Efficacia e sicurezza clinica dell’acido bempedoico nella prevenzione degli eventi cardiovascolari:
risultati dello studio CLEAR Outcomes e approfondimenti dalle sottoanalisi

Furio Colivicchi1, Marcello Arca2, Stefania Angela Di Fusco1, Angela Pirillo3, Alessandro Alonzo1, Federico Nardi4, Alberico Luigi Catapano5,6

1U.O.C. Cardiologia Clinica e Riabilitativa, Presidio Ospedaliero San Filippo Neri - ASL Roma 1, Roma

2Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione, Sapienza Università di Roma, Roma

3Centro per lo Studio dell’Aterosclerosi, Ospedale E. Bassini, Cinisello Balsamo (MI)

4Dipartimento di Cardiologia, Ospedale Santo Spirito, Casale Monferrato (AL)

5IRCCS Multimedica, Milano

6Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari, Università degli Studi, Milano

Bempedoic acid is a lipid-lowering drug recently introduced into clinical practice. The CLEAR Outcomes randomized controlled clinical trial has confirmed the efficacy of bempedoic acid in reducing low-density lipoprotein cholesterol (LDL-C) levels and has shown that this reduction translates into a significant decrease in major adverse cardiovascular events (MACE). The clinical benefits were consistent with the benefits obtained with other lipid-lowering drugs that have the same efficacy in reducing LDL-C levels. Furthermore, the CLEAR Outcomes trial confirmed the safety of bempedoic acid. This study reported the same frequency of adverse events as observed in previous phase 3 trials. Pre-specified and post-hoc analyses of the CLEAR Outcomes trial showed that treatment with bempedoic acid confers a clinical benefit both in primary prevention and in patients with recurrent events, independent of gender and comorbidities such as diabetes, obesity and metabolic syndrome, and confirmed a potential additive benefit due to the favorable effects on the glycemic profile and high-sensitivity C-reactive protein. In patients with peripheral artery disease, bempedoic acid reduces both MACE and major adverse limb events. Based on the available evidence, the European Medicines Agency has updated the summary of product characteristics to include cardiovascular disease as a therapeutic indication in addition to hypercholesterolemia. Bempedoic acid is now approved in adults with established atherosclerotic cardiovascular disease or at high risk of a first cardiovascular event, to reduce cardiovascular risk by lowering LDL-C levels, in patients treated with the maximum tolerated statin dose (with or without ezetimibe), or in statin-intolerant patients who are not adequately controlled with ezetimibe alone.

Key words. Bempedoic acid; Cardiovascular events; Cardiovascular risk; LDL cholesterol; Statin intolerance.

INTRODUZIONE

Tra i farmaci di più recente introduzione per la gestione delle dislipidemie, l’acido bempedoico rappresenta un’utile opzione terapeutica sia per la sua efficacia in termini di riduzione del colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (C-LDL) che per la riduzione del rischio cardiovascolare in pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica o ad alto rischio cardiovascolare. L’acido bempedoico è un inibitore dell’enzima adenosintrifosfato citrato liasi (ACL) e agisce inibendo la sintesi di colesterolo nel fegato. Come per le statine, questo comporta un’aumentata espressione dei recettori per le LDL, con conseguente aumento della clearance delle LDL circolanti e riduzione dei livelli plasmatici di C-LDL. Per svolgere la sua attività, l’acido bempedoico necessita dell’attivazione da parte dell’acil-CoA sintetasi-1 a catena molto lunga (ACSVL1). L’espressione principalmente epatica di ACSVL1 evita che l’acido bempedoico sia attivato in tessuti diversi dal fegato, quali ad esempio il tessuto muscolare. Questa selettività di attivazione spiega il minor rischio di eventi muscolari avversi associato al trattamento con acido bempedoico rispetto alle statine1. L’acido bempedoico è stato approvato dalle autorità regolatorie internazionali e nazionali per la riduzione del rischio cardiovascolare in adulti affetti da malattia cardiovascolare aterosclerotica accertata o ad alto rischio cardiovascolare. Tale indicazione è supportata dai risultati dello studio CLEAR Outcomes2 che ha dimostrato che la riduzione dei livelli di C-LDL in pazienti trattati con acido bempedoico si associa a una significativa riduzione dell’incidenza di eventi cardiovascolari. I risultati di questo studio rafforzano il concetto che l’obiettivo del trattamento ipolipemizzante debba essere la riduzione di C-LDL, indipendentemente dalla classe specifica di agenti utilizzati3. Sebbene le statine rimangano la terapia di prima linea nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, il trattamento con acido bempedoico può rappresentare un ulteriore mezzo terapeutico per ridurre il rischio cardiovascolare in pazienti che non riescono a raggiungere livelli raccomandati di C-LDL con le statine, con o senza ezetimibe, o in pazienti intolleranti alle statine.

Scopo della presente rassegna è analizzare le più recenti evidenze a supporto dell’impiego dell’acido bempedoico come trattamento per la riduzione del rischio cardiovascolare. Saranno inoltre discussi i risultati delle diverse sottoanalisi dello studio CLEAR Outcomes a oggi disponibili, con l’obiettivo di fornire una panoramica sull’efficacia e la sicurezza dell’acido bempedoico anche in specifici sottogruppi di pazienti.




