I problemi relativi all’assistenza nel lungo periodo per il paziente con scompenso cardiaco (SC) cronico sono sempre più cospicui in relazione ai sempre maggiori bisogni derivanti da questa patologia.
Gli attuali modelli sanitari sono stati disegnati per fornire assistenza per l’episodio acuto, ma le condizioni croniche richiedono una diversa programmazione. La gestione dello SC cronico è solitamente limitata alle strutture assistenziali del territorio e questo spesso conduce ad un uso improprio di risorse ad alto impegno assistenziale e tecnologico.
Attualmente non sembra esistere un modello di cura per lo SC cronico “best practice“ applicabile ad ogni sistema sanitario e in ogni realtà sanitaria delle nostre Regioni. Perciò è opportuno informare gli amministratori sui nuovi approcci al paziente con SC cronico, ed è importante che, così com’è già stato fatto a Trieste, i medici propongano percorsi che integrino il nostro “ben fare” quotidiano.
Un trattamento razionale del paziente con SC cronico deve basarsi, a nostro avviso, su un’efficace integrazione tra ospedale e territorio; questo implica la creazione di una struttura specialistica territoriale (con personale dell’ospedale e del territorio e strumentazione propri) per la cura globale del paziente. La dotazione di personale e le modalità di intervento di tale struttura devono essere programmate in base all’epidemiologia della malattia e alle realtà locali.
L’esperienza territoriale di Trieste, pressoché unica nel paese, è stata insieme una sfida e un’opportunità per un nuovo discorso assistenziale che, superata la prestazione medica tout court, fornisce un’assistenza più completa. Questo modello non va imposto per “decreto”, ma concordato dopo un’approfondita discussione a livello nazionale, regionale e locale.