L’ipotesi di lavoro dello studio JUPITER è semplice e rivoluzionaria allo stesso tempo: il trattamento a lungo termine con rosuvastatina (20 mg/die) potrebbe essere in grado di ridurre l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori (endpoint combinato: morte cardiovascolare, ictus, infarto miocardico, ospedalizzazione per angina instabile, interventi di rivascolarizzazione) in soggetti con colesterolemia LDL <130 mg/dl (3.36 mmol/l) ma con uno stato infiammatorio sistemico elevato, testimoniato da livelli di proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hsPCR) >2 mg/dl. Tale ipotesi di ricerca scaturisce soprattutto dall’evidenza che i livelli di hsPCR costituiscono un forte e indipendente predittore di eventi vascolari, sia in prevenzione primaria sia nel contesto delle sindromi coronariche acute. In particolare, l’hsPCR integra il valore prognostico sia del colesterolo LDL sia del Framingham risk score e della sindrome metabolica.