In questo numero

editoriali




Quando implementare le linee guida nella pratica clinica può essere una sfida

Uno dei momenti più emozionanti del Congresso Europeo di Cardiologia è la presentazione delle nuove linee guida. Quest’anno a Barcellona sono state presentate, destando fin dal principio interesse e discussione, le nuove linee guida per la gestione perioperatoria della chirurgia non cardiaca. Si tratta di un argomento molto complesso perché gli studi in questo ambito sono pochi e non sempre metodologicamente perfetti. Inoltre, sono coinvolte plurime figure professionali e soprattutto si tratta di cercare di standardizzare comportamenti tra diverse branche della medicina molto differenti tra loro. Una delle maggiori novità di queste linee guida è stato il suggerimento di misurare sistematicamente i biomarker cardiaci per cercare di identificare i casi di infarto perioperatorio. Nel suo editoriale di accompagnamento Stefano Urbinati analizza e sviscera questo punto e le sue potenziali implicazioni, sottolineando come le ricadute gestionali non siano trascurabili mentre il potenziale beneficio ancora tutto da dimostrare. •




Le prime linee guida sulla cardio-oncologia

La cardio-oncologia sta ricevendo negli ultimi anni un enorme e crescente interesse clinico ed editoriale. A formalizzare questa evidenza è la recentissima pubblicazione delle prime specifiche linee guida europee, presentate durante il Congresso della Società Europea di Cardiologia dell’agosto scorso, che forniscono raccomandazioni e indicazioni in un settore profondamente in divenire e che, come segnalato, risulta ad oggi condizionato da una bassissima percentuale di evidenze di classe A. Il dettagliato e appassionato commento fornito dall’Area CardioOncologia dell’ANMCO, coordinato da Irma Bisceglia, ne delinea i punti chiave, sottolineando anche alcune potenziali criticità applicative rispetto ad alcuni scenari di non facile contestualizzazione nella realtà clinica. Rappresenta un prezioso allegato alle