Implementazione delle nuove raccomandazioni sull’impiego dei test funzionali coronarici e dell’imaging intravascolare nell’angioplastica coronarica per le sindromi coronariche croniche:
documento di consenso GISE/ANMCO/SIC

Giulia Masiero1, Cristina Aurigemma2, Simone Biscaglia3, Francesco Bruno4, Francesco Burzotta2, Gianluca Campo3, Stefano Cangemi5, Alaide Chieffo6, Carlo Di Mario7, Giovanni Esposito8, Pasquale Perrone Filardi8, Simona Giubilato9, Mario Iannaccone10, Alfredo Marchese11, Antonio Maria Leone12,13, Elisabetta Moscarella14, Fabrizio Oliva15, Alberto Polimeni16, Italo Porto17, Francesco Saia18, Giuseppe Tarantini1, Fortunato Scotto di Uccio19, Rocco Vergallo17, Ciro Indolfi16

1Cardiologia Interventistica, Azienda Ospedale-Università degli Studi, Padova

2Dipartimento Scienze Cardiovascolari CUORE, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Roma

3U.O. Cardiologia, Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara, Cona (FE)

4A.O.U. Città della Salute e della Scienza, Torino

5Emodinamica, U.O.C. Cardiologia, Ospedale San Antonio Abate, Erice (TP)

6Università Vita-Salute San Raffaele, Milano

7Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi, Firenze

8Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Napoli

9U.O.C. di UTIC con Cardiologia ed Emodinamica, Azienda Ospedaliera per l’Emergenza, Cannizzaro (CT)

10Divisione di Cardiologia, Ospedale San Giovanni Bosco, Torino

11Divisione di Cardiologia Interventistica, Ospedale Santa Maria GVM Care & Research, Bari

12Centro di Eccellenza in Scienze Cardiovascolari, Ospedale Isola Tiberina Gemelli Isola, Roma

13Dipartimento di Scienze Cardiovascolari e Pneumologiche, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

14Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Caserta

15Cardiologia 1-Emodinamica, Dipartimento Cardiotoracovascolare “A. De Gasperis”, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano

16Università della Calabria (UNICAL), Rende (CS)

17Unità di Malattie Cardiovascolari, IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, Genova

18Unità di Cardiologia, Dipartimento Cardio-Toracico e Vascolare, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Bologna

19S.C. Cardiologia-UTIC, Ospedale San Giovanni Bosco, Napoli

Chronic coronary syndromes require an integrated diagnostic-therapeutic approach that combines anatomical, functional, and morphological assessments. The 2024 ESC guidelines assign a key role to intravascular imaging and invasive coronary functional testing to guide percutaneous coronary revascularization and to reduce major adverse cardiovascular events, including cardiac death, myocardial infarction, and repeat revascularization - particularly in patients with complex anatomy – or to reduce angina class/improve quality of life in cases of epicardial and/or microvascular vascular dysfunction. However, the implementation of these strategies in Italy remains limited, characterized by significant geographical disparities and lower utilization rates compared to other European and international countries. Cultural, educational, managerial, and economic barriers continue to hinder the large-scale adoption of these technologies, despite their proven effectiveness in reducing major cardiovascular events. The aim of this GISE/ANMCO/SIC consensus document is to promote a more appropriate and systematic use of functional evaluation and intracoronary imaging in Italian clinical practice, through shared pathways for cultural awareness, training in catheterization laboratories, adjustment of reimbursement systems, and quality monitoring, in order to improve the appropriateness and personalization of care as well as long-term outcomes for patients with chronic coronary syndromes.

Key words. Chronic coronary syndromes; Coronary functional testing; Guidelines; Intravascular imaging; Percutaneous coronary intervention.

INTRODUZIONE

Le sindromi coronariche croniche (SCC) rappresentano una delle principali sfide della cardiologia contemporanea, con rilevanti implicazioni cliniche, prognostiche ed economiche. L’evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche ha modificato profondamente l’approccio alla malattia, superando un paradigma puramente anatomico per includere la valutazione funzionale e morfologica del circolo coronarico epicardico e microvascolare. In tale scenario, i test funzionali coronarici e l’imaging intravascolare (IVI) si sono affermati come strumenti indispensabili per la diagnosi, la stratificazione del rischio e la guida alla rivascolarizzazione. Le più recenti linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) 2024 hanno attribuito a queste metodiche un ruolo centrale nella gestione della SCC, assegnando loro le più alte classi di raccomandazione, sulla base della dimostrata riduzione degli eventi cardiovascolari maggiori specialmente in pazienti con anatomie complesse e nel miglioramento della classe di angina/qualità di vita nei pazienti con disfunzione vascolare e/o vasospamo epicardico/microvascolare1. Tuttavia, nonostante la solidità delle evidenze e le raccomandazioni internazionali, l’adozione routinaria di queste tecnologie in Italia rimane sorprendentemente limitata, con tassi di utilizzo che restano ben al di sotto della media europea e con marcata variabilità geografica sul territorio nazionale.

Il presente documento di consenso, promosso e redatto congiuntamente dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE), dall’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) e dalla Società Italiana di Cardiologia (SIC), nasce con l’obiettivo di favorire una maggiore implementazione delle tecnologie raccomandate nella pratica clinica reale, attraverso una sintesi condivisa di evidenze, indicazioni, barriere e strategie operative.




DEFINIZIONI OPERATIVE E PECULIARITÀ TECNICHE

Sindrome coronarica cronica ostruttiva e ANOCA/INOCA: definizione e prevalenza

Le SCC rappresentano un insieme eterogeneo di quadri clinici conseguenti ad alterazioni strutturali e/o funzionali legate a patologie croniche del circolo coronarico epicardico e/o del microcircolo. Tali alterazioni possono determinare un mismatch transitorio tra domanda e apporto di sangue al miocardio, con conseguente ischemia ed equivalenti anginosi1. L’angina è il sintomo più comune di cardiopatia ischemica e colpisce oltre 100 milioni di persone nel mondo. Tuttavia, una percentuale significativa di pazienti sottoposti a coronarografia per sintomatologia anginosa e/o documentata ischemia miocardica (stimata rispettivamente nel 40-70% e nel 20-30%) presenta un albero coronarico privo di stenosi significative, con una prevalenza maggiore nelle donne rispetto agli uomini e con un trend in aumento negli ultimi anni, verosimilmente correlato all’impiego crescente di tecniche diagnostiche più avanzate2,3.

