In questo numero

questioni aperte




Il futuro dell’amiloidosi cardiaca è qui...

Sebbene accada spesso in ambito cardiologico, è sempre emozionante vedere come in alcune patologie nel giro di pochi anni si modifichino gli orizzonti sia diagnostici che terapeutici. L’amiloidosi cardiaca non si sottrae a questo gloriosa storia. Infatti dopo anni di stallo, nell’ultimo periodo stiamo osservando una crescita esponenziale di innovazioni e scoperte in ambito diagnostico e soprattutto terapeutico. In questo numero del Giornale Aldostefano Porcari et al., in rappresentanza della Rete Italiana dell’Amiloidosi Cardiaca e in memoria del sempre compianto Prof. Claudio Rapezzi, provano a indicare le strade che percorreremo a breve nella diagnostica e nel trattamento della patologia. È incredibile come recenti scoperte siano già superate e come si stiano sempre più moltiplicando le opzioni terapeutiche. •

rassegne




Terapia della fibrosi cardiaca

La fibrosi cardiaca è caratterizzata dall’accumulo, tra i miociti, di proteine derivate dal collagene di tipo I e III. Si tratta ovviamente di un processo presente in numerose condizioni come l’ipertensione arteriosa, lo scompenso cardiaco, la fibrosi polmonare idiopatica e la sclerosi sistemica. La differenziazione in mio-fibroblasti dei fibroblasti interstiziali sembra essere uno dei meccanismi alla base della progressiva fibrosi. Come è noto, la fibrosi può scatenare numerose complicanze aritmiche e meccaniche. Paolo Morfino et al. presentano una dettagliata rassegna sui possibili approcci farmacologici in chiave anti-fibrotica. I risultati complessivi sono stati, finora, piuttosto deludenti. Una nuova possibilità potrebbe essere rappresentata dall’uso delle “chimeric antigen receptor T cells” ingegnerizzate in vivo mediante particelle contenenti mRNA codificante per un recettore inibente una proteina attivatrice dei fibroblasti. Questo approccio è risultato promettente in studi animali e andrà testato nell’uomo. •




Non tutto il tessuto adiposo vien per nuocere… o forse sì!

Come cardiologi siamo cresciuti con il chiaro concetto dell’impatto prognostico negativo del tessuto adiposo. Abbiamo ben presto imparato a differenziare massa magra e massa grassa, adiposità centrale e non, grasso viscerale e non. Tutte informazioni importanti per la stratificazione prognostica del nostro paziente e per convincerlo con maggiore energia nel perseguire dieta, regolare attività fisica e soprattutto uno scrupoloso controllo dei valori di colesterolo LDL e pressione arteriosa. L’esplosione dell’imaging cardiovascolare avanzato (tomografia computerizzata e risonanza magnetica cardiaca) ora ci introducono una nuova entità legata al tessuto adiposo e anch’essa importante per la stratificazione dei nostri pazienti. In questa rassegna Marco Micillo et al. discutono le recenti evidenze del tessuto adiposo epicardico. Il ruolo fisiopatologico, come identificarlo e soprattutto perché è importante e come potremmo modularlo con le nostre terapie farmacologiche. •




La placca coronarica ad alto rischio: come riconoscerla e trattarla

Lo sviluppo di metodiche di imaging sempre più sofisticate e sensibili ha portato alla possibilità di identificare le placche coronariche associate ad un più alto rischio di determinare eventi clinici acuti. Sulla base di questa premessa, nella rassegna di Dario Formigli et al. viene focalizzata l’attenzione sulle metodiche di imaging attualmente disponibili in grado di riconoscere le placche aterosclerotiche a più alto rischio. Dopo aver riportato le caratteristiche anatomo-patologiche delle placche ad alto rischio, gli autori descrivono i criteri che permettono di riconoscere queste placche mediante angio-tomografia computerizzata coronarica e mediante metodiche di imaging intracoronarico, come l’ecografia intracoronarica, la tomografia a coerenza ottica e la spettroscopia nel vicino infrarosso, sottolineando la necessità di integrare i dati ottenuti attraverso l’impiego delle differenti indagini. La rassegna discute, inoltre, i risultati di alcuni studi clinici che hanno valutato il trattamento precoce di tali placche mediante rivascolarizzazione percutanea. Infine, vengono riportate indicazioni pratiche per l’identificazione delle placche e proposti differenti algoritmi gestionali sulla base della presenza o meno di sintomi. •




Aiuto, aiuto, non respiro!

