Dispositivi transcatetere per l’insufficienza cardiaca cronica: stato dell’arte

Edoardo Pancaldi1, Stefano Benenati2, Michele Emdin3,4, Luigi Emilio Pastormelo4, Italo Porto2,5,
Gianfranco Sinagra6, Davide Stolfo6,7, Daniela Tomasoni1, Marco Metra1, Marianna Adamo1

1Cardiologia ed Emodinamica, ASST Spedali Civili di Brescia, Dipartimento di Specialità Mediche e Chirurgiche,
Scienze Radiologiche e Salute Pubblica, Università degli Studi, Brescia

2Dipartimento di Medicina Interna (DIMI), Università degli Studi, Genova

3Health Science Interdisciplinary Center, Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa

4Fondazione Toscana Gabriele Monasterio, Pisa

5U.O. Cardiologia, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare (DICATOV), Ospedale Policlinico San Martino IRCCS –
IRCCS Cardiovascular Network, Genova

6Cardiologia, Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina, Dipartimento Cardiotoracico, Università degli Studi, Trieste

7Division of Cardiology, Department of Medicine, Karolinska Institutet, Stoccolma, Svezia

Pharmacological therapy is the cornerstone of chronic heart failure treatment. However, an increasing number of devices for monitoring and treatment of patients with heart failure are being used and developed to complement existing therapies. Pulmonary and systemic congestion, left ventricular remodeling, neurohormonal activation, low cardiac contractility and impaired cardiac output are the main pathophysiological targets of these devices. The aim of this review is to summarize rationale, functioning, evidence and current indications regarding new devices for the management of patients with chronic heart failure.

Key words. Devices; Heart failure; Monitoring; Treatment.

INTRODUZIONE

Il trattamento dello scompenso cardiaco cronico è andato incontro ad enormi progressi nelle ultime decadi1. Allo sviluppo di nuovi farmaci efficaci nel prevenire eventi avversi ed aumentare la sopravvivenza, si affianca l’introduzione di dispositivi per il monitoraggio ed il trattamento dei pazienti affetti da scompenso cardiaco cronico. Il defibrillatore impiantabile per la prevenzione delle aritmie ventricolari e la terapia di resincronizzazione cardiaca sono i capostipiti della terapia non farmacologica dello scompenso cardiaco con frazione di eiezione ridotta (HFrEF) e sono ormai indicati con classe di raccomandazione I per pazienti con specifiche caratteristiche2. Nuovi dispositivi sono stati sviluppati nel corso degli anni, sia per i pazienti con HFrEF sia per quelli con scompenso cardiaco con frazione di eiezione preservata (HFpEF), con diversi target d’azione: la riduzione della congestione polmonare o sistemica, l’aumento della contrattilità cardiaca, la modulazione dell’attività neurormonale, il supporto meccanico al circolo e il rimodellamento inverso del ventricolo sinistro (Figura 1).




L’obiettivo di questa rassegna è quello di riportare il razionale di utilizzo, il funzionamento, le evidenze a supporto e le indicazioni all’impianto dei nuovi dispositivi transcatetere per il trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica attualmente in commercio, con accenno a quelli in corso approvazione.

DISPOSITIVI PER IL MONITORAGGIO ED IL TRATTAMENTO DELLA CONGESTIONE

Sistemi di monitoraggio

La gestione clinica volta a prevenire la comparsa di segni di congestione e la riacutizzazione dello scompenso cardiaco cronico consiste nello stretto monitoraggio clinico del paziente mediante visita o contatto telefonico2. I sintomi e segni di congestione sono anticipati da un incremento delle pressioni polmonari, che possono essere misurate tramite dispositivi impiantabili. Questi sistemi rappresentano uno strumento che può guidare l’ottimizzazione della terapia medica prevenendo la comparsa di congestione franca e la necessità di ricovero ospedaliero3.

CardioMEMS Heart Sensor (Abbott) è un dispositivo che misura le pressioni polmonari con risultati comparabili a quelli registrati tramite catetere di Swan-Ganz e un buon profilo di sicurezza4. Si tratta di un sensore di piccole dimensioni (lunghezza 15 mm, larghezza 3.5 mm, spessore 2 mm), con un cappio in nitinolo alle estremità, che permette di mantenerlo in sede. Viene impiantato in un ramo dell’arteria polmonare (tipicamente il ramo inferiore dell’arteria polmonare sinistra) e misura la pressione arteriosa polmonare nel paziente in posizione supina (Figura 2).




I dati rilevati vengono poi inviati ad un network a cui il medico può accedere e decidere se e come ottimizzare la terapia medica del paziente.

Il trial CHAMPION ha arruolato 550 pazienti tra il 2007 ed il 2009, randomizzandoli in doppio cieco a terapia medica per l’insufficienza cardiaca guidata o non guidata dal monitoraggio pressorio polmonare invasivo. L’ottimizzazione della terapia medica guidata dai parametri registrati con il monitoraggio pressorio polmonare invasivo ha determinato una riduzione del 37% delle ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca con una percentuale di eventi avversi legati al dispositivo molto bassa (<2%)5. Successive analisi hanno riportato una riduzione della mortalità, della degenza ospedaliera ed un miglioramento della qualità di vita6.

Il trial GUIDE-HF ha arruolato 1000 pazienti con insufficienza cardiaca in classe NYHA II-IV, almeno una ospedalizzazione per scompenso cardiaco nei 12 mesi precedenti l’arruolamento o livelli elevati di peptide natriuretico di tipo B (BNP)/frammento N-terminale del proBNP (NT-proBNP) nei 30 giorni precedenti l’arruolamento. La pandemia COVID-19 ha impattato significativamente sui risultati dello studio. La gestione dei pazienti con insufficienza cardiaca guidata da monitoraggio invasivo delle pressioni polmonari non ha determinato una riduzione dell’endpoint composito di mortalità e ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. Tuttavia, un’analisi dei dati raccolti nel periodo pre-COVID-19 ha documentato l’efficacia del monitoraggio pressorio polmonare invasivo, con una riduzione dell’endpoint composito7.