Se da un lato la forma ostruttiva delle SCC si associa a stenosi coronariche angiograficamente significative (>50-70%), documentate mediante coronarografia o imaging non invasivo, condizioni come l’angina senza stenosi coronariche ostruttive e l’ischemia senza stenosi coronariche ostruttive sono riconducibili ad una disfunzione vascolare distinta dalla coronaropatia ostruttiva, ma che può anche coesistere con essa. I meccanismi patogenetici comprendono alterazioni strutturali e funzionali come il ponte miocardico, lo spasmo vasale epicardico dinamico e la disfunzione microvascolare coronarica. Quest’ultima è dovuta a compromissione della vasodilatazione, aumentata resistenza o spasmo del microcircolo4,5. Il ponte miocardico è una condizione tradizionalmente considerata benigna e pertanto frequentemente sottovalutata, sottodiagnosticata e, quando rilevata, considerata reperto incidentale. Tuttavia, è potenzialmente responsabile di ischemia miocardica derivata da una compressione sistolica che può persistere nella diastole precoce, fenomeno che si accentua o si manifesta in condizioni di stress fisico o farmacologico con aumentata stimolazione simpatica6,7.

La rilevanza clinica delle SCC è ben documentata: tali pazienti presentano una prognosi sfavorevole in termini di qualità di vita, frequenti ospedalizzazioni e aumentato rischio cardiovascolare a lungo termine. Tuttavia, molti test non invasivi non diagnosticano accuratamente le forme ostruttive e non discriminano tra cause epicardiche e microvascolari di ridotta riserva di flusso. In questo contesto, le più recenti linee guida internazionali hanno affrontato la gestione dei pazienti con SCC alla luce delle più recenti evidenze cliniche, sottolineando l’importanza di un algoritmo diagnostico basato sull’impiego di test funzionali coronarici invasivi e di IVI al fine di consentire un approccio terapeutico mirato ed efficace1.

Test coronarici funzionali invasivi: FFR, iFR, QFR e approccio #FullPhysiology

La valutazione invasiva funzionale tradizionale mirava a determinare il significato fisiologico delle stenosi coronariche epicardiche, in particolare quelle di grado intermedio1 (Tabella 1).




Registrando la pressione intracoronarica in condizioni di massima iperemia, che stabilisce una relazione diretta tra pressione e flusso, si può calcolare la riserva frazionale di flusso (FFR). Numerosi studi hanno dimostrato che la FFR semplifica le procedure interventistiche, riducendo il numero di vasi trattati, di stent impiantati e di eventi cardiovascolari avversi maggiori (MACE) risultando una strategia costo-efficace per il sistema sanitario8-13. Per evitare l’uso di agenti iperemizzanti, sono state sviluppate misurazioni pressorie non iperemiche. Tra queste, l’instantaneous wave-free ratio (iFR) è stato il primo indice a dimostrarsi non inferiore alla FFR nella guida all’angioplastica coronarica (PCI), almeno nel breve termine14,15. Sebbene un follow-up più prolungato possa essere associato a una minore incidenza di eventi con la FFR, le linee guida ESC per le SCC equiparano iFR e FFR, attribuendo loro una forte raccomandazione1,16-19. Successivamente, sono stati introdotti altri parametri non iperemici, come il rapporto tra pressione coronarica distale e pressione aortica (Pd/Pa), il diastolic pressure ratio e il resting full-cycle ratio (RFR)20. Sebbene manchino dati clinici su endpoint maggiori, questi nuovi indici hanno mostrato una buona correlazione con FFR e iFR, suggerendo un effetto di classe. Tuttavia, è stata osservata una discrepanza del 20% tra i rapporti non iperemici e la FFR; il surrogato più accurato della FFR si è rivelato essere la FFR indotta da mezzo di contrasto (cFFR), che sfrutta le proprietà vasodilatatorie del mezzo di contrasto21. Più recentemente, nel tentativo di migliorare l’accessibilità e la facilità d’uso, sono stati proposti nuovi parametri di pressione coronarica derivati dall’angiografia tridimensionale, come il quantitative flow ratio (QFR) o il vessel fractional flow reserve22,23. Queste tecnologie offrono il vantaggio di fornire misurazioni distali e una mappa pressoria dettagliata lungo l’intero vaso senza l’utilizzo fisico di una guida pressoria, potenzialmente aumentando l’utilizzo della fisiologia durante l’angiografia coronarica. Tuttavia, nonostante le evidenze di una riduzione di infarti miocardici e rivascolarizzazioni guidate dall’ischemia rispetto alla guida angiografica, il QFR non si è recentemente dimostrato non inferiore alla FFR24.

Negli ultimi anni, la fisiologia invasiva ha superato il suo ruolo limitato alla valutazione delle stenosi epicardiche intermedie. I progressi tecnologici hanno trasformato la fisiologia coronarica invasiva in una valutazione completa di tutte le componenti della circolazione coronarica, integrando in un’unica procedura l’analisi del compartimento epicardico e dell’eventuale disfunzione microvascolare, insieme alla funzione vasomotoria. È stato sviluppato un approccio sistematico, definito #FullPhysiology25. Questo approccio si articola in quattro fasi personalizzabili: 1) valutazione del vaso epicardico (con RFR, cFFR, FFR e pressure pullback); 2) valutazione della microcircolazione (mediante termodiluizione per riserva di flusso coronarico [CFR] e indice di resistenza microvascolare [IMR]); 3) valutazione della funzione vasomotoria (con acetilcolina); 4) valutazione post-PCI (con ripetizione dell’analisi funzionale). In conclusione, #FullPhysiology rappresenta un approccio completo e sistematico alla valutazione dei disordini funzionali e strutturali del circolo coronarico, massimizzando l’utilità della tecnologia wire-based per la pressione e la termodiluizione, senza aumentare in modo significativo tempi procedurali e riducendo i costi per il sistema sanitario26.

