Trattamento percutaneo transcatetere dell’embolia polmonare: risultati della survey nazionale SICI-GISE promossa dal Comitato GISE Young

Alessandro Beneduce1*, Pierluigi Demola2*, Giulia Masiero3, Federica Serino4, Alberto Polimeni5, Francesco Saia6, Alberto Menozzi7, Marco Contarini8, Massimo Fineschi9, Carmine Musto10, Federico De Marco11, Battistina Castiglioni12, Tiziana Attisano13, Giuseppe Tarantini3, Giovanni Esposito14

1U.O. Cardiologia Interventistica, Ospedale IRCCS San Raffaele, Milano

2Cardiologia interventistica, AUSL Reggio Emilia, IRCCS Arcispedale Santa Maria Nuova, Reggio Emilia

3Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica, Università degli Studi, Padova

4Divisione di Cardiologia, A.O.R.N. Antonio Cardarelli, Napoli

5Centro di Ricerche delle Malattie Cardiovascolari, Divisione di Cardiologia, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi “Magna Graecia”, Catanzaro

6Alma Mater Studiorum, Università degli Studi di Bologna and IRCCS Policlinico Sant’Orsola, Bologna

7S.C. Cardiologia, Ospedale Sant’Andrea, ASL5 Liguria, La Spezia

8U.O. Cardiologia con UTIC ed Emodinamica, P.O. Umberto I, Siracusa

9U.O.S.A. Cardiologia Interventistica, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Siena

10Divisione di Cardiologia, Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, Roma

11Cardiologia Interventistica, IRCCS Policlinico San Donato, San Donato Milanese (MI)

12Dipartimento di Cardiologia, Ospedale Luigi Galmarini, ASST Settelaghi, Tradate (VA)

13Dipartimento di Cardiologia Interventistica, A.O.U. San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, Salerno

14Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate, Università degli Studi “Federico II”, Napoli

Background. Pulmonary embolism (PE) represents the third leading acute cardiovascular syndrome in the world and it is burdened with high mortality and morbidity rates. Percutaneous or catheter-based treatments of high- and intermediate-risk patients have garnered interest because of the limitations of both systemic thrombolysis and anticoagulation strategies. However, data on these techniques are heterogeneous and limited to small non-randomized evidences.

Methods. This survey was jointly performed by the GISE Young Committee with the support of the SICI-GISE Society and ICOT group with the aim of evaluating the view of the cardiology community on interventional therapies for PE. A web-based questionnaire based on 19 questions was distributed to SICI-GISE and ICOT members.

Results. The survey was distributed to 1550 physicians with 220 (14%) responses, 65% from North Italy. Multidisciplinary diagnostic and therapeutic pathways for patients with PE were not available in most centers (56%), and transcatheter treatment was available in 55% of centers, most of them at low volume (<5 percutaneous treatments/year). Among the devices used, mechanical thrombectomy was the predominant one (62%) in the absence of significant differences in the availability of devices within the three Italian geographic macro-areas. Respondents recognize the theoretical benefits of percutaneous treatment of PE, including: improving a prompt hemodynamic stabilization and respiratory exchange (89%) in high-risk patients, avoiding hemodynamic deterioration (39%) and right ventricular dysfunction (51%) in intermediate-risk patients, and reducing hemorrhagic complications related to systemic thrombolysis (36%). According to participants’ judgement, the main factors limiting the use of percutaneous transcatheter treatment of PE in clinical practice are the lack of specific operator training (60%), lack of solid clinical data to support it (39%), difficult patient selection (34%), high costs (30%), and risk of procedural complications (26%).

Conclusions. Currently, transcatheter treatment of PE appears to be widely supported but poorly used in clinical practice. Solid evidences are needed regarding the safety and efficacy profile of the different available devices, the identification of patient selection criteria, alongside the enhancement of the availability of techniques and technologies.

Key words. Embolectomy; Pulmonary embolism; Thrombolytic therapy.