LO STUDIO CLEAR OUTCOMES

Lo studio CLEAR Outcomes (Figura 1) è il primo studio che ha valutato l’effetto del trattamento con acido bempedoico sugli eventi cardiovascolari in una popolazione di pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica accertata o ad alto rischio cardiovascolare, che non potevano o non volevano assumere terapia a base di statina (definiti pazienti statino-intolleranti).




Si tratta di uno studio di fase 3, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, che ha coinvolto 13 970 pazienti. I pazienti (di età compresa tra 18 e 85 anni) per essere inclusi nello studio dovevano soddisfare uno dei due seguenti criteri: avere avuto un precedente evento cardiovascolare (pazienti in prevenzione secondaria, 70%) o avere caratteristiche che li ponevano ad alto rischio di evento cardiovascolare (pazienti in prevenzione primaria, 30%). I pazienti in prevenzione secondaria avevano anamnesi documentata di malattia coronarica (51%), arteriopatia periferica (PAD) sintomatica (11.6%) e/o malattia cerebrovascolare aterosclerotica (14.8%). I pazienti in prevenzione primaria erano considerati ad alto rischio di malattia cardiovascolare se presentavano almeno uno dei seguenti criteri: diabete mellito (di tipo 1 o tipo 2) con età >65 anni per le donne o >60 anni per gli uomini (16.7%); punteggio di rischio di Reynolds >30%, o punteggio di rischio SCORE >7.5% nell’arco di 10 anni (12.8%); punteggio di calcio coronarico >400 unità Agatston (1%). I pazienti sono stati randomizzati secondo un rapporto 1:1 a ricevere placebo (n = 6978) o acido bempedoico 180 mg/die (n = 6992) in monoterapia o in aggiunta ad altre terapie ipolipemizzanti, che potevano includere dosi molto basse di statine. Oltre il 95% dei pazienti è stato seguito fino al termine dello studio o al decesso. La durata mediana del follow-up è stata di 3.4 anni.

L’età media della popolazione era 65.5 anni, il 48% era di sesso femminile, il 45.6% aveva diabete, il 42% pre-diabete e il 70% aveva già avuto un evento cardiovascolare. Dopo 6 mesi di trattamento con acido bempedoico si è osservata una riduzione media dei livelli di C-LDL pari a ~21%. Inoltre, è stata osservata una significativa riduzione dei livelli di proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hsPCR) (~22%) che si è mantenuta per l’intera durata del trial.

Il trattamento con acido bempedoico ha ridotto significativamente il rischio per l’endpoint primario composito di eventi cardiovascolari avversi maggiori (MACE-4, costituito da morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale, ictus non fatale o rivascolarizzazione coronarica), con una riduzione pari al 13% rispetto al placebo (hazard ratio [HR] 0.87; intervallo di confidenza [IC] 95% 0.79-0.96; p=0.004). Il rischio dell’endpoint secondario (MACE-3, un composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale o ictus non fatale) è risultato ridotto significativamente del 15% rispetto al placebo (HR 0.85; IC 95% 0.76-0.96; p=0.006). L’endpoint primario composito è risultato ridotto indipendentemente da età, etnia, sesso, livelli basali di C-LDL, uso di statine, uso di ezetimibe e diabete. Inoltre, l’acido bempedoico ha ridotto significativamente rispetto al placebo anche i componenti dell’endpoint secondario quali il rischio di infarto miocardico fatale o non fatale (23%) e il rischio di rivascolarizzazione coronarica (19%) (Figura 2).




Non si sono osservate differenze significative nella riduzione dell’ictus e del rischio di morte cardiovascolare rispetto al placebo.

Tra i limiti da considerare nell’interpretazione dei risultati dello studio vi è l’inclusione di soli pazienti che avevano riportato loro stessi una intolleranza alle statine e, quindi, non assumevano statina o erano trattati con statine ad intensità molto bassa (22.7%). Questo criterio di inclusione ha portato a selezionare pazienti con elevate concentrazioni medie di C-LDL al basale (139 mg/dL). L’inclusione di pazienti che rifiutavano le statine, oltre a quelli con intolleranza documentata, riflette un importante aspetto della pratica clinica reale, dove spesso i medici si trovano a gestire pazienti che, per diversi motivi, non desiderano assumere statine. Questa scelta metodologica rende i risultati dello studio più generalizzabili e applicabili a una popolazione più ampia di pazienti.