Il trial COMPASS ha fallito nel dimostrare una riduzione degli eventi correlati all’insufficienza cardiaca in pazienti con classe NYHA III o IV sottoposti a monitoraggio invasivo8. Tuttavia, in una analisi prespecificata, in pazienti con frazione di eiezione ridotta, CardioMEMS ha ridotto la mortalità e le ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca9.

Allo scopo di confermare in Europa i risultati dei trial sopra riportati condotti in popolazioni di studio americane, nel 2020 è stato pubblicato lo studio osservazionale MEMS-HF che ha documentato una riduzione delle riacutizzazioni di insufficienza cardiaca e un miglioramento della qualità di vita nei pazienti che ricevevano ottimizzazione della terapia medica guidata da CardioMEMS10.

Esistono altri sistemi di monitoraggio. Cordella (Endotronix) permette la misurazione della pressione in arteria polmonare sia in posizione seduta che supina. In uno studio effettuato su 15 pazienti, la terapia medica guidata dal monitoraggio con Cordella ha migliorato la classe NYHA e la qualità di vita, in assenza di complicanze11. V-LAP (Victorious Medical Technologies) è un sensore che, impiantato sul setto interatriale, permette il monitoraggio diretto della pressione atriale sinistra. Il sistema è in corso di valutazione nel trial VECTOR-HF (NCT03775161).

Il monitoraggio invasivo e continuo delle pressioni polmonari è riportato nelle ultime linee guida europee come un trattamento che può essere preso in considerazione (classe di raccomandazione IIb, livello di evidenza B) nel trattamento dello scompenso cardiaco cronico allo scopo di migliorare gli outcome clinici2 (Figura 2).

Dispositivi di decompressione atriale sinistra

La ridotta complianza ventricolare sinistra nell’HFpEF e la dis­funzione sistolica ventricolare sinistra nell’HFrEF determinano un incremento della pressione atriale sinistra con conseguente sviluppo di congestione polmonare, dispnea e limitazione all’esercizio. La creazione di uno shunt interatriale permette la riduzione della pressione in atrio sinistro con conseguente riduzione della congestione polmonare e dei sintomi. Lo shunt funziona auto-regolando la pressione atriale sinistra, sulla base del gradiente tra atrio sinistro ed atrio destro. Quando la pressione atriale sinistra aumenta, una piccola quantità di sangue fluisce dall’atrio sinistro all’atrio destro. Lo shunt che si viene a creare è di piccole dimensioni e in genere la riduzione della pressione atriale sinistra è superiore rispetto all’eventuale sovraccarico delle sezioni cardiache di destra.

Esistono diversi sistemi di decompressione atriale sinistra. Corvia InterAtrial Shunt Device (IASD, Corvia Medical), V-Wave Ventura Interatrial Shunt System (V-Wave) e Atrial Flow Regulator (Occlutech) sono quelli maggiormente utilizzati e vengono impianti al centro della fossa ovale mediante accesso venoso femorale e puntura transettale.

Corvia IASD è un dispositivo in nitinolo dal diametro esterno di 19 mm che crea una comunicazione interatriale di 8 mm (Figura 2). I requisiti per il posizionamento includono una pressione polmonare capillare da sforzo ≥25 mmHg, l’assenza di ipertensione polmonare, una funzione ventricolare destra normale ed un gradiente tra pressione capillare polmonare e atrio destro ≥5 mmHg. Gli studi che hanno valutato il dispositivo sono riassunti nella Tabella 112-18.




Corvia IASD si è dimostrato sicuro ed efficace nel ridurre le pressioni atriali sinistre e migliorare i sintomi. Lo studio REDUCE-LAP HF III (NCT03191656) è in corso.

Il V-Wave è un dispositivo in nitinolo con lembi in pericardio porcino che genera uno shunt di 5 mm. I dati iniziali di sicurezza ed efficacia sono stati riportati in 10 pazienti con HFrEF16. Uno studio condotto su 38 pazienti con insufficienza cardiaca, di cui 8 con HFpEF, ha confermato la riduzione delle pressioni di incuneamento capillare polmonare e il miglioramento di sintomi, capacità funzionale e qualità di vita (Tabella 1)17. Il trial RELIEVE-HF (NCT03499236) è in corso ed ha l’obiettivo di dimostrare l’efficacia e la sicurezza di V-Wave in pazienti con classe NYHA III o IV, indipendentemente dalla frazione di eiezione.

Atrial Flow Regulator (AFR, Occlutech) è un dispositivo in nitinolo disponibile in 3 misure (6, 8 e 10 mm). I principali requisiti per l’utilizzo sono: frazione di eiezione >15%, pressione di incuneamento capillare polmonare >15 mmHg a riposo o >25 mmHg sotto sforzo, pressione atriale sinistra > pressione atriale destra. L’insufficienza cardiaca destra (escursione sistolica del piano dell’anello tricuspidale [TAPSE] <14 mm, pressione polmonare sistolica >60 mmHg, dilatazione ventricolare destra), l’insufficienza tricuspidale severa e la terapia medica non ottimizzata sono i principali criteri di esclusione. Nei pazienti con pressione di incuneamento capillare polmonare a riposo >15 mmHg viene utilizzato il dispositivo di 8 mm. Nei pazienti con pressione di incuneamento capillare polmonare a riposo <15 mmHg ma durante lo sforzo >25 mmHg viene utilizzato il dispositivo da 10 mm. Dopo la procedura di impianto, i pazienti vengono trattati con aspirina ed un inibitore di P2Y12 per 6 mesi, proseguendo successivamente con sola aspirina. Lo studio AFR-PRELIEVE ha dimostrato la sicurezza del dispositivo e ha documentato il miglioramento della classe NYHA, della qualità di vita, del test del cammino dei 6 min e la riduzione delle pressioni polmonari sia in pazienti con HFpEF che con HFrEF ad 1 anno di follow-up, in assenza di effetti negativi sul ventricolo destro (Tabella 1)18. La sicurezza e l’efficacia del dispositivo a 3 anni di follow-up è attualmente in studio nel registro AFTER (NCT04405583).

