.014” per attraversare le lesioni. La riserva frazionale di flusso e l’ecografia intravascolare sono stati utilizzati per guidare la scelta delle lesioni da trattare in caso di quadro angiografico non dirimente. La dilatazione a livello delle lesioni è stata eseguita con palloni monorail da angioplastica coronarica. I palloni sono stati gonfiati a mano fino alla scomparsa dell’irregolarità nel profilo vascolare o sino alla loro completa espansione. Nel caso di vasi dilatati per la prima volta, è stato utilizzato inizialmente un pallone di piccole dimensioni indipendentemente dal diametro di riferimento dell’arteria, allo scopo di limitare l’insorgenza di complicanze da riperfusione e, successivamente, è stato utilizzato un pallone di maggiori dimensioni nella stessa seduta o in quella successiva. Dopo il gonfiaggio è stata ripetuta l’angiografia per confermare la sufficiente dilatazione e per identificare eventuali vasi danneggiati in seguito alla procedura (Figura 5).




La dilatazione è stata ripetuta sino ad un risultato angiografico soddisfacente. La procedura è stata interrotta in caso di episodi di emoftoe/emottisi incoercibili e/o compromissione emodinamica.

Per tutti i pazienti è stata prevista l’esecuzione di più procedure, per aumentare il numero di lesioni trattate e al contempo limitare gli effetti clinici negativi del danno da riperfusione in più territori polmonari contigui (soprattutto in caso di profilo emodinamico già molto compromesso). Considerando la fisiologica distribuzione del flusso ematico tra polmone destro e polmone sinistro a favore del polmone destro, quest’ultimo è stato trattato per primo. Allo stesso modo, i vasi dei lobi inferiori, di norma più perfusi, sono stati dilatati con precedenza. Il trattamento delle “webs” e delle stenosi ad anello è stato privilegiato rispetto a quello delle occlusioni totali per rendere la procedura più sicura ed efficace.

Analisi statistica

I parametri basali sono descritti con mediana e range interquartile (IQR). Il tasso di complicanze come numero e percentuale sul numero di pazienti e sul numero delle procedure.

RISULTATI

Cinquanta pazienti [45% maschi, età mediana 68 (51-74) anni] affetti da CTEPH sono stati trattati nel periodo dello studio con 156 sedute di BPA [mediana (IQR) sessioni per paziente 2 (2-4)]. Tra loro, 42 (84%) erano affetti da CTEPH non operabile ed 8 (16%) da IP persistente/ricorrente dopo PEA. Le caratteristiche cliniche, funzionali, ecocardiografiche ed emodinamiche basali della popolazione in esame sono elencate nella Tabella 1.




Alla valutazione basale, 30 pazienti (60%) assumevano warfarin, 18 (36%) un anticoagulante orale diretto e 2 (4%) eparina a basso peso molecolare a dose anticoagulante.

Prima di intraprendere le sedute di BPA, 49 pazienti erano in terapia medica specifica per l’IAP: 30 pazienti (60%) erano in monoterapia, di cui la maggior parte con inibitori della fosfodiesterasi 5, e 19 pazienti (38%) erano in terapia di combinazione. Solo un paziente non era in terapia medica specifica, in quanto affetto da IP lieve con valori di PAPm e RAP ai limiti superiori della definizione emodinamica.

Durante il periodo di studio sono state eseguite 156 sedute di BPA ed ogni paziente è stato sottoposto ad una mediana di 2 (2-4) sedute di BPA e al trattamento di 2.3 (2.2-2.7) vasi polmonari per sessione. La distribuzione delle sessioni di BPA nella popolazione in esame è illustrata nella (Figura 6).




