Le dieci principali novità delle linee guida ESC 2025 su miocardite e pericardite

Massimo Imazio1, Attilio Iacovoni2

1Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Udine, e Dipartimento Cardiotoracico, Ospedale Santa Maria della Misericordia, Udine

2SSD Chirurgia dei Trapianti e del Trattamento Chirurgico dello Scompenso, Dipartimento Cardiovascolare, ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo

INTRODUZIONE

Nel 2025 la Società Europea di Cardiologia (ESC) ha pubblicato le prime linee guida congiunte su miocardite e pericardite, sviluppate da un team multidisciplinare con il coinvolgimento diretto di rappresentanti dei pazienti1. Queste linee guida forniscono un approccio integrato alle sindromi infiammatorie mio-pericardiche (inflammatory myocardial and pericardial syndromes, IMPS) (Figura 1).




In questo editoriale affrontiamo i dieci punti chiave innovativi – definiti i “dieci comandamenti”2 – che riassumono le principali novità rispetto alle precedenti raccomandazioni3 (Tabella 1), contestualizzandoli nella pratica clinica italiana.




1. DEFINIZIONE UNIFICATA DELLE SINDROMI MIOCARDIO-PERICARDICHE

Le linee guida ESC 2025 introducono il concetto di IMPS, inquadrando miocardite e pericardite lungo un unico spettro di malattia. Il nuovo acronimo IMPS, come per le sindromi coronariche acute, enfatizza la necessità di una visione globale dello spettro di malattia e lo sviluppo di una competenza trasversale nel trattare miocardite e pericardite. Questo approccio olistico è giustificato dalla frequente presenza di forme miste per spettro eziologico comune e contiguità anatomica e sostituisce la visione “a compartimenti stagni” dei position paper o linee guida precedenti3,4. In Italia il concetto di IMPS richiede una maggiore collaborazione interdisciplinare. Cardiologi, internisti e medici d’urgenza devono essere pronti a valutare congiuntamente miocardite e pericardite, supportati da diagnostica avanzata (troponina, ecocardiogramma, risonanza magnetica [RM], biopsia endomiocardica [BEM] ove necessario). Ciò significa promuovere team dedicati e follow-up strutturati.

Vantaggi: il paziente ottiene diagnosi più complete e terapie mirate sull’intera infiammazione cardiaca, evitando sottovalutazioni. Ad esempio, un caso di pericardite con interessamento miocardico minimo riceve monitoraggio di funzione ventricolare e rischio aritmico.

Criticità: aumenta la complessità diagnostica, richiedendo formazione specifica per riconoscere entrambi i quadri; perciò sono necessari investimenti formativi e garanzia di equo accesso agli esami specialistici su tutto il territorio.

2. PERCORSI CLINICI BASATI SUI SINTOMI

Le nuove linee guida propongono algoritmi diagnostico-terapeutici differenziati in base alla sintomatologia iniziale del paziente. Le linee guida riconoscono lo spettro di presentazione clinica dalle più comuni forme con dolore toracico5, a volte pseudoinfartuale, alle forme aritmiche (fino alla morte cardiaca improvvisa) e con scompenso cardiaco. Vengono definiti percorsi specifici anziché un unico iter standard. Ora il medico può orientare subito gli esami più utili (ECG, biomarcatori, ecocardiogramma, risonanza magnetica, monitoraggi, ecc.) a seconda della presentazione prevalente.

In Italia questi percorsi richiederanno adattamenti organizzativi. Molti centri già dispongono di unità di terapia intensiva cardiologica (UTIC) e protocolli per l’infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST, ma vanno creati analoghi percorsi per le sindromi infiammatorie cardiache: ad esempio, definire dove fare la RM o la BEM in base al quadro, o come trasferire rapidamente i casi complicati od in alternativa inviare immagini o biopsie per lettura e refertazione esperta.