Altri sistemi di decompressione atriale in fase sperimentale sono: il TASS (Transcatheter Atrial Shunt System, Edwards Lifesciences), che crea uno shunt tra atrio sinistro e seno coronarico19 e Alleviant (Alleviant Medical), un sistema che permette di creare uno shunt interatriale senza lasciare in sede dispositivi.

Le linee guida europee non riportano specifiche indicazioni su questo tipo di dispositivi in quanto le evidenze sono ancora limitate, anche se in rapida crescita. Essi potrebbero avere presto indicazione di utilizzo nei pazienti con pressioni atriali sinistre aumentate, assenza di dilatazione o disfunzione ventricolare destra significativa e sintomi di congestione polmonare nonostante terapia medica ottimizzata, allo scopo di migliorare i sintomi e la qualità di vita (Figura 2).

Dispositivi per la modulazione della perfusione renale

La sindrome cardio-renale che si instaura nell’insufficienza cardiaca cronica è causata e può a sua volta perpetuare l’attivazione dei sistemi neurormonali20. La ridotta perfusione renale associata alla congestione venosa riduce il gradiente pressorio attraverso il parenchima renale e la pressione di filtrazione. I dispositivi di modulazione della perfusione renale sono in corso di studio e hanno lo scopo di ridurre il postcarico renale o aumentare la perfusione renale. Il sistema preCARDIA (Abiomed) è costituito da un palloncino posizionato alla giunzione tra la vena cava superiore e l’atrio destro che, gonfiandosi ad intermittenza, interrompe il flusso di sangue in atrio destro, riducendo il precarico cardiaco ed il postcarico renale. Il trial di fattibilità VENUS-HF ha dimostrato un miglioramento dell’emodinamica ed un incremento significativo della diuresi21. Il Doraya Renal Flow Regular viene posizionato in vena cava inferiore sottorenale e, creando un gradiente pressorio tra la vena iliaca e l’atrio destro, riduce il postcarico renale e determina un incremento della diuresi22. Il TRVD System (Magenta Medical) è una pompa di flusso assiale auto-espandibile che viene posizionata a livello delle vene renali. Uno studio preliminare ha dimostrato una riduzione della pressione venosa centrale e un incremento della diuresi23. Aortix (Procyrion) aumenta la perfusione renale mediante una pompa di flusso assiale di 6 mm posizionata in aorta, in posizione soprarenale. Essa ha dimostrato di aumentare di 10 volte la diuresi in 6 pazienti con HFrEF sottoposti ad angioplastiche complesse con necessità di supporto meccanico24. Reitan (Cardiobridge) viene posizionato in aorta discendente a valle della succlavia sinistra. Esso genera un gradiente radiale-femorale di 10 mmHg. In 20 pazienti con scompenso cardiaco acuto e dis­funzione ventricolare sinistra il suo utilizzo si associava ad un incremento significativo della diuresi e miglioramento della funzione renale25.

In considerazione della ridotta disponibilità di evidenze, questi dispositivi non sono menzionati nelle recenti linee guida europee per il trattamento dello scompenso cardiaco. Tuttavia, se i dati attualmente a disposizione, che sono da considerarsi estremamente limitati e preliminari, dovessero essere confermati da trial randomizzati, l’indicazione potrebbe in futuro ricadere su pazienti con insufficienza cardiaca avanzata, sindrome cardio-renale e resistenza ai diuretici (Figura 2).

DISPOSITIVI PER LA MODULAZIONE DELL’ATTIVAZIONE NEURORMONALE

L’alterato equilibrio simpato-vagale, come risposta cronica maladattativa alla disfunzione d’organo mediata dalla combinazione di attivazione di chemo- ed ergoriflesso e disattivazione del baroriflesso, rappresenta un aspetto fisiopatologico saliente dello scompenso cardiaco cronico26,27. L’utilizzo di dispositivi in grado di modulare l’arco riflesso autonomico nelle sue diverse componenti ha stimolato una intensa ricerca traslazionale. Tra i target più studiati: la modulazione del baroriflesso, la stimolazione vagale diretta e quella spinale, nonché la modulazione dei nervi splancnici.

Attivazione barorecettoriale

La disfunzione del baroriflesso nell’insufficienza cardiaca causa riduzione dell’attività parasimpatica e attivazione simpatica, contribuendo alla progressione della malattia28. La stimolazione del barocettore carotideo mediante un generatore di impulsi elettrici posizionato in regione pettorale comporta una diminuzione dell’output simpatico centrale con riequilibrio della bilancia simpato-vagale29,30. In uno studio pilota su 11 pazienti, la stimolazione barocettiva mediante esposizione del seno carotideo, posizionamento di un elettrodo sulla superficie carotidea e tunnellizzazione di un catetere fino a uno stimolatore in sede pettorale, ha mostrato una riduzione dell’attivazione simpatica misurata con microneurografia a livello del nervo peroniero, miglioramento di sintomi, tolleranza allo sforzo e funzione cardiaca31. Nel trial randomizzato di fase 2 HOPE4HF (146 pazienti in classe NYHA III e con frazione di eiezione ventricolare sinistra [FEVS] ≤35%) la stimolazione barocettiva con un dispositivo di seconda generazione (Barostim, CVRx) ha mostrato miglioramento di sintomi, capacità di esercizio e funzione ventricolare sinistra e riduzione dei livelli di NT-proBNP ai controlli a 6 mesi, senza effetti collaterali32. Il trial confermativo BeAT-HF ha randomizzato 245 pazienti (classe NYHA III, FEVS ≤35%, non candidabili a risincronizzazione) a stimolazione barocettiva e terapia medica ottimizzata vs sola terapia medica ottimizzata, confermando miglioramento della qualità di vita, incremento della distanza percorsa al test dei 6 minuti e decremento di NT-proBNP a 6 mesi nel gruppo con stimolazione barocettiva rispetto a quello di controllo33. Una recente metanalisi di studi randomizzati (554 pazienti) ha confermato tali risultati. L’effetto della stimolazione barocettiva su endpoint di ospedalizzazione e mortalità non è ancora noto34.