INTRODUZIONE

Nel 2016 la Società Italiana di Cardiologia Interventistica-Gruppo Italiano di Studi Emodinamici (SICI-GISE) ha costituito un gruppo di giovani interventisti denominato “GISE Young” composto da cardiologi con età <35 anni. Tra gli scopi di questo gruppo rientra la promozione della formazione in ambito pratico e della ricerca clinica e lo sviluppo di una rete nazionale attiva e partecipe. A sostegno di queste missioni, il Comitato GISE Young ha avviato il progetto “Surveys GISE Young for Giornale Italiano di Cardiologia Interventistica (GICI)” per proporre a livello nazionale delle indagini conoscitive rapide e interattive, focalizzate su temi di attualità diagnostico-terapeutica nell’ambito della cardiologia interventistica e privi di ampi studi di confronto e dati randomizzati. Il progetto, sostenuto dal gruppo Italian Cardiologists of Tomorrow (ICOT) della Società Italiana di Cardiologia, ha l’obiettivo di rappresentare l’esperienza clinica e nei laboratori di emodinamica italiani. L’esecuzione di survey dedicate permette infatti di cogliere l’attuale pratica clinica, i limiti e le prospettive future del trattamento di interesse dal punto di vista dei cardiologi clinici e interventisti intervistati1,2. Nello specifico, la prima tematica affrontata è stata il trattamento percutaneo transcatetere della tromboembolia polmonare (TEP). Il tromboembolismo venoso risulta infatti la terza sindrome cardiovascolare acuta più frequente nel mondo dopo l’infarto del miocardio e l’ictus ed è gravato da elevati tassi di mortalità e morbilità3,4. Secondo le più recenti linee guida internazionali, la terapia riperfusiva mediante trombolisi sistemica è raccomandata per il trattamento dei pazienti affetti da TEP acuta emodinamicamente instabili e dovrebbe essere presa in considerazione anche in caso di progressivo deterioramento emodinamico nonostante il trattamento iniziale con adeguata terapia anticoagulante4. Nonostante ciò, studi recenti hanno evidenziato come il trattamento trombolitico sia sottoutilizzato nei pazienti affetti da TEP ad alto rischio (a causa di un aumentato rischio percepito di complicanze o per l’esistenza di effettive controindicazioni) oltre al fatto di presentare una quota non esigua di failure in acuto5,6. Si è quindi recentemente diffuso in tali contesti clinici il ricorso ad innovative tecniche di trattamento endovascolare della TEP acuta, sostenute da iniziali evidenze scientifiche favorevoli e dalla dimostrata importanza dei team polispecialistici per la gestione multidisciplinare della TEP ad alto e intermedio rischio7,8. L’obiettivo di tale survey è stato quindi la raccolta di dati inerenti 1) all’effettiva diffusione delle principali nuove terapie transcatetere per il trattamento percutaneo della TEP, 2) all’esistenza di percorsi diagnostico-terapeutici dedicati e 3) all’utilità percepita nonché i fattori limitanti l’utilizzo di tali dispositivi.

METODI

La survey, sotto forma di questionario composto da 19 domande a risposta multipla, è stata somministrata online mediante sito web dedicato ai soci SICI-GISE e ICOT.

I risultati delle domande sono riportati come numeri e percentuali (variabili categoriche), stratificati in sottogruppi per area geografica, dove appropriato. I confronti tra sottogruppi sono stati effettuati mediante il test del chi-quadrato. Un valore di p<0.05 per il test a due code è stato considerato statisticamente significativo. Tutte le analisi statistiche sono state effettuate con SPSS 24 (SPSS Inc., Chicago, IL, USA).

RISULTATI

Caratteristiche dei partecipanti

Su un totale di 1550 inviti recapitati, 220 medici (14%) hanno aderito alla survey, il 58% dei quali di età >35 anni. Le informazioni demografiche e professionali relative ai soggetti partecipanti sono riportate nella Tabella 1.

