ANMCO Expert opinion: Posizionamento terapeutico dell’acido bempedoico nel trattamento dell’ipercolesterolemia

Stefania Angela Di Fusco1, Stefano Aquilani1, Antonella Spinelli1, Alessandro Alonzo1, Lorenzo Castello1, Pasquale Caldarola2, Leonardo De Luca3, Carmine Riccio4, Michele Massimo Gulizia5, Domenico Gabrielli3,6, Fabrizio Oliva7, Furio Colivicchi1

1U.O.C. Cardiologia Clinica e Riabilitativa, Presidio Ospedaliero San Filippo Neri - ASL Roma 1, Roma

2U.O. Cardiologia-UTIC, Ospedale San Paolo, Bari

3U.O.C. Cardiologia, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, Roma

4U.O.S.D. Follow up del Paziente Post-Acuto, Dipartimento Cardiovascolare, A.O.R.N. Sant’Anna e San Sebastiano, Caserta

5U.O.C. Cardiologia, Ospedale Garibaldi-Nesima, Azienda di Rilievo Nazionale e Alta Specializzazione “Garibaldi”, Catania

6Fondazione per il Tuo cuore - Heart Care Foundation, Firenze

7Cardiologia 1-Emodinamica, Dipartimento Cardiotoracovascolare “A. De Gasperis”, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano

Growing evidence supporting the central role of hypercholesterolemia in atherosclerotic disease pathogenesis and progression has led to the development of new therapeutic approaches. Bempedoic acid has recently been approved for marketing following several studies that demonstrated its efficacy and safety. This drug represents a new therapeutic option that, like statins, acts on the enzymatic cascade that is involved in cholesterol synthesis. However, its hepatic selectivity of action reduces the risk of muscle adverse effects. This ANMCO document highlights clinical settings in which bempedoic acid represents a particularly useful therapeutic option. Furthermore, the document discusses the possibilities of use based on both international recommendations and current national regulations. Finally, we report practical guidance on hypercholesterolemia management in light of the available therapeutic armamentarium.

Key words. Atherosclerosis; Bempedoic acid; Dyslipidemia; Hypercholesterolemia; Prevention.

PANORAMA DEL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELL’IPERCOLESTEROLEMIA

Nell’ultimo decennio, il grande fermento della ricerca scientifica in ambito cardiovascolare ha consentito lo sviluppo e l’introduzione nella pratica clinica di nuovi approcci terapeutici per il trattamento dell’ipercolesterolemia, i quali si vanno ad affiancare alle statine e all’ezetimibe. Parallelamente, in merito alla gestione del rischio cardiovascolare aterosclerotico correlato ai livelli plasmatici di colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (C-LDL), sempre maggiori evidenze supportano il concetto “the earlier, the lower, and the longer, the better”1.

