Razionale. Come conseguenza dell’aumento dell’aspettativa di vita, il numero di anziani affetto da cardiopatia ischemica sintomatica è in continua crescita. Scopo dello studio è stato di valutare i risultati procedurali, l’outcome a breve e a lungo termine ed i fattori condizionanti la prognosi di pazienti > 80 anni con elevato profilo di rischio coronarico sottoposti a rivascolarizzazione percutanea.
Materiali e metodi. In questo studio retrospettivo riportiamo le strategie diagnostico-terapeutiche adottate nei pazienti di età > 80 anni ricoverati nella nostra Divisione per sindrome coronarica acuta con o senza sopraslivellamento del tratto ST o per angina invalidante (CCS 3-4) ed in particolare i risultati immediati e a lungo termine dei pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica.
Risultati. Su un totale di 545 pazienti è stato adottato un approccio conservativo in 180 (33%, gruppo 1), mentre 365 pazienti (67%, gruppo 2) sono stati indirizzati a coronarografia. Di questi, l’85% è stato rivascolarizzato. Rilevanti comorbilità erano significativamente più frequenti nel gruppo 1 (59 vs 16%, p < 0.001), mentre una presentazione clinica di infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST prevaleva nel gruppo 2 (15 vs 6%, p = 0.007). La mortalità intraospedaliera è risultata complessivamente del 19% nel gruppo 1 e del 7.9% nel gruppo 2 (p = 0.001). Nei 198 pazienti trattati con angioplastica il successo procedurale è stato ottenuto nel 93% dei casi con una mortalità intraospedaliera dell’8%; un infarto miocardico periprocedurale si è verificato nel 3.3% e complicanze emorragiche maggiori nel 5.6% dei pazienti. All’analisi multivariata l’infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST e lo shock cardiogeno sono risultati significativamente correlati con la mortalità intraospedaliera. Al follow-up (medio 25 ± 13 mesi) 13 pazienti sono deceduti, 9 per cause cardiache e 4 per cause extracardiache. Recidive ischemiche richiedenti rivascolarizzazione si sono verificate nel 15.9% dei casi. La sopravvivenza cumulativa al follow-up è stata rispettivamente dell’86% ad 1 anno e dell’83% a 5 anni, mentre la sopravvivenza libera da eventi a 5 anni è risultata del 59% nell’intero gruppo, senza significativa differenza tra i pazienti multivasali in cui è stata eseguita una rivascolarizzazione completa od incompleta. La presenza di gravi comorbilità è risultata l’unico fattore predittivo di outcome sfavorevole a lungo termine all’analisi multivariata.
Conclusioni. Nei pazienti ultraottantenni con cardiopatia ischemica sintomatica ad alto rischio l’atteggiamento prevalentemente adottato è stato quello invasivo. La mortalità più elevata è stata riscontrata nei pazienti non sottoposti a coronarografia. Le comorbilità rappresentano un importante fattore prognostico negativo, sia precludendo un approccio invasivo che condizionando l’outcome a lungo termine dei pazienti rivascolarizzati. L’angioplastica coronarica può essere seguita con elevato successo anche nel paziente molto anziano. La mortalità intraospedaliera risulta significativamente più elevata nel contesto dell’infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST e dello shock cardiogeno. Per i pazienti che superano la fase acuta ci si può aspettare un’elevata sopravvivenza al follow-up.