Vantaggi: il paziente riceve subito esami mirati e terapie appropriate alla presentazione clinica. Un giovane con sospetta pericardite lieve verrà gestito con iter semplificato, mentre chi arriva con aritmie gravi o scompenso viene indirizzato immediatamente alle cure intensive o all’imaging avanzato. Questo riduce ritardi diagnostici e sprechi (meno test inutili nei casi chiari).

Criticità: servono risorse disponibili in tempi brevi: per esempio non tutti gli ospedali periferici hanno RM o laboratorio di Emodinamica ed un patologo pronto per una tempestiva diagnostica con BEM. Serve formazione dei medici di pronto soccorso e di base sui nuovi algoritmi, e una rete di trasferimento efficiente (es. verso centri per l’ossigenazione extracorporea a membrana [ECMO] o con cardiochirurgia) per i casi ad alto rischio secondo un modello “hub and spoke”.

3. PREDISPOSIZIONE GENETICA E AUTOIMMUNITÀ

Il ruolo dei fattori genetici e dei meccanismi immunitari riceve ora forte enfasi. Fino ad ora si pensava alla miocardite e pericardite principalmente come a una sequela di infezioni virali; oggi si riconosce che miocarditi o pericarditi ricorrenti/croniche possono essere favorite o derivare da mutazioni genetiche (es. geni del desmosoma o di malattie autoinfiammatorie), da cardiomiopatie ereditarie o da malattie autoimmuni/autoinfiammatorie (sarcoidosi, lupus, sindromi autoinfiammatorie)6-8. Il documento ESC 2025 raccomanda di considerare test genetici ed eventualmente ricerche reumatologiche selezionate nei giovani con recidive, forme familiari o segni extracardiaci.

In Italia questa visione apre opportunità di cure personalizzate ma comporta sfide organizzative. Esistono già laboratori di genetica cardiaca (cardiomiopatie), che andrebbero estesi ai casi di miocardite/pericardite selezionati. Serve quindi predisporre protocolli per inviare i pazienti appropriati al test genetico (es. giovani con miocardite recidivante), con supporto del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) per i costi elevati e consulenza genetica. Parallelamente va rafforzata la collaborazione con reumatologi/immunologi: team multidisciplinari già attivi in pochi ospedali (inclusi immunologi) dovranno diventare la norma, con percorsi formali (es. consulenze reumatologiche automatiche nei casi più complessi e refrattari).

Vantaggi: è possibile giungere a una diagnosi eziologica precisa in molti casi “idiopatici”, abilitando terapie mirate (immunosoppressori selettivi, farmaci antivirali o altri trattamenti specifici) e screening familiare. Un paziente con mutazione ereditaria può ricevere consigli preventivi per i parenti.

Criticità: i test genetici/immunologici possono generare ansia e dilemmi etici (varianti a significato incerto, impatto familiare). Sarà necessario fornire consulenza dedicata e formare i cardiologi sui principi base di genetica cardiaca. In sostanza, si punta a una cardiologia più personalizzata, ma occorrono reti di centri specialistici e formazione continua per rendere operativi questi strumenti in modo equo.

4. “RED FLAGS” PER I CASI CRITICI

Le nuove linee guida introducono specifici segnali di allarme (“red flags”) per le infiammazioni cardiache (da anamnesi, esame fisico, ECG, imaging multimodale), volti a identificare precocemente i nuovi casi e ad aiutarne una rapida stratificazione del rischio di complicanze. Tra i principali “red flags” ci sono l’instabilità emodinamica grave (ipotensione marcata, shock cardiogeno), aritmie ventricolari maligne o arresti cardiaci rianimati, interessamento extracardiaco multiorgano (segni sistemici come rash, artriti o insufficienza renale, suggerendo malattie come sarcoidosi o vasculiti) e decorso complicato (es. versamento pericardico importante o febbre persistente nonostante la terapia). L’individuazione di uno o più di questi segnali richiede subito un approfondimento diagnostico e l’eventuale trasferimento in centri di cura avanzata (UTIC, centro cardiologico specialistico), con attivazione immediata di interventi salvavita (circolazione extracorporea, drenaggio pericardico, ecc.).

