In questo numero

covid-19 e cardiologia




Le sequele meno note della pandemia da SARS-CoV-2

Ormai siamo tutti speranzosi e fiduciosi di esserci lasciati alle spalle il carico peggiore della pandemia da SARS-CoV-2. La pandemia ha provato tutti noi, come medici, come individui e a volte anche come pazienti. Allo stesso tempo ci ha permesso anche di studiare meglio l’organizzazione del nostro sistema sanitario e alcuni meccanismi fisiopatologici di malattia. Aspetti ancora aperti sono le potenziali sequele a lungo termine e l’impatto con eventuali reliquati in categorie particolari come ad esempio l’età infantile. In questo numero del Giornale, Domenico Sirico et al., in un documento congiunto ANMCO/SICP, descrivono l’interazione tra il virus SARS-CoV-2 e la sindrome multisistemica infiammatoria nell’età infantile. Una descrizione dei principali meccanismi fisiopatologici, della presentazione clinica e alcune riflessioni su ciò che potrebbe comportare a lungo termine.•

dieci quesiti in tema di...




La piastrinopenia indotta da eparina

Vincenzo Toschi risponde in maniera chiara e convincente ai 10 principali quesiti che tutti noi ci poniamo davanti ad un paziente con piastrinopenia indotta da eparina. Come è noto, la piastrinopenia è dovuta alla formazione di IgG che “attaccano” il complesso formato dall’eparina e da una proteina (PF4) prodotta dalle piastrine, e contemporaneamente “attaccano” anche il recettore FcRgIIa situato sulla membrana delle piastrine stesse. Ne segue una intensa attivazione piastrinica con formazione diffusa di trombi arteriosi e venosi e, contemporaneamente, una riduzione del numero di piastrine circolanti. È chiaro che una volta posta la diagnosi di piastrinopenia indotta da eparina (probabilità pre-test, identificazione degli anticorpi responsabili, ecc.) occorre sospenderne immediatamente la somministrazione, iniziando subito una terapia anticoagulante non eparinica (argatroban, danaparoid, bivalirudina, fondaparinux).•

pdta in cardiologia




Un ponte solido tra ospedale e territorio

L’integrazione tra ospedale e territorio costituisce uno degli obiettivi sfidanti della riorganizzazione della cardiologia nell’era post-COVID-19. La costruzione di ponti è uno degli strumenti necessari per raggiungere questo obiettivo. Il progetto dell’azienda sanitaria provinciale trentina “Cardiologia in linea”, del quale Lucia Cainelli et al. presentano i risultati di 6 anni di attività, costituisce un modello efficace che può essere di ispirazione anche per altre realtà cardiologiche. Il teleconsulto telefonico e/o telematico tra lo specialista cardiologo dell’ospedale e il medico di medicina generale si è dimostrato in grado di rendere non necessaria in oltre la metà dei contatti una visita cardiologica grazie alla risoluzione telefonica di quesiti clinici. In un terzo dei casi il teleconsulto cardiologico ha riguardato problematiche relative alla gestione della terapia anticoagulante orale. L’esperienza trentina dimostra che la telemedicina anche nella forma più semplice del teleconsulto tra medico di medicina generale e specialista cardiologo può contribuire a ridurre le liste d’attesa per le prestazioni ambulatoriali e a migliorare la comunicazione tra ospedale e territorio. •

rassegne




Ischemia o anatomia: chi vince?

La valutazione della malattia coronarica stabile e la prova da sforzo sono andate a braccetto per anni sulla base del concetto fisiopatologico che lega la presenza di una stenosi coronarica critica all’ischemia e alla prognosi. Diversi studi e una rivalutazione delle complesse relazioni clinico-patologiche tra l’aterosclerosi coronarica e gli eventi hanno messo in dubbio questo assioma e negli ultimi anni una visione anatomo-centrica ha preso prepotentemente piede tanto che il mondo cardiologico si è diviso tra i sostenitori di una visione funzionale, ischemico-centrica, e quelli di una visione anatomo-centrica. Leonardo Bolognese et al., attraverso una chiara ed ampia rivalutazione dei diversi esami non invasivi a disposizione, cercano di trovare un punto di equilibrio che vede i due approcci complementari: infatti i test provocativi di ischemia (imaging) continuano a rappresentare il riferimento nell’algoritmo decisionale per la rivascolarizzazione miocardica, mentre l’approccio anatomico è più utile per identificare i pazienti che possono meglio giovarsi di una terapia farmacologica preventiva. •




L’11 in buca!

