Trattamento percutaneo con tecnica valve-in-valve di disfunzione di bioprotesi aortica chirurgica di piccole dimensioni

Saverio Continisio, Mauro Boiago, Tommaso Fabris, Massimo Napodano, Luca Nai Fovino, Giulia Masiero, Chiara Fraccaro, Giuseppe Tarantini

Dipartimento di Scienze Cardiache, Toraciche, Vascolari e Sanità Pubblica, Università degli Studi, Padova

In the last decades, the wide use of surgical aortic bioprostheses translated into an increased rate of valve degeneration and dysfunction. However, most patients are excluded from surgical re-do due to high or prohibitive operative risk. In this clinical context, valve-in-valve transcatheter aortic valve implantation (ViV-TAVI) has been shown to be effective. Nevertheless, some relevant concerns, such as elevated residual transvalvular gradient and coronary artery obstruction, still remain. Detailed information regarding the degenerated surgical bioprosthesis and a thorough analysis of the computed tomography scan are essential for accurate pre-procedural planning and may avoid dramatic acute complications. Moreover, in difficult cases, the use of some tips and tricks may help expert operators to achieve better results.

Here we report the case of a patient affected by structural degeneration of a small label size surgical aortic valve, who was excluded from surgical reintervention due to high operative risk. Therefore, we decided to perform a ViV-TAVI despite the presence of challenging features.

Key words. Balloon valve fracture; Computed tomography; Pre-procedural planning; Transcatheter aortic valve implantation; Valve-in-valve.

INTRODUZIONE

Negli ultimi anni si è assistito ad un impiego sempre maggiore di protesi aortiche biologiche a discapito di quelle meccaniche per il trattamento delle valvulopatie aortiche. Nonostante siano stati sviluppati numerosi materiali di nuova generazione volti a migliorare la durability dei dispositivi, la degenerazione strutturale rappresenta ancora un problema importante e inevitabile sul lungo termine, che riguarda sia le protesi chirurgiche che quelle transcatetere. Molto spesso i pazienti con degenerazione di bioprotesi chirurgiche presentano un elevato rischio operatorio e pertanto vengono esclusi da re-do chirurgico. Dunque, in molti casi l’unica opzione percorribile risulta essere la procedura di impianto transcatetere di bioprotesi aortica (TAVI) valve-in-valve (ViV), la quale tuttavia presenta alcuni limiti, tra cui il rischio di un elevato gradiente transvalvolare residuo, mismatch protesi-paziente (MPP), difficile re-accesso coronarico, e di complicanze acute drammatiche come l’ostruzione degli osti coronarici. L’accurato planning pre-procedurale unito all’esperienza degli operatori è fondamentale per ottenere risultati ottimali anche in scenari più complessi e minimizzare il rischio di complicanze peri-procedurali.

CASO CLINICO

Riportiamo il caso di una paziente di 82 anni ricoverata per disfunzione di bioprotesi aortica chirurgica. La paziente era affetta da ipertensione arteriosa, diabete mellito di tipo 2 in terapia antidiabetica orale, insufficienza renale cronica III stadio, obesità (indice di massa corporea 35.8 kg/m2) e broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Nel 2012, per riscontro di stenosi valvolare aortica severa sintomatica e coronaropatia critica monovasale a carico dell’arteria discendente anteriore (DA), veniva sottoposta a procedura di sostituzione valvolare aortica chirurgica (SAVR) con bioprotesi stented “externally mounted” Mitroflow 21 mm (Sorin, Milano) (Figura 1) e contestuale rivascolarizzazione miocardica mediante singolo bypass aortocoronarico con arteria mammaria interna sinistra (AMIS) per DA.




L’ecocardiogramma transtoracico (ETT) eseguito dopo la procedura mostrava la bioprotesi in sede, continente, con aumentati gradienti transprotesici residui (Grad max/medio 37/21 mmHg, area valvolare aortica [AVA] 1.38 cm2, AVA indicizzata [AVAi] 0.68 cm2/m2) in un quadro compatibile con MPP di grado moderato. Da allora, la paziente si manteneva in stato di buon compenso emodinamico ed asintomatica per dispnea o angor da sforzo e a riposo.

