Gli studi epidemiologici hanno identificato numerosi fattori di rischio quali correlati delle malattie cardiovascolari, compresi fumo di sigaretta, età, obesità, ipertensione, diabete ed elevazione dei lipidi plasmatici. Un aumento della colesterolemia, e in particolare dei livelli di LDL, rappresenta un determinante principale di malattia coronarica, specialmente quando inserito nel contesto del profilo di rischio complessivo. Le più recenti linee guida (in particolare il NCEP ATP III americano e la Third Joint Task Force Europea) hanno indicato l’opportunità di privilegiare il trattamento dei soggetti a maggior rischio cardiovascolare globale, in primo luogo dei soggetti con cardiopatia ischemica o un’altra manifestazione cardiovascolare o diabete, quindi di coloro che presentano più fattori di rischio raggruppati o espressi ad alto livello, infine degli altri soggetti. In questo ambito il trattamento delle dislipidemie, anche lievi, si è mostrato capace di ridurre l’incidenza di eventi e la mortalità cardiovascolare. Recenti indagini intese a valutare l’impatto di queste “raccomandazioni cliniche” nel trattamento delle dislipidemie (e altri fattori cardiovascolari) in un contesto di elevato rischio cardiovascolare globale (EUROASPIRE II, L-TAP, ecc.) hanno evidenziato un’attenzione lieve o al più moderata da parte della medicina comunitaria, con un numero eccessivo di pazienti non indagati, non trattati o trattati in modo non idoneo.
Tra i farmaci ipolipemizzanti maggiormente efficaci, rosuvastatina, un inibitore della 3-idrossi-3-metilglutaril coenzima A reduttasi di recente introduzione, appare più di altri capace di normalizzare i valori di colesterolemia tra i soggetti ad elevato rischio, permettendo di raggiungere gli obiettivi indicati dalle linee guida.
Si auspica, infine, l’applicazione di nuove carte di rischio coronarico basate su dati italiani, al fine di poter meglio individuare e trattare quei soggetti che più di altri potranno trarre beneficio, e per un idoneo livello di rischio cardiovascolare.