Nel paziente con insufficienza cardiaca avanzata in fase di instabilità, il trattamento diuretico porta il rene a mettere in atto meccanismi di compenso, sia intrinseci sia mediati dal sistema renina-angiotensina, volti a preservare l’omeostasi del sodio, ma che in presenza di ipotensione arteriosa connessa alla bassa portata cardiaca possono condurre all’insufficienza renale; inoltre la dipendenza della filtrazione glomerulare dalla costrizione dell’arteriola efferente mediata dall’angiotensina II può rendere questi pazienti intolleranti ai farmaci ad azione neurormonale. In queste condizioni, in presenza di deterioramento del compenso con congestione e ridotta perfusione periferica, trova indicazione la terapia inotropa, dalla quale una quota di pazienti non riesce ad essere svezzata. In questi casi, la terapia inotropa domiciliare può rappresentare una terapia “ponte” al trapianto cardiaco o all’assistenza meccanica al circolo, o una terapia definitiva in assenza di altre opzioni. La dobutamina, da sola o in associazione con la dopamina, è l’inotropo più frequentemente usato; il suo impiego comporta la necessità di un accesso venoso centrale a permanenza e di una pompa per infusione continua, con frequenti accessi in day-hospital per la gestione della pompa. Gli inibitori delle fosfodiesterasi sono meno impiegati per questa indicazione. Il levosimendan, in virtù della lunga durata del suo effetto dopo il termine dell’infusione, viene impiegato come trattamento infusionale intermittente (ogni 3 o 4 settimane), ed in una serie di casistiche, inclusa quella del nostro Centro, ha dimostrato un effetto favorevole sulla stabilizzazione dei pazienti, sui parametri ecocardiografici e sull’esito.