In considerazione della comprovata efficacia, basso costo, disponibilità su vasta scala, e in accordo con le linee guida internazionali, le statine, in uso da oltre 30 anni, restano il trattamento farmacologico di prima linea per la gestione delle dislipidemie sia in prevenzione primaria che secondaria2,3. Quando il trattamento con statina non consente il raggiungimento del target terapeutico, l’impiego di ezetimibe è stato dimostrato avere un effetto additivo in termini di riduzione dei livelli di C-LDL e di eventi cardiovascolari4. Con l’obiettivo di portare a e mantenere nel tempo i target terapeutici raccomandati sulla base di robuste evidenze scientifiche, sono state sviluppate ulteriori opzioni terapeutiche. L’individuazione della proproteina della convertasi subtilisina/kexina di tipo 9 (PCSK9) come induttore della degradazione del recettore per le LDL, con un ruolo chiave nell’omeostasi del C-LDL, ha portato all’impiego di anticorpi monoclonali (evolocumab e alirocumab) diretti contro PCSK9, i quali somministrati sottocute 2 volte al mese si sono dimostrati essere potenti agenti per la riduzione del C-LDL e del rischio cardiovascolare ad esso correlato5,6. L’elevato costo e le conseguenti limitazioni per la rimborsabilità del trattamento con evolocumab e alirocumab sono alla base di un impiego non estensivo di tali farmaci. Un ulteriore passo avanti è stato fatto con lo sviluppo di un approccio basato sul silenziamento genico di PCSK9. L’inclisiran, andando ad interferire con la sintesi di PCSK9, consente di ottenere una riduzione dei livelli di C-LDL simile a quella degli anticorpi monoclonali. Dati relativi all’impatto sugli eventi cardiovascolari non sono ancora disponibili. Un’ulteriore opzione terapeutica che va a colmare il bisogno clinico di un trattamento mirato alla riduzione del C-LDL, utilizzabile su larga scala con costi più contenuti e di facile somministrazione, è rappresentata dall’acido bempedoico7. Si tratta di una piccola molecola a somministrazione orale che agisce sulla stessa cascata enzimatica target delle statine andando ad inibire una tappa a monte rispetto a quella mediata dall’idrossi-metil-glutaril-coenzima A. L’acido bempedoico è un profarmaco che viene convertito nel metabolita attivo, acido bempedoico-coenzima A, esclusivamente a livello epatico. Questa caratteristica lo differenzia sostanzialmente dalle statine, che invece inibiscono la sintesi di colesterolo anche a livello muscolare, e comporta un ridotto rischio di sintomi muscolari che, invece, sono riportati con una certa frequenza dai pazienti trattati con statine. Alla luce dei risultati positivi dello studio CLEAR Outcomes (NCT02993406) che, oltre a confermare l’efficacia in termini di riduzione dei livelli di C-LDL, ha dimostrato una riduzione degli eventi avversi maggiori8, il presente documento dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) illustra i principali scenari clinici in cui l’impiego del trattamento con acido bempedoico rappresenta un’opzione terapeutica particolarmente utile per la gestione del rischio cardiovascolare associato all’ipercolesterolemia. Inoltre, vengono riportate le attuali indicazioni all’uso dell’acido bempedoico sulla base di raccomandazioni internazionali e delle normative stabilite dalle autorità regolatorie nazionali. Infine, viene sintetizzata la posizione di un gruppo di esperti dell’ANMCO in merito alla modalità di gestione dell’ipercolesterolemia alla luce dell’ampliato armamentario terapeutico.

ACIDO BEMPEDOICO: IN QUALI PAZIENTI

I pazienti post-sindrome coronarica acuta (SCA), i pazienti con diabete mellito, i soggetti più anziani e quelli con ipercolesterolemia familiare (FH) hanno un rischio cardiovascolare aumentato. Considerando che le ultime linee guida sulla gestione dei pazienti con dislipidemia hanno reso i target dei pazienti a rischio alto e molto alto ancora più difficili da raggiungere, in questi specifici contesti l’acido bempedoico, terapia addizionale rispetto a statine ed ezetimibe, maneggevole e ben tollerata, può facilitare il raggiungimento degli obiettivi terapeutici raccomandati.

