Cosa chiedere e cosa non chiedere ai registri
Antonio Di Chiara
S.O.C. di Cardiologia, Azienda Sanitaria n. 3 “Alto Friuli”, Tolmezzo (UD)


Nel numero corrente del Giornale Italiano di Cardiologia, troviamo pubblicate due indagini epidemiologiche ospedaliere, una nazionale1, l’altra regionale2, aventi in comune la descrizione dei ricoveri in unità di terapia intensiva cardiologica (UTIC). Entrambe suscitano interesse, anche se da prospettive diverse.
Dal punto di vista dei risultati entrambe vanno ad esaminare i percorsi di cura del paziente cardiopatico, ed in particolare vanno a misurare la tipologia e l’appropriatezza dei ricoveri mettendo a confronto le Cardiologie Hub e Spoke. La metodologia con la quale le due ricerche sono state condotte differisce completamente una dall’altra ed è sicuramente interessante un loro confronto.
Il primo registro riguarda una seconda analisi dei dati del BLITZ-33, focalizzata sull’analisi della distribuzione e appropriatezza dei ricoveri ed utilizzo delle risorse nelle UTIC italiane. Attraverso una semplice raccolta dati l’indagine fornisce un’efficace descrizione della tipologia dei pazienti ricoverati, sulla base della diagnosi di dimissione e delle procedure effettuate.
Il limite di questo tipo di indagini è la difficoltà nel descrivere i percorsi interospedalieri e intraospedalieri dei pazienti, ma anche la durata del ricovero complessivo (UTIC, Cardiologia, ospedale), quindi in definitiva il percorso di patologia e alcune assunzioni derivanti. Avendo posto il punto di osservazione in UTIC, il BLITZ-3 descrive solo parzialmente il percorso dei pazienti con sindrome coronarica acuta nella rete. Dei pazienti con infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI), ad esempio, il 23% viene trasferito da Spoke a Hub, ma non sappiamo se per angioplastica primaria o altro, ed in che tempi. A questo numero va aggiunta la quota non nota dei pazienti che giunge all’Hub con il 118 da territori di centri Spoke. Tutto ciò rende meno robusto ed utilizzabile il dato sul gap di pazienti (-25%) non sottoposti a riperfusione nei centri Spoke.
Dei pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (SCA-NSTE) ricoverati nei centri Spoke sappiamo che vengono avviati a coronarografia significativamente meno rispetto ai pazienti ricoverati nei centri Hub, ma è probabile che una quota di essi esegua una coronarografia ed una rivascolarizzazione dopo la dimissione (il 16% dei pazienti nello studio BLITZ-2)4. Tuttavia non abbiamo elementi per giudicare l’appropriatezza delle indagini emodinamiche, effettuate od omesse, in quanto non sono stati raccolti i classici indicatori clinici di rischio (marcatori, ECG, classe Killip, ecc.). L’impressione è che non sia cambiato molto negli anni se, come gli autori osservano, l’esecuzione di una coronarografia diagnostica in oltre il 40% dei pazienti con dolore toracico nelle UTIC Hub conferma ancora una volta che la disponibilità di risorse è uno dei principali fattori che ne condiziona il loro utilizzo.
Nell’analizzare l’appropriatezza dei ricoveri tra Hub e Spoke gli autori del BLITZ-3 sottolineano che le UTIC con annessa emodinamica (il 50% del totale) hanno effettuato il 10% dei ricoveri in più rispetto alle UTIC prive di emodinamica, nonostante un profilo di rischio cardiologico sensibilmente peggiore. Tuttavia le UTIC Hub dispongono in media di 2 posti letto in più (+35%) rispetto alle UTIC Spoke, mentre un ipotetico prolungamento del tempo di degenza in Spoke può essere condizionato dalle attese per i trasferimenti, dalla maggiore età media (+7% dei pazienti >75 anni rispetto alle UTIC Hub) e dalla conseguente maggiore comorbilità. Di aiuto potrebbe essere il dato sulla durata dei ricoveri nelle differenti strutture e per patologia.
Una raccolta a livello nazionale (e quindi necessariamente semplice) impedisce di accorpare i dati analitici sul profilo di rischio dei pazienti e per validare la diagnosi del clinico e giudicare l’appropriatezza della gestione. L’appropriatezza andrebbe infatti valutata sia rispetto alle modalità di erogazione della prestazione stessa sia rispetto alle esigenze di salute del destinatario della prestazione, tenendo conto di una serie di variabili che vanno oltre le caratteristiche cliniche macroscopiche. L’assenza di queste variabili (se non la diagnosi di dimissione) rende difficile trarre conclusioni sull’appropriatezza o inappropriatezza (in difetto od in eccesso) del percorso di diagnosi e cura.
Lo studio di Pavesi et al.2 si pone nella tradizione dell’uso dei dati amministrativi per rispondere a quesiti clinici oltreché organizzativi.
Oltre ai risultati amministrativi immediatamente ricavabili dalle schede di dimissione ospedaliera (flussi, durata complessiva e frazionata) e clinici (diagnosi di dimissione e principali interventi), la novità è rappresentata dallo sforzo di ottenere un iniziale profilo di rischio clinico ricavato dai dati dei precedenti ricoveri (record linkage). Ciò ha permesso di tracciare un profilo di comorbilità molto affidabile che rende percorribili iniziali confronti tra la mortalità intraospedaliera e a lungo termine tra tipologie diverse di centri. Un secondo aspetto importante è che il modello adottato descrive perfettamente il funzionamento della rete interospedaliera di una regione per i pazienti con STEMI e SCA-NSTE.
