L’intossicazione da monossido di carbonio (CO) rappresenta la causa più comune di avvelenamento accidentale nei paesi industrializzati e, benché in letteratura l’attenzione sia stata focalizzata sulle manifestazioni neurologiche, il danno miocardico risulta essere una conseguenza abbastanza comune dell’esposizione al CO. L’ipossia miocardica conseguente alla formazione di carbossiemoglobina di per sé non spiega in modo esaustivo il determinismo del danno miocardico: un ruolo importante è infatti imputabile all’azione diretta del CO sul cuore, sia mediante una parziale e reversibile inibizione della respirazione mitocondriale che attraverso un meccanismo di stress ossidativo. Il danno miocardico secondario all’intossicazione da CO è rilevabile sia in pazienti già affetti da cardiopatia ischemica che in soggetti con coronarie integre. Considerata l’ampia variabilità delle manifestazioni cardiovascolari, la cui entità è comunque rapportata alla gravità dell’intossicazione, un’attenta valutazione della storia clinica, l’analisi delle alterazioni elettrocardiografiche e la determinazione dei marker biochimici di necrosi miocardica, possono fornire dati utili alla identificazione del danno miocardico. L’esame ecocardiografico può inoltre evidenziare l’estensione delle alterazioni della funzione ventricolare sinistra secondarie allo stunning miocardico associato alla intossicazione da CO e valutarne l’evoluzione nel tempo. Gli studi clinici suggeriscono di effettuare routinariamente l’elettrocardiogramma e la valutazione seriata dei marcatori cardiaci in tutti i pazienti ricoverati per un quadro di intossicazione da CO di grado moderato-severo e di procedere con l’esecuzione dell’esame ecocardiografico nei pazienti con positività degli indici di citonecrosi miocardica e nei soggetti con preesistente cardiopatia ischemica. Il riscontro di danno miocardico nei pazienti intossicati da CO sembra determinare una prognosi sfavorevole a lungo termine, ma questo dato necessita di ulteriori conferme.