Complessivamente, si è verificata una sola complicanza potenzialmente fatale (2% dei pazienti, 0.06% delle procedure): un caso di emottisi severa con necessità di intubazione endotracheale. Nessun paziente ha necessitato di supporto cardiopolmonare e non c’è stato alcun episodio di morte intraospedaliera né a 30 giorni. Vi sono state inoltre 4 complicanze gravi (8% dei pazienti, 2.6% delle procedure): un caso di perforazione dell’arteria polmonare manifestata con emottisi e desaturazione, risolta mediante il gonfiaggio prolungato di un pallone a bassa pressione a monte del vaso danneggiato; 3 complicanze vascolari maggiori con necessità di chirurgia vascolare (2 fistole artero-venose e 1 pseudoaneurisma). Dissezioni circoscritte o perforazioni minori di arterie polmonari sono state documentate in 5 pazienti (10%) per un totale di 5 sedute (3%), e solo il caso descritto in precedenza ha richiesto un intervento risolutivo. I rimanenti casi di dissezione/perforazione sono stati evidenziati esclusivamente dall’angiografia polmonare selettiva di controllo e sono risultati clinicamente silenti. L’emottisi si è verificata in 18 pazienti (36%) per un totale di 31 procedure (20%). Nella maggior parte dei casi (94%) si è risolta spontaneamente e si è trattato di un evento di lieve entità in assenza di significativa desaturazione o compromissione emodinamica. L’antagonizzazione dell’eparina mediante solfato di protamina si è resa necessaria in due differenti sedute dello stesso paziente; in una seduta la severità dell’emottisi ha richiesto anche l’intubazione endotracheale temporanea con successivo ricovero presso l’unità di terapia intensiva (complicanza potenzialmente fatale precedentemente descritta).

Come precedentemente citato, per evidenziare un RPI clinicamente silente, tutti i pazienti sono stati sottoposti a HRCT entro 24 h dalla BPA. Complessivamente, 37 pazienti hanno manifestato almeno un episodio di RPI (74%), per un totale di 96 sedute (62%), con aspetto radiologico circoscritto e decorso subclinico nella maggior parte dei casi.

DISCUSSIONE

Questo studio intende valutare i risultati procedurali dei primi 5 anni di esperienza delle procedure di BPA eseguite su pazienti con CTEPH non operabile o con IP persistente/ricorrente dopo PEA presso l’unico Centro attualmente attivo in Italia. I dati del nostro studio confermano che 1) la BPA è stata eseguita con un basso tasso di complicanze procedurali gravi, nonostante l’elevato profilo di rischio dei pazienti e l’iniziale curva di apprendimento degli operatori; 2) l’incidenza del danno polmonare da riperfusione è elevata, ma è clinicamente silente nella stragrande maggioranza dei casi.

Ad oggi il trattamento di scelta del CTEPH è l’intervento di PEA, in quanto è in grado di rendere questa malattia pressoché completamente reversibile12,13. Non tutti i pazienti sono tuttavia candidabili a PEA per diversi motivi, tra cui la presenza di lesioni troppo distali o comorbilità che controindicano l’intervento14. In un contesto in cui anche l’efficacia dei farmaci specifici per il trattamento della IAP si è dimostrata limitata, la BPA è una procedura che può trovare un suo spazio importante. A differenza delle prime esperienze della fine degli anni ’90, gravate da elevata incidenza di gravi complicanze periprocedurali, recenti evidenze ne hanno documentato sia l’efficacia che la sicurezza19-29. Questa tecnica è ad ogni modo ancora esclusiva di pochi Centri selezionati in tutto il mondo ed è in continua fase di ottimizzazione. Il nostro Centro ha intrapreso l’arruolamento di pazienti candidabili a BPA tra giugno 2015 e settembre 2020, attuando un programma di molteplici sedute di trattamento per paziente, come raccomandato. Al momento dell’arruolamento, parte dei pazienti era già in follow-up presso il nostro Centro e trattato con farmaci specifici per la IAP (casi prevalenti). Ogni paziente è stato rivalutato sotto il profilo clinico, funzionale, ecocardiografico ed emodinamico prima di essere sottoposto a BPA. La decisione di effettuare la BPA è sempre maturata da discussione all’interno del team multidisciplinare dedicato. Per garantire la maggiore sicurezza possibile ai pazienti, durante la curva di apprendimento per i primi 6 mesi, ci si è avvalsi del supporto in sala di operatori esperti provenienti da Centri esteri. Come dimostrato da questo studio, questo atteggiamento molto prudente ha pagato in termini di risultati clinici, essendo stata estremamente contenuta l’incidenza di gravi eventi avversi e nulla la mortalità periprocedurale. Al contempo, iniziano ad emergere dati preliminari di efficacia clinica registrata nel corso del follow-up31 i quali suffragano l’ipotesi che la BPA possa indurre un significativo miglioramento clinico e strumentale nei pazienti in cui viene applicata. Questo è in linea con i dati della letteratura che documentano un miglioramento del profilo emodinamico, con riduzione delle resistenze vascolari polmonari e della PAPm fino addirittura alla pseudo-normalizzazione, al rimodellamento del ventricolo destro con riduzione dei volumi telediastolico e telesistolico e al miglioramento della frazione di eiezione del ventricolo destro22, che rappresenta un elemento determinante dal punto di vista prognostico.