In Italia è essenziale diffondere la conoscenza di questi “red flags” a tutti i livelli. Nei pronto soccorso e nei reparti di emergenza tutti devono riconoscere che un giovane con miocardite e segni di bassa gittata va gestito come caso ad alto rischio (ricovero in UTIC, considerazione di ECMO) e non come un caso lieve. Società come ANMCO e SIC potrebbero distribuire materiali di formazione (check-list, poster in italiano) sui principali segni di allarme.

Vantaggi: riconoscere prontamente un caso grave permette interventi salvavita tempestivi (ECMO, pericardiocentesi urgente, defibrillazione) prima che si instaurino danni irreversibili, migliorando la sopravvivenza e riducendo le complicanze a lungo termine. Inoltre consente di stratificare il rischio in modo razionale: i pazienti senza “red flags” possono evitare accertamenti e ricoveri intensivi inutili.

Criticità: se i criteri di allarme non fossero ben calibrati si rischia un eccesso di falsi positivi, con ricoveri o trasferimenti non necessari. Inoltre, individuare un “red flag” è utile solo se si dispone delle risorse per intervenire: come ad esempio accesso alle assistenze meccaniche di circolo (es. ECMO). In definitiva, i “red flags” devono diventare un utile strumento di allerta e formazione, spingendo a rafforzare le reti di emergenza-urgenza e le dotazioni delle cardiologie per affrontare efficacemente i casi critici.

5. DIAGNOSTICA MULTIMODALE E IMAGING NON INVASIVO

Le linee guida ESC 2025 segnano un cambio di paradigma che riflette la pratica clinica cardiologica contemporanea: la diagnosi di miocardite e pericardite viene orientata verso l’uso intensivo di imaging multimodale invece che la biopsia di routine. In particolare, la RM cardiaca assume un ruolo centrale grazie alla caratterizzazione tissutale (edema, fibrosi) che consente di confermare l’infiammazione miocardica. Un quadro clinico tipico accompagnato da segni di infiammazione alla RM può bastare a diagnosticare la miocardite senza bisogno di biopsia in molti casi non complicati. L’ecocardiografia resta fondamentale per valutare la funzione ventricolare e rilevare versamenti pericardici, mentre la tomografia computerizzata cardiaca viene valorizzata per evidenziare calcificazioni o ispessimenti in caso di sospetta pericardite costrittiva cronica. La novità rispetto al passato è che in precedenza la diagnosi certa richiedeva la BEM come “gold standard” per la diagnosi di certezza; ora una diagnosi di certezza è possibile con una RM cardiaca di buona qualità (criteri aggiornati di Lake Louise) che va però eseguita entro 2 settimane dall’esordio dei sintomi9,10.

In Italia disponiamo di eccellenze in RM cardiaca, ma queste tecnologie sono concentrate nei grandi centri: spesso in emergenza una RM urgente non è possibile negli ospedali più piccoli. Sarà quindi necessario potenziare reti diagnostiche (es. protocolli di trasferimento rapido ai centri hub con RM disponibile) e investire nella diagnostica: più macchine dedicate, fasce orarie riservate per casi urgenti e formazione di nuovi specialisti in imaging cardiovascolare creando maggiore collaborazione tra cardiologi e radiologi. Va anche uniformata l’interpretazione delle RM cardiache secondo i criteri più recenti, per garantire referti omogenei, validi ed efficaci.

Vantaggi: l’imaging multimodale migliora l’accuratezza diagnostica e la sicurezza del paziente, evitando biopsie invasive con i relativi rischi. La RM fornisce inoltre dati prognostici (es. la quantità di fibrosi residua predice il rischio aritmico) e consente di monitorare la guarigione nel follow-up, orientando decisioni come il ritorno allo sport o l’impianto di ICD.