ACIDO BEMPEDOICO VS ALTRE TERAPIE IPOLIPEMIZZANTI

Per verificare se la relazione tra riduzione di C-LDL e beneficio cardiovascolare osservato con l’acido bempedoico sia paragonabile a quella osservata con le statine, la metodologia della Cholesterol Treatment Trialists’ Collaboration è stata applicata allo studio CLEAR Outcomes. Questa analisi ha dimostrato che una riduzione di C-LDL pari ad 1 mmol/l (~38 mg/dL) nei pazienti trattati con acido bempedoico determina una riduzione del rischio di MACE a 12 mesi del 25% (IC 95% 0.63-0.90)4, del tutto comparabile al 22% (IC 95% 0.76-0.80) di riduzione osservato con le statine per la stessa riduzione di C-LDL5. Questo dato supporta ulteriormente il concetto di riduzione del rischio cardiovascolare dipendente dalla riduzione dei livelli di C-LDL ma indipendente dal tipo di trattamento utilizzato. Uno studio di randomizzazione mendeliana ha fornito importanti informazioni sull’impatto di varianti nel gene ACLY (che codifica per l’enzima ACL) sui livelli di C-LDL e sul rischio cardiovascolare6. In questo studio, uno score genetico costruito combinando tutte le varianti di ACLY è stato confrontato con uno score genetico con varianti nel gene HMGCR (che codifica per l’enzima target delle statine). I due score sono risultati associati a riduzioni simili dei livelli plasmatici di C-LDL e a un simile impatto sul rischio di eventi cardiovascolari per ogni 10 mg/dL di riduzione di C-LDL (odds ratio del rischio di eventi: 0.823 vs 0.836). L’acido bempedoico rappresenta dunque un’opzione efficace per ridurre i livelli di C-LDL con conseguenti benefici cardiovascolari.

ACIDO BEMPEDOICO IN SPECIFICHE POPOLAZIONI E CONTESTI CLINICI

Prevenzione di eventi cardiovascolari ricorrenti

Un’analisi prespecificata dello studio CLEAR Outcomes ha valutato gli effetti dell’acido bempedoico sull’incidenza complessiva di MACE. Nello studio, circa un terzo dei MACE-4 totali si è verificato come eventi successivi al primo, con una maggiore incidenza di rivascolarizzazioni coronariche.

Tra i pazienti che hanno avuto più di un evento, 437 ne hanno avuti due, 114 tre e 61 almeno quattro7. Il ripetersi di eventi cardiovascolari ha un impatto significativo sia dal punto di vista clinico che sociale ed economico e quindi ridurre il rischio di eventi clinici ricorrenti rappresenta un importante obiettivo terapeutico. In questa analisi7, il trattamento con acido bempedoico ha determinato una riduzione dell’incidenza cumulativa dell’endpoint primario (MACE-4) pari al 20%. Il maggiore beneficio clinico è stato osservato in pazienti che hanno avuto eventi multipli: la riduzione del 13% dell’incidenza di un primo evento diventa 26% per il rischio di un secondo evento (IC 95% 0.63-0.87; p<0.001), 31% per un terzo evento (IC 95% 0.51-0.93; p=0.02) e 49% per un quarto evento (IC 95% 0.31-0.88; p=0.02). Il trattamento con acido bempedoico è anche risultato associato a una significativa riduzione dell’incidenza cumulativa dell’endpoint secondario (MACE-3, -17%) e dell’incidenza degli eventi totali di infarto non fatale e rivascolarizzazione coronarica. Lo stesso studio ha stimato che il trattamento con acido bempedoico di 1000 pazienti per 5 anni potrebbe portare a 66 MACE in meno (25 infarti del miocardio, 32 rivascolarizzazioni e 7 ictus in meno) con un numero necessario di pazienti da trattare di 15. Confrontando le caratteristiche basali dei pazienti che non hanno avuto eventi con quelli che hanno avuto più di un evento, questi ultimi presentavano livelli significativamente più alti di C-LDL (139.5 mg/dL vs 134.3 mg/dL; p<0.001) e hsPCR (2.7 mg/l vs 2.3 mg/l; p<0.001), un minore utilizzo di statine (15.7% vs 23.2%) ed erano prevalentemente in prevenzione secondaria. L’analisi degli eventi ricorrenti dello studio CLEAR Outcomes conferma e amplia lo spettro di benefici clinici dell’acido bempedoico nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare con livelli elevati di C-LDL. Oltre alla riduzione del primo evento cardiovascolare maggiore, il trattamento con acido bempedoico riduce significativamente anche gli eventi successivi, con un impatto particolarmente evidente sulle rivascolarizzazioni coronariche e sull’infarto miocardico. Questi risultati supportano l’integrazione dell’acido bempedoico nei percorsi di cura di prevenzione secondaria cardiovascolare.

Prevenzione primaria

Un’interessante sottoanalisi prespecificata dello studio CLEAR Outcomes ha esplorato l’efficacia dell’acido bempedoico in pazienti ad alto rischio cardiovascolare, ma senza eventi clinici pregressi, offrendo nuovi spunti sull’utilità di questa terapia anche in prevenzione primaria8. Nello studio CLEAR Outcomes il 30% dei pazienti erano in prevenzione primaria. Questo gruppo di pazienti aveva un’età media di 67.8 anni, era composto per lo più da donne (59%); il 66.1% era diabetico, con una concentrazione media di C-LDL di 142.5 mg/dL. Il trattamento con acido bempedoico è risultato associato ad una significativa riduzione, rispetto al placebo, dei livelli di C-LDL (21.3%) e dell’endpoint primario (HR 0.70, con una riduzione del rischio assoluto pari al 2.3%). Il trattamento con acido bempedoico ha anche determinato riduzione significativa degli endpoint secondari, inclusi il MACE a 3 componenti (36%), infarto del miocardio (39%), mortalità cardiovascolare (39%) e mortalità per tutte le cause (27%). Nonostante questi dati debbano essere interpretati con cautela poiché derivano da una sottoanalisi, rafforzano il valore dell’acido bempedoico come opzione terapeutica in prevenzione primaria, in particolare nei pazienti ad alto rischio, intolleranti alle statine, o con scarsa aderenza, rappresentando un’opportunità concreta per colmare un’importante lacuna terapeutica.