Come mostrato nella Figura 1, la distribuzione geografica dei partecipanti è stata la seguente: 65% dalle regioni del nord Italia, 12% dalle regioni del centro Italia e 23% dalle regioni del sud Italia. Le regioni che hanno contribuito maggiormente alla survey sono state nell’ordine: l’Emilia-Romagna (32%), la Lombardia (13%) e la Sicilia (11%). Il 70% dei partecipanti era rappresentato da cardiologi interventisti (33% con >10 anni di esperienza), il 19% da cardiologi clinici, l’11% da medici operanti in terapia intensiva (Tabella 1). I partecipanti provenivano più frequentemente da ospedali pubblici non universitari (57%), il 41% da centri con un basso volume (<30 casi di TEP/anno) ed il 24% da centri ad elevato volume (>60 casi di TEP/anno) (Tabella 1).







Trattamento percutaneo transcatetere della tromboembolia polmonare nella pratica clinica

Al momento della survey, nella maggior parte dei centri (56%) non erano disponibili percorsi diagnostico-terapeutici multidisciplinari per i pazienti affetti da TEP ad alto rischio o a rischio intermedio e nel 67% dei casi l’unico trattamento disponibile era rappresentato dalla sola terapia farmacologica (trombolisi e/o anticoagulante) (Figura 2A-B). Il trattamento transcatetere della TEP era disponibile nel 55% dei centri, la maggior parte dei quali risultava essere a basso volume (<5 trattamenti percutanei/anno) e solo l’1% da centri ad elevato volume (>20 trattamenti percutanei/anno) (Figura 2C). La distribuzione dei centri con possibilità di trattamento transcatetere della TEP nelle tre macro-aree geografiche italiane è risultata la seguente: 56% al nord, 68% al centro e 47% al sud (p=0.138) (Figura 2D).

Nel 48% dei centri il trattamento percutaneo transcatetere della TEP era affidato al cardiologo interventista, mentre nel 14% al radiologo interventista (Figura 3A).




Il 76% dei partecipanti non aveva mai utilizzato in prima persona il trattamento percutaneo transcatetere della TEP e solo il 7% lo aveva utilizzato in >10 pazienti (Figura 3B). La percentuale di partecipanti con esperienza diretta in almeno 1 caso di trattamento percutaneo transcatetere di TEP è risultata simile fra le tre macro-aree geografiche italiane: 25% al nord, 29% al centro e 17% al sud (p=0.394). Tra i dispositivi utilizzati, la trombectomia reolitica è risultata quella prevalente (43%), seguita dalla trombolisi loco-regionale (25%), dalla trombectomia mediante aspirazione/rotazionale (19%) e dalla trombolisi loco-regionale assistita con ultrasuoni (13%) (Figura 3C). Non sono emerse differenze statisticamente significative nella disponibilità dei singoli dispositivi nell’ambito delle tre macro-aree geografiche italiane.

Le indicazioni al trattamento percutaneo transcatetere maggiormente riportate dai partecipanti sono risultate l’utilizzo nei pazienti a rischio elevato con controindicazione o fallimento della trombolisi (87%) e l’utilizzo nei pazienti a rischio intermedio con deterioramento emodinamico nonostante la terapia anticoagulante (47%). Sono stati contemplati dai partecipanti anche l’utilizzo di routine nel rischio elevato (26%) e l’utilizzo nei pazienti a rischio basso con deterioramento emodinamico nonostante la terapia anticoagulante (14%) (Figura 4A).

Tra i fattori che hanno influenzato la decisione dei partecipanti a procedere al trattamento percutaneo transcatetere della TEP, il deterioramento emodinamico (80%) e l’instabilità emodinamica alla presentazione (69%) sono risultati maggiormente prevalenti, seguiti da rischio emorragico elevato (48%), localizzazione prossimale del trombo (38%), severa disfunzione/dilatazione ventricolare destra (36%) e severa compromissione degli scambi respiratori (30%), status funzionale ed aspettativa di vita del paziente prima dell’evento acuto (18%) e severa ipertensione polmonare (16%) (Figura 4B).