Criticità: percorsi diagnostici basati sull’imaging possono allungare i tempi di degenza e i costi se non organizzati bene (es. attendere alcuni giorni per una RM). Inoltre, eseguire la RM troppo precocemente dopo l’esordio può dare falsi negativi nelle primissime fasi. Sarà cruciale ottimizzare i percorsi (dimettere i pazienti e programmare una RM differita quando opportuno) e garantire formazione continua a cardiologi e radiologi. In sintesi, l’enfasi sull’imaging non invasivo promette diagnosi più rapide e meno rischiose, a condizione di disporre di una rete capillare di diagnostica avanzata e personale adeguatamente formato.

6. RUOLO RIDIMENSIONATO DELLA BIOPSIA ENDOMIOCARDICA

Le nuove raccomandazioni ridimensionano drasticamente l’uso routinario della BEM. Mentre prima le linee guida del 2013 consigliavano di considerarla quasi in tutti i casi di sospetta miocardite dopo aver escluso la coronaropatia4, nel 2025 la BEM è riservata ai casi ad alto rischio o a presentazioni complicate. Ad esempio, indicazioni chiare sono date per i pazienti con shock cardiogeno da miocardite fulminante, aritmie ventricolari maligne persistenti o sospetto di forme particolari (miocardite gigantocellulare, eosinofila, sarcoidosi cardiaca), dove il referto istologico influenzerà direttamente la terapia (immunosoppressione intensa, ecc.). Al contrario, in un giovane con miocardite lieve associata a infezione virale recente e stabilità emodinamica, la biopsia non è raccomandata di routine. Ora l’indicazione alla BEM è molto più selettiva e basata sulla stratificazione del rischio, in linea con la pratica attuale, evitando inutili procedure invasive nei casi semplici.

In Italia l’approccio alla BEM è sempre stato variabile: alcuni centri di riferimento eseguono molte biopsie con patologi specializzati, mentre molte cardiologie periferiche non le fanno quasi mai. Le nuove linee guida riconoscono questa realtà e legittimano un uso selettivo della biopsia, permettendo che i casi lievi vengano gestiti localmente con imaging e terapia medica e riservando l’invio ai centri specializzati solo per i pazienti con forti indicazioni. Ciò ottimizza l’uso delle risorse: i pochi centri abilitati ad eseguire la BEM potranno focalizzarsi sui casi complessi. In compenso, bisogna garantire che quando si rende necessario non si trascuri la biopsia: ciò richiede protocolli di rete chiari (es. accordi di trasferimento rapido). Inoltre, va potenziata la competenza dei patologi sull’analisi delle BEM in pochi centri di riferimento, eventualmente con lettura centralizzata dei campioni.

Vantaggi: riservare la BEM ai pazienti giusti significa evitare esami invasivi superflui, riducendo rischi (anche se bassi) e disagi, senza compromettere la diagnosi grazie all’imaging avanzato. Nei casi complessi, invece, la BEM conferma l’eziologia e guida la terapia: identificare ad esempio una miocardite eosinofila o a cellule giganti orienta subito verso immunosoppressori aggressivi.

Criticità: se da un lato si evitano biopsie inutili, rimane il rischio opposto di non eseguirla quando servirebbe per eccesso di prudenza. Per questo le linee guida non dicono di non eseguire la BEM ma di eseguirla tempestivamente nel paziente giusto fornendo criteri chiari sull’indicazione. Serve inoltre conservare l’esperienza nei centri di riferimento e formare i giovani cardiologi a questi criteri di rischio e come interpretare i risultati dell’imaging e della BEM.