La valutazione funzionale invasiva basale o con stimolo inotropo è cruciale anche nel determinare la rilevanza emodinamica di alterazioni strutturali con il ponte intramiocardico. Se da una parte FFR può essere falsamente rassicurante per artefatti legati al gradiente sistolico, l’indice diastolico specifico iFR ha mostrato maggiore concordanza con sintomi e test non invasivi27. Il riconoscimento accurato di tale meccanismo di angina/ischemia in assenza di coronaropatia ostruttiva (ANOCA/INOCA) è fondamentale per evitare diagnosi incomplete e impostare una strategia terapeutica mirata (es. beta-bloccanti), integrandolo nel contesto di altre disfunzioni vasomotorie e microvascolari.

Le linee guida ESC 2024 sulle SCC raccomandano nei pazienti con sintomi persistenti nonostante il trattamento medico, e con sospetta ANOCA/INOCA e con scarsa qualità di vita, un test coronarico funzionale invasivo completo (comprensivo della misurazione di FFR, iFR, IMR, CFR e, se necessario, un test invasivo di vasoreattività con acetilcolina a bassa/alta dose) per identificare endotipi potenzialmente trattabili e migliorare sintomi e qualità di vita, tenendo conto delle scelte e preferenze del paziente1.

Imaging intravascolare: ecografia intravascolare e tomografia a coerenza ottica

L’IVI rappresenta oggi una risorsa fondamentale nella valutazione morfologica e nella guida terapeutica della malattia coronarica. Le due principali tecniche disponibili, l’ecografia intravascolare (IVUS) e la tomografia a coerenza ottica (OCT), superano i limiti dell’angiografia convenzionale, che fornisce esclusivamente una rappresentazione bidimensionale del lume vasale, consentendo una visione dettagliata della parete vasale, della placca aterosclerotica e delle anatomie complesse, migliorando accuratezza diagnostica e precisione terapeutica28 (Tabella 2).




L’IVI contribuisce in modo decisivo in tutte le fasi della procedura di PCI. In fase pre-PCI permette la misurazione accurata delle dimensioni del vaso, della lunghezza della stenosi e la caratterizzazione della placca, guidando la scelta dello stent e della strategia ottimale. Post-PCI consente di verificare espansione e apposizione dello stent, rilevando eventuali complicanze (dissezioni o trombosi), e di ottimizzare il risultato29. Le linee guida ESC 2024 sulle SCC confermano il ruolo centrale dell’IVI, attribuendogli una raccomandazione di classe IA per la guida della PCI in anatomie complesse (tronco comune, biforcazioni e lesioni lunghe) grazie a evidenze consolidate di riduzione dei MACE come morte cardiaca, infarto miocardico e nuove rivascolarizzazioni1.

L’IVUS utilizza ultrasuoni ad alta frequenza (20-60 MHz) con una risoluzione di 100-150 μm e penetrazione tissutale fino a 10 mm. È particolarmente utile per la localizzazione di placche calcifiche profonde, per la valutazione del rimodellamento vascolare e la quantificazione del burden aterosclerotico, nonché come guida alle PCI di occlusioni croniche totali (es. puntura del cappuccio prossimale o il rientro nel vero lume). L’assenza di necessità di mezzo di contrasto ne consente l’utilizzo anche in pazienti con insufficienza renale e per l’analisi delle lesioni ostiali del tronco comune e della coronaria destra, non richiedendo la cannulazione selettiva della coronaria. Tra i principali limiti si annoverano una risoluzione inferiore rispetto all’OCT e artefatti da ombra acustica in presenza di calcificazioni estese30.

L’OCT utilizza luce infrarossa a bassa coerenza, con una risoluzione superiore (10-20 μm), a fronte di una minore penetrazione tissutale (circa 2-3 mm). È la metodica di riferimento per la caratterizzazione tissutale, consentendo la distinzione tra componenti lipidiche, fibrose e calcifiche. Nell’ambito di queste ultime consente una quantificazione precisa di spessore, arco e lunghezza del calcio, guidando la selezione di tecniche di modificazione della placca calcifica. È inoltre utile per la valutazione del meccanismo responsabile del fallimento degli stent. Rappresenta infine la tecnica più sensibile per l’identificazione di placche vulnerabili (cappuccio fibroso sottile, <65 μm, accumulo lipidico, presenza di macrofagi)31,32. Tuttavia, la necessità di rimuovere il sangue dal campo visivo mediante iniezione di mezzo di contrasto può controindicarne l’uso in alcuni pazienti.

COSA CAMBIA CON LE LINEE GUIDA ESC 2024 SULLE SINDROMI CORONARICHE CRONICHE?

Riclassificazione della probabilità clinica stimata di coronaropatia ostruttiva e indicazioni alla coronarografia

Le linee guida ESC 2024 per la gestione delle SCC introducono una significativa revisione del modello di valutazione della probabilità clinica pre-test di malattia coronarica ostruttiva1. Rispetto al modello adottato nelle precedenti linee guida del 2019, la nuova classificazione tiene conto non solo dell’età, del sesso e della tipologia di sintomi, ma anche della presenza di fattori di rischio cardiovascolare e sul carico di calcio coronarico, migliorando l’accuratezza nella stratificazione iniziale del rischio. La stima della probabilità pre-test viene ora suddivisa in quattro classi: molto bassa (<5%), bassa (5-15%), intermedia (15-50%) e alta (>50%). Questo approccio più granulare mira ad evitare il sovrautilizzo di test diagnostici in pazienti a basso rischio e a garantire un’indagine più mirata nei soggetti con sospetta malattia coronarica. Di conseguenza, anche le indicazioni alla coronarografia sono state ridefinite: nei pazienti con probabilità intermedia-alta e documentata ischemia, la coronarografia è raccomandata; nei soggetti a basso rischio è preferibile un approccio conservativo o basato su test non invasivi. Ad oggi, la coronarografia rimane talvolta utilizzata in modo più estensivo nella realtà italiana rispetto all’approccio altamente selettivo promosso dalle nuove linee guida, soprattutto in assenza di percorsi diagnostici strutturati.