Stimolazione vagale

La stimolazione vagale diretta è stata proposta nell’assenza di una terapia farmacologica parasimpaticomimetica34. In modelli animali essa ha indotto miglioramento della funzione cardiaca e riduzione dell’attivazione infiammatoria35,36. I dispositivi di stimolazione vagale sono costituiti da un generatore impiantato in regione toracica sottocute (in genere pettorale) e da un catetere collegato al generatore che raggiunge la regione cervicale. Nello studio pilota, non randomizzato, ANTHEM-HF (60 pazienti, classe NYHA II-III e FEVS <40%), l’impianto del dispositivo Cyberonics/VNS ha determinato miglioramento della funzione ventricolare sinistra, della tolleranza allo sforzo e della qualità di vita, con un accettabile profilo di sicurezza37. Nel trial randomizzato INOVATE-HF il dispositivo BioControl CardioFit System mostrava miglioramento di sintomi e capacità funzionale nei pazienti trattati con il device (n=730) rispetto al gruppo controllo, con effetto neutro su mortalità ed ospedalizzazioni a 12 mesi38. Parallelamente nel trial NECTAR-HF, 96 pazienti (classe NYHA II-III, FEVS <35%, QRS <130 ms) sono stati randomizzati in rapporto 2:1 a stimolazione vagale attiva o inattiva, con un effetto neutro su mortalità e ospedalizzazioni38. Una recente metanalisi su 756 pazienti trattati con stimolazione vagale ha evidenziato un significativo miglioramento di classe NYHA, qualità di vita, riduzione di NT-proBNP, senza miglioramento in termini di mortalità39. Due studi sono in corso con il dispositivo VITARIA: ANTHEM-HFrEF e ANTHEM-HFpEF40,41.

Stimolazione spinale

La stimolazione spinale utilizzata nell’angina refrattaria è stata testata nei pazienti con insufficienza cardiaca, ipotizzando, sulla base dei risultati preclinici, l’induzione di un’attivazione parasimpatica42. Dopo lo studio pilota SCS HEART su 17 pazienti, che ha dimostrato miglioramento di uno score composito di sintomi, consumo di ossigeno, volume e funzione ventricolare in pazienti con insufficienza cardiaca trattati con stimolazione spinale43, è stato condotto il più ampio studio DEFEAT-HF44. Questo studio ha randomizzato, in rapporto 3:2, 66 pazienti in classe NYHA III a ricevere la stimolazione toracica a livello dello spazio epidurale T2-T4 per 12 mesi o a riceverla soltanto a partire dal sesto mese dopo l’impianto. Seppur ben tollerata, la stimolazione spinale non si associava ad un miglioramento di geometria ventricolare, consumo di ossigeno, livelli dei peptidi natriuretici, o ad un vantaggio in termini di ospedalizzazione o mortalità44.

Modulazione dei nervi splancnici

Recentemente è stata ipotizzata la possibilità di utilizzare quale bersaglio di trattamento nei pazienti con scompenso, il comparto splancnico, “reservoir” di volume che svolge un ruolo importante nella ridistribuzione del volume dei fluidi corporei45,46. In 11 pazienti ospedalizzati, la procedura di modulazione dei nervi splancnici ha determinato aumento di gittata cardiaca e riduzione delle pressioni di riempimento47. Risultati simili sono stati osservati in 15 pazienti ambulatoriali48.

Seppure sostenuti da ipotesi fisiopatologiche raffinate e dati preclinici promettenti, i dispositivi di neuromodulazione attraverso stimolazione vagale diretta e stimolazione spinale hanno mostrato risultati sostanzialmente neutri. Ad oggi, solo la stimolazione barocettiva è riportata nelle linee guida europee come procedura che può essere utilizzata allo scopo di migliorare la capacità funzionale e la qualità di vita in pazienti sintomatici con HFrEF2 (Figura 2).

MODULAZIONE DELLA CONTRATTILITÀ CARDIACA

La modulazione della contrattilità cardiaca è un approccio basato sull’utilizzo di un dispositivo che produce segnali elettrici ad alto voltaggio, bifasici, non eccitatori, durante il periodo di refrattarietà assoluta del miocardio, con lo scopo di aumentare la forza della contrazione muscolare49. L’efficacia di questo sistema è legata ad una up-regolazione dei canali del calcio di tipo L ed a un aumento dell’ingresso di calcio nel reticolo sarcoplasmatico con conseguente aumento del flusso di calcio durante la depolarizzazione e del fenomeno di “rilascio del calcio indotto dal calcio” tipico del reticolo sarcoplasmatico.

Diversi studi sono stati condotti in merito all’utilizzo di questo dispositivo nell’ambito dell’insufficienza cardiaca. Lo studio osservazionale FIX-HF 3, pubblicato nel 2004, ha arruolato 22 pazienti ed ha dimostrato, dopo 8 settimane dall’impianto, un miglioramento della qualità di vita, della frazione di eiezione, della capacità funzionale e della classe NYHA50. Il trial FIX-HF 4 ha confrontato la terapia medica ottimizzata con la modulazione della contrattilità cardiaca in aggiunta alla terapia medica ottimizzata51. Sono stati inclusi 164 pazienti affetti da insufficienza cardiaca con frazione di eiezione <35% e classe NYHA II o III, che non avessero indicazione a terapia di resincronizzazione cardiaca. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: un primo gruppo veniva sottoposto a 12 settimane di dispositivo acceso e successive 12 settimane di dispositivo spento; il secondo gruppo invece manteneva il dispositivo spento nelle prime 12 settimane e acceso nelle successive 12 settimane. A 24 mesi il consumo di picco di ossigeno e la qualità di vita erano migliori durante il periodo in cui il dispositivo era accesso rispetto a quando veniva spento51. FIX-HF 5 ha confrontato la terapia medica con la modulazione della contrattilità in 428 pazienti con frazione di eiezione <35%, classe NYHA III-IV, QRS <130 ms, in terapia medica ottimizzata da almeno 3 mesi. A 1 anno è stato descritto un miglioramento della classe NYHA, della capacità di esercizio e della qualità di vita nei pazienti con modulatore della contrattilità52,53. Lo studio confermativo FIX-HF 5C ha arruolato 160 pazienti in classe NYHA III-IV, con QRS <130 ms ed FEVS tra 25% e 45%, sintomatici nonostante terapia medica ottimizzata ed ha riportato un miglioramento della qualità di vita, della tolleranza all’esercizio ed una riduzione delle ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca nei pazienti trattati con il dispositivo54.

