L’ECG di un portatore di pacemaker DDD con extrasistoli ventricolari bigemine mostrava variabili risposte dello stimolatore alle extrasistoli, in relazione alla copula di queste. Per intervalli di accoppiamento relativamente brevi, l’evento spontaneo veniva rilevato dal sistema ed inibiva l’uscita sia del canale atriale che di quello ventricolare, generando una pausa di stimolazione relativamente lunga.
Nelle extrasistoli ventricolari appena più tardive (telediastoliche), invece, il pacemaker emetteva uno “spike” atriale che si sovrapponeva al complesso QRS (pseudo-pseudofusione); in questa circostanza lo “spike” atriale era seguito, al termine dell’intervallo atrioventricolare programmato, dall’elettrostimolo ventricolare, che cadeva sull’apice dell’onda T del complesso ectopico (stimolazione ventricolare competitiva). Questa circostanza, tuttavia, non esprimeva un blocco di entrata (o difetto di sensing), ma il normale comportamento del pacemaker, determinato dal fatto che l’emissione dello stimolo atriale dà inizio, nel canale ventricolare del sistema, ad un breve periodo di “blanking” (PAVB), durante il quale il sensing ventricolare viene temporaneamente disabilitato e reso incapace di rilevare segnali elettrici che cadano a brevissima distanza.
Quando l’impulso prematuro telediastolico interveniva oltre il PAVB e nel tempuscolo definito “stimolazione ventricolare di sicurezza”, infine, l’evento spontaneo veniva “sentito” ed evocava una risposta consistente nell’emissione anticipata dello stimolo ventricolare (intervallo atrioventricolare non fisiologico), in modo da evitare la caduta dell’impulso artificiale sull’onda T del battito ectopico.
L’analisi di questo caso dimostra la complessità dei fenomeni che intervengono a determinare il funzionamento di un pacemaker DDD e la difficoltà nell’interpretazione dei quadri elettrocardiografici corrispondenti.