Per la prima volta si quantificano gli effetti che l’implementazione reale della rete per lo STEMI e SCA-NSTE ha portato sulla nosografia dei ricoveri nelle Cardiologie con e senza emodinamica.
Il numero di pazienti con STEMI riperfusi è progressivamente aumentato nei centri Hub anche per l’aumento dei pazienti trasferiti dagli ospedali Spoke, ma anche grazie alla centralizzazione diretta dal territorio o dal Pronto Soccorso. Poiché i centri Spoke registrano dal 2002 al 2007 un calo del 57% dei ricoveri per STEMI, è molto probabile che questa quota (al lordo della riduzione di incidenza di STEMI registrata in questi anni), sia la quota di pazienti centralizzati direttamente. La percentuale di riperfusione con angioplastica primaria dei pazienti del territorio afferente ai centri Spoke è quindi molto probabilmente vicina a quella dei pazienti naturalmente afferenti ai centri Hub.
Anche per i pazienti con SCA-NSTE è importante osservare come la rete sia efficace. La coronarografia dai centri Spoke viene effettuata in circa il 70% dei pazienti (solo il 10% inferiore rispetto ai centri Hub), e nella metà dei casi entro 3 giorni (1 in più rispetto ai pazienti dei centri Hub). Nel 2003 in Italia, i pazienti con SCA-NSTE trasferiti per coronarografia erano il 39%, mentre la coronarografia nei ricoverati nei centri Hub era effettuata nel 76% dei casi4.
La mortalità ospedaliera e ad 1 anno sostanzialmente sovrapponibile tra centri Hub e Spoke (al lordo della maggiore comorbilità dei pazienti dei centri Spoke) è un indicatore di un funzionamento “democratico” della rete (stesse opportunità di cura e di guarigione indipendentemente dal punto di ingresso) che agisce attraverso una buona selezione dei pazienti, clinicamente orientata al beneficio potenziale ottenibile dalle procedure di riperfusione e rivascolarizzazione, piuttosto che basandosi sul solo rischio clinico assoluto.
La durata della degenza complessiva in Emilia-Romagna nei 6 anni è sostanzialmente allineata alla media nazionale di 7 giorni per i pazienti con SCA-NSTE4, ed è molto inferiore per i pazienti con STEMI5. La degenza è breve e simile tra i due tipi di UTIC. Il tasso di occupazione dei posti letto è lievemente inferiore per le UTIC Spoke.
I limiti odierni di questo tipo di approccio sono ancora molti nell’utilizzo più clinico di questi dati epidemiologici. La mancanza dell’orario di esecuzione delle procedure non permette di conoscere i ritardi legati all’angioplastica primaria, mancano i dati e i tempi dei pazienti sottoposti a trombolisi, e manca del tutto una caratterizzazione clinica del profilo di rischio cardiologico del paziente, così come mancano i dati di terapia ospedaliera.
Entrambi gli studi evidenziano un dato per certi versi inatteso. I pazienti che vengono ricoverati nelle UTIC Spoke sono più anziani e con maggiore comorbilità. Si può solo ipotizzare che questo avvenga per tre ragioni: l’effetto “scrematura” della rete con l’invio diretto all’Hub dal Pronto Soccorso o dal territorio, l’accesso diretto dei pazienti già rivascolarizzati e più giovani direttamente all’ospedale Hub, il riassorbimento nelle UTIC Spoke di parte degli anziani che nei centri Hub vengono ricoverati in Medicina.
Queste dinamiche portano gli autori di entrambi gli studi a porsi un interrogativo sul ruolo attuale che le UTIC Spoke vanno ad avere, se la rete “screma” i candidati a coronarografia (attualmente quasi esclusivamente quelli con STEMI) direttamente dal territorio o dal Pronto Soccorso verso i centri Hub.
È molto probabile che nel tempo l’implementazione “reale” (leggasi ECG preospedaliero) delle reti porti i centri Spoke ad essere (giustamente) tagliati sempre più fuori dal percorso di riperfusione del paziente con STEMI (almeno di quelli ad alto rischio), similmente a quanto accade per le UTIC dei centri Hub. Tuttavia con i tempi di ricovero ospedaliero attuali (ancora molto distanti dal gold standard degli studi di angioplastica primaria) il ritorno del paziente al centro Spoke è inevitabile per mantenere ricettivo il centro Hub (soprattutto per le SCA-NSTE). Il trasferimento, se da un alto allunga la degenza complessiva del paziente, ne permette però la presa in carico a favore di una più efficace continuità assistenziale e mantenimento delle competenze cliniche dei cardiologi.
Dal punto di vista metodologico le differenze tra i due modelli sono importanti. Queste differenze si ripercuotono sulle rispettive caratteristiche di fattibilità degli studi (Tabella 1) ma anche sul differente contenuto informativo e sul grado di rappresentatività (Tabella 2).
Il confronto dei risultati dei due studi ci fornisce sostanzialmente gli stessi dati, ma già oggi la forza dei dati amministrativi integrati sull’intera rete permette di descrivere meglio il percorso di cura del paziente con SCA.
I registri e le indagini cliniche nazionali “generaliste” non sono più in grado di fornire dati utili a descrivere percorsi di diagnosi e terapia sempre più complessi. La mole di dati, la difficoltà ad essere inclusivi di tutti i percorsi, la lunghezza delle indagini, e non ultimo i costi di progettazione e conduzione, costituiscono ostacoli sempre maggiori alla partecipazione. Le indagini cliniche tradizionali dovrebbero sopravvivere per rispondere a precisi e limitati quesiti clinico-organizzativi (es. studio dei ritardi di riperfusione della rete, aderenze ad alcune prescrizioni farmacologiche, studio di patologie particolari, ecc.) ed essere progettate fin dall’inizio in modo specifico e coerente.