Nelle linee guida europee il dispositivo di modulazione della contrattilità cardiaca è riportato come possibile opzione terapeutica in pazienti con QRS <130 ms e FEVS tra 25% e 45% allo scopo di migliorare la qualità di vita e la capacità funzionale2 (Figura 2).

VENTRICOLOPLASTICA

La cardiopatia ischemica determina un progressivo rimodellamento del ventricolo sinistro, che si può manifestare con l’espansione della parete interessata e perdita della tipica forma conica. Questo determina un incremento della pressione telediastolica ventricolare sinistra ed una riduzione della contrattilità ventricolare. L’alterazione della geometria ventricolare può causare, inoltre, l’insufficienza mitralica funzionale. La procedura di ventricoloplastica ha l’obiettivo di ridurre il volume ventricolare e ripristinare la morfologia a cono del ventricolo sinistro, ed eventualmente ridurre il rigurgito mitralico. Esistono diversi sistemi di ventricoloplastica transcatetere.

Il Revivent TC Ventricular Enhancement System (BioVentrix) richiede due accessi: un primo accesso attraverso la parete toracica (minitoracotomia) e la parete libera del ventricolo sinistro; il secondo accesso attraverso la vena giugulare per raggiungere il ventricolo destro. Una guida viene fatta passare dal ventricolo sinistro al ventricolo destro, dove viene catturata con uno snare trilobato inserito attraverso l’accesso giugulare. Sulla guida vengono quindi inserite delle ancorette in titanio che permettono di escludere (creando una plicatura) l’area aneurismatica. I dati iniziali ottenuti in 11 pazienti hanno documentato risultati soddisfacenti in termini di sicurezza ed efficacia fino ad 1 anno di follow-up55. La procedura si associa inoltre a miglioramento della classe NYHA e della capacità funzionale, alla riduzione del rigurgito mitralico e al miglioramento della frazione di eiezione56,57. Il trial BRAVE-TC (ventricular enhancement for the Revivent-TC System) è in corso ed ha l’obiettivo di valutare l’efficacia a lungo termine in pazienti affetti da cardiopatia ischemica con FEVS <45%, volume telesistolico indicizzato ≥50 ml/m2 e classe NYHA III-IV nonostante terapia medica ottimizzata.

Il dispositivo Parachute (CardioKinetix) è costituito da una membrana in politetrafluoroetilene a forma conica, con uno scheletro in nitinolo (Figura 2). L’impianto avviene via arteria femorale in apice ventricolare sinistro dove il dispositivo si apre a paracadute e si fissa al miocardio con delle ancorette. Il PARACHUTE IV è lo studio che ha dimostrato sicurezza ed efficacia del dispositivo in 34 pazienti fino a 3 anni di follow-up58.

AccuCinch (Ancora Heart) è un sistema che viene posizionato via arteria femorale e consiste nell’impianto di 12-16 ancorette 1-2 cm sotto l’anulus mitralico formando un arco di 220°. Attraverso le ancorette viene stretto un filo che permette di ridurre la circonferenza del ventricolo. Lo studio CORCINCH-HF, in corso, ha lo scopo di valutare sicurezza ed efficacia di AccuCinch in pazienti con HFrEF senza vizio valvolare mitralico (NCT04331769).

Le linee guida europee non riportano indicazioni riguardo a questo tipo di dispositivo in quanto i dati a disposizione sono molto limitati. L’indicazione potrebbe ricadere in futuro su pazienti con HFrEF sintomatici nonostante tutte le terapie convenzionali e dilatazione aneurismatica del ventricolo sinistro (Figura 2).

TRATTAMENTO DELLE VALVULOPATIE SECONDARIE A INSUFFICIENZA CARDIACA

Trattamento transcatetere dell’insufficienza mitralica secondaria

L’insufficienza mitralica funzionale è secondaria al rimodellamento delle camere sinistre del cuore e alla alterazione della geometria dell’apparato sottovalvolare e/o dilatazione/disfunzione anulare. È stato ipotizzato che essa possa avere un ruolo nella progressione dello scompenso cardiaco e nell’innesco del circolo vizioso determinato dal sovraccarico di atrio e ventricolo sinistro.

Il sistema MitraClip (Abbott) permette di correggere l’insufficienza mitralica per via percutanea (vena femorale e puntura transettale) mediante approssimazione dei due lembi mitralici con tecnica “edge-to-edge”. Il dispositivo di quarta generazione consente di personalizzare la terapia essendo disponibile in quattro diverse misure e permette una cattura indipendente dei lembi valvolari. Numerosi studi osservazionali hanno dimostrato sicurezza ed efficacia del dispositivo59,60. Lo studio randomizzato COAPT ha dimostrato per la prima volta che la correzione dell’insufficienza mitralica secondaria mediante sistema MitraClip in pazienti con FEVS ridotta riduce le ospedalizzazioni ricorrenti dovute ad insufficienza cardiaca (endpoint primario) e la mortalità61. Lo studio MITRA-FR, pubblicato simultaneamente al COAPT, non ha mostrato differenze tra il gruppo trattato con MitraClip rispetto al gruppo mantenuto in sola terapia medica ottimizzata62. Diverse ipotesi sono state avanzate per spiegare le differenze tra i due studi. La più plausibile sembra essere quella legata alla differenza in termini di popolazioni incluse63.

Il sistema Pascal (Edwards) è un altro sistema di correzione percutanea “edge-to-edge” dell’insufficienza mitralica che presenta alcune differenza da MitraClip tra cui la maggior flessibilità del sistema e lo spacer centrale. Le evidenze scientifiche riguardanti Pascal sono, per motivi temporali, più limitate, ma molto promettenti64.