Pazienti post-sindrome coronarica acuta

I pazienti che hanno avuto una SCA hanno un rischio di eventi cardiovascolari, ed in particolare di nuovo evento coronarico, significativamente aumentato. Poiché l’ipercolesterolemia riveste un ruolo chiave nello sviluppo e nella progressione delle placche aterosclerotiche, la terapia ipolipemizzante rappresenta una misura terapeutica fondamentale nella prevenzione secondaria post-SCA. Nonostante i dimostrati benefici di un’appropriata terapia ipolipemizzante post-SCA, l’ottenimento dei target terapeutici risulta subottimale in una significativa proporzione di pazienti post-SCA9,10. Diversi motivi sono alla base del mancato raggiungimento dei target, tra cui la percezione di effetti avversi, il ricorso a regimi terapeutici complessi, l’insufficiente informazione del paziente e le limitazioni alla rimborsabilità di alcuni trattamenti. In accordo con le linee guida, la gestione farmacologica in questi pazienti prevede il ricorso alle statine ad alta intensità e l’associazione ad ezetimibe qualora la sola statina al massimo dosaggio tollerato non sia sufficiente. D’altro canto, vista la difficoltà da parte di una percentuale consistente dei pazienti a mantenere statine ad alta intensità nel medio-lungo termine, l’acido bempedoico può essere considerato un farmaco di terzo livello prima di passare all’impiego di inibitori della PCSK9 (PCSK9-i). Il passaggio successivo in caso di mancato raggiungimento dei target terapeutici (riduzione del C-LDL di almeno il 50% con valori target <55 mg/dl o 40 mg/dl in caso di due o più eventi cardiovascolari nei 2 anni precedenti, target indicati dalle linee guida della Società Europea di Cardiologia/Società Europea dell’Aterosclerosi [ESC/EAS]) consiste nell’impiego degli anticorpi monoclonali anti-PCSK9. Ancora una volta, però, le limitazioni legate a rimborsabilità (età >80 anni o C-LDL >70 mg/dl) e al ristretto numero di centri abilitati alla prescrizione di tali farmaci non ne consentono l’impiego in una porzione di pazienti post-SCA. Nella pratica clinica, laddove non è possibile l’accesso al trattamento con PCSK9-i, l’acido bempedoico rappresenta un’importante possibilità terapeutica anche per la disponibilità di una formulazione precostituita in combinazione con l’ezetimibe. Al fine di raggiungere più rapidamente il target terapeutico, per i pazienti ad alto rischio come quelli post-SCA, si propone un algoritmo semplificato che prevede l’impiego fin da subito della combinazione statina ad alta efficacia ed ezetimibe, e l’aggiunta di PCSK9-i o acido bempedoico come secondo passaggio (Figura 1), considerando l’uso di formulazioni con più farmaci combinati a dose fissa per aumentare l’aderenza al trattamento semplificando il regime terapeutico.




Pazienti con diabete mellito

Le malattie cardiovascolari rappresentano la causa principale di morbilità e mortalità nei pazienti con diabete mellito. Sebbene le linee guida internazionali di differenti società scientifiche indicano differenti target di C-LDL, in generale queste sono concordi nel raccomandare nei pazienti con diabete mellito un trattamento intensivo al fine di ridurre il rischio cardiovascolare correlato all’ipercolesterolemia11. Studi preclinici hanno riportato un potenziale effetto favorevole dell’acido bempedoico sul metabolismo glucidico12. Una analisi post-hoc di dati aggregati di pazienti di 4 studi clinici randomizzati ha evidenziato che l’acido bempedoico non peggiorava i parametri glicemici né aumentava l’incidenza di diabete mellito di nuova insorgenza. In particolare nei pazienti con diabete e pre-diabete il trattamento con acido bempedoico se confrontato con il placebo riduceva in maniera significativa i livelli di emoglobina glicata (-0.12% e -0.06%, rispettivamente) e non peggiorava i livelli di glicemia a digiuno13. Globalmente, sulla base dei dati finora disponibili i pazienti con più alto rischio di sviluppare diabete, ad esempio quelli con alterata glicemia a digiuno, e quelli già affetti da diabete mellito di tipo 2 potrebbero giovarsi maggiormente del trattamento con acido bempedoico per la gestione dell’ipercolesterolemia. D’altro canto, anche se vi sono evidenze che il trattamento con statine è associato ad un rischio, durata e dose-dipendente, di iperglicemia/diabete mellito di nuova insorgenza, rischio che è maggiore negli anziani, poiché il beneficio legato alla riduzione degli eventi cardiovascolari è superiore al rischio correlato alla potenziale insorgenza di diabete14, ad oggi questi farmaci restano la prima opzione terapeutica indipendentemente dalla presenza o meno di diabete e dal profilo glicemico del paziente.