Valutazione funzionale coronarica

Le linee guida ESC 2024 per le SCC sottolineano l’importanza di un approccio basato sulla fisiologia per la gestione della cardiopatia ischemica stabile, in particolare attraverso l’uso della valutazione funzionale per guidare le procedure di PCI1 (Tabella 3).




La FFR rimane il cardine per la valutazione del significato emodinamico delle lesioni coronariche intermedie (stenosi del 40-90%). Le linee guida raccomandano inoltre l’uso dei rapporti pressori non iperemici (NHPR), come iFR e RFR, come alternative valide alla FFR, in particolare nei casi in cui l’adenosina sia controindicata. Questa raccomandazione si basa sui risultati degli studi DEFINE-FLAIR (Functional Lesion Assessment of Intermediate Stenosis to Guide Revascularization) e iFR-SWEDEHEART (Instantaneous Wave-Free Ratio versus Fractional Flow Reserve in Patients with Stable Angina Pectoris or Acute Coronary Syndrome), che hanno dimostrato la non inferiorità degli NHPR rispetto alla FFR nella guida alla PCI14,15. La serie di studi FAME ha ulteriormente consolidato l’utilità clinica della PCI guidata dalla FFR. Lo studio FAME 1 ha evidenziato una significativa riduzione dei MACE con la PCI guidata da FFR rispetto a quella guidata dall’angiografia (13% vs 18%, p=0.02, ad 1 anno di follow-up)8. FAME 2 ha confermato che la PCI guidata da FFR, in combinazione con la terapia medica ottimale, offre risultati superiori rispetto alla sola terapia medica in termini di MACE a 2 anni (8% vs. 20%, p<0.001)9. Infine, FAME 3 ha confrontato la PCI guidata da FFR con il bypass aortocoronarico (BPAC) nei pazienti con malattia multivasale, dimostrando la non inferiorità della PCI nei casi con anatomia meno complessa33. Un importante aggiornamento delle linee guida 2024 consiste nell’introduzione della valutazione fisiologica post-PCI. La misurazione di FFR o NHPR dopo l’impianto di stent consente l’identificazione di ischemia residua e contribuisce all’ottimizzazione dei risultati procedurali. Il trial TARGET-FFR (Trial of Angiography vs. pressure-Ratio-Guided Enhancement Techniques-Fractional Flow Reserve) ha evidenziato che valori post-PCI di FFR inferiori sono predittivi di eventi clinici avversi, sottolineando l’importanza di un risultato fisiologico ottimale34. La valutazione funzionale è inoltre proposta come strumento per determinare l’estensione della rivascolarizzazione. Nei pazienti con malattia multivasale, la PCI guidata dalla fisiologia consente di evitare trattamenti inutili su lesioni non emodinamicamente significative. L’uso sistematico di questi strumenti è incoraggiato anche nei pazienti con lesioni complesse o con disfunzione ventricolare sinistra.

INOCA/ANOCA

ANOCA e INOCA sono ora formalmente riconosciute come sindromi cliniche distinte nelle linee guida ESC 2024 per le SCC1. Nei pazienti con sintomi persistenti nonostante terapia medica ottimale, la valutazione invasiva della funzione coronarica riceve infatti una raccomandazione di classe I, livello di evidenza B. Questa include la misurazione della CFR, dell’IMR e il test di provocazione con acetilcolina per identificare disfunzione microvascolare e/o angina vasospastica. Lo studio CorMicA (CORonary MICrovascular Angina) ha dimostrato che una terapia stratificata basata sui risultati della valutazione funzionale coronarica (CFT) migliora in modo significativo i sintomi anginosi e la qualità di vita rispetto alle cure standard35. Le ultime linee guida sottolineano l’importanza della diagnosi dei diversi endotipi fisiopatologici mediante CFT per orientare e personalizzare le scelte terapeutiche. Un esempio ne sono la raccomandazione all’utilizzo di calcio-antagonisti per i pazienti con angina vasospastica e di beta-bloccanti nei pazienti con diagnosi di angina microvascolare. Questo approccio personalizzato rappresenta un cambiamento significativo rispetto alle linee guida precedenti, che non offrivano indicazioni specifiche per queste popolazioni di pazienti.