Pazienti con diabete e pre-diabete

Sebbene sia studi clinici che studi di randomizzazione mendeliana9 abbiano dimostrato che le statine sono associate ad un aumentato rischio di sviluppo di diabete e di peggioramento del controllo glicemico, in considerazione dei benefici sugli eventi cardiovascolari, le statine rappresentano ancora la prima opzione terapeutica per il trattamento della dislipidemia. Uno studio di randomizzazione mendeliana ha mostrato che varianti geniche in geni chiave del metabolismo lipidico (HMGCR, PCSK9, LDLR) sono associate a un aumentato rischio di diabete, che invece non è stato osservato con varianti nel gene ACLY6. In accordo con questa osservazione, il trattamento con acido bempedoico non risulta associato ad un incremento del rischio di diabete di nuova insorgenza né ad un peggioramento del metabolismo10. Un’analisi prespecificata dello studio CLEAR Outcomes ha valutato l’impatto dello stato glicemico basale sull’endpoint primario dello studio che, complessivamente, aveva incluso 6373 pazienti con diabete (45.6%), 5796 con pre-diabete (41.5%) e 1801 con normali valori glicemici (12.9%). L’analisi ha dimostrato una riduzione del rischio relativo comparabile in pazienti con diabete, pre-diabete o normoglicemia (con una riduzione del rischio assoluto maggiore nei pazienti con diabete)11. Inoltre, nei pazienti trattati con acido bempedoico l’incidenza di diabete di nuova insorgenza e i livelli di emoglobina glicata (HbA1c) nel corso dello studio sono risultati simili a quelli del braccio placebo. Questa analisi dimostra che l’acido bempedoico riduce significativamente gli eventi cardiovascolari, senza effetti negativi sul metabolismo glucidico.

Efficacia dell’acido bempedoico in uomini e donne

Uno degli aspetti rilevanti dello studio CLEAR Outcomes è l’elevata percentuale di donne incluse (48%), significativamente più alta rispetto ai principali studi che hanno testato farmaci ipolipemizzanti. Un’analisi prespecificata dello studio CLEAR Outcomes ha valutato l’impatto del trattamento con acido bempedoico nei due sessi in termini di incidenza dell’end­point primario e degli endpoint secondari principali12. Le principali caratteristiche al basale delle pazienti di sesso femminile confermano un profilo di rischio cardiovascolare elevato: l’età media era di 66.8 anni, più alta rispetto agli uomini; il 36.8% era in prevenzione primaria (vs 23.9% negli uomini), quasi la metà delle donne (49.4%) era affetta da diabete (vs 42.1% negli uomini). Anche i parametri lipidici e infiammatori risultavano più sfavorevoli nelle donne, con valori medi di C-LDL pari a 144.4 mg/dL e valori mediani di hsPCR pari a 2.6 mg/l, entrambi superiori rispetto alla popolazione maschile. I risultati della sottoanalisi hanno dimostrato un’efficacia simile nei due sessi, sia per quanto riguarda la riduzione dei livelli di C-LDL, sia per la riduzione del rischio cardiovascolare. Nello specifico, il trattamento con acido bempedoico ha portato a una riduzione degli eventi MACE-4 dell’8.4% nelle donne (vs 9.7% con placebo, HR 0.89) e del 14.8% negli uomini (vs 16.6% con placebo, HR 0.86). Anche i dati sugli eventi MACE-3 confermano questa tendenza. Anche l’incidenza di eventi avversi gravi, eventi avversi e variazioni dei parametri di laboratorio non è risultata differente tra i due sessi. Questi risultati supportano l’impiego dell’acido bempedoico per ridurre il rischio cardiovascolare sia nelle donne che negli uomini.