Nel 2020 veniva ricoverata per scompenso cardiaco congestizio e riacutizzazione di BPCO. Un ecocardiogramma eseguito durante la degenza mostrava degenerazione strutturale della bioprotesi aortica determinante disfunzione per stenosi severa (Grad max/medio 64/40 mmHg, AVA 0.8 cm2, AVAi 0.41 cm2/m2) in ventricolo sinistro con aumentati spessori parietali, normali dimensioni endocavitarie e normale frazione di eiezione. Alla luce di tale riscontro, la paziente veniva sottoposta a cateterismo cardiaco, che documentava la pervietà del bypass aortocoronarico in AMIS per DA e confermava la severità della disfunzione protesica (Grad picco-picco 40 mmHg). Successivamente veniva eseguita un’angio-tomografia computerizzata (TC) aortica per la valutazione dei rapporti anatomici tra strutture mediastiniche e sterno, e tra la bioprotesi chirurgica e le strutture della radice aortica, al fine di valutare anche la fattibilità della procedura di TAVI. Il caso veniva discusso collegialmente in Heart Team ove, in considerazione dell’elevato rischio procedurale (EuroSCORE II 10.25%, STS score 5.18%) e dell’età avanzata della paziente, veniva esclusa la possibilità di un re-do chirurgico. La procedura transcatetere veniva invece considerata fattibile nonostante il noto MPP, che non veniva ritenuto una controindicazione assoluta per la presenza di una bioprotesi chirurgica con anello fratturabile e/o rimodellabile, come il caso della Mitroflow. Pertanto, veniva deciso di sottoporre la paziente ad una procedura di TAVI ViV ad alto rischio con approccio transfemorale.

Nell’ambito del planning pre-procedurale, tramite valutazione dell’angio-TC, il rischio di ostruzione coronarica era stato stimato misurando la distanza degli osti coronarici dall’anello protesico, il diametro aortico a livello della giunzione sino-tubulare, e le distanze valvola-osti coronarici (virtual THV to coronary distance, VTC) e valvola-giunzione sino-tubulare (virtual THV to sinotubular junction distance, VTSTJ) (Figura 2).




Infine, per un corretto sizing della bioprotesi transcatetere, era stato misurato il diametro interno reale (true internal diameter, TID) della bioprotesi chirurgica (Figura 3).




Data la presenza di un rischio intermedio di ostruzione coronarica (VTC tra 4 e 5 mm per entrambe le coronarie), si era preso in considerazione l’utilizzo di una tecnica di protezione coronarica. Per quanto concerneva, invece, l’elevato rischio di significativo gradiente transvalvolare residuo, determinato dalla presenza di una protesi chirurgica stented di piccole dimensioni e con MPP di grado moderato, veniva previsto un eventuale tentativo di frattura/rimodellamento dell’anello protesico. In virtù di tali considerazioni, veniva selezionata una bioprotesi transcatetere balloon-expandable low frame Sapien 3 23 mm (Edwards Lifesciences Inc., Irvine, CA, USA), provvista anche di marchiatura CE per procedura di TAVI ViV.

