Nell’ultima decade, è divenuto progressivamente chiaro che il più importante meccanismo responsabile di eventi cardio e cerebrovascolari acuti è la rottura di una placca aterosclerotica con sovrapposizione di una formazione trombotica. Studi anatomo-patologici hanno dimostrato che il rischio di rottura è legato al tipo di placca più che alle sue dimensioni. I determinanti della vulnerabilità della placca carotidea alla rottura sono simili a quelli responsabili di instabilità a livello coronarico: 1) dimensioni e composizione del nucleo lipidico, 2) attività di cellule infiammatorie all’interno del cappuccio fibroso, 3) spessore e contenuto in collagene del cappuccio. Placche instabili hanno un grosso core lipidico, un cappuccio fibroso sottile, elevata densità di macrofagi e poche cellule muscolari lisce. Forze fluidodinamiche assumono un ruolo determinante non solo nel precipitare la rottura di placche vulnerabili, ma anche nel differenziarne la risposta cellulare.
Negli ultimi anni, numerose tecniche di immagine sono state utilizzate per cercare di identificare placche aterosclerotiche ad alto rischio di eventi. L’ultrasonografia B-mode ad alta risoluzione consente una caratterizzazione non invasiva delle dimensioni, struttura e superficie della placca aterosclerotica carotidea. Tuttavia tale metodica non è perfetta. La soggettività della descrizione qualitativa della placca carotidea, l’importanza della riproducibilità dello studio eco-morfologico della placca e la necessità di uniformare la terminologia impegna la ricerca scientifica a definire indicatori ultrasonografici, oltre che biochimici, molecolari, o di risonanza magnetica nucleare che permettano una più precisa e rapida identificazione delle lesioni instabili, e quindi una decisione terapeutica più mirata.