Pazienti anziani

Il rischio cardiovascolare aumenta con l’età, per cui nei pazienti anziani i trattamenti preventivi, come la terapia ipolipemizzante, hanno benefici, in termini di riduzione degli eventi cardiovascolari, potenzialmente anche maggiori rispetto ad individui più giovani15. Da qui l’importanza di implementare strategie di prevenzione anche nei pazienti anziani. D’altro canto, a causa della frequente coesistenza di comorbilità, la gestione dell’ipercolesterolemia in questo gruppo di pazienti richiede un approccio personalizzato16 che tenga conto non solo del rischio aterosclerotico ma anche di altri fattori come i trattamenti concomitanti e la modificata farmacocinetica/farmacodinamica. In effetti, condizioni comuni nei pazienti anziani, quali il basso peso corporeo, la malattia renale cronica, l’ipotiroidismo e la politerapia, sono tutti fattori che predispongono ad un aumentato rischio di eventi avversi in corso di trattamento con statine. Nei pazienti anziani, infatti, le linee guida suggeriscono di prendere in considerazione l’impiego di statine a bassa intensità3. L’utilizzo di basse dosi di statina insieme all’acido bempedoico consentirebbe una riduzione in termini percentuali di C-LDL analoga se non superiore rispetto a quadruplicare la dose della stessa statina, riducendo l’insorgenza di eventi avversi correlati all’utilizzo di alte dosi di statina17. Infatti, a differenza delle statine, l’acido bempedoico è un profarmaco attivato solo a livello epatico e non metabolizzato dal citocromo P450, due caratteristiche che conferiscono un ridotto rischio di effetti avversi a livello muscolare e di interazioni farmacologiche. I 4 studi clinici del programma CLEAR mirato alla valutazione dell’acido bempedoico in diversi contesti, e di cui sono stati pubblicati i risultati, hanno arruolato complessivamente 3621 pazienti di cui 2098 (58%) con età ≥65 anni e 571 (17%) con età ≥75 anni18, e forniscono dunque dati relativi ad efficacia e sicurezza anche in questi pazienti. Nella pratica clinica bisogna, inoltre, considerare che sulla base delle indicazioni regolatorie dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) la prescrivibilità e rimborsabilità degli anticorpi monoclonali anti-PCSK9 non sono consentite per i pazienti di età >80 anni, per cui in tali pazienti l’acido bempedoico rappresenta un’importante opzione terapeutica additiva quando la statina al massimo dosaggio tollerato in combinazione con ezetimibe non consente di raggiungere il target raccomandato (Figura 2)19,20.




Pazienti con ipercolesterolemia familiare

In considerazione degli elevati valori di colesterolemia cui fin dalla giovane età sono esposti, i pazienti con FH rappresentano una popolazione non semplice da trattare. Si tratta di pazienti che in assenza di malattia cardiovascolare hanno un rischio cardiovascolare alto e quindi, in accordo con le linee guida ESC/EAS, con target di C-LDL <70 mg/dl. Il rischio di eventi è, invece, molto alto se già affetti da malattia cardiovascolare (target C-LDL <50 mg/dl e riduzione del 50%). Dati provenienti dal mondo reale hanno però evidenziato che fino al 60% dei pazienti affetti da FH non raggiunge i target lipidici raccomandati nonostante il trattamento con statine ad alta intensità in associazione ad ezetimibe e PCSK9-i. In merito all’impiego dell’acido bempedoico gli studi clinici finora disponibili hanno dimostrato un’efficacia simile, in termini di riduzione dei livelli di C-LDL, nei pazienti con e senza FH eterozigote (-22% e -18%, rispettivamente)21. Il trattamento con acido bempedoico può, quindi, essere considerato un’utile opzione terapeutica aggiuntiva.