Questa invocazione non è infrequente in UTIC perché l’insufficienza respiratoria acuta è forse la complicanza che accade più spesso in questi reparti. La sua gestione è sempre stata complicata per il cardiologo che, storicamente, ha affidato ai rianimatori la cura delle vie aeree e la scelta del miglior supporto respiratorio. Carlotta Sorini Dini et al., grazie ad una revisione molto attenta dei diversi supporti respiratori, delle loro indicazioni e delle difficoltà gestionali che implicano, ci aiutano a districarci nella difficile scelta della protesi respiratoria discutendone in modo dettagliato. Certamente un’utile guida per ogni cardiologo disposto ad avvicinare le proprie competenze a quelle dell’intensivista. •

caso clinico




La sindrome coronarica acuta come Giano bifronte

La sindrome acuta derivante dalla dissezione coronarica spontanea (SCAD) e la sindrome Takotsubo (TTS) sono due entità patologiche di natura “non aterosclerotica” che possono presentarsi con quadro clinico di sindrome coronarica acuta. Siamo abituati ad imbatterci in una delle due manifestazioni cliniche separatamente. Mai dire mai però… In questo caso clinico, infatti, Pierluigi Demola et al. ci propongono una presentazione di sindrome coronarica acuta in doppia veste: una presentazione con sopraslivellamento del tratto ST, dapprima inquadrata come SCAD per le caratteristiche angiografiche, poi però “arricchita” da caratteristiche elettrocardiografiche e di imaging più compatibili con TTS. Un caso abbastanza inusuale e molto interessante anche a livello speculativo: infatti gli autori si interrogano sui possibili rapporti di coesistenza piuttosto che di causa-effetto che possono legare i due fenomeni clinici. •

position paper




Infezioni dei dispositivi: prevenzione, rischio, diagnosi e trattamento

Il progressivo incremento del numero di impianti di dispositivi elettronici cardiaci, quali pacemaker, defibrillatori e sistemi di resincronizzazione, ha garantito indubbi vantaggi prognostici e sintomatologici ai pazienti. Tuttavia, il prezzo da pagare è stato un parallelo aumento delle infezioni, con un’incidenza stimata tra l’1% e il 4%. Tale emergente, spiacevole e spesso grave complicanza si associa oltre ad un aumento degli oneri finanziari sanitari per una prolungata degenza e per le terapie collegate, anche ad un’elevata mortalità a distanza. Questo position paper AIAC, coordinato da Ennio Carmine Pisanò, ci fornisce un dettagliato aggiornamento della problematica, indicando le strategie più efficaci da utilizzare sia riguardo alla valutazione preliminare del rischio per infezioni correlato al dispositivo, sia ai percorsi decisionali che gli operatori devono strettamente rispettare ed applicare nel prevenire, diagnosticare e gestire tale complicanza. •




Terapie anti-ischemiche nei pazienti con sindrome coronarica cronica

Le ultime linee guida della Società Europea di Cardiologia, oltre a ridefinire la cardiopatia ischemica cronica e ad evidenziare i fenotipi clinici che la caratterizzano, hanno puntualizzato il ruolo della terapia medica ottimale, definita come una terapia in grado di prevenire gli eventi e controllare i sintomi. Mentre sulle strategie farmacologiche in grado di ridurre gli eventi cardiovascolari avversi ci sono ormai certezze grazie ai trial clinici condotti negli ultimi anni, rimane controversa la definizione di quali farmaci utilizzare e con quali priorità nel trattamento dei sintomi anginosi. Questo position paper ANMCO di Carmine Riccio et al., dopo una riesamina sulla definizione di angina e sull’epidemiologia delle sindromi coronariche croniche, nonché un’attenta rivalutazione delle evidenze scientifiche sui singoli preparati e sui dati provenienti dal mondo reale italiano, propone una flow-chart che, in base alle specifiche caratteristiche cliniche del paziente, identifica la terapia per la quale vi sono più evidenze scientifiche a supporto, nella direzione dell’auspicata “medicina di precisione”. •




Inclisiran: la gestione innovativa dell’ipercolesterolemia

Nel campo della prevenzione cardiovascolare ed in particolare della gestione delle dislipidemie, nel corso dell’ultimo decennio la ricerca scientifica ha consentito lo sviluppo di numerosi nuovi agenti terapeutici. Tra questi, l’inclisiran, un nuovo agente per il trattamento dell’ipercolesterolemia, consente un approccio del tutto innovativo mirato al silenziamento genico. Questo position paper ANMCO di Stefania Angela Di Fusco et al. analizza in maniera sintetica il meccanismo d’azione di questo nuovo farmaco e ne esamina le caratteristiche farmacocinetiche. Il documento sintetizza, inoltre, i risultati dei principali studi clinici che hanno testato l’inclisiran e ne hanno dimostrato l’efficacia, in termini di significativa riduzione dei livelli plasmatici di colesterolo LDL, e la buona tollerabilità. In aggiunta, l’articolo porta all’attenzione del lettore le indicazioni e le raccomandazioni delle autorità regolatorie internazionali e nazionali, le modalità di impiego del farmaco e discute in maniera circostanziata il possibile posizionamento terapeutico nell’ambito del ricco armamentario attualmente disponibile per la gestione dell’ipercolesterolemia. •

imaging integrato
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Cardiomiopatia aritmogena sinistra: al di là della risonanza magnetica

Partendo dal sospetto clinico e dall’ECG, vengono utilizzate in modo sequenziale diverse metodiche di imaging cardiovascolare, evidenziando per ciascuna di esse i pro, i contro e il valore aggiunto nello specifico caso clinico, fino a giungere alla diagnosi corretta e al trattamento più appropriato. •