La procedura veniva condotta in anestesia locale. Prima di tutto, mediante accesso venoso femorale sinistro veniva posizionato un elettrocatetere per stimolazione cardiaca in ventricolo destro. Quindi, mediante accesso arterioso femorale destro, si procedeva a tentativo di crossing retrogrado della bioprotesi aortica, prima di procedere con il posizionamento di guide intra-coronariche a protezione degli osti. Tale tentativo risultava, tuttavia, inefficace nonostante l’utilizzo di differenti cateteri (Amplatz Left e Judkins Right) e guide (dritta standard e idrofilica). Pertanto, si decideva di tentare il crossing anterogrado della bioprotesi chirurgica per via transettale. Con accesso venoso femorale, tramite sistema introduttore-dilatatore di Mullins e ago di Brockenbrough (Cook Medical, Bloomington, IN, USA), si accedeva alle camere cardiache sinistre. Mediante l’uso di un catetere pig-tail e di una guida idrofilica lunga si otteneva, pertanto, il crossing anterogrado della protesi. Quindi, tramite snaring retrogrado ed esteriorizzazione della guida da arteria femorale destra veniva costituito un rail veno-arterioso (V-A) femoro-femorale. A questo punto, utilizzando il rail V-A si avanzava per via retrograda un catetere guida Judkins Right attraverso la bioprotesi, in modo da consentire il posizionamento in cavità ventricolare sinistra di una guida stiff Safari – taglia small (Boston Scientific) (Figura 4). Si assisteva successivamente a rapido scadimento emodinamico, con evidenza ecocardiografica di insufficienza mitralica significativa da verosimile interferenza del rail V-A con l’apparato sottovalvolare mitralico. Per tale motivo, veniva rimosso il rail V-A e si procedeva tempestivamente, senza possibilità di predisporre la protezione degli osti coronarici, all’impianto per via retrograda della bioprotesi valvolare aortica balloon expandable Sapien 3 23 mm al volume nominale, attraverso un introduttore eSheath 14 F da accesso arterioso femorale destro. Al controllo fluoroscopico si documentava l’assenza di rigurgito intraprotesico e la pervietà delle coronarie. Tuttavia, la bioprotesi appariva significativamente sottoespansa, con evidenza alla misurazione invasiva di un gradiente transprotesico residuo severo (Grad picco-picco 50 mmHg). Pertanto, durante pacing ventricolare rapido, veniva eseguita post-dilatazione con pallone non compliante True Dilation 23 mm (Bard, Murray Hill, NJ, USA) ad un massimo di 14 atm, fino ad ottenere un’evidente espansione dell’anello della protesi chirurgica e del frame della protesi transcatetere, con associato drop pressorio al manometro della pompa. Al controllo invasivo finale veniva dimostrata la significativa riduzione dei gradienti residui (Grad picco-picco 10 mmHg) (Figura 5).




Al controllo angiografico veniva confermata l’assenza di leak paravalvolare significativo e tramite incannulazione coronarica selettiva si confermava la preservata perfusione coronarica (Figura 6).

Dopo la procedura la paziente veniva trasferita presso la nostra terapia intensiva cardiologica per il monitoraggio post-intervento che decorreva in assenza di complicanze. In particolare, al monitoraggio telemetrico non venivano rilevati episodi di blocco atrioventricolare avanzato o pause significative. Durante la successiva degenza in reparto la paziente si manteneva emodinamicamente stabile ed asintomatica. L’ETT mostrava la bioprotesi Sapien 3 in sede, continente, con lieve aumento dei gradienti transprotesici residui (Grad max/med 28/16 mmHg, AVA 1.53 cm2, AVAi 0.78 cm2/m2) e normale funzione biventricolare. La paziente veniva infine dimessa in terza giornata post-procedura. In regime di post-degenza, la paziente veniva sottoposta ad angio-TC aortica di controllo, che documentava il rimodellamento dell’anello protesico con aumento dei diametri interni rispetto al basale, oltre ad un’adeguata distanza tra il frame della bioprotesi transcatetere e gli osti coronarici (Figura 7).




DISCUSSIONE

Negli ultimi anni il crescente utilizzo di bioprotesi chirurgiche ha portato considerevoli vantaggi in termini di management della terapia antitrombotica e riduzione dell’incidenza di trombosi valvolare, esponendo tuttavia i pazienti al rischio di degenerazione della protesi con possibile necessità di reintervento1. Considerando che il rischio operatorio di questi pazienti risulta spesso elevato o proibitivo, l’unica opzione terapeutica è rappresentata dalla procedura di TAVI-in-SAVR (Tabella 1), che ha mostrato dati incoraggianti in termini di sicurezza ed efficacia anche a lungo termine, tanto da ottenere una classe di raccomandazione IIA per tale indicazione nelle ultime linee guida europee2.