 Tabella 1. Confronto di fattibilità tra i registri/indagini cliniche ed i registri derivati dai dati amministrativi (schede di dimissione ospedaliera e record linkage).

 

Registri/

Registri

 

indagini

amministrativi

 

cliniche

 

 

 

 

Ripetibilità e confrontabilità

Difficile

Facile

Contemporaneità

Facile

Difficile

Rappresentatività nazionale

Possibile

Difficile

Numero di variabili

Elevato

Basso

Analisi dati

Facile

Difficile

Impiego risorse umane e costi

Elevato

Basso


Tabella 2. Confronto tra le variabili ottenibili dai registri/indagini cliniche ed i registri derivati dai dati amministrativi (schede di dimissione ospedaliera e record linkage).

 

Registri/

Registri

 

 

indagini

amministrativi

 

 

cliniche

 

 

 

 

 

 

Profilo epidemiologico

Facile

Facile

 

Selezione della coorte

Probabile

Assente

 

Indicatori di comorbilità

Difficile

Possibile

 

Stratificazione del rischio

Possibile

Impossibile

 

Flussi interospedalieri

Difficile

Facile

 

Diagnosi principale ed interventi

Facile

Facile

 

Ritardi riperfusione STEMI

Possibile

Impossibile

 

Ritardi coronarografia SCA-NSTE

Possibile

Facile

 

Aderenza alle linee guida

Possibile

Difficile

 

Mortalità intraospedaliera

Facile

Facile

 

Mortalità a lungo termine

Difficile

Facile

 

 

 

 

 

SCA-NSTE, sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST; STEMI, infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST.


L’utilizzo dei dati amministrativi dei ricoveri ospedalieri (non limitati al solo ricovero indice) rappresenta la modalità futura da utilizzare. Nell’ambito della definizione del percorso di cura del paziente con SCA (sia STE che NSTE) deve essere fatto lo sforzo (piccolo) di includere nella scheda di dimissione ospedaliera le ore di esecuzione delle procedure e dell’eventuale trombolisi. È auspicabile la creazione di data warehouse dedicati a percorsi di cura di patologie definite (SCA, scompenso cardiaco) dove fare convergere i dati delle schede di dimissione ospedaliera, della mortalità (anagrafica), della farmaceutica territoriale, un investimento che permetterà il monitoraggio degli indicatori di processo e dell’outcome.
In questo ambito va ricercata la collaborazione tra le Società Scientifiche e gli epidemiologi regionali/nazionali per un efficace punto di incontro.

bibliografia
1. Oltrona Visconti L, Scorcu G, Cassin M, et al.; Ricercatori del BLITZ-3. Distribuzione e appropriatezza dei ricoveri ed utilizzo di risorse nelle unità di terapia intensiva cardiologica italiane. Lo studio BLITZ-3. G Ital Cardiol 2011;12:23-30.
2. Pavesi PC, Nobilio L, De Palma R, et al. L’evoluzione delle unità di terapia intensiva cardiologica nell’era della rete interospedaliera Hub e Spoke. Analisi dell’attività in Emilia-Romagna dal 2002 al 2007. G Ital Cardiol 2011;12:31-42.
3. Casella G, Cassin M, Chiarella F, et al.; BLITZ-3 Investigators. Epidemiology and patterns of care of patients admitted to Italian intensive cardiac care units: the BLITZ-3 registry. J Cardiovasc Med 2010;11:450-61.
4. Di Chiara A, Fresco C, Savonitto S, et al.; BLITZ-2 Investigators. Epidemiology of non-ST elevation acute coronary syndromes in the Italian cardiology network: the BLITZ-2 study. Eur Heart J 2006;27:393-405.
5. Di Chiara A, Chiarella F, Savonitto S, et al.; BLITZ Investigators. Epidemiology of acute myocardial infarction in the Italian CCU network: the BLITZ study. Eur Heart J 2003;24:1616-29.