Pazienti intolleranti alle statine

Sebbene studi clinici randomizzati abbiano coerentemente dimostrato che le statine sono dei farmaci in genere ben tollerati, i dati provenienti dal mondo reale hanno evidenziato che fino al 10% dei pazienti trattati con statine sospendono o modificano il trattamento per sintomi attribuiti alle statine, per lo più dolori muscolari non associati ad incremento delle concentrazioni plasmatiche della creatinchinasi22. In effetti, in corso di trattamento con statine i sintomi muscolari sono la causa più comune di scarsa aderenza/persistenza terapeutica. Studi osservazionali hanno dimostrato che la scarsa aderenza al trattamento con statine ed il conseguente mancato raggiungimento dei target terapeutici sono associati ad un significativo incremento di eventi avversi23. Nella pratica clinica, dunque, l’implementazione della strategia terapeutica con statine deve considerare l’effettiva sostenibilità clinica del trattamento privilegiando le molecole con più basso rischio di effetti indesiderati e maggiore probabilità di aderenza nel medio-lungo termine24. Poiché la trasformazione enzimatica dell’acido bempedoico da profarmaco a metabolita attivo è mediata da un enzima espresso in maniera selettiva a livello epatico, il rischio di eventi avversi muscolari associato al trattamento con acido bempedoico è inferiore rispetto a quello correlato al trattamento con statine. Quando impiegato in pazienti con intolleranza ad almeno una statina, l’acido bempedoico somministrato a dosi crescenti fino a 240 mg/die ha ridotto i livelli di C-LDL di circa il 29% con un’incidenza di sintomi muscolari simile a quella riportata nel gruppo trattato con placebo25. A seguire l’acido bempedoico è stato testato in due studi (CLEAR Serenity e CLEAR Tranquility) che hanno incluso globalmente 614 pazienti con ipercolesterolemia e intolleranti alle statine. In questi studi, l’incidenza di effetti collaterali muscolari è risultata simile tra i pazienti trattati con acido bempedoico e quelli trattati con placebo26,27. In un altro studio di fase 3 che ha valutato la combinazione a dose fissa di acido bempedoico con ezetimibe vs placebo, nei pazienti che non assumevano statina per intolleranza (oltre il 30% della popolazione studiata) si è osservata una riduzione dei livelli di C-LDL del 39%28.

Più recentemente è stato concluso lo studio clinico di fase 3 CLEAR Outcomes che ha incluso oltre 14 000 pazienti con o ad alto rischio di sviluppare una malattia cardiovascolare e documentata intolleranza alle statine29. Quest’ultima è definita come l’incapacità a tollerare almeno due statine a qualsiasi dosaggio o una sola statina e volontà del paziente o consiglio del medico di non tentare l’assunzione di una seconda statina. In attesa della pubblicazione dei risultati completi dello studio, i ricercatori hanno recentemente comunicato che è stato raggiunto l’endpoint primario di riduzione significativa degli eventi avversi cardiovascolari maggiori nei pazienti trattati con acido bempedoico rispetto a quelli trattati con placebo8.

Un documento della National Lipid Association ha recentemente aggiornato la definizione di intolleranza come la comparsa di uno o più eventi avversi associati alla terapia con statina e che si risolvono o migliorano con la riduzione della dose o la sospensione del trattamento30. Inoltre, l’intolleranza viene distinta in intolleranza completa, in caso di impossibilità a tollerare qualsiasi dose, e parziale in caso di impossibilità a tollerare la dose necessaria per raggiungere il target terapeutico proprio raccomandato sulla base delle caratteristiche del singolo paziente. Nei pazienti con intolleranza completa o parziale alle statine è consigliato l’impiego di farmaci non statinici con provata efficacia sia in termini di riduzione dei livelli di C-LDL che di eventi cardiovascolari. I risultati dello studio CLEAR Outcomes, condotto proprio in pazienti intolleranti alle statine, forniscono dunque un’importante evidenza a favore dell’impiego dell’acido bempedoico in questa popolazione di pazienti.

