La terapia farmacologica dello scompenso cardiaco è radicalmente cambiata negli ultimi 20 anni in seguito ai risultati di grandi studi multicentrici. I farmaci antagonisti dei sistemi neurormonali, in particolare gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE-inibitori) e betabloccanti, sono stati gli unici che hanno dimostrato di essere in grado di modificare favorevolmente la prognosi dei pazienti con scompenso e disfunzione sistolica del ventricolo sinistro. Più recentemente, anche per i sartani e per gli antialdosteronici si sono avute evidenze favorevoli in termini di miglioramento dell’outcome di questi pazienti. Dal momento che lo scompenso cardiaco è una condizione clinica gravata da un’elevata mortalità/morbilità con conseguenti costi sanitari elevati, è importante che le evidenze derivate dai trial vengano trasferite, in tempi rapidi, nella pratica clinica. I dati del presente lavoro derivano dal registro IN-CHF e riguardano le prescrizioni farmacologiche nel periodo che va dal 1995 al 2005. Nel corso di questi anni si è registrato un costante e significativo aumento delle prescrizioni dei trattamenti “raccomandati” quali betabloccanti, sartani e antialdosteronici, a fronte di una lieve flessione delle prescrizioni di ACE-inibitori. L’associazione di un ACE-inibitore e di un sartano, pur se raccomandata, è usata in una percentuale molto bassa dei pazienti (1.1%) sia nella popolazione generale sia in quella arruolata dopo il 2003 (2.0%), cioè dopo la pubblicazione degli studi CHARM e Val-HeFT. L’utilizzo contemporaneo di un ACE-inibitore, di un sartano e di un betabloccante avviene in una percentuale ancora più bassa della popolazione (0.8%). L’aumento delle prescrizioni di betabloccanti è avvenuto in maniera significativa anche per i pazienti anziani e per quelli in classe funzionale avanzata che sono generalmente considerati i candidati più difficili per questo trattamento. Significativa diminuzione, invece, per quanto riguarda le prescrizioni di digitale e di calcioantagonisti. Stabile la prescrizione di diuretici e anticoagulanti. La quota di pazienti in trattamento con statine, farmaci per i quali non ci sono evidenze definitive di beneficio nei pazienti con scompenso, è passata dal 6% circa degli anni 1995-2000 al 20% degli ultimi 5 anni.