La sostituzione valvolare mitralica transcatetere con protesi biologica è gravata da alcune problematiche tecniche quali l’ancoraggio e il rischio di ostruzione del tratto di efflusso ventricolare sinistro. Tuttavia, risultati promettenti, sebbene limitati, sono stati riportati in gruppi selezionati di pazienti con scompenso cardiaco65,66.

Le linee guida europee riportano la riparazione percutanea “edge-to-edge” dell’insufficienza mitralica secondaria nei pazienti con HFrEF come un trattamento che dovrebbe essere preso in considerazione (classe di raccomandazione IIa, livello di evidenza B) in pazienti selezionati: sintomatici, in terapia medica ottimizzata e che rispondano ai criteri dello studio COAPT. Una raccomandazione di classe IIb con livello di evidenza C è riportata per i pazienti non-COAPT in alternativa alla sola terapia medica o come bridge a terapie avanzate2 (Figura 2).

Trattamento transcatetere dell’insufficienza tricuspidale secondaria

L’insufficienza tricuspidale funzionale può essere secondaria al rimodellamento delle camere destre del cuore come conseguenza di HFpEF o HFrEF. L’ipertensione polmonare post-capillare determina sovraccarico ventricolare destro, alterazione della geometria ventricolare e dilatazione anulare. L’insufficienza tricuspidale è associata a prognosi infausta in pazienti con insufficienza cardiaca. Non è tuttavia chiaro se trattando l’insufficienza tricuspidale si possa migliorare l’outcome di questi pazienti.

Negli ultimi anni sono state sviluppate diverse tecniche per il trattamento percutaneo dell’insufficienza tricuspidale: riparazione “edge-to-edge”, anuloplastica, sostituzione eterotopica e ortotopica67. Diversi studi osservazionali hanno dimostrato la sicurezza e l’efficacia di questi dispositivi in termini di riduzione del rigurgito tricuspidale, miglioramento dei sintomi e riduzione delle dosi di diuretico68,69. Uno studio retrospettivo di confronto “propensity matched” tra trattamento percutaneo e terapia conservativa ha riportato un possibile vantaggio di questi dispositivi in termini di sopravvivenza e ospedalizzazioni per scompenso cardiaco70.

Le linee guida europee per lo scompenso cardiaco non riportano specifiche indicazioni su questi dispositivi2. Le linee guida europee per le valvulopatie riportano il loro utilizzo come indicato in classe IIb (può essere preso in considerazione) con livello di evidenza C (consenso degli esperti) in pazienti molto selezionati71 (Figura 2).

SUPPORTI MECCANICI PER LO SCOMPENSO CARDIACO AVANZATO

La prevalenza dello scompenso avanzato è aumentata nelle ultime decadi grazie al miglioramento del trattamento nelle fasi più precoci di malattia, ma la mortalità annua rimane elevata72,73.

L’associazione dello scompenso cardiaco (HFA) della Società Europea di Cardiologia (ESC) ha di recente stilato specifici criteri che permettono l’identificazione di pazienti con scompenso cardiaco avanzato (Tabella 2), allo scopo di promuoverne l’inquadramento e il riferimento precoce a centri di terzo e quarto livello per opzioni terapeutiche avanzate2.




Supporti meccanici a breve termine

Nel paziente con scompenso cardiaco avanzato, i supporti meccanici a breve termine consentono di vicariare transitoriamente le funzioni di circolo svolgendo funzione di bridge, più spesso verso terapie specifiche (es. trapianto o impianto di supporti meccanici a lungo termine), talvolta verso il miglioramento delle condizioni cliniche (recovery).

I dispositivi più frequentemente impiegati sono riassunti in Tabella 3 e di seguito discussi74,75.




Il contropulsatore aortico (IABP) è costituito da un pallone di volume variabile (da 30 a 50 ml a seconda della corporatura del paziente) gonfiato ad elio. Grazie al sincronismo con la traccia elettrocardiografica, svolge un’azione ciclica di gonfiaggio – in diastole – e sgonfiaggio – in sistole –, cui si deve l’effetto emodinamico. Pur producendo soltanto un modesto incremento della gittata cardiaca, lo IABP aumenta il flusso coronarico e riduce il sovraccarico ventricolare sinistro (effetto definito di “unloading”, benefico indipendentemente dall’eziologia – ischemica e non – dello scompenso e dalla presenza di shock cardiogeno76). Questo dispositivo è tuttavia limitato dalla scarsa potenza, che lo rende inadatto al supporto di pazienti in stato di shock severo74. Inoltre, è controindicato in caso di insufficienza aortica severa. Lo studio IABP-SHOCK II ha randomizzato pazienti con shock post-infarto miocardico a riperfusione coronarica isolata vs riperfusione e supporto con IABP, dimostrando una sostanziale equipollenza dei due approcci rispetto all’endpoint primario, la mortalità per tutte le cause a 30 giorni77. Pur influenzato da svariate limitazioni74,75, lo studio ha condizionato un notevole ridimensionamento delle raccomandazioni a favore dello IABP, il cui utilizzo routinario nel paziente con shock cardiogeno è attualmente non raccomandato77. Ciononostante, nella pratica, l’impiego di questo dispositivo rimane una valida opzione nei pazienti meno gravi (es. in stato di pre-shock)74, anche in relazione al basso costo e alla limitata complessità gestionale.