Pazienti con obesità

Un’ulteriore sottoanalisi prespecificata dello studio CLEAR Outcomes ha valutato l’impatto dell’acido bempedoico nei pazienti con obesità13, categoria ad alto rischio cardiovascolare e spesso affetta da infiammazione cronica di basso grado, resistenza insulinica e dislipidemia. L’analisi ha incluso 6179 pazienti (44.2% della popolazione totale) con indice di massa corporea (BMI) ≥30 kg/m2, di cui 3075 assegnati al trattamento con acido bempedoico e 3104 al gruppo placebo. La popolazione analizzata aveva un’età media di 65 anni (51% donne), il 68% dei partecipanti aveva una storia pregressa di malattia cardiovascolare aterosclerotica e il 56% era affetto da diabete. Il livello medio di C-LDL era 139 mg/dL e solo il 22% dei pazienti stava assumendo una statina. A 6 mesi, l’acido bempedoico ha determinato una riduzione del C-LDL di 30.6 mg/dL, corretta per placebo, e una riduzione significativa della hsPCR, effetti che si sono mantenuti per tutta la durata dello studio. Nei pazienti trattati è stata osservata anche una riduzione progressiva del peso corporeo, con una variazione media di -2.3 kg a 36 mesi vs -1.4 kg con placebo. Dopo un follow-up mediano di 40.7 mesi, il trattamento con acido bempedoico ha portato a una riduzione del 23% del rischio di eventi MACE-4 (HR 0.77), con un’incidenza dell’11.6% nel gruppo trattato (vs 14.8% nel gruppo placebo). Anche gli end­point secondari hanno mostrato risultati favorevoli: i MACE-3 sono stati ridotti del 27%, l’infarto miocardico del 32%, la rivascolarizzazione coronarica del 24% e l’ictus del 36%. La riduzione dei singoli componenti dell’endpoint composito primario è risultata coerente con quella dell’analisi generale dello studio. Il profilo di sicurezza è risultato complessivamente favorevole. L’87.4% dei pazienti con BMI ≥30 kg/m2 ha riportato almeno un evento avverso, con tassi di interruzione del trattamento simili nei due gruppi (10.6% per acido bempedoico e 10.3% per placebo). L’incidenza di diabete di nuova insorgenza è stata simile nei due gruppi (20.5% vs 22%) e la variazione della HbA1c a 12 mesi è risultata trascurabile (-0.03%), confermando un buon profilo metabolico del farmaco. Questi risultati, unitamente alla riduzione di C-LDL, hsPCR e peso corporeo e alla buona tollerabilità, confermano che l’acido bempedoico può rappresentare un’opzione terapeutica clinicamente rilevante per i pazienti con obesità e ipercolesterolemia ad alto rischio cardiovascolare, soprattutto se non adeguatamente trattati con le terapie convenzionali.

Pazienti con sindrome metabolica

L’impatto del trattamento con acido bempedoico nei pazienti con sindrome metabolica, condizione associata ad un rischio di eventi cardiovascolari aumentato di circa 2 volte, è stato valutato in una analisi post-hoc di dati aggregati di quattro studi clinici di fase 314. L’acido bempedoico è risultato ridurre i livelli di C-LDL in maniera lievemente maggiore nei pazienti con sindrome metabolica rispetto a quelli senza (-22.3% vs -18.4%; p per interazione = 0.0472). Inoltre, nei pazienti con sindrome metabolica, ma non nel sottogruppo senza sindrome metabolica, l’acido bempedoico era associato anche ad un miglioramento del profilo glicemico (riduzione di HbA1c e della glicemia a digiuno). Nei pazienti trattati con acido bempedoico si è osservato un lieve incremento dei livelli di trigliceridi, sebbene in una precedente metanalisi il farmaco non avesse mostrato effetti significativamente rilevanti su questo parametro15. Il profilo di sicurezza è risultato simile nei due sottogruppi di pazienti. L’efficacia del trattamento con acido bempedoico nei pazienti con sindrome metabolica, in termini di riduzione di eventi cardiovascolari, è stata valutata anche in un’analisi post-hoc dello studio CLEAR Outcomes16. L’acido bempedoico è risultato avere un impatto sull’endpoint primario simile a quello osservato nello studio principale. In conclusione, i risultati di questa analisi suggeriscono che l’acido bempedoico rappresenta un’opzione terapeutica efficace e sicura anche nei pazienti con sindrome metabolica, una categoria ad elevato rischio cardiovascolare spesso caratterizzata da profili metabolici complessi. In particolare, il farmaco non solo conferma il proprio beneficio sulla riduzione di C-LDL, ma mostra anche un potenziale vantaggio sul controllo glicemico. Questi dati rafforzano ulteriormente il ruolo dell’acido bempedoico nel trattamento personalizzato dei pazienti ad alto rischio cardiovascolare, inclusi quelli con alterazioni metaboliche associate.

Infiammazione

Numerosi studi hanno dimostrato una correlazione tra infiammazione, sviluppo e progressione delle lesioni aterosclerotiche ed eventi cardiovascolari17,18. Nei trial clinici con acido bempedoico in cui sono stati valutati i livelli di hsPCR come indice di infiammazione subclinica è stata osservata una significativa riduzione di questo indicatore19. Una sottoanalisi dello studio CLEAR Outcomes ha valutato l’impatto prognostico dell’infiammazione, misurata tramite hsCRP, nel predire il rischio di eventi cardiovascolari20. I risultati evidenziano che questo indicatore di infiammazione è in grado di predire il rischio di eventi cardiovascolari almeno quanto i livelli basali di C-LDL: livelli più elevati di hsPCR al basale erano, infatti, fortemente associati a un aumento significativo del rischio di eventi cardiovascolari maggiori, di mortalità cardiovascolare e di mortalità per tutte le cause. L’analisi ha inoltre dimostrato che il rischio cardiovascolare era significativamente più alto nei pazienti con hsPCR ≥2 mg/l, indipendentemente dai livelli di C-LDL. L’effetto del trattamento con acido bempedoico sull’endpoint primario è risultato indipendente dai livelli basali sia di hsPCR che di C-LDL e in linea con quanto osservato nello studio principale. A 6 mesi, l’acido bempedoico ha dimostrato di ridurre sia il C-LDL (-21.1%) che la hsCRP (-21.6%), confermando un’efficacia coerente in tutte le sottopopolazioni indipendentemente dai valori basali di questi biomarcatori. Questi risultati suggeriscono che un approccio integrato, mirato alla riduzione simultanea del C-LDL e dell’infiammazione sistemica, possa offrire un beneficio clinico più ampio. In tale contesto, l’acido bempedoico si configura come una strategia terapeutica promettente nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare con marcatori di infiammazione elevati, contribuendo a colmare quel rischio residuo non affrontato dal solo controllo del colesterolo.