Per quanto riguarda il profilo di sicurezza sono stati considerati sia gli eventi clinici manifesti che quelli silenti, attraverso l’esecuzione in tutti i pazienti di una HRCT a distanza di 24h dalla procedura. Sebbene il RPI sia stato osservato con elevata frequenza (62% delle sedute), l’aspetto radiologico si presentava circoscritto e il decorso subclinico nella maggior parte dei casi. In questa prospettiva, è molto importante sottolineare l’importanza della gestione corretta degli eventi di emottisi, anche questi sostanzialmente auto-limitanti nella stragrande maggioranza dei casi. L’emottisi è espressione di un danno vascolare diretto o da riperfusione; nella maggior parte dei casi si è trattato di un evento di lieve entità, che ha portato alla temporanea sospensione della procedura, in attesa della risoluzione completa, senza la necessità di rimuovere i cateteri (potenzialmente necessari per interventi terapeutici risolutivi, qualora indicati), né di antagonizzare l’eparina (protamina necessaria in due sole occasioni). A tale proposito, si sono rivelati fondamentali: a) il monitoraggio continuo dell’emosputum e delle variazioni della saturazione arteriosa e della frequenza cardiaca; b) il mantenimento dell’ACT nel range 200-250 s.

In conclusione, durante 5 anni della prima esperienza italiana, la BPA si è dimostrata sufficientemente sicura nei pazienti con CTEPH giudicati non operabili o con IP persistente/ricorrente dopo PEA. Dati preliminari confermano anche l’efficacia a breve e medio termine, rendendola un’opzione terapeutica da perseguire in aggiunta alla sola terapia farmacologica. La normalizzazione del profilo emodinamico, il miglioramento della performance del ventricolo destro e la conseguente normalizzazione della capacità funzionale con la BPA richiedono un’adeguata selezione dei pazienti che prevede la valutazione della distribuzione delle lesioni anatomiche, la compromissione emodinamica e le comorbilità. Se tutti i suddetti punti vengono rispettati si è in grado di eseguire tali procedure in relativa sicurezza.

RIASSUNTO

Razionale. L’angioplastica delle arterie polmonari (BPA) rappresenta un’opzione terapeutica per il trattamento del cuore polmonare cronico tromboembolico (CTEPH) nei pazienti non candidabili a intervento cardiochirurgico di endoarterectomia polmonare (PEA) o con ipertensione arteriosa polmonare persistente/ricorrente sintomatica dopo PEA. Questo studio ha valutato la sicurezza della BPA durante 5 anni di esperienza nell’unico centro italiano che esegue sistematicamente questa procedura.

Materiali e metodi. Il programma di BPA è stato attivato presso il Policlinico S. Orsola di Bologna a giugno 2015. È stata valutata l’incidenza di complicanze periprocedurali potenzialmente fatali (morte <30 giorni, necessità di supporto cardiopolmonare, emottisi con necessità di intubazione oro-tracheale), gravi (complicanze vascolari richiedenti intervento chirurgico o percutaneo), o altre (emottisi, danno vascolare polmonare con o senza emottisi, danno polmonare da riperfusione con tomografia computerizzata polmonare ad alta risoluzione a 24 h).

Risultati. Da giugno 2015 a settembre 2020 sono stati sottoposti a BPA presso il nostro centro 50 pazienti (45% maschi, età mediana 68 anni), 42 inoperabili e 8 con ipertensione polmonare persistente/ricorrente sintomatica dopo PEA, per un totale di 156 procedure. Si è verificata una complicanza potenzialmente fatale (2% dei pazienti, 0.06% delle procedure), ovvero un’emottisi severa con necessità di intubazione endotracheale e 4 complicanze gravi (8% dei pazienti, 2.6% delle procedure), ovvero una perforazione dell’arteria polmonare risolta per via percutanea e tre complicanze vascolari nella sede di accesso trattate con chirurgia. Non c’è stato alcun episodio di morte a 30 giorni. Un danno polmonare da riperfusione si è verificato in 37 pazienti (74%) per un totale di 96 sedute (62%), con aspetto radiologico circoscritto e decorso subclinico nella maggior parte dei casi.

Conclusioni. Questo studio conferma, nella prima esperienza italiana, la relativa sicurezza della BPA per pazienti con CTEPH non candidati a cardiochirurgia o con ipertensione polmonare persistente o ricorrente dopo PEA.

Parole chiave. Angioplastica delle arterie polmonari; Cuore polmonare cronico tromboembolico; Embolia polmonare.

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