Rispetto alla sola terapia farmacologica, i vantaggi del trattamento percutaneo transcatetere della TEP maggiormente attesi dai partecipanti sono risultati la stabilizzazione emodinamica più rapida nei pazienti a rischio elevato (89%), il miglioramento più rapido dell’ipertensione polmonare e della funzione del ventricolo destro (51%), la riduzione della mortalità intraospedaliera (45%), la riduzione del rischio di deterioramento emodinamico nei pazienti a rischio intermedio (39%), la riduzione del rischio di sanguinamento maggiore (36%) e la riduzione del rischio di sviluppare ipertensione polmonare cronica (33%). Soltanto il 2% dei partecipanti ha indicato di non percepire alcun vantaggio del trattamento rispetto alla sola terapia farmacologica (Figura 5A).

I rischi del trattamento percutaneo transcatetere della TEP percepiti come più concreti dai partecipanti comprendono la perforazione dell’arteria polmonare o di sue diramazioni con conseguente emorragia polmonare (56%), la mortalità procedurale (38%), le complicanze dell’accesso vascolare (31%) e l’inefficacia del trattamento (31%). Il 10% dei partecipanti ha indicato di non percepire alcun rischio aggiuntivo del trattamento rispetto alla sola terapia farmacologica (Figura 5B).




Sulla base delle evidenze disponibili, il 33% dei partecipanti ha affermato che l’efficacia e la sicurezza del trattamento percutaneo transcatetere della TEP dipendono prevalentemente dalle caratteristiche cliniche del paziente, mentre il 30% che i dati a disposizione non sono conclusivi ed il 27% di non essere in grado di formulare un giudizio in merito (Figura 6A).

Nell’opinione dei partecipanti, i principali fattori limitanti l’utilizzo nella pratica clinica del trattamento percutaneo trans­catetere della TEP sarebbero rappresentati dalla mancanza di training specifico degli operatori (60%), dalla mancanza di dati clinici solidi a supporto (39%), dalla difficoltà nella selezione del paziente (34%), dai costi elevati (30%) e dal rischio di complicanze procedurali (26%) (Figura 6B).




Prospettive future

La maggioranza dei partecipanti (87%) ha previsto in futuro un incremento della diffusione e dell’utilizzo nella pratica clinica del trattamento percutaneo transcatetere della TEP, lieve rispetto alla situazione attuale (50%) o significativo (37%) (Figura 7A).

Riguardo la ricerca clinica sull’argomento, il 50% dei partecipanti ha indicato che gli studi futuri dovrebbero focalizzarsi sulla valutazione dell’efficacia del trattamento percutaneo transcatetere della TEP con endpoint clinici rilevanti sia a breve termine che a lungo termine (mortalità), mentre il 20% ha indicato che gli studi futuri dovrebbero identificare criteri di selezione dei pazienti a rischio intermedio in grado di predire il deterioramento emodinamico intraospedaliero e quindi la necessità di un trattamento interventistico. Infine, una quota non esigua degli intervistati (11%) ritiene opportuno un confronto diretto tra i dispositivi basati su trombolisi loco-regionale e sistemi basati sulla tromboaspirazione o trombectomia (Figura 7B).




DISCUSSIONE

La presente survey, promossa dal Comitato GISE Young e supportata da SICI-GISE e dal gruppo ICOT, nasce dall’esigenza di descrivere l’attuale pratica clinica del trattamento transcatetere alternativo alla strategia reolitica nella TEP acuta. Nel complesso, l’indagine conoscitiva ha registrato una buona adesione, in linea con le precedenti survey societarie internazionali su tematiche di attualità diagnostico-terapeutica nell’ambito della cardiologia interventistica, prive di dati randomizzati dirimenti2,9. Nel dettaglio, l’analisi dei risultati della survey sul trattamento percutaneo transcatetere della TEP ha permesso di evidenziare le seguenti osservazioni principali.