Arteriopatia periferica

La PAD è una possibile manifestazione dell’aterosclerosi e la presenza in più distretti comporta un aumento del rischio cardiovascolare globale21. La riduzione dei livelli di C-LDL rappresenta un obiettivo cruciale anche nella gestione della PAD. Nello studio CLEAR Outcomes sono stati inclusi 1624 pazienti con PAD. In questi pazienti, il trattamento con acido bempedoico ha ridotto del 36% il rischio di un primo evento avverso maggiore agli arti inferiori (MALE), con una riduzione del rischio assoluto di un primo MALE pari al 2.5% rispetto al placebo22. Come per i MACE, anche per i MALE il beneficio sembra essere maggiore se si considerano gli eventi complessivi (-45%) e non solo il primo evento. I risultati di questa analisi supportano il beneficio clinico associato alla riduzione dei livelli di C-LDL e suggeriscono la terapia ipolipemizzante come priorità nei pazienti con PAD per ridurre il rischio di MACE e MALE.

Steatosi epatica non alcolica

La steatosi epatica non alcolica è una malattia cronica associata ad alterazioni del metabolismo lipidico e glucidico, può essere espressione di una sindrome metabolica ed è associata ad un aumentato rischio di malattia cardiovascolare aterosclerotica23. Studi preclinici suggeriscono che l’acido bempedoico, oltre a ridurre i livelli di C-LDL, può attenuare la steatosi, la fibrosi e l’infiammazione a livello epatico attraverso l’inibizione della lipogenesi24. Un’analisi post-hoc dello studio CLEAR Outcomes ha mostrato che steatosi epatica e fibrosi epatica sono associate ad una maggiore incidenza dell’endpoint primario (MACE-4) e che il trattamento con acido bempedoico riduce il rischio di MACE-4 associato a steatosi epatica (meno evidente l’effetto su MACE-4 associato a fibrosi epatica)25.

Sicurezza d’uso

Il programma di sviluppo CLEAR ha dimostrato che l’acido bempedoico è generalmente un farmaco ben tollerato e sicuro e il suo utilizzo non risulta associato ad effetti avversi gravi o che ne impongano l’interruzione2,26-29. Nello studio CLEAR Outcomes2, i dati di sicurezza sono risultati in linea con quelli derivati dagli studi precedenti di più breve durata, con un’incidenza di eventi avversi complessivi comparabile al gruppo placebo30. Per quel che riguarda gli eventi avversi prespecificati di particolare interesse, l’incidenza non differiva in maniera significativa tra i due gruppi di trattamento, tranne che per l’aumento dei livelli degli enzimi epatici (4.5% nel gruppo in acido bempedoico vs 3% nel gruppo placebo) e per l’alterazione della funzione renale (11.5% vs 8.6%). L’utilizzo di acido bempedoico rispetto al placebo ha avuto un impatto neutro in termini di eventi muscolari. Inoltre, nello studio CLEAR Outcomes, che ha incluso esclusivamente pazienti con intolleranza alle statine, la percentuale di pazienti che hanno interrotto il trattamento a causa di eventi muscolari avversi è stata simile nei due bracci (2.9% nel gruppo in acido bempedoico e 3.2% nel gruppo placebo). Si tratta di un dato di particolare rilevanza, poiché i sintomi muscolari sono la principale causa di intolleranza e interruzione della terapia con statine. In caso di co-somministrazione con simvastatina, questa non deve essere usata a dosi >20 mg/die (40 mg/die in caso di ipercolesterolemia severa e ad alto rischio di complicanze cardiovascolari, se non si raggiungono gli obiettivi di trattamento a dosi più basse e i benefici si stimano superiori ai potenziali rischi)31, in quanto l’inibizione dei trasportatori OATP1B1 e OATP1B3 da parte dell’acido bempedoico può aumentare significativamente l’esposizione sistemica all’acido simvastatinico.