Dopo il grande successo dell’impiego degli anticoagulanti orali diretti e in particolare degli inibitori del fattore X attivato, con la significativa riduzione del rischio emorragico che comportano nei pazienti con fibrillazione atriale o tromboembolismo venoso, la ricerca si è spostata sugli inibitori del fattore XI nel tentativo di raggiungere un disaccoppiamento tra emostasi e trombosi. Il fattore XI ha infatti un ruolo secondario nel processo fisiologico dell’emostasi e un ruolo decisamente maggiore nello sviluppo della trombosi. Il fattore XI è attivato durante l’emostasi da parte della trombina, la quale viene generata principalmente dal fattore X, il quale a sua volta è attivato da parte del complesso fattore tissutale/fattore VII attivato. L’emostasi in vivo sembra dipendere principalmente dalla via estrinseca della coagulazione, mentre con l’attivazione della via intrinseca se ne ottiene un’amplificazione. Contemporaneamente il fattore XI ha uno spiccato ruolo trombogenico per la sua capacità di sostenere la generazione di trombina. Dapprima questi nuovi farmaci si sono dimostrati più sicuri di enoxaparina e superiori per efficacia nei pazienti sottoposti ad artroprotesi elettiva di ginocchio. Anche nei pazienti con fibrillazione atriale si sono dimostrati più sicuri, ma occorrono dati di efficacia che verranno valutati negli studi di fase 3 già in corso. •




L’erba di Grace

Mentre tra i giovani è sempre più frequente il consumo di cannabis e cannabinoidi sintetici, l’Area Cronicità Cardiologica ANMCO passa in rassegna gli effetti cardiovascolari prodotti da queste sostanze, forse non ancora completamente noti, che possono portare ad eventi avversi a breve e a lungo termine. Queste sostanze si legano a recettori specifici di vari organi oltre al cuore, come il rene, il fegato e il sistema nervoso. Diversi studi dimostrano che la cannabis potrebbe dare luogo a trombosi, infiammazione e aterosclerosi, causando complicanze cardiovascolari, tra cui infarto miocardico, ictus e arresto cardiaco. Le complicanze cardiovascolari rappresentano l’1.8% di tutti gli eventi avversi correlati alla cannabis con un alto tasso di mortalità. L’uso di cannabis è risultato associato anche alla sindrome tako-tsubo. Infine è stato osservato il potenziale aritmogeno di queste molecole, il cui impiego può determinare tachiaritmie come ad esempio fibrillazione atriale, flutter atriale e tachicardia ventricolare. Ai medici sono richieste consapevolezza rispetto alla potenzialità degli eventi avversi da cannabis e responsabilità, finalizzate anche al counseling per i pazienti.•




Sigarette elettroniche e cuore

Le sigarette elettroniche, il cui impiego è in costante aumento, sono messe in commercio senza importanti documentazioni scientifiche in termini di efficacia e sicurezza a lungo termine. Roberto Spoladore et al. hanno esaminato nel dettaglio vari aspetti relativi alle sigarette elettroniche. Pur inducendo concentrazioni circolanti di monossido di carbonio e altre sostanze cancerogene ad un livello più basso rispetto al fumo tradizionale, le sigarette elettroniche possono scatenare varie reazioni avverse. Fortunatamente, possono contribuire alla disassuefazione dal tradizionale fumo di sigaretta, pur mantenendo una certa dipendenza dalla nicotina. Per tale ragione, sarebbe auspicabile una maggiore introduzione di sigarette elettroniche a basso contenuto di nicotina. In ogni caso, il loro utilizzo andrebbe sempre scoraggiato nei non fumatori, così come l’uso combinato di sigarette elettroniche e tradizionali. •

casi clinici




Quando un approccio conservativo può essere la soluzione migliore

Al giorno d’oggi, tutti i cardiologi sono ormai abituati a un riflesso quasi incondizionato che associa il riscontro di malattia epicardica ostruttiva alla necessità e opportunità di rivascolarizzazione (percutanea o chirurgica in base alla diffusione e complessità). Ma alcuni studi ci stanno insegnando che questo binomio non è sempre vero e che alcuni pazienti in particolare possono giovarsi di approcci e soluzioni alternative dominate dalla terapia medica ottimizzata (soprattutto aggressivo controllo della colesterolemia). In questo caso riportato da Ciro Pollio Benvenuto et al. si analizza un giovane paziente con arterite di Takayasu in cui si riscontra una malattia aterosclerotica diffusa. Analizzando pro e contro gli autori ci guidano nella gestione del caso e soprattutto sottolineano come astenersi da una rivascolarizzazione frettolosa in alcuni casi può essere la migliore opzione gestionale per il paziente. •




