Viene descritto il caso di un paziente di 60 anni, affetto da cardiomiopatia ipocinetico-dilatativa alcolica non più rispondente alla terapia medica e per il quale non c’era indicazione chirurgica per le componenti ischemica e valvolare, al quale è stato impiantato un pacemaker biventricolare. All’impianto seguiva un rapido miglioramento clinico che consentiva la dimissione del paziente in condizioni soddisfacenti e con una terapia diuretica nettamente ridotta. A causa dell’innalzamento della soglia di stimolazione ventricolare destra il pacing diveniva esclusivamente ventricolare sinistro e questo si accompagnava al notevole decadimento del compenso cardiocircolatorio con conseguente nuovo ricovero per dispnea ed edemi ingravescenti. La valutazione strumentale evidenziava il peggioramento dei parametri che indicano la sincronizzazione intra e interventricolare ed in particolare il ritardo di attivazione del setto interventricolare e la riduzione della sua cinesi. L’aumento dell’ampiezza di stimolazione ventricolare portava nuovamente ad una completa e costante cattura di entrambi i ventricoli con miglioramento dei parametri di sincronizzazione intra ed interventricolare e di cinesi settale. A questo corrispondeva un rapido recupero di un soddisfacente compenso cardiocircolatorio con conseguente dimissione del paziente.