A tal riguardo, un recente studio retrospettivo ha analizzato una coorte di più di 6000 pazienti trattati per degenerazione di bioprotesi chirurgica con procedura di ViV transcatetere o re-do cardiochirurgico, mostrando risultati sovrapponibili per quanto riguarda il rischio di ictus, impianto di pacemaker ed incidenza di eventi avversi cardiovascolari maggiori, ed un più basso rischio di mortalità intraospedaliera con la procedura transcatetere3. Un’analisi del registro Transcatheter Valve Therapy (TVT) ha inoltre evidenziato che la procedura di TAVI-in-SAVR presenta un’incidenza di ictus e di mortalità comparabile ai pazienti sottoposti a TAVI su valvola nativa4. Tuttavia, come è emerso dal registro VIVID la disfunzione di bioprotesi chirurgica di piccola taglia (≤21 mm) rappresenta uno scenario complesso nel contesto del trattamento transcatetere con TAVI-in-SAVR, in quanto gravato da outcome clinici peggiori ed un aumentato rischio di elevati gradienti transprotesici residui5.

Nell’ambito della programmazione della procedura di ViV, il primo step fondamentale è rappresentato da un’esaustiva caratterizzazione del modello, taglia e aspetto fluoroscopico della valvola impiantata, tramite anche l’utilizzo dell’applicazione dedicata “Valve-in-Valve app” sviluppata da Bapat6. È di primaria importanza, inoltre, indagare accuratamente il meccanismo di disfunzione della bioprotesi chirurgica. A tal proposito, nella selezione del paziente con bioprotesi di piccola taglia candidato a TAVI-in-SAVR è necessario confermare che gli elevati gradienti transvalvolari osservati siano il risultato di un’effettiva degenerazione strutturale dei lembi protesici, piuttosto che di un MPP di grado severo, valutando l’andamento dei parametri ecocardiografici durante il follow-up. Nel caso descritto, si trattava di una bioprotesi stented Mitroflow 21 mm con lembi in pericardio bovino suturati all’esterno dello stent, disfunzionante per degenerazione strutturale in senso stenotico, e con un preesistente MPP di grado non severo.

Per quanto riguarda invece il planning procedurale, la TC rappresenta la metodica di scelta. Questa, infatti, permette sia di selezionare il corretto sizing della protesi transcatetere, basato sulla misurazione del TID della bioprotesi chirurgica (che spesso non corrisponde al label size), che di predire potenziali rischi procedurali, in particolare l’ostruzione coronarica acuta7. La protesi in questione (Mitroflow 21 mm) essendo dotata di lembi impiantati esternamente al frame, presenta un diametro interno comparabile al diametro del frame. Questa peculiarità, da una parte garantisce, a parità di dimensioni, un’area funzionale maggiore ed un miglior profilo emodinamico, dall’altra espone ad un aumentato rischio di ostruzione degli osti coronarici in caso di procedura di TAVI ViV. Infatti, durante l’impianto della protesi transcatetere, i lembi della protesi chirurgica vengono spinti esternamente verso i seni aortici a formare un “cilindro” continuo, denominato “neoskirt”. I rapporti anatomici di questo cilindro con gli osti coronarici e la giunzione sino-tubulare determinano il rischio di ostruzione coronarica e di difficile re-accesso coronarico8. Tale rischio, come già menzionato, può essere accuratamente predetto all’angio-TC mediante la misurazione diretta di alcuni parametri, quali la larghezza dei seni di Valsalva, la larghezza e l’altezza della giunzione sino-tubulare, la lunghezza dei lembi protesici, e le distanze valvola-coronarie e valvola-giunzione sino-tubulare (rispettivamente VTC e VTSTJ)9. Un algoritmo recentemente proposto ha definito come condizione di alto rischio di ostruzione coronarica un valore di VTSTJ <3.5 mm in presenza di VTC <4 mm ed estensione dei lembi protesici oltre il piano della giunzione sino-tubulare10. In caso di rischio predetto aumentato, è consigliabile l’utilizzo di tecniche di protezione coronarica, come la Chimney, o la lacerazione iatrogena intenzionale dei lembi protesici (BASILICA)11-14. Nel nostro caso, il rischio predetto di ostruzione coronarica acuta risultava intermedio, in virtù di un VTC compreso tra 4 e 5 mm, un VTSTJ >3.5 mm ed un’estensione dei lembi protesici al di sotto della giunzione sino-tubulare, motivo per cui era stata considerata al planning pre-procedurale la sola protezione coronarica.