Imaging intravascolare

Recentemente, tre ampi studi randomizzati hanno valutato l’efficacia clinica di una guida mediante IVI delle PCI complesse36-39. I trial RENOVATE-COMPLEX PCI (Randomized Controlled Trial of Intravascular Imaging Guidance versus Angiography-Guidance on Clinical Outcomes after Complex Percutaneous Coronary Intervention, che comprendeva biforcazioni complesse, lesioni lunghe e occlusioni coronariche croniche) e OCTOBER (European Trial on Optical Coherence Tomography Optimized Bifurcation Event Reduction, focalizzato su lesioni in biforcazione) hanno definito la “complessità” sulla base delle caratteristiche anatomiche delle lesioni36,37. Al contrario, il trial ILUMIEN IV (Optical Coherence Tomography Guided Coronary Stent Implantation Compared with Angiography: A Multicenter Randomized Trial in PCI) ha adottato una definizione più ampia, includendo sia elementi clinici di complessità (come il diabete mellito e sindromi coronariche acute) sia fattori anatomici38. Nel trial RENOVATE-COMPLEX PCI (IVUS nel 75% dei casi e OCT nel restante 25% dei casi) l’uso dell’IVI per guidare la PCI è risultato associato a una riduzione significativa dell’endpoint primario composito di MACE correlato al vaso target rispetto alla guida angiografica tradizionale a 2 anni (hazard ratio [HR] 0.64; intervallo di confidenza [IC] 95% 0.45-0.89; p=0.008)36. Nello studio OCTOBER, la strategia guidata da OCT delle PCI di lesioni coronariche in biforcazione (19% tronco comune) ha portato a una diminuzione del rischio combinato di MACE correlato alla lesione target rispetto alla guida angiografica (HR 0.70; IC 95% 0.50-0.98; p=0.035)37. Al contrario, nel trial ILUMIEN IV, l’impiego dell’OCT non ha mostrato un beneficio significativo nella riduzione dell’endpoint primario clinico di efficacia (MACE, correlato al vaso target) (HR 0.90; IC 95% 0.67-1.19; p=0.45). Inoltre, il secondo endpoint primario in termini di area minima dello stent è risultato significativamente superiore nel gruppo guidato da OCT rispetto al gruppo guidato da angiografia. Infine, l’incidenza di trombosi dello stent definita o probabile è risultata significativamente inferiore con l’uso dell’OCT rispetto alla sola angiografia (HR 0.36; IC 95% 0.14-0.91; p=0.02)38. I risultati di questi studi sono stati incorporati all’interno di un’ampia metanalisi che ha incluso 22 trial clinici randomizzati, per un totale di 15 964 pazienti, seguiti clinicamente per una durata media ponderata di circa 25 mesi. Il confronto tra PCI guidata da IVI e PCI guidata esclusivamente dall’angiografia ha confermato che l’uso dell’IVI è associato a una riduzione significativa del rischio composito di eventi avversi legati al vaso target (rischio relativo 0.71; IC 95% 0.63-0.80; p<0.0001). Questo beneficio era guidato dalla diminuzione dell’incidenza di mortalità cardiaca, infarto miocardico del vaso target e rivascolarizzazione della lesione target39. Queste evidenze scientifiche hanno supportato un upgrade del livello di raccomandazione dell’utilizzo di imaging come guida alla PCI complessa. In particolare, le linee guida ESC 2024 per il trattamento dei pazienti con SCC raccomandano di utilizzare l’IVUS o l’OCT per guidare le PCI di lesioni anatomicamente complesse, in particolare le lesioni del tronco comune, le biforcazioni vere e le lesioni lunghe, assegnandone il più elevato livello di raccomandazione (classe I, livello di evidenza A)1.

Modalità di rivascolarizzazione del tronco comune e della malattia multivasale

Le linee guida ESC 2024 sulle SCC hanno inoltre provveduto ad una revisione di alcune delle raccomandazioni precedenti riguardanti le modalità di rivascolarizzazione dei pazienti con malattia del tronco comune e con malattia multivasale, facendo seguito ad una revisione da parte di una task force congiunta ESC/European Association for Cardio-Thoracic Surgery (EACTS) delle precedenti linee guida del 2018 riguardanti la rivascolarizzazione nei pazienti a basso rischio chirurgico con malattia del tronco comune e anatomia idonea per PCI o BPAC1,40. In particolare, è stata rivalutata l’evidenza scientifica alla luce dei dati di una metanalisi di dati individuali di oltre 4000 pazienti arruolati in quattro trial randomizzati41. I risultati di questa metanalisi hanno confermato che, nei pazienti stabili con malattia del tronco comune e bassa complessità della restante patologia coronarica valutata in base al SYNTAX score, sia BPAC che PCI rappresentano opzioni clinicamente valide, la cui scelta deve tener conto delle comorbilità, frazione di eiezione, preferenze e aspettative del paziente, dell’esperienza del centro e dei volumi procedurali nonché della disponibilità di IVI. In generale, sebbene il BPAC sia raccomandato come approccio preferenziale (classe I, livello di evidenza A), in presenza di completezza di rivascolarizzazione, le attuali linee guida suggeriscono la PCI come valida alternativa in pazienti con stenosi significativa del tronco comune ma di bassa complessità (SYNTAX ≤22) conferendone lo stesso grado di raccomandazione (classe I, livello di evidenza A), grazie alla sua minore invasività e a una sopravvivenza non inferiore1. Inoltre, anche nei pazienti con rischio intermedio (SYNTAX 23-32), la PCI è raccomandata in classe II, livello di evidenza A. Nei pazienti con stenosi significativa del tronco comune e malattia multivasale ad elevato rischio chirurgico, le linee guida ESC 2024 sulle SCC suggeriscono di considerare la PCI rispetto alla terapia medica (classe II, livello di evidenza B), indipendentemente dal SYNTAX score1. Infine, un’altra revisione importante delle ultime linee guida ESC 2024 sulle SCC riguarda il trattamento dei pazienti diabetici con malattia multivasale. Mentre nelle precedenti linee guida il trattamento di questi pazienti era contrindicato (classe III) in caso di complessità anatomica intermedio-elevata (SYNTAX >22), le attuali linee guida suggeriscono di considerare in questi pazienti la PCI rispetto alla terapia medica quando il rischio chirurgico è molto elevato (classe II, livello di evidenza A), indipendentemente dal SYNTAX score1.

QUAL È LA REALTÀ DI UTILIZZO IN ITALIA RISPETTO A QUANTO RACCOMANDATO DALLE LINEE GUIDA?

Valutazione funzionale coronarica: dati di attività italiani e confronto con altri paesi

Nonostante le linee guida europee raccomandino da anni l’utilizzo della CFT mediante FFR o altri indici non iperemici in caso di lesioni intermedie alla valutazione angiografica (diametro della stenosi tra 40-90% per lesioni non del tronco comune) ed in assenza di documentata ischemia agli esami non invasivi, i più recenti dati del GISE riferiti al 2024 mostrano che solo il 10.5% delle PCI è stato preceduto da una valutazione funzionale1,42,43 (Figura 1).




Se, da una parte, questo dato è in lieve crescita rispetto gli anni precedenti la pubblicazione delle linee guida europee sulle SCC del 2019 (nel 2017 erano solo l’8% delle PCI ad essere precedute da valutazione funzionale), d’altra parte negli ultimi anni si è assistito ad una battuta d’arresto se non lieve riduzione; infatti, nel 2021, erano l’11% delle PCI ad essere precedute da valutazione funzionale42,44. In Italia si assiste ad una notevole variabilità geografica nell’utilizzo di tale metodica, passando secondo il rapporto GISE 2025, dal 20% del Friuli-Venezia Giulia al 4% della Calabria (Tabella 4)43.