1. Nei pazienti affetti da TEP acuta, le recenti linee guida internazionali suggeriscono di procedere con strategie alternative al trattamento trombolitico sistemico in presenza di controindicazioni o in seguito al fallimento della terapia trombolitica stessa4. Allo stato attuale delle evidenze disponibili in letteratura, il trattamento transcatetere non presenta alcuna indicazione di prima linea, ma può essere considerato nei pazienti con TEP ad alto rischio di mortalità precoce se esclusa l’opzione di embolectomia chirurgica e nei casi a rischio intermedio o basso nei quali si verifichi deterioramento emodinamico durante terapia anticoagulante (classe IIa, livello di evidenza C)4. È inoltre raccomandata una gestione multidisciplinare del trattamento chirurgico o transcatetere della TEP, essendo lo stesso strettamente influenzato da molti fattori oltre al rischio di mortalità precoce, quali il profilo di rischio clinico globale del paziente, l’expertise dei singoli professionisti e la disponibilità delle tecniche e delle tecnologie7,8. Nel complesso, la survey ha identificato tra i principali fattori clinici che guidano il ricorso alle strategie interventistiche di trattamento della TEP acuta proprio la presenza di instabilità emodinamica (alla presentazione o il progressivo deterioramento) accanto ad un rischio emorragico elevato, nota avvertenza alla trombolisi sistemica. Tuttavia, dall’indagine è risultata, nei centri degli intervistati, una scarsa esistenza di protocolli diagnostico-terapeutici per il trattamento della TEP, così come limitato si è rivelato l’utilizzo di strategie interventistiche, con tassi sovrapponibili a quanto già registrato in precedenti indagini nazionali condotte dalla società SICI-GISE e dall’associazione italiana dei medici ospedalieri10,11. Diversamente da tali analisi che hanno rilevato un predominante ricorso alla metodica nelle regioni del nord Italia, l’attuale survey non ha dimostrato differenze rilevanti nella provenienza geografica dei centri con possibilità di trattamento percutaneo così come nella disponibilità dei singoli dispositivi, pur confermando un limitato case-load riferito da parte dei partecipanti con esperienza diretta10,11. Va specificato il potenziale limite di tale indagine che ha interessato nel complesso una quota non maggioritaria del personale effettivamente coinvolto nella pratica clinica nel trattamento della TEP, in particolare per il gruppo di centri del centro Italia.

2. Analizzando più nel dettaglio la pratica clinica, gli intervistati hanno individuato nel cardiologo/radiologo interventista (singolarmente o in team multidisciplinare) le figure deputate alla terapia transcatetere della TEP, con ricorso prevalente alla trombectomia percutanea, rispetto ai dispositivi di trombolisi loco-regionale. Del confronto con i dati di utilizzo sul territorio nazionale già presentati in letteratura11, è interessante evidenziare la riduzione del ricorso alla trombectomia reolitica accanto all’incremento dei tassi di utilizzo dei sistemi di trombectomia mediante aspirazione. Tale tendenza può essere in parte stata influenzata dalle più recenti evidenze scientifiche che, da una parte, hanno dimostrato un’associazione tra l’utilizzo di Angiojet ed un aumentato rischio di complicanze peri e post-procedurali, e, dall’altra, hanno suggerito un’efficacia dei dispositivi di trombectomia mediante aspirazione (es. FlowTriever, Penumbra, AngioVac) in termini di endpoint surrogati quali la riduzione del rapporto ventricolo destro/sinistro12,13. D’altra parte, i dati disponibili in letteratura confermano una sostanziale disomogeneità di utilizzo di tali strategie di trattamento, derivata anche dalla disponibilità locale delle risorse, dall’eterogeneità dei pazienti coinvolti e dalla mancanza di solide evidenze4,7.

3. Per quanto riguarda i potenziali vantaggi dell’utilizzo del trattamento percutaneo della TEP, gli intervistati hanno identificato i teorici benefici di tale strategia, tra i quali accelerare la stabilizzazione emodinamica e il miglioramento degli scambi respiratori nei pazienti ad alto rischio, evitare lo scadimento emodinamico e la disfunzione ventricolare destra nei pazienti a rischio intermedio, e ridurre le complicanze emorragiche correlate a terapie reolitiche sistemiche4,7. Tuttavia, ad oggi, non sono disponibili studi randomizzati che confermino la superiorità di tale strategia rispetto alla trombolisi sistemica o alla terapia anticoagulante in termini di mortalità a breve termine, risvolto emodinamico, prevenzione delle recidive e dell’ipertensione polmonare4,7.