Infine, la scelta del tipo di protesi transcatetere da impiantare rappresenta un altro aspetto di estrema importanza (Tabella 2).




In generale le protesi balloon-expandable sono da preferirsi in caso di prevedibile re-accesso coronarico o di necessità di fratturare l’anello chirurgico. Le protesi transcatetere autoespandibili, invece, sono da prediligere in caso di bioprotesi chirurgiche di piccole dimensioni per il loro migliore profilo emodinamico15. Per la selezione del size della bioprotesi transcatetere può risultare di nuovo utile la consultazione della sopracitata “Valve-in-Valve app”6. Nel caso indice, nonostante la presenza di un MPP preesistente in bioprotesi chirurgica di piccola taglia, in considerazione del rischio di ostruzione coronarica e dell’elevata probabilità di dover ricorrere alla frattura/rimodellamento della Mitroflow, abbiamo optato per una protesi balloon-expandable 23 mm con basso profilo. Per quanto riguarda la tecnica di frattura di bioprotesi con pallone, è necessario per l’operatore conoscere quali modelli di bioprotesi chirurgica presentano un anello fratturabile, in quanto solo alcune protesi stented risultano idonee5. Sulla base di studi tipo bench test, la misura del pallone non compliante da utilizzare deve essere maggiore del TID e almeno uguale al diametro dello stent (idealmente TID +2-3 mm o label size +1 mm)16. Tale tecnica permette di migliorare il profilo emodinamico post-ViV e costituisce un’arma importante soprattutto nei soggetti con MPP preesistente17,18.

In conclusione, la procedura di TAVI ViV rappresenta una valida alternativa al re-do chirurgico nei pazienti con disfunzione severa di bioprotesi aortica chirurgica, anche di piccola taglia, considerati a rischio chirurgico proibitivo o elevato2,5. Il nostro caso ha messo in luce come un’esaustiva conoscenza delle caratteristiche delle bioprotesi sia chirurgiche che trans­catetere, unita ad un accurato planning pre-procedurale tramite analisi TC, rappresentino i presupposti fondamentali per ottenere risultati ottimali, minimizzando i rischi procedurali. Infine, ha dimostrato l’importanza dell’acquisizione, da parte degli operatori che eseguono procedure di TAVI ViV, di specifici tips and tricks che possono indubbiamente contribuire al successo tecnico e procedurale in casi più complessi.

RIASSUNTO

Nelle ultime decadi il crescente utilizzo di protesi biologiche aortiche si è tradotto in un’aumentata incidenza di degenerazione/disfunzione protesica. La maggior parte di questi pazienti vengono esclusi da un reintervento cardiochirurgico per elevato rischio operatorio. In questo contesto clinico, la procedura di valve-in-valve (ViV) transcatetere ha dimostrato di essere utile ed efficace. Ciononostante, vi sono ancora alcune importanti questioni da risolvere, come ad esempio minimizzare i gradienti transvalvolari residui o ridurre il rischio di ostruzione degli osti coronarici. Informazioni dettagliate riguardo la bioprotesi chirurgica degenerata e una precisa analisi alla tomografia computerizzata sono essenziali per un accurato planning pre-procedurale e per evitare complicanze acute drammatiche. Inoltre, l’utilizzo di alcuni tips and tricks da parte di operatori esperti permette di ottenere risultati ottimali anche in scenari anatomici più complessi.

Riportiamo il caso di una paziente affetta da degenerazione di bioprotesi aortica chirurgica di piccola taglia, esclusa da reintervento chirurgico a causa dell’alto rischio operatorio. Pertanto, nonostante la presenza di alcune caratteristiche potenzialmente non favorevoli, veniva sottoposta a procedura di impianto ViV di bioprotesi aortica transcatetere.

Parole chiave. Frattura della valvola; Impianto transcatetere di valvola aortica; Pianificazione pre-procedurale; Tomografia computerizzata; Valve-in-valve.

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