7. ATTIVITÀ FISICA PERSONALIZZATA POST-SINDROME INFIAMMATORIA MIO-PERICARDICA

Le linee guida ESC 2025 modificano radicalmente le raccomandazioni sull’esercizio dopo miocardite/pericardite. Prima vigeva un unico divieto di 3-6 mesi di stop completo, sia per atleti sia per non atleti11,12. Ora si suggerisce un approccio individualizzato: dopo circa 4 settimane dall’episodio acuto il paziente viene rivalutato con esami (ecografia, RM, test da sforzo) e si valuta caso per caso. Se non ci sono segni di infiammazione residua, disfunzione ventricolare o aritmie, può riprendere gradualmente l’attività fisica (anche sportiva) ancor prima dei 3 mesi canonici. Invece, i casi più severi (danno residuo importante o aritmie persistenti) manterranno restrizioni più lunghe.

In Italia questo cambiamento avrà notevoli implicazioni pratiche. Attualmente i protocolli nazionali di idoneità sportiva (COCIS, CONI) impongono ancora 3-6 mesi di sospensione standard dopo miocardite, con rivalutazione successiva12. Le nuove linee guida spingono verso una maggiore flessibilità: per esempio, un atleta con miocardite lieve e rapido recupero potrebbe vedere ridursi il periodo di stop, previa conferma clinica. È fondamentale perciò integrare cardiologi, medici dello sport e riabilitatori: percorsi di cardio-riabilitazione dedicati (esercizio controllato, test da sforzo seriati, monitoraggi ECG) possono supportare un ritorno sicuro e graduale. Anche i medici di base dovranno adattare le raccomandazioni: anziché vietare a prescindere, dovranno spiegare al paziente quanto esercizio moderato sia possibile e utile durante il recupero.

Vantaggi: un ritorno all’attività controllato anticipato migliora l’esito psicofisico del paziente, evitando decondizionamento, ansia e isolamento sociale dovuti a mesi di inattività, soprattutto per i giovani atleti. L’esercizio moderato seguito può addirittura favorire il recupero cardiaco e ridurre lo stress mentale.

Criticità: il principale rischio è un atteggiamento troppo permissivo fuori dai centri specializzati, con riavvii prematuri e possibili ricadute. Per prevenirlo è cruciale che la decisione sia presa da un team esperto (cardiologo, medico dello sport, aritmologo) e seguita da un attento follow-up (Holter, test da sforzo, RM di controllo). L’educazione del paziente a riconoscere eventuali sintomi sospetti durante la ripresa (dolore, palpitazioni) è parte integrante di questo percorso condiviso.

8. TERAPIE DELLA MIOCARDITE (FARMACI, SUPPORTI MECCANICI E DISPOSITIVI)

Le linee guida ESC 2025 delineano un ampio ventaglio di terapie adattate alla gravità della miocardite. Nei casi lievi (dolore toracico con funzione ventricolare conservata) si raccomandano i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e colchicina – un cambiamento rispetto al passato – per controllare i sintomi toracici. Nelle forme con insufficienza cardiaca si applica immediatamente la terapia standard da scompenso (ACE-inibitori/antagonisti recettoriali dell’angiotensina, beta-bloccanti, antagonisti del recettore dei mineralcorticoidi). Le aritmie maligne vengono trattate con antiaritmici (es. amiodarone) e ablazione se necessario; l’impianto di ICD definitivo viene posticipato alla fase di follow-up, proteggendo eventualmente il paziente con dispositivi indossabili temporanei.

Un altro elemento innovativo è l’uso di terapie eziologiche mirate nelle forme complesse: nelle miocarditi autoimmuni o da farmaci oncologici si ricorre subito a immunosoppressori sistemici, in casi selezionati con infezione virale complicata e documentata si può considerare la terapia antivirale, mentre nelle miocarditi complicate (gigantocellulare, eosinofila, sarcoidosi) la terapia è guidata dai risultati della BEM. Per le miocarditi da sarcoidosi si adottano dosi elevate di corticosteroidi. Per le miocarditi fulminanti è enfatizzato il ricorso immediato a supporti meccanici (ECMO, assistenza ventricolare con Impella o contropulsatore aortico) come ponte al recupero; in caso di danno irreversibile si considera il trapianto cardiaco.