4. Dalla survey sono inoltre emersi i rischi percepiti del trattamento che comprendono i sanguinamenti maggiori (prevalenti con l’utilizzo di metodiche di trombolisi loco-regionale), il rischio di collasso emodinamico e le complicanze legate all’accesso vascolare o a traumatismi delle strutture cardiopolmonari (che gravano sui dispositivi di trombectomia meccanica). Infine, pur riconoscendone la potenziale importanza, l’opinione degli intervistati risulta in linea con le valutazioni degli esperti in merito alle principali limitazioni per l’attuale diffusione delle strategie percutanee di trattamento della TEP: la mancanza di evidenze cliniche dirimenti in merito al profilo di sicurezza ed efficacia dei differenti dispositivi disponibili, l’eterogenea e spesso carente disponibilità delle tecniche e delle tecnologie, nonché la difficoltà di selezione dei pazienti.

RIASSUNTO

Razionale. La tromboembolia polmonare (TEP) risulta la terza sindrome cardiovascolare acuta più frequente nel mondo ed è gravata da elevati tassi di mortalità e morbilità. Per far fronte ai limiti riconosciuti della trombolisi sistemica e della terapia anticoagulante si è recentemente diffuso il ricorso ad innovative tecniche di trattamento endovascolare della TEP acuta ad alto e intermedio rischio. I dati a disposizione sono tuttavia eterogenei e non dirimenti, in quanto privi di ampi studi di confronto e randomizzati.

Materiali e metodi. La presente survey, promossa dal Comitato GISE Young e supportata dalla Società SICI-GISE e dal gruppo ICOT, ha lo scopo di descrivere l’attuale pratica clinica, l’utilità percepita nonché i fattori limitanti l’utilizzo dei dispositivi per il trattamento percutaneo della TEP. Il questionario composto da 19 domande a risposta multipla è stato somministrato online mediante sito web dedicato ai soci SICI-GISE e ICOT.

Risultati. Su un totale di 1550 inviti recapitati, 220 medici (14%) hanno aderito alla survey, 65% dei quali da regioni del nord Italia. Nella maggior parte dei centri (56%) non erano disponibili percorsi diagnostici e terapeutici multidisciplinari per i pazienti affetti da TEP ed il trattamento transcatetere era disponibile nel 55% dei centri, la maggior parte dei quali a basso volume (<5 trattamenti percutanei/anno). Tra i dispositivi utilizzati, la trombectomia meccanica è risultata quella prevalente (62%) in assenza di differenze statisticamente significative nella disponibilità dei singoli dispositivi nell’ambito delle tre macro-aree geografiche italiane. Gli intervistati riconoscono i teorici benefici del trattamento percutaneo della TEP, tra i quali spiccano: accelerare la stabilizzazione emodinamica e il miglioramento degli scambi respiratori (89%) nei pazienti ad alto rischio, evitare lo scadimento emodinamico (39%) e la disfunzione ventricolare destra (51%) nei pazienti a rischio intermedio, ridurre le complicanze emorragiche correlate a terapie trombolitiche sistemiche (36%). Nell’opinione dei partecipanti, i principali fattori limitanti l’utilizzo nella pratica clinica del trattamento percutaneo transcatetere della TEP sarebbero rappresentati dalla mancanza di training specifico degli operatori (60%), dalla mancanza di dati clinici solidi a supporto (39%), dalla difficoltà nella selezione del paziente (34%), dai costi elevati (30%) e dal rischio di complicanze procedurali (26%).

Conclusioni. Allo stato attuale, il trattamento transcatetere della TEP risulta ampiamente sostenuto, ma scarsamente utilizzato nella pratica clinica. La produzione di evidenze cliniche dirimenti in merito al profilo di sicurezza ed efficacia dei differenti dispositivi disponibili, l’identificazione dei criteri di selezione dei pazienti, accanto al potenziamento delle disponibilità delle tecniche e delle tecnologie, sono elementi imprescindibili per la diffusione di tale strategia percutanea.

Parole chiave. Embolectomia; Embolia polmonare; Terapia trombolitica.

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