L’avvio nel nostro paese, a metà degli anni ’80, del programma di trapianto cardiaco aveva alimentato la speranza di essere sulla giusta strada per risolvere il problema dello scompenso cardiaco avanzato. Dopo più di 20 anni, per la scarsità di donatori in rapporto al numero di pazienti in lista d’attesa, è chiaro che il trapianto non può rappresentare la soluzione per tutti i pazienti. Questo ha spinto la comunità cardiochirurgica ad impegnarsi nell’esplorazione di nuove linee di ricerca.
La principale causa dello scompenso cardiaco, con percentuali intorno al 65%, è rappresentata dalla cardiopatia ischemica. Nonostante gli importanti progressi della terapia medica, la sopravvivenza a medio e lungo termine dei pazienti affetti da cardiopatia ischemica non è soddisfacente. Una possibile soluzione chirurgica, oltre al trapianto cardiaco e all’impianto di dispositivi di assistenza ventricolare, è rappresentata dalla chirurgia non sostitutiva, che consiste nella rivascolarizzazione miocardica associata o meno alla ricostruzione ventricolare sinistra, alla correzione dell’insufficienza mitralica e alla terapia di resincronizzazione cardiaca. Lo STICH trial (Surgical Treatment for Ischemic Heart Failure, studio clinico multicentrico internazionale sponsorizzato dal National Heart Lung and Blood Institute degli Stati Uniti) sta fornendo importanti informazioni sulla reale efficacia di questi tipi di trattamento chirurgico.
Nuove possibilità terapeutiche potrebbero essere offerte dall’introduzione nella pratica clinica di nuovi dispositivi elastici intracardiaci, attualmente in fase di sperimentazione, ideati per poter essere impiantati a livello dell’anulus mitralico e dell’equatore ventricolare.