Questa variabilità è principalmente legata all’attribuzione della gestione della sanità alle singole regioni. L’utilizzo della valutazione funzionale in Italia è significativamente inferiore rispetto ai paesi nordeuropei: secondo il registro SWEDEHEART tra il 2014 e 2022 il 17% delle PCI era stato preceduto da valutazione funzionale mediante iFR o FFR45. Come soprariportato, le ultime linee guida ESC sulle SCC del 2024 hanno aumentato notevolmente il livello di evidenza per la valutazione funzionale del microcircolo coronarico (CFR e IMR) e per il test provocativo all’acetilcolina1,42. Nel corso del 2024 sono stati per la prima volta raccolti i dati sulla diffusione del test provocativo all’acetilcolina documentando il numero complessivo di 811 casi eseguiti, mentre per quanto riguarda la CFR ed IMR negli ultimi anni c’è stato un drastico incremento dei casi che sono passati dagli 86 del 2018 ai 1208 del 2023 e 1899 nel 202443. Nonostante l’aumento del numero delle valutazioni, i casi diagnosticati restano esigui rispetto all’elevata prevalenza di pazienti con angina e coronarie non ostruttive che potrebbero trarre beneficio da una definizione diagnostica più accurata, sia per un’ottimizzazione terapeutica sia per una riduzione delle ospedalizzazioni e delle coronarografie ripetute. Nonostante l’incremento numerico delle valutazioni, il numero dei casi rimane molto basso rispetto alla numerosità della popolazione di pazienti affetti da ANOCA che potrebbero beneficiare di un’accurata definizione diagnostica sia in termini di adeguamento terapeutico che di riduzione di ospedalizzazioni ed esecuzione di coronarografie di controllo.

Imaging intravascolare: dati di attività italiani e confronto con altri paesi

Come già sottolineato, le ultime linee guida ESC sulle SCC raccomandano con forza l’impiego dell’IVI nelle PCI complesse, che comprendono il trattamento di biforcazioni, lesioni lunghe e del tronco comune1. Tuttavia, i dati più recenti evidenziano una sostanziale discrepanza tra le raccomandazioni internazionali e la pratica clinica nazionale (Figure 1 e 2).




Secondo l’ultimo rapporto GISE del 2025, l’IVUS è stata utilizzata nel 7.8% delle PCI totali e l’OCT nell’1.9%, per un utilizzo complessivo di circa il 9.7% di tutte le PCI in Italia, dato che, seppur in aumento rispetto agli anni precedenti, rimane ancora ampiamente non soddisfacente43. Si conferma anche in questo ambito la notevole variabilità geografica nell’utilizzo, passando dal 14% del Piemonte a meno dell’1% dell’Alto Adige (Tabella 4)43.

Questi dati risultano significativamente inferiori rispetto a quelli osservati in altri contesti europei e internazionali e soprattutto ampiamente sotto la media europea del 23%. Nel Regno Unito, i dati del British Cardiovascular Intervention Society (BCIS) Audit 2022-2023 riportano un impiego dell’IVI nel 29% delle PCI, con un uso fino al 48% nei casi di tronco comune e del 39% nelle PCI complesse46. Nei paesi scandinavi, come la Svezia, il registro SWEDEHEART documenta un utilizzo di IVUS e OCT nel 35% delle PCI47. Al di fuori dell’Europa, in Giappone, secondo il J-PCI Registry, l’IVUS viene usata in circa il 75% delle procedure, con OCT utilizzata nel 15-20%, per un impiego combinato che supera il 90% nei casi complessi48. Dati analoghi sono riportati in Corea del Sud, dove l’IVUS è stato impiegato nel 61% delle PCI totali (K-PCI Registry)49. Anche negli Stati Uniti l’uso di imaging durante PCI è più elevato, arrivando a più del 30% di tutte le procedure coronariche.

QUALI SONO LE BARRIERE CHE IMPEDISCONO L’ACCESSO DEI PAZIENTI A QUESTE TECNOLOGIE E COSA FARE PER ELIMINARLE?

Valutazione funzionale coronarica: le barriere

Esistono diverse barriere che continuano a limitare la diffusione delle misurazioni pressorie intracoronariche per guidare la decisione di eseguire una rivascolarizzazione nei laboratori di emodinamica italiani, che si attesta come abbiamo visto su un rapporto medio fisiologia/PCI intorno al 10%, senza segni di aumento. Un’analisi di tali barriere è stata effettuata sia nell’ambito dello studio prospettico, trasversale e multicentrico a livello nazionale ERIS (Evolving Routine Standards of FFR Use) del 2018 che nel documento “Roadmap strategica della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (SICI-GISE)” del 201950,51.

Barriere culturali

Nel 2018 è stato promosso un progetto italiano denominato ERIS, con l’obiettivo di chiarire le ragioni sottostanti a questa variabilità attraverso uno studio. La causa più frequentemente riportata è la convinzione degli operatori che la storia clinica e i dati angiografici siano sufficienti per guidare la decisione di rivascolarizzazione coronarica. Lo studio ha mostrato chiaramente che il vero ostacolo all’utilizzo della guida fisiologica era rappresentato da una barriera culturale e da consuetudini difficili da superare. Molti operatori continuano a ritenere l’angiografia superiore alla fisiologia. Questo non è necessariamente dovuto a un’intenzione sistematica di eseguire PCI (etichettato in gergo come “riflesso oculo-stenotico”), poiché circa il 50% delle lesioni non veniva trattato. Inoltre, l’età media degli operatori che eseguivano misurazioni pressorie intracoronariche tendeva a essere inferiore rispetto a quella di chi preferiva la sola stima visiva.