I principali eventi avversi di interesse clinico associati all’utilizzo del farmaco sono l’aumentata incidenza di iperuricemia, gotta e colelitiasi32. Per quel che riguarda l’aumento di incidenza di iperuricemia e gotta, una possibile causa è correlata all’inibizione del trasportatore anionico organico 2 (OAT2), che è coinvolto nel trasporto renale dell’acido urico sierico. L’inibizione di OAT2 può aumentare i livelli sierici di acido urico. Gli innalzamenti di acido urico sierico si verificano di solito entro le prime 4 settimane di trattamento e i valori tornano al basale con la sospensione del trattamento. L’incidenza di gotta è maggiore nei pazienti con livelli elevati di acido urico preesistenti o una storia di gotta32. In caso di aumento asintomatico dell’acido urico, la sospensione non è indicata; si può considerare l’introduzione di un farmaco ipouricemizzante se i valori aumentano significativamente. Nei pazienti con pregressi attacchi gottosi, l’acido bempedoico non è controindicato in modo assoluto, ma è indicata cautela31. Se i livelli di acido urico sono ben controllati e non si verificano attacchi, il trattamento può essere proseguito con monitoraggio periodico.

Sebbene la colelitiasi sia risultata più frequente nei pazienti trattati con acido bempedoico, gli eventi clinici più gravi, come pancreatite o colecistite acuta, sono risultati generalmente rari e simili nei due bracci di trattamento2. Il meccanismo alla base di questo effetto avverso potrebbe essere legato all’inibizione di OATP1B1/333. Questi trasportatori facilitano l’assorbimento epatico degli acidi biliari, un passaggio cruciale nel circolo enteroepatico. Una loro inibizione può ridurre la concentrazione di acidi biliari nella cistifellea, favorendo la formazione di calcoli di colesterolo. È interessante notare che le statine, comunemente utilizzate per la riduzione del colesterolo, sono substrati degli stessi trasportatori OATP1B1/3. L’associazione di acido bempedoico con statine potrebbe quindi mitigare l’effetto inibitorio su questi trasportatori, riducendo potenzialmente il rischio di colelitiasi.

Analogamente a quanto osservato per l’aumento dell’acido urico, l’inibizione di OAT2 a livello renale può determinare un modesto incremento della creatinina sierica, un incremento che si verifica generalmente nelle prime settimane di trattamento ed è reversibile alla sospensione della terapia. Tale effetto riflette una ridotta secrezione tubulare della creatinina e non un reale deterioramento della funzione renale. In caso di modesti aumenti della creatinina non è raccomandata la sospensione del trattamento ma un monitoraggio della funzione renale. La scheda tecnica non indica un valore soglia al di sopra del quale sospendere il trattamento31; tuttavia, i dati disponibili nei pazienti con compromissione renale severa (velocità di filtrazione glomerulare stimata <30 ml/min/1.73 m2) sono limitati e i pazienti con malattia renale allo stadio terminale in dialisi non sono stati studiati. In questi pazienti si raccomanda un monitoraggio addizionale delle reazioni avverse quando venga somministrato acido bempedoico.

Globalmente, i dati di sicurezza dello studio CLEAR Outcomes risultano coerenti con quanto osservato nei precedenti studi di fase 3, confermando il favorevole profilo terapeutico dell’acido bempedoico. Le alterazioni di laboratorio evidenziate nel corso dello studio si sono manifestate precocemente, senza peggioramenti nel tempo rispetto al placebo. La lunga durata dello studio e la numerosità della popolazione arruolata hanno consentito di valutare in modo robusto la sicurezza del trattamento anche nel lungo termine.

dalle evidenze alla pratica clinica

Lo studio CLEAR Outcomes ha rappresentato un importante passo avanti nella gestione della dislipidemia e del rischio cardiovascolare, confermando l’efficacia dell’acido bempedoico sia in termini di riduzione dei livelli di C-LDL sia in termini di beneficio clinico (Figura 3)2,3,27,29,34.




Le numerose sottoanalisi dello studio, condotte in specifici sottogruppi di pazienti, hanno dato risultati coerenti con lo studio principale sia in termini di efficacia che di sicurezza (Figura 4).




I risultati di questo studio rafforzano ulteriormente il concetto che la riduzione dei livelli di C-LDL comporta un beneficio clinico proporzionale all’effetto ipolipemizzante indipendentemente dal trattamento utilizzato. D’altra parte, non essendovi studi di confronto diretto del trattamento con acido bempedoico vs statine, nonostante l’efficacia dimostrata e la maggiore tollerabilità in termini di sintomi muscolari, ad oggi l’acido bempedoico non può essere considerato come un’alternativa alle statine che rimangono opzione di prima linea. Inoltre, in considerazione dei criteri di inclusione, lo studio CLEAR Outcomes non fornisce evidenze in merito all’impatto dell’acido bempedoico sugli eventi clinici in associazione a terapie ipolipemizzanti ad alte dosi, e l’effettiva traduzione della riduzione del C-LDL in beneficio clinico in questi contesti rimane da chiarire.

Alla luce dei risultati dello studio CLEAR Outcomes, sia la Food and Drug Administration che la European Medicines Agency hanno aggiornato le indicazioni di scheda tecnica per l’impiego dell’acido bempedoico nella malattia cardiovascolare. Le nuove indicazioni includono non solo la riduzione dei livelli di C-LDL ma anche la riduzione del rischio cardiovascolare (Graphical Abstract), in pazienti affetti da malattia aterosclerotica accertata o ad aumentato rischio di svilupparla. La nuova indicazione prevede l’impiego di acido bempedoico sia come formulazione singola che in combinazione fissa con ezetimibe, indipendentemente dal contemporaneo trattamento con statina, in pazienti trattati con la massima dose tollerata di statina con o senza ezetimibe, oppure in monoterapia o in associazione a ezetimibe nei pazienti intolleranti alle statine31. In Italia, l’acido bempedoico è rimborsato per i pazienti affetti da ipercolesterolemia primaria (familiare eterozigote e non familiare) o dislipidemia mista, che non raggiungono gli obiettivi di C-LDL nonostante un trattamento con statine alla massima dose tollerata e/o ezetimibe, oppure in caso di intolleranza a statine o ezetimibe, con una distanza dall’obiettivo di ~20%.

