Razionale. Scopo dello studio è stato valutare i risultati a lungo termine della chirurgia della dissecazione acuta dell’aorta e i relativi fattori di rischio.
Materiali e metodi. Dal gennaio 1995 al marzo 2006 100 pazienti (82 maschi, 18 femmine, età 58 ± 12 anni) con dissecazione acuta dell’aorta di tipo A venivano sottoposti a sostituzione dell’aorta ascendente (n = 62), dell’arco (n = 27), della radice aortica mediante intervento di Bentall (n = 9) o reimpianto della valvola mediante intervento di David (n = 2).
Risultati. La mortalità operatoria era 24% (15/62) per sostituzione dell’aorta ascendente, 26% (7/27) per sostituzione dell’arco, 18% (2/11) per sostituzione della radice (p = NS). Fattori predittivi di mortalità erano l’età più avanzata (61 ± 13 vs 56 ± 13 anni, p = 0.02), l’insufficienza renale acuta (p = 0.001) o cronica (p = 0.04), il tempo più lungo di circolazione extracorporea (p = 0.01). Nella chirurgia dell’arco l’impiego della perfusione cerebrale anterograda si associava a minore mortalità (0/12 vs 7/15, p = 0.008). A 8 anni la sopravvivenza attuariale e la libertà da eventi cardiovascolari erano rispettivamente 74 ± 7.5% e 70 ± 7.4%. Fattore predittivo di ridotta sopravvivenza a distanza era il valore preoperatorio di frazione di eiezione ventricolare sinistra <0.50 (p = 0.02). Cinque dei 67 pazienti sottoposti a sostituzione dell’aorta con protesi tubulare che presentavano al primo intervento maggiore diametro della radice (47 ± 3.4 vs 40.4 ± 4.9 mm, p = 0.004) venivano rioperati dopo 33 ± 20 mesi (range 2-58 mesi) per complicazioni relative alla radice aortica nativa (ri-dissecazione n = 2, dilatazione n = 3). Il reintervento sull’aorta prossimale era associato a ridotta sopravvivenza a distanza (52 ± 23 vs 82 ± 7%, p = 0.017).
Conclusioni. La chirurgia della dissecazione acuta dell’aorta garantisce risultati soddisfacenti, che potrebbero migliorare con il trattamento precoce di patologie associate quali l’insufficienza renale. La presenza di una radice aortica nativa dilatata sembra consigliare la radicale sostituzione dell’intera radice all’atto operatorio, per prevenire la progressione prossimale della patologia a distanza.