Barriere gestionali

Oltre a questi ostacoli generazionali e culturali, esistono motivazioni pratiche che limitano l’utilizzo della fisiologia nella pratica clinica. L’uso della fisiologia può aggiungere complessità alla gestione procedurale, specialmente per la necessità di somministrare adenosina, con conseguente aumento dei tempi di procedura, possibili effetti collaterali e controindicazioni. Inoltre, una parte dei cardiologi interventisti non ha una formazione adeguata ad eseguire e interpretare correttamente le valutazioni fisiologiche.

Barriere amministrative

Alcune ragioni si trovano al di fuori del laboratorio di emodinamica, a livello amministrativo. La mancanza di un rimborso dedicato rappresenta un ostacolo cruciale: i costi legati all’utilizzo del dispositivo e dell’adenosina non vengono compensati, in particolare nei casi in cui la valutazione fisiologica risulti negativa e di conseguenza la procedura si concluda dopo l’esecuzione dell’esame diagnostico (coronarografia con valutazione funzionale). Quest’ultima ricade difatti in una tariffa DRG inferiore a quella per una procedura interventistica (angioplastica) che neppure riconosce l’utilizzo di tali metodiche diagnostiche aggiuntive. Lo studio della fisiologia quindi aumenta l’appropriatezza terapeutica ma è economicamente svantaggioso dal punto di vista di rimborso del DRG per chi lo applica. La decisione di utilizzare la fisiologia dipende da un budget dedicato all’interno dell’unità operativa e tende inevitabilmente a ridurre l’utilizzo di altre tecnologie. Non sono state implementate iniziative di controllo qualità sull’appropriatezza né a livello ospedaliero, né regionale, né ministeriale.

Strategie per l’implementazione della valutazione funzionale coronarica: sensibilizzazione, formazione, analisi di appropriatezza ed economia dei dispositivi

Per aumentare la diffusione della valutazione fisiologica nella pratica clinica, è necessario agire su più livelli.

Consapevolezza e formazione

Il primo livello di intervento riguarda la consapevolezza. La fisiologia deve diventare un tema centrale in tutti i congressi delle società scientifiche nazionali. INOCA/ANOCA sono condizioni cliniche frequentemente incontrate dal cardiologo clinico. È quindi fondamentale creare una sinergia tra cardiologi clinici e interventisti nella gestione di questi pazienti. Il cardiologo clinico deve comprendere che è possibile ottenere una diagnosi completa di malattia microvascolare attraverso test funzionali invasivi che potrà poi guidare un approccio terapeutico mirato ai diversi endotipi fisiopatologici. È inoltre importante monitorare i dati tramite il GISE, in particolare per verificare con quale frequenza le coronarografie con arterie angiograficamente normali includano una valutazione della microcircolazione. Attualmente, questo monitoraggio può essere effettuato solo a livello di singolo centro. Coinvolgere i medici del territorio, i cardiologi clinici e i medici di medicina generale è altrettanto essenziale, possibilmente anche attraverso le società scientifiche locali, per ampliare la diffusione delle conoscenze. È inoltre necessario colmare le potenziali lacune di competenze tecniche, promuovendo training pratici direttamente nei laboratori di emodinamica, in cui i professionisti possano acquisire esperienza diretta sull’utilizzo delle tecnologie avanzate e sull’interpretazione dei dati. A supporto di questa formazione pratica, portali online educazionali sull’approccio #FullPhysiology possono rappresentare un ulteriore strumento didattico di alto livello, offrendo contenuti aggiornati, casi clinici interattivi e materiali multimediali per consolidare e approfondire le conoscenze teoriche e pratiche acquisite.

Aspetti economici

La mancanza di una classificazione DRG potrebbe ostacolare la diffusione delle procedure di #FullPhysiology, poiché in alcuni casi si ritiene che, in assenza di un DRG, l’importanza della procedura non venga riconosciuta. Questo rappresenta anche una delle motivazioni per cui alcuni operatori evitano di eseguire FFR o altre valutazioni fisiologiche, ritenendole non prioritarie. L’implementazione di una codifica corretta è fondamentale per un migliore tracciamento e un rimborso adeguato. Il codice di procedura identificato da GISE e approvato da AGENAS (cod. 89.69 Monitoraggio del flusso ematico coronarico) dovrebbe essere adottato su larga scala e dovrebbe essere collegato ad un rimborso tariffario aggiuntivo anche al fine di incentivare maggiori livelli di appropriatezza della PCI con un utilizzo ottimale delle risorse sanitarie. Infine, l’inclusione della percentuale di FFR su PCI all’interno del Programma Nazionale Esiti (PNE) fornirebbe ulteriori dati sull’applicazione e la distribuzione di queste tecniche.

Imaging intravascolare: le barriere

Nonostante le linee guida ESC attribuiscano a queste metodiche il massimo livello di evidenza e indicazione, basato su una riduzione dei MACE in anatomie selezionate, l’utilizzo dell’IVI nella pratica clinica quotidiana rimane sorprendentemente limitato (imaging intracoronarico/PCI 10%, rapporto GISE del 2025)43. Diverse barriere contribuiscono a questo paradosso, rallentando l’adozione su larga scala di strumenti che potrebbero migliorare significativamente gli esiti procedurali a lungo termine dei pazienti.

Barriere gestionali e culturali

Una barriera significativa è rappresentata dallo scarso training del personale medico e tecnico nei laboratori di Emodinamica. L’imaging intracoronarico richiede competenze specifiche sia per l’acquisizione che per l’interpretazione delle immagini. Tuttavia, molti operatori non ricevono una formazione adeguata durante il percorso specialistico o attraverso programmi di aggiornamento continuo. La mancanza di familiarità con la tecnologia ne limita l’integrazione nella pratica clinica quotidiana e aumenta il rischio di errori interpretativi, riducendone ulteriormente l’attrattiva. Inoltre gli operatori di lunga esperienza possono ritenere che l’angioplastica guidata dall’angiografia tradizionale sia sufficiente e che l’imaging intracoronarico possa allungare la durata della procedura, senza un beneficio clinico chiaro.