In Italia farmaci come FANS, colchicina e terapie per lo scompenso sono facilmente accessibili. La criticità principale riguarda i supporti meccanici: ECMO e Impella sono disponibili solo in pochi centri di riferimento, quindi è cruciale rafforzare le reti di trasferimento per i casi di shock cardiogeno. Gli ICD sono coperti dal SSN, ma è importante includere questi pazienti nei programmi di follow-up dello scompenso per valutare tempestivamente l’indicazione.

Vantaggi: questo approccio integrato massimizza le cure su misura: i pazienti lievi evitano farmaci invasivi non necessari, mentre quelli critici ottengono interventi salvavita tempestivi (es. l’attivazione rapida dell’ECMO può ridurre drasticamente la mortalità nella miocardite fulminante).

Criticità: il successo dipende dalle risorse e competenze a disposizione. Un ospedale privo di ECMO o dispositivi avanzati non potrà applicare appieno le raccomandazioni e la molteplicità di opzioni può portare a variabilità di gestione (alcuni medici potrebbero sottoutilizzare le terapie avanzate per inesperienza). Servono quindi formazione mirata, fellowship nei centri specializzati e linee guida operative o protocolli condivisi per uniformare le decisioni terapeutiche e favorire un modello “hub and spoke” ove necessario.

9. TERAPIE DELLA PERICARDITE (INCLUSI GLI ANTAGONISTI DELL’INTERLEUCHINA-1)

Le linee guida ESC 2025 apportano aggiornamenti rilevanti al trattamento delle pericarditi, soprattutto nelle forme recidivanti e resistenti. FANS e colchicina restano la terapia di prima linea (con gastroprotezione e uso prudente di steroidi a dosi medio-basse con “tapering” lento in casi selezionati come malattie immunomediate, forme postpericardiotomiche o dopo il fallimento di FANS e colchicina), ma la vera novità è la raccomandazione di classe I, livello di evidenza A – per la prima volta – di usare gli antagonisti del’interleuchina (IL)-1 (anakinra, rilonacept) nelle pericarditi ricorrenti o cortico-dipendenti che non rispondono alle terapie convenzionali13,14. Si tratta di un cambio di paradigma rispetto al 2015, dove questi farmaci erano citati solo come opzione di terza linea e con raccomandazione debole. Ora, nei pazienti multi-trattati che continuano a recidivare, l’anakinra viene indicato per arrestare la malattia in remissione (il rilonacept non è disponibile in Italia, ma l’anakinra sì, e il suo uso verrà facilitato da queste linee guida).

In Italia questa novità avrà forte impatto: legittima e diffonde una terapia già testata da gruppi nazionali e possibile con prescrizione a carico del SSN15,16. Con le linee guida a supporto, sarà più semplice ottenere approvazione e rimborso per anakinra nei casi giusti. Gli ospedali dovranno predisporre protocolli per l’uso del farmaco (somministrazione sottocutanea quotidiana e monitoraggio degli effetti collaterali come infezioni o alterazioni ematiche) e coinvolgere reumatologi/immunologi, visto che l’anakinra è originariamente impiegato in patologie reumatologiche.

Vantaggi: per i pazienti con pericardite recidivante severa gli antagonisti dell’IL-1 rappresentano una svolta: possono indurre remissione anche nei casi cronici che portavano ad un lungo calvario di ricadute e terapia cronica con cortisone (con relativi danni). L’uso di anakinra riduce drasticamente i sintomi, previene complicanze come la pericardite costrittiva e permette di sospendere i cortisonici.

Criticità: la principale criticità è il costo più elevato dei farmaci biologici rispetto alle terapie tradizionali. Per questo sarà importante applicare rigidamente i criteri di appropriatezza: usare anti-IL-1 solo nei casi refrattari al trattamento standard.

