Lo studio JUPITER, condotto in soggetti apparentemente sani, non dislipidemici ma con livelli elevati di proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hsPCR), ha dimostrato che dosi standard di rosuvastatina (20 mg/die), riducendo il colesterolo LDL del 55% e la hsPCR del 36%, determinano significative riduzioni dell’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori. La riduzione degli eventi è massima nei pazienti che riducono le LDL al di sotto di 70 mg/dl e la hsPCR al di sotto di 2.0 mg/l.
La pubblicazione dei dati dello studio JUPITER ha suscitato un ampio dibattito nella comunità scientifica internazionale, in particolare in relazione alle implicazioni cliniche dei dati rilevati. Le principali implicazioni sembrano essere costituite dalla conferma della filosofia “lower is better” e dalla conferma del ruolo della hsPCR come marker per selezionare, tra i pazienti a rischio intermedio, quelli che presentano in realtà un profilo di rischio più elevato e necessitano di un trattamento con una statina ad alta efficacia e a basso profilo di effetti collaterali come la rosuvastatina. I pazienti con “fenotipo JUPITER” (sindrome metabolica + familiarità cardiovascolare) sembrano essere quelli che maggiormente possano giovarsi di una selezione per il dosaggio della hsPCR e per il trattamento con rosuvastatina.