Barriere amministrative

Uno dei principali ostacoli resta di natura economica. In molti paesi, inclusa l’Italia, l’imaging intracoronarico non è adeguatamente rimborsato dal sistema sanitario, nonostante la sua comprovata efficacia clinica. L’assenza di riconoscimento tariffario da parte degli enti regolatori costituisce un forte disincentivo per le strutture sanitarie, che devono affrontare ulteriori costi senza un riconoscimento economico aggiuntivo. Questo, limita la disponibilità della tecnologia e ne scoraggia l’uso routinario, anche nei casi in cui le linee guida ne raccomanderebbero fortemente l’impiego.

Strategie per l’implementazione dell’imaging coronarico: sensibilizzazione, formazione, analisi di appropriatezza ed economia dei dispositivi

Per promuovere l’adozione dell’imaging intracoronarico nell’ambito della PCI, è fondamentale sviluppare strategie mirate che affrontino le barriere attualmente esistenti.

Consapevolezza

La sensibilizzazione degli operatori sanitari, dei decisori politici e dell’opinione pubblica è un primo passo cruciale. È necessario diffondere il valore clinico dell’imaging intracoronarico, evidenziando come questa tecnologia migliori la selezione dei pazienti, la precisione dell’impianto dello stent e riduca i MACE a lungo termine. Campagne promosse da società scientifiche con incontri tematici potrebbero avere un valore rilevante per incrementare l’utilizzo almeno nei contesti raccomandati dalle linee guida.

Ambito formativo

La formazione rappresenta un secondo pilastro essenziale. L’istituzione di programmi strutturati di training per medici, tecnici e infermieri, sia in ambito della scuola di specializzazione che post. Corsi teorico-pratici, simulazioni e tutoraggio diretto in sala di Emodinamica in persona o da remoto possono ridurre la curva di apprendimento e aumentare la fiducia nell’uso di IVUS e OCT. Inoltre percorsi strutturati potrebbero essere agevolati dall’introduzione di certificazioni specifiche nell’ambito delle PCI complesse.

Aspetti economici

Un’analisi di appropriatezza consente di identificare i casi in cui l’imaging intracoronarico apporta il massimo beneficio clinico, evitandone il sottoutilizzo. Implementare registri nazionali e audit interni ai centri può aiutare a monitorare la qualità delle procedure, valutare gli esiti e promuovere una medicina basata sull’evidenza. Infine, dal punto di vista economico sarebbe appropriato lavorare sull’ottimizzazione dei costi, sulla valutazione del profilo costo-efficacia di tali strategie diagnostiche e su modelli di rimborso dedicati. Dimostrare che l’imaging riduce complicanze, riospedalizzazioni e necessità di reintervento può favorire l’allocazione di risorse pubbliche e incentivare l’integrazione di questa tecnologia nei percorsi assistenziali. Campagne promosse da società scientifiche al fine di richiedere l’utilizzo del codice di procedura 00.24 per tutte le procedure di imaging (IVUS e OCT) e la definizione di un indicatore di qualità PNE-AGENAS sull’utilizzo dell’imaging in particolari procedure (es. PCI del tronco comune) potrebbe essere di valore rilevante.

CONCLUSIONI

La gestione delle SCC richiede oggi un approccio integrato che superi la semplice valutazione anatomica, abbracciando strumenti funzionali e di IVI in grado di personalizzare diagnosi e trattamento e migliorare gli outcome. Le linee guida ESC 2024 forniscono indicazioni chiare e supportate da solide evidenze che dimostrano in pazienti selezionati una riduzione dei MACE come morte cardiaca, infarto miocardico e nuove rivascolarizzazioni, ma la loro applicazione nei laboratori di Emodinamica italiani risulta ancora limitata, penalizzata da barriere culturali, formative ed economiche (Graphical Abstract). È pertanto imprescindibile, grazie all’azione congiunta di GISE, ANMCO e SIC, promuovere programmi di sensibilizzazione anche nell’ambito territoriale, formazione pratica nei laboratori di Emodinamica e sensibilizzazione dei decisori ad un adeguato riconoscimento economico di tali strumenti, al fine di allineare la pratica clinica nazionale agli standard raccomandati a livello internazionale (Figura 3).




RIASSUNTO

Le sindromi coronariche croniche richiedono un approccio diagnostico-terapeutico integrato che combini valutazioni anatomiche, funzionali e morfologiche. Le linee guida ESC 2024 attribuiscono un ruolo centrale all’imaging intravascolare e ai test funzionali coronarici invasivi per guidare la rivascolarizzazione coronarica percutanea e, rispettivamente, ridurre gli eventi avversi cardiovascolari maggiori come morte cardiaca, infarto miocardico e nuove rivascolarizzazioni, soprattutto nei pazienti con anatomie complesse, o ridurre la classe di angina/migliorare la qualità di vita nel caso di disfunzione vascolare epicardica e/o microvascolare. Tuttavia, l’adozione di tali strategie in Italia rimane limitata, con ampie disparità geografiche e tassi di utilizzo inferiori rispetto ad altri paesi europei e non. Barriere culturali, formative, gestionali ed economiche continuano a ostacolare l’implementazione su larga scala di queste tecnologie, nonostante la dimostrata efficacia nella riduzione degli eventi cardiovascolari maggiori e nel miglioramento della qualità di vita. Il presente documento intersocietario GISE/ANMCO/SIC propone un percorso condiviso di sensibilizzazione culturale, formazione pratica nei laboratori di emodinamica, adeguamento dei sistemi di rimborso e monitoraggio della qualità, al fine di promuovere un utilizzo più appropriato e sistematico delle valutazioni funzionali e dell’imaging intracoronarico nella pratica clinica italiana, migliorando così l’appropriatezza, la personalizzazione delle cure e gli esiti a lungo termine dei pazienti con sindrome coronarica cronica.

Parole chiave. Angioplastica coronarica percutanea; Imaging intravascolare; Linee guida; Sindromi coronariche croniche; Test funzionali coronarici.

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