EFFICACIA DELL’ACIDO BEMPEDOICO: DALLE EVIDENZE ALLE ATTUALI INDICAZIONI

Gli studi clinici condotti nell’ambito del programma di sviluppo dell’acido bempedoico hanno tutti coerentemente dimostrato che questo farmaco alla dose di 180 mg, dosaggio testato negli studi clinici di fase 3 e unico disponibile in commercio, è in grado di ridurre significativamente i livelli di C-LDL. L’entità dell’effetto in termini di variazioni percentuali delle concentrazioni plasmatiche di C-LDL varia sulla base della terapia ipolipemizzante di background cui si va ad associare l’acido bempedoico. Da una analisi di dati aggregati degli studi clinici di fase 3 si è evidenziato che, utilizzato in assenza di altra terapia ipolipemizzante quale statina o ezetimibe, l’acido bempedoico è associato ad una riduzione dei livelli di C-LDL pari al 24%31. Quando l’acido bempedoico è utilizzato in aggiunta ad una statina ad intensità moderata o alta, la riduzione media dei livelli di C-LDL ottenuta con l’acido bempedoico rispetto al placebo è pari al 18%32,33. Nei pazienti con intolleranza alle statine, l’impiego dell’acido bempedoico on top a statina a bassa intensità o nessuna statina (± ezetimibe) si ottiene una riduzione del C-LDL rispetto al trattamento con placebo pari al 24%26,27. Quando l’acido bempedoico è stato testato in combinazione fissa con l’ezetimibe si è osservato un effetto ancora maggiore in termini di riduzione dei livelli di C-LDL (-38% rispetto al basale, variazione percentuale corretta per il placebo)28. L’acido bempedoico in triplice associazione con ezetimibe 10 mg e atorvastatina 20 mg permette di ottenere una riduzione del C-LDL superiore al 63% rispetto al basale34. In uno studio clinico di fase 2, l’aggiunta di acido bempedoico al trattamento con anticorpo monoclonale diretto verso PCSK9 (evolocumab) ha determinato una riduzione del C-LDL pari al 30% (variazione rispetto al basale corretta per il placebo), con un profilo di sicurezza simile al placebo35. La Figura 3 riporta la riduzione dei valori di C-LDL in funzione della terapia ipolipemizzante di associazione36. In aggiunta ai dati relativi all’impatto del trattamento con acido bempedoico sui livelli plasmatici di C-LDL, lo studio CLEAR Outcomes, recentemente conclusosi, fornisce evidenza di un’efficacia del trattamento su endpoint clinici quali gli eventi avversi cardiovascolari maggiori8.




