Negli ultimi 20 anni, alcune centinaia di pubblicazioni hanno documentato l’utilità dello spessore medio- intimale (IMT) carotideo nell’individuazione e monitoraggio della malattia aterosclerotica della parete arteriosa. Dall’iniziale studio di validazione di Pignoli, misurazioni dell’IMT carotideo sono state realizzate in un gran numero di individui con fattori di rischio cardiovascolare “tradizionali” e “non tradizionali”, si sono dimostrate correlate con lesioni aterosclerotiche in altri distretti vascolari e sono state utilizzate come endpoint in studi clinici che hanno valutato l’effetto di diversi trattamenti sulla progressione/regressione dell’aterosclerosi. Inoltre, in studi epidemiologici prospettici l’IMT carotideo è risultato un predittore indipendente di eventi cardio e cerebrovascolari.
Tuttavia, prima che questo potente indicatore di malattia aterosclerotica della parete arteriosa possa essere utilizzato nella pratica clinica come test di routine per predire il rischio cardiovascolare di un individuo, sarebbe opportuno chiarire alcune questioni in ambito teorico e più prettamente metodologico.