Sulla base delle evidenze fornite dallo studio CLEAR Outcomes, l’acido bempedoico è stato introdotto come opzione terapeutica nelle linee guida 2024 della Società Europea di Cardiologia (ESC) per la gestione delle sindromi coronariche croniche35: si raccomanda la combinazione con acido bempedoico nei pazienti con intolleranza alle statine e che non raggiungono l’obiettivo terapeutico con ezetimibe (raccomandazione di classe IB) e nei pazienti che non raggiungono gli obiettivi terapeutici con la massima dose di statina tollerata ed ezetimibe (raccomandazione di classe IIa). In parallelo, anche le linee guida ESC 2024 per la gestione delle patologie delle arterie periferiche e dell’aorta (PAAD)36 indicano l’acido bempedoico come opzione terapeutica nei pazienti con PAAD ad alto rischio cardiovascolare (raccomandazione di classe IB), che non raggiungono gli obiettivi lipidici raccomandati con ezetimibe, da solo o in associazione a inibitori di PCSK9. Queste raccomandazioni rafforzano ulteriormente il ruolo dell’acido bempedoico nella riduzione del rischio cardiovascolare in diverse manifestazioni della malattia aterosclerotica, incluso il distretto arterioso periferico. In questo scenario clinico, l’acido bempedoico emerge come una molecola versatile, con un favorevole profilo di efficacia e sicurezza, capace di rispondere a un ampio spettro di bisogni clinici nella prevenzione primaria e secondaria del rischio cardiovascolare. La sua integrazione nel trattamento dell’ipercolesterolemia nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare può rappresentare un’opportunità concreta per colmare il rischio residuo ancora presente in molti pazienti non adeguatamente controllati con le terapie attualmente in uso.

In conclusione, nella gestione delle malattie cardiovascolari aterosclerotiche l’utilizzo di un farmaco, come l’acido bempedoico, che si è dimostrato efficace nel ridurre il C-LDL e il rischio cardiovascolare ad esso associato, sicuro e ben tollerato, rappresenta un’importante opzione terapeutica.

RIASSUNTO

L’acido bempedoico è un’opzione terapeutica per la gestione delle dislipidemie di recente introduzione nella pratica clinica. I risultati dello studio clinico randomizzato controllato CLEAR Outcomes hanno confermato l’efficacia del trattamento con acido bempedoico in termini di riduzione di livelli di colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (C-LDL) e degli eventi cardiovascolari avversi maggiori (MACE), con un beneficio clinico che è in linea con altri agenti che riducono il colesterolo con la stessa efficacia. Inoltre, lo studio CLEAR Outcomes ha anche confermato la sicurezza del trattamento con acido bempedoico, riportando un’incidenza di eventi avversi sovrapponibile a quanto osservato nei precedenti studi di fase 3. Le analisi prespecificate e post-hoc dello stesso studio hanno dimostrato un beneficio clinico del trattamento sia in prevenzione primaria che nei pazienti con eventi ricorrenti, un beneficio che è indipendente dal sesso, dalla presenza di diabete, obesità, e sindrome metabolica, con possibile beneficio aggiuntivo per l’impatto favorevole sul profilo glicemico e sul marcatore di infiammazione subclinica, la proteina C-reattiva ad alta sensibilità. Nei pazienti con arteriopatia periferica il trattamento con acido bempedoico non ha ridotto solo i MACE ma anche gli eventi avversi maggiori agli arti inferiori. Sulla base delle evidenze disponibili sia le linee guida della Società Europea di Cardiologia per la gestione delle sindromi coronariche croniche che quelle per la gestione dell’arteriopatia periferica e aortica, pubblicate nel 2024, raccomandano l’impiego di acido bempedoico nei pazienti intolleranti alle statine che non raggiungono l’obiettivo terapeutico con ezetimibe. Inoltre, la scheda tecnica del farmaco è stata aggiornata dalla European Medicines Agency ed ora include la riduzione del rischio cardiovascolare come indicazione terapeutica in aggiunta all’ipercolesterolemia. In particolare, l’acido bempedoico è ora approvato negli adulti con malattia cardiovascolare aterosclerotica accertata o ad alto rischio per ridurre il rischio cardiovascolare attraverso la riduzione del C-LDL, in pazienti trattati con la dose massima tollerata di statine (con o senza ezetimibe) e nei pazienti intolleranti alle statine non adeguatamente controllati con ezetimibe da sola.

Parole chiave. Acido bempedoico; Colesterolo LDL; Eventi cardiovascolari; Intolleranza alle statine; Rischio cardiovascolare.

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