Abuso di marijuana e “sballo” delle coronarie

Gli effetti della cannabis sono ancora da scoprire pienamente, tra la dibattuta efficacia medicinale in alcune limitate e specifiche condizioni croniche in cui si sfrutta un meccanismo d’azione antalgico e mitigante sintomatologico, e i più comuni e noti effetti psico-attivi non propriamente innocui, che determinano anche effetti deleteri sul sistema cardiovascolare. La descrizione del caso clinico giunto all’osservazione di Luca Rodella et al. riguardante un evento ischemico-trombotico acuto causa di un infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST in un giovane consumatore ricorrente di marijuana, senza altri specifici fattori di rischio, è un’occasione per gli autori di illustrare dettagliatamente gli effetti della cannabis e del complesso sistema degli endocannabinoidi sul sistema cardiovascolare e nello specifico come potenziale trigger di eventi trombotici coronarici acuti. A conferma di quanto sia erronea e pericolosa la diffusa percezione degli effetti considerati “minori” dal punto di vista della pericolosità per la salute, di tali sostanze. •

position paper




Acido urico e rischio cardiovascolare: lo statement ANMCO

Numerosi studi clinici condotti sia nel contesto della gotta che nel contesto delle malattie cardiovascolari hanno dimostrato un’associazione tra livelli di acido urico e malattie cardiovascolari. In questo position paper ANMCO, Stefania Angela Di Fusco et al. esaminano brevemente i potenziali meccanismi fisiopatologici attraverso cui l’iperuricemia può contribuire al rischio cardiovascolare, con un’attenzione particolare ai processi infiammatori e allo stress ossidativo. Inoltre, il documento passa in rassegna le principali evidenze cliniche disponibili riguardo al rapporto tra uricemia e fattori di rischio/patologie cardiovascolari, quali l’ipertensione, la cardiopatia ischemica, lo scompenso cardiaco e la fibrillazione atriale. Infine, vengono sintetizzate le attuali indicazioni all’utilizzo di allopurinolo e febuxostat per il trattamento dell’iperuricemia associata a manifestazioni cliniche da deposito di cristalli di urato, in accordo con le raccomandazioni delle linee guida internazionali e dell’AIFA. In conclusione, viene sottolineato come questi trattamenti rappresentano interventi da prendere in considerazione precocemente in pazienti con fattori di rischio o malattie cardiovascolari. •




Acido bempedoico: l’arma in più per il controllo del colesterolo

Alla luce dell’immissione in commercio dell’acido bempedoico, un nuovo farmaco per il controllo del colesterolo, Stefania Angela Di Fusco et al. riportano in questo Expert Opinion dell’ANMCO i principali scenari clinici in cui questo farmaco rappresenta un’opzione terapeutica particolarmente utile per il controllo dell’ipercolesterolemia. Il documento sintetizza i dati relativi all’entità della riduzione dei valori di colesterolo LDL ottenuta con l’impiego dell’acido bempedoico in aggiunta a differenti terapie ipolipemizzanti. Inoltre, vengono date indicazioni pratiche in merito al posizionamento terapeutico del nuovo agente ipolipemizzante sulla base delle linee guida internazionali e dei rifermenti normativi delle autorità regolatorie nazionali. Vengono sottolineate le differenze tra target indicati dalle linee guida della Società Europea di Cardiologia e quelle della Nota 13 dell’AIFA e proposto un algoritmo per l’implementazione del trattamento come terapia di seconda linea, additiva alla terapia con statine ed ezetimibe, proposte in combinazione come terapia di prima linea, per un più rapido raggiungimento dei target terapeutici nei pazienti a rischio cardiovascolare alto o molto alto. •

imaging integrato
online only




Problematiche post TAVI: non solo endocardite

Partendo dal sospetto clinico e dall’ECG, vengono utilizzate in modo sequenziale diverse metodiche di imaging cardiovascolare, evidenziando per ciascuna di esse i pro, i contro e il valore aggiunto nello specifico caso clinico, fino a giungere alla diagnosi corretta e al trattamento più appropriato. •