SCOMPENSO CARDIACO CON FUNZIONE SISTOLICA PRESERVATA: RIFLESSIONI DI UN CARDIOLOGO DI PROVINCIA

Nel numero di aprile del Giornale Italiano di Cardiologia è stato pubblicato un position paper ANMCO sullo scompenso cardiaco a funzione sistolica preservata1. L’articolo è di grande interesse e sintetizza in modo puntuale e dettagliato lo stato dell’arte delle conoscenze. L’argomento è rilevante e, credo meritevole, di alcune riflessioni.

Certamente esistono situazioni cliniche che modificano la fisiologia della diastole. La loro autonomia nosografica e la relazione con la sindrome clinica di scompenso cardiaco sono tuttavia almeno discutibili. Il termine “funzione preservata” è inoltre fonte di confusione perché usato talora per indicare pazienti con frazione di eiezione (FE) non molto ridotta ma non necessariamente normale2.

L’osservazione che in soggetti con funzione ventricolare sinistra “preservata” la presenza di sintomi di scompenso, prevalentemente la dispnea, comporti una prognosi a medio lungo termine simile a quella dei pazienti con funzione sistolica depressa, emerge da studi retrospettivi nei quali i pazienti con funzione preservata sono più anziani, hanno una maggior prevalenza di obesità, diabete, insufficienza renale e fibrillazione atriale, cose di per sé prognosticamente sfavorevoli2.

La mortalità non cardiovascolare, difficilmente attribuibile allo scompenso, è circa doppia tra i pazienti con insufficienza cardiaca a FE preservata rispetto a quelli con funzione sistolica ridotta2.

La dispnea è di per sé un segno prognostico negativo perché esprime sinteticamente situazioni cliniche prognosticamente sfavorevoli non solo cardiogene, quali obesità e insufficienza respiratoria3.

Lo studio CHARM, l’unico studio randomizzato che paragoni pazienti con segni di scompenso e funzione conservata (FE >40%) o ridotta (FE >40%) non conferma l’equivalenza di prognosi rilevata negli studi retrospettivi. I pazienti arruolati come controlli nel CHARM-Preserved paragonati a quelli del CHARM-Alternative avevano infatti una mortalità inferiore alla metà4,5.

I pilastri della terapia dell’insufficienza sistolica ventricolare sinistra non hanno dato risultati analogamente incoraggianti nei pazienti con scompenso cardiaco a FE preservata (HFpEF). Gli inibitori del sistema renina-angiotensina, gli antagonisti del recettore dei mineralcorticoidi, nonostante il miglioramento della funzione diastolica, analogamente a sacubitril/valsartan, non hanno migliorato la prognosi1. Gli inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2, unica classe di farmaci che ha dimostrato di ridurre gli eventi e per tale motivo consigliata dalle linee guida europee e americane nel trattamento dell’HFpEF1, sono in grado di migliorare la prognosi anche in pazienti non cardiopatici.

Escluse le patologie causa di sindromi restrittive specifiche, quali le cardiomiopatie e le miocardiopatie infiltrative, non contemplate dalla diagnosi di HFpEF, quanto sopra fa riflettere sulla necessità di creare un’entità nosologica caratterizzata sostanzialmente da un sintomo molto aspecifico, quale la dispnea, associato a modifiche del riempimento ventricolare sinistro spesso analoghe a quelle osservate in pazienti del tutto asintomatici.

Il rischio di porre questa diagnosi è che si interrompa il processo diagnostico volto a chiarire la natura della dispnea e, trascurando ad esempio una coronaropatia sottostante o una patologia primitivamente respiratoria, il clinico sia spinto in una “trappola nosografica”.

Alberto Genovesi Ebert1*, Elio Venturini2

1U.O.C. Cardiologia, Spedali Riuniti Livorno,
Azienda Sanitaria Toscana Nordovest

2U.O.S. Riabilitazione Cardiologia Area Sud, Ospedale di Cecina, Azienda Sanitaria Toscana Nordovest

BIBLIOGRAFIA

1. Iacovoni A, Navazio A, De Luca L, et al. Position paper ANMCO: Diagnosi e trattamento dello scompenso cardiaco a funzione sistolica preservata. G Ital Cardiol 2025;26:270-99. https://doi.org/10.1714/4464.44616

2. Owen TE, Hodge DO, Regina MS, Jacobsen SJ, Roger VL, Redfield MM. Trends in prevalence and outcome of heart failure with preserved ejection fraction. N Engl J Med 2006;355:251-9. https://doi.org/10.1056/NEJMoa052256

3. Abidov A, Rozanski A, Hachamovitch R, et al. Prognostic significance of dyspnea in patients referred for cardiac stress testing. N Engl J Med 2005;353:1889-98. https://doi.org/10.1056/NEJMoa042741

4. Yusuf S, Pfeffer MA, Swedberg K, et al.; CHARM Investigators and Committees. Effects of candesartan in patients with chronic heart failure and preserved left-ventricular ejection fraction: the CHARM-Preserved trial. Lancet 2003;362:777-81. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(03)14285-7

5. Granger CB, McMurray JJ, Yusuf S, et al.; CHARM Investigators and Committees. Effects of candesartan in patients with chronic heart failure and reduced left-ventricular systolic function intolerant to angiotensin-converting-enzyme inhibitors: the CHARM-Alternative trial. Lancet 2003;362:772-6. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(03)14284-5