La famiglia Impella (Abiomed) comprende una gamma di pompe micro-assiali in grado di movimentare un flusso ematico continuo dalla camera ventricolare al condotto arterioso a valle. I modelli oggi maggiormente impiegati sono due per il cuore sinistro (CP e 5.0) ed uno per il destro (RP). Tutti, ad eccezione del modello 5.0, sono posizionati per via percutanea, usualmente femorale. Il modello 5.0 viene invece impiantato per via chirurgica, solitamente con accesso ascellare. L’entità del supporto è variabile in base alle condizioni cliniche e di carico, ma può arrivare a vicariare pressoché interamente la gittata cardiaca fisiologica. In pazienti con shock post-ischemico, l’Impella ha dimostrato di garantire un maggior supporto emodinamico rispetto a IABP78. Tuttavia, gli studi disponibili non hanno dimostrato differenze tra Impella e IABP in termini di sopravvivenza78,79. Ciononostante, la maggiore intensità di supporto e la significativa capacità di “unloading” rendono questi dispositivi particolarmente indicati in pazienti in shock franco74,75. La complessità gestionale e il rischio di complicanze vascolari non sono trascurabili, ed esiste il rischio di dislocazione del dispositivo ed emolisi. Date le sue caratteristiche, l’Impella è in grado di offrire soltanto un supporto univentricolare. In caso di disfunzione biventricolare, tuttavia, è possibile combinare l’uso di dispositivi destri e sinistri (es. CP ed RP), perseguendo la strategia definita “BiPELLA”. Il panorama degli studi clinici focalizzati sui supporti della famiglia Impella è in continuo sviluppo. Ad esempio, il BTR-EFS (NCT05291884) sta testando la fattibilità dell’uso di Impella BTR, un nuovo dispositivo della famiglia Impella impiantato per via ascellare e di dimensioni più contenute, specificamente concepito come “bridge to recovery” per pazienti con scompenso avanzato.

Il VA-ECMO è un dispositivo in grado di prelevare sangue dal versante venoso e reimmetterlo sul versante arterioso. Grazie all’azione di un ossigenatore a membrana incluso nel circuito, garantisce altresì l’arterializzazione del sangue prelevato, che viene arricchito in ossigeno e depauperato in anidride carbonica. La potenza del supporto è elevata (fino a 6 l/min di gittata). Offre due principali vantaggi rispetto ai dispositivi sopra citati: è in grado di garantire un supporto biventricolare e consente di vicariare la funzione di scambio polmonare. D’altra parte, è un dispositivo la cui azione si espleta incrementando il postcarico sul ventricolo sinistro74. Conseguentemente, il suo impiego viene sovente associato a strategie aggiuntive di “unloading” ventricolare sinistro, siano esse di carattere chirurgico (es. drenaggio diretto del ventricolo sinistro dall’apice) o percutaneo (es. impianto in combinazione con Impella oppure venting transettale80). Questa strategia può rivelarsi essenziale specie se l’impiego è prolungato. Ad oggi, l’uso del VA-ECMO è stato prevalentemente oggetto di studi non randomizzati e condotti soprattutto su pazienti in shock post-ischemico, che ne hanno dimostrato l’efficacia come bridge a terapie successive o “recovery”81. Sono tuttavia in corso diversi studi randomizzati sia per valutare l’efficacia del VA-ECMO in sé (NCT03813134) che quella della combinazione di ECMO ed Impella (NCT03431467).

Insieme ai precedenti, vanno citati alcuni dispositivi di minore diffusione e prevalentemente riservati a contesti post-chirurgici, quali le pompe extracorporee TandemHeart e Centrimag. TandemHeart (Cardiac Assist, Inc.) instaura un bypass artificiale tra l’atrio sinistro e l’arteria femorale, garantendo flussi fino a 4 l/min e scaricando efficacemente il ventricolo sinistro. Il suo impianto è gravato da complessità tecnica e rischio di complicanze emorragiche. Centrimag (St. Jude) è impiantato chirurgicamente ed è in grado di offrire un supporto sinistro, destro o biventricolare. Il suo uso, differentemente dai precedenti sistemi, è approvato fino a 30 giorni. Takeda et al.82 hanno proposto una configurazione mini-invasiva integrata ad ECMO, che prevede il posizionamento di una cannula venosa femorale, una cannula arteriosa ascellare e una cannula arteriosa impiantata in ventricolo sinistro con minitoracotomia.

L’impiego dei supporti meccanici a breve termine nei pazienti con scompenso cardiaco avanzato è riservato ai profili clinici con prognosi più sfavorevole: non solo quelli con shock cardiogeno, ma anche quelli in progressivo declino o dipendenti da inotropi: classi INTERMACS da 1 a 3. In questi contesti, sono infatti considerati possibili “modificatori” del profilo clinico2. In casi molto selezionati, l’utilizzo dei supporti a breve termine può essere applicato alla classe INTERMACS 4. La selezione del dispositivo più appropriato è difficilmente standardizzabile e va personalizzata, tenendo in considerazione anche disponibilità ed esperienza del centro74.

Supporti meccanici a lungo termine

Storicamente l’unica opzione terapeutica definitiva per i pazienti con scompenso cardiaco avanzato era rappresentata dal trapianto cardiaco. Negli ultimi 15 anni, in alternativa al trapianto di cuore, che rimane il “gold standard” seppur limitato da scarsa disponibilità d’organi e indicazioni molto stringenti, si è fatta strada la possibilità di utilizzare i supporti meccanici al circolo a lungo termine, dispositivi di assistenza ventricolare sinistra (LVAD), come percorso alternativo in attesa di ricevere un organo o di risolvere le controindicazioni al trapianto, se transitorie (“bridge to transplant” e “bridge to candidacy”), oppure come percorso definitivo nei pazienti esclusi dal percorso trapiantologico (“destination therapy”).

