Il rimodellamento ventricolare che segue l’infarto acuto del miocardio termina con la formazione di una cicatrice fibrosa non contrattile che può portare all’insufficienza cardiaca. Negli ultimi anni sono allo studio numerose tecniche per il recupero del tessuto cardiaco mediante l’impiego di cellule staminali. Quelle di origine embrionale, pur possedendo un’elevata capacità differenziativa, presentano problemi tecnici ed etici, per cui gran parte della ricerca si sta orientando verso lo studio delle cellule staminali adulte (o somatiche). Le tre categorie di cellule più utilizzate sono: a) le cellule satelliti del muscolo scheletrico, b) le cellule staminali mesenchimali derivanti dallo stroma del midollo osseo, c) le cellule staminali eventualmente già presenti nel tessuto cardiaco. I mioblasti scheletrici, pur non differenziando in cardiomiociti, sono in grado di migliorare la contrattilità del muscolo cardiaco a livello della cicatrice che si genera nel tessuto infartuato. Dal midollo osseo è inoltre possibile isolare cellule staminali in grado di differenziarsi in varie linee cellulari, tra cui anche quelle delle cellule muscolari cardiache ed endoteliali. Studi più recenti hanno infine dimostrato la presenza di cellule cardiache ancora in grado di dividersi: esisterebbe quindi una popolazione di cellule primitive indifferenziate capaci di replicarsi e di riparare il miocardio danneggiato.
L’approfondimento di questi risultati, specialmente in campo clinico, potrebbe portare all’identificazione di nuove strategie terapeutiche per migliorare, sia a breve che a lungo termine, l’attività cardiaca dei soggetti infartuati.