POSIZIONAMENTO TERAPEUTICO DELL’ACIDO BEMPEDOICO: TRA LINEE GUIDA E INDICAZIONI REGOLATORIE NAZIONALI

Sulla base delle crescenti evidenze a supporto del paradigma “the lower, the better”, le linee guida ESC/EAS sulla gestione delle dislipidemie, aggiornate nel 20193, raccomandano target terapeutici di C-LDL ancora più bassi rispetto alla precedente versione del 2016. In particolare, nei pazienti a rischio cardiovascolare molto alto è raccomandato un valore di C-LDL <55 mg/dl (<70 mg/dl nelle precedenti linee guida) con una riduzione dei livelli ≥50% rispetto al basale. Inoltre, viene anche puntualizzato che nei pazienti a rischio particolarmente elevato, cioè che hanno un secondo evento cardiovascolare nei 2 anni successivi ad un evento, nonostante un trattamento con statina alla massima dose tollerata, dovrebbe essere preso in considerazione un target <40 mg/dl. Nei pazienti ad alto rischio il target di C-LDL è stato portato da 100 mg/dl a 70 mg/dl. A fronte delle modificate raccomandazioni delle linee guida ESC/EAS, per i pazienti a rischio cardiovascolare alto e molto alto ad oggi i target terapeutici indicati nella nota dell’AIFA sono rimasti invariati (rispettivamente i target sono <100 mg/dl e <70 mg/dl)37. Inoltre, come trattamento di primo livello è indicato sempre una statina, fatta eccezione dei casi con intolleranza alle statine per i quali, al fine del conseguimento del target terapeutico, è rimborsato il trattamento con ezetimibe in monoterapia. Per quanto riguarda le ulteriori opzioni terapeutiche, per l’impiego degli anticorpi monoclonali anti-PCSK9 è necessario fare riferimento a centri prescrittori abilitati, e gli attuali criteri di rimborsabilità sono basati sui target della Nota 13 e non su quelli delle linee guida ESC/EAS (Figura 2). L’impiego clinico dell’acido bempedoico 180 mg, sia da solo che in combinazione fissa con ezetimibe 10 mg, è stato approvato dalla European Medicines Agency nel 2020. Secondo la scheda tecnica del farmaco, l’impiego dell’acido bempedoico è indicato in combinazione con la statina al massimo dosaggio tollerato ed in aggiunta all’ezetimibe, o da solo in pazienti intolleranti alle statine e che non raggiungono il target terapeutico con la sola ezetimibe20 In Italia, per l’utilizzo dell’acido bempedoico è prevista una scheda di prescrizione da compilarsi a cura dello specialista o medico di medicina generale che si occupa della gestione della terapia ipolipemizzante del paziente e del suo follow-up. La scheda contiene un “minimum data set” da raccogliere attraverso modalità stabilite dalle singole regioni. Tra le informazioni richieste vi è la diagnosi e il target di C-LDL da raggiungere in base al rischio cardiovascolare del singolo paziente. Il rischio è definito facendo sempre riferimento alla Nota 13 dell’AIFA37. L’acido bempedoico da solo o nella formulazione in combinazione con ezetimibe 10 mg potrà essere prescritto e rimborsato dal Sistema Sanitario Nazionale nei pazienti con rischio moderato, alto o molto alto che abbiano rispettivamente livelli di C-LDL ≤145 mg/dl, ≤125 mg/dl o ≤88 mg/dl (Tabella 1).




GESTIONE DELL’IPERCOLESTEROLEMIA: POSIZIONE DELL’ANMCO

Con l’obiettivo di gestire appropriatamente l’ipercolesterolemia e ridurre, attraverso un raggiungimento precoce dei livelli target di C-LDL, il rischio ad essa correlato, la strategia terapeutica deve essere basata su tre punti fondamentali:

– la categoria di rischio del paziente

– i livelli di C-LDL di partenza

– i valori target di C-LDL da raggiungere, calcolando quanto distante è il target sulla base dei valori di partenza.

Sebbene, in generale, le statine rimangono la prima opzione terapeutica per la gestione delle dislipidemie, la disponibilità di molteplici terapie complementari consente una terapia personalizzata che deve essere individuata sulla base delle caratteristiche del paziente. È, dunque, importante conoscere la riduzione dei livelli di C-LDL attesa con l’impiego dei differenti interventi terapeutici attualmente disponibili (Tabella 2).




La terapia di combinazione che nelle linee guida ESC/EAS del 2016 era consigliata in caso di insuccesso della sola terapia statinica (raccomandazione di classe IIa), nell’ultimo aggiornamento delle linee guida è una strategia raccomandata (raccomandazione di classe I). Ancora più recentemente, nei pazienti a rischio molto alto, la terapia di combinazione viene proposta come strategia di prima linea38. In effetti, dati provenienti dal mondo reale hanno coerentemente dimostrato un ampio divario tra i livelli di C-LDL raccomandati e quelli ottenuti soprattutto nei pazienti a più alto rischio cardiovascolare9. Nei pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica, allorquando, sulla base dei valori basali di C-LDL, il target da raggiungere non è ottenibile con la monoterapia statinica, ed in tutti pazienti con rischio cardiovascolare molto alto, si deve considerare il vantaggio di una terapia di combinazione statina-ezetimibe come strategia di prima linea, consentendo ai pazienti di essere a target il più precocemente possibile. Come trattamento di secondo livello si dovrà prevedere il ricorso ad acido bempedoico, se i livelli basali ed i valori target di C-LDL sono compatibili con l’efficacia attesa con l’impiego di questo farmaco o, in alternativa, il ricorso ai PCSK9-i (Figura 1). Per la rimborsabilità del trattamento, la scelta terapeutica dovrà essere sempre guidata dalle normative stabilite dall’autorità regolatoria nazionale.