I LVAD sono dispositivi disegnati per supportare o sostituire totalmente la portata cardiaca del ventricolo sinistro in modo da garantire un’adeguata perfusione degli altri organi. Il dispositivo rimuove il sangue dalla cavità ventricolare, il più delle volte con una cannula posizionata nell’apice ventricolare sinistro, su cui viene montata la pompa, e lo reimmette in aorta ascendente. I LVAD possono generare flussi ematici fino a 10 l/min83,84. I LVAD di prima generazione erogavano il flusso ematico in maniera pulsatile, prima come dispositivi paracorporei e poi internalizzati. Il primo studio clinico randomizzato che ha dimostrato l’efficacia di un LVAD pulsatile (HeartMate XVE, Abbott) è stato lo studio REMATCH che è stato pubblicato nel 2001 e rimane l’unico studio ad oggi a dimostrare l’efficacia di LVAD rispetto alla sola terapia medica85. Tuttavia, il dispositivo ha dimostrato nel tempo problemi di funzionamento e di durabilità con frequente necessità di sostituzione. Il grande passo in avanti dal punto di vista tecnologico si è visto con il passaggio dalla tecnologia pulsatile a quella a flusso continuo che ha permesso di ottenere dispositivi più duraturi, di dimensioni più contenute e posizionamento più semplice83,84,86. Il primo dispositivo a flusso continuo approvato è stato l’HeartMate II (Abbott), che presenta una configurazione assiale e che in tre principali studi clinici ha dimostrato la sua superiorità nei confronti del vecchio LVAD a flusso pulsatile ottenendo pertanto l’approvazione sia con indicazione “bridge to transplant” che “destination therapy”87-89. L’alimentazione della pompa avviene attraverso un cavo (driveline) che fuoriesce dalla parete addominale dove si connette alle batterie di alimentazione e al controller. Più recentemente si sono resi disponibili nuovi dispositivi a configurazione centrifuga, che sono interamente posizionabili nello spazio intrapericardico. Il primo approvato, l’HeartWare HVAD (Medtronic Corp.), ha dimostrato nello studio ENDURANCE la non inferiorità rispetto all’HeartMate II nei confronti dell’endpoint primario, seppur con un maggior tasso di ictus e di disfunzione ventricolare destra90. L’ultimo passo nel progresso tecnologico è rappresentato dall’HeartMate 3 (Abbott), LVAD intrapericardico centrifugo a flusso continuo e a lievitazione magnetica completa, disegnato per ridurre al massimo le trombosi del dispositivo e pertanto il malfunzionamento della pompa (Figura 2). I risultati dello studio randomizzato MOMENTUM 3, pubblicato nel 2017, hanno confermato il raggiungimento di questo obiettivo con nessuna trombosi del LVAD riportata nei primi 6 mesi91. I dati di follow-up a 5 anni sono stati presentati all’ultimo congresso dell’ESC e hanno riportato una sopravvivenza al trapianto o “recovery” libera da ictus disabilitante o necessità di sostituzione della pompa del 54% per HeartMate 3 vs 29.7% per HeartMate II. Anche gli ictus, le emorragie e le trombosi del LVAD sono state meno frequenti con HeartMate 392.

Il miglioramento del processo di selezione dei pazienti e della gestione della fase postoperatoria associata al progresso tecnologico e il conseguente miglioramento della performance dei dispositivi, ha garantito un progressivo miglioramento della sopravvivenza attesa dei pazienti trattati con LVAD e della loro qualità di vita93. I dati più recenti del registro INTERMACS statunitense riportano una sopravvivenza a 1 anno superiore all’80% (sovrapponibile a quella dei pazienti trapiantati) e a 5 anni superiore al 40%94. La sopravvivenza media in epoca pre-HeartMate 3 era 7.1 anni95. Questi dati, per certi versi sorprendenti, hanno determinato una crescita progressiva dei dispositivi impiantati, sia negli Stati Uniti (3198 impianti nel 2019) che in Europa, soprattutto con indicazione “destination therapy”94.

Le recenti linee guida ESC sullo scompenso cardiaco delineano le caratteristiche del potenziale candidato ad impianto di LVAD, con possibili indicazioni “bridge to transplant”, “bridge to candidacy” o “destination therapy” (Tabella 4).




Il paziente candidato ideale dovrebbe trovarsi in classe INTERMACS di severità dello scompenso cardiaco tra 2 e 4, o superiore se presenti criteri di rischio (ospedalizzazioni ricorrenti, progressiva insufficienza d’organo, congestione refrattaria, incapacità ad eseguire test cardiopolmonare o consumo di ossigeno di picco <12 ml/kg/min e/o <50% del valore predetto)2. Anche i pazienti in classe INTERMACS 1 che recuperano la funzionalità degli organi extracardiaci durante supporto meccanico al circolo a breve termine possono essere presi in considerazione per LVAD2.

CONCLUSIONI

I nuovi dispositivi per il trattamento dello scompenso cardiaco cronico rappresentano uno strumento importante per migliorare i sintomi, la qualità di vita ed, in alcuni casi, la prognosi dei pazienti, quando le strategie convenzionali non sono efficaci. La terapia diuretica guidata da monitoraggio invasivo e la decompressione atriale sinistra possono essere utilizzati per trattare la congestione polmonare. La modulazione della perfusione renale e il trattamento dell’insufficienza tricuspidale potrebbero avere un ruolo nel trattamento della congestione sistemica. La modulazione della contrattilità e l’attivazione barorecettoriale sarebbero da considerare nei pazienti con HFrEF che non hanno indicazione alla resincronizzazione cardiaca. La riparazione “edge-to-edge” dell’insufficienza mitralica secondaria è ormai indicata in specifici sottogruppi di pazienti. Infine, grazie all’avanzamento tecnologico e agli ottimi risultati osservati con i dispositivi di nuova generazione, i supporti meccanici a lungo termine per i pazienti con scompenso cardiaco avanzato sono da considerarsi non più solo un trattamento di bridge al trapianto cardiaco ma sempre più spesso, per pazienti ben selezionati, una terapia definitiva.

RIASSUNTO

La terapia farmacologica rappresenta la pietra miliare del trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica. Tuttavia, negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi dispositivi per il monitoraggio ed il trattamento dei pazienti con scompenso cardiaco che vanno ad integrarsi ai farmaci in uso. La congestione polmonare e sistemica, il rimodellamento ventricolare, l’attivazione neurormonale, la ridotta contrattilità cardiaca e la ridotta portata cardiaca sono i principali target fisiopatologici di tali dispositivi. Lo scopo di questa rassegna è quello di riassumere il razionale, il funzionamento, le evidenze scientifiche a supporto e le attuali potenziali indicazioni di utilizzo di questi nuovi dispositivi per il trattamento dei pazienti con insufficienza cardiaca.

Parole chiave. Dispositivi; Monitoraggio; Scompenso cardiaco; Trattamento.

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