10. GESTIONE MULTIDISCIPLINARE INTEGRATA

Infine, le linee guida ESC 2025 sottolineano con forza l’importanza di un approccio multidisciplinare. Si raccomanda che ogni paziente con miocardite o pericardite complessa sia seguito da un team integrato di specialisti: cardiologi (inclusi aritmologi, esperti di scompenso e di imaging), infettivologi, reumatologi/immunologi, anatomopatologi cardiaci, genetisti e cardiochirurghi. In altre parole, la cura deve essere coordinata come in un vero “Heart Team dell’infiammazione cardiaca”.

In Italia esistono già modelli virtuosi di Heart Team per altre patologie (es. valvulopatie, scompenso avanzato) e alcuni centri altamente specializzati attivano collaborazioni con reumatologi per i casi di pericardite complessa. Tuttavia, il quadro nazionale è eterogeneo: molti pazienti con recidive finiscono per consultare autonomamente cardiologi, reumatologi e altri specialisti in ambulatorio, con il rischio di indicazioni discordanti. Le linee guida ESC invitano a formalizzare percorsi dedicati (ambulatori integrati, tavoli multidisciplinari periodici nei centri hub) dove i casi complessi vengano discussi insieme. Nel percorso integrato si coinvolge anche il paziente nelle decisioni (shared decision-making) e si integrano figure di supporto (riabilitatori, psicologi, infermieri specialisti).

Vantaggi: il paziente beneficia di competenze specialistiche coordinate: ogni aspetto della malattia viene gestito dall’esperto più competente, riducendo il rischio di diagnosi mancate o errate. Un team coeso evita il “pellegrinaggio” del paziente tra più medici con possibili messaggi contrastanti ed elabora un piano di cura unico e condiviso, aumentando aderenza e fiducia. Inoltre, l’approccio integrato include anche componenti di supporto (riabilitazione cardiologica, supporto psicologico, consigli sullo stile di vita), favorendo un’assistenza olistica.

Criticità: organizzare riunioni di più specialisti richiede tempo e risorse, un impegno non banale in epoca di carenza di personale. Serve il sostegno delle direzioni sanitarie e linee guida locali (es. percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali regionali) per formalizzare questi team. Nel breve termine può sembrare più oneroso (più consulti, più esami), ma nel lungo termine un approccio integrato può essere costo-efficace (riduce ricoveri ripetuti e terapie inutili). Complessivamente, senza un’organizzazione multidisciplinare sarebbe difficile applicare in modo ottimale tutte le innovazioni diagnostiche e terapeutiche introdotte, che poggiano su competenze diverse.

CONCLUSIONI

Le linee guida ESC 2025 su miocardite e pericardite tracciano una nuova via verso una gestione più personalizzata, tempestiva, unitaria e collaborativa di queste malattie. In Italia l’implementazione di queste novità rappresenta sia una sfida sia un’opportunità ma trova un terreno già predisposto17. Il SSN dovrà potenziare le reti di centri di riferimento (in particolare per RM cardiaca, BEM e assistenza meccanica) e investire in formazione multidisciplinare. Occorrerà assicurare l’accesso uniforme a diagnostica avanzata e farmaci innovativi (biologici e antivirali) superando le disuguaglianze territoriali. Il forte contributo italiano nella ricerca su miocardite e pericardite pone però il nostro Paese in posizione favorevole per adottare rapidamente le nuove raccomandazioni.

I benefici attesi sono molteplici: diagnosi più precoci e accurate, terapie su misura, riduzione delle procedure invasive non necessarie e un ritorno più sicuro alla vita quotidiana, sportiva e lavorativa per molti malati. In prospettiva futura, la gestione integrata secondo queste linee guida apre la strada a registri dedicati e ricerca traslazionale. L’obiettivo finale è realizzare cure sempre più efficaci e umanizzate, migliorando in concreto la prognosi e la qualità di vita delle persone colpite da miocardite e pericardite.

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