Sebbene, non vi siano sufficienti evidenze per stabilire quale sia la tempistica più appropriata per il monitoraggio del trattamento dell’ipercolesterolemia3, poiché l’esposizione ad elevati livelli di C-LDL comporta un aumentato rischio di eventi, viene suggerito un controllo periodico dei valori di C-LDL per verificare il raggiungimento e/o il mantenimento del target soprattutto nei pazienti con malattia cardiovascolare. È stato osservato che nei pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica il monitoraggio del profilo lipidico è associato ad una maggiore frequenza di intensificazione del trattamento ipolipemizzante39, in questi pazienti deve essere considerato un periodico controllo dei livelli lipidici. Poiché il rischio di interruzione della terapia ipolipemizzante è più alto nei primi 30 giorni dalla prescrizione del trattamento40, una volta prescritta la terapia ipolipemizzante, si suggerisce un follow-up con una rivalutazione del profilo lipidico dopo un intervallo di tempo relativamente breve (4-8 settimane). Questo controllo consentirà sia di verificare l’efficacia del trattamento che l’aderenza alla terapia prescritta. In quanti hanno raggiunto il target terapeutico il controllo dovrà essere successivamente programmato ogni 3-12 mesi. Nella pratica clinica l’intervallo di tempo per il monitoraggio dovrà essere individualizzato a seconda delle caratteristiche del singolo paziente, anche in considerazione della variabilità interindividuale della risposta al trattamento ipolipemizzante2,3. Nei pazienti non a target un’ulteriore valutazione è consigliata dopo 4-8 settimane dall’intensificazione del trattamento al fine di verificare l’effettivo raggiungimento del target.

CONCLUSIONI

In considerazione del significativo beneficio clinico associato alla riduzione dei livelli di C-LDL, soprattutto nel contesto della prevenzione secondaria, e dei nuovi agenti terapeutici che si affacciano all’orizzonte per il trattamento dell’ipercolesterolemia, ciascun clinico che si trova a gestire pazienti con dislipidemia deve conoscere i target raccomandati in base alle caratteristiche del singolo paziente e le opzioni terapeutiche a disposizione per intervenire appropriatamente. Nella pratica clinica, per il corretto impiego dei differenti trattamenti rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale, è necessario fare riferimento alle indicazioni regolatorie delle autorità nazionali. In particolare, l’acido bempedoico, da solo o in combinazione fissa con l’ezetimibe, per il rapporto costo/efficacia più favorevole rispetto agli agenti anti-PCSK9, rappresenta un’opzione terapeutica particolarmente utile nei pazienti che non riescono a raggiungere il target terapeutico con il trattamento statinico alla massima dose tollerata.

RIASSUNTO

Le crescenti evidenze a supporto del ruolo centrale dell’ipercolesterolemia nella patogenesi e progressione delle malattie aterosclerotiche hanno portato l’attenzione della ricerca scientifica a sviluppare nuovi approcci terapeutici. L’acido bempedoico, recentemente introdotto in commercio dopo diversi studi che ne hanno dimostrato efficacia e sicurezza, rappresenta una nuova opzione terapeutica che, come le statine, agisce sulla cascata enzimatica che porta alla sintesi del colesterolo ma con una selettività d’azione a livello epatico che ne riduce il rischio di effetti avversi muscolari. In questo documento dell’ANMCO vengono messi in evidenza alcuni contesti clinici in cui l’acido bempedoico rappresenta un’opzione terapeutica particolarmente utile. Inoltre, vengono esaminate le possibilità d’impiego sulla base sia delle raccomandazioni internazionali che delle normative vigenti a livello nazionale. Infine, vengono riportati messaggi pratici sulla gestione dell’ipercolesterolemia alla luce dell’armamentario terapeutico attualmente disponibile.

Parole chiave. Acido bempedoico; Aterosclerosi; Dislipidemia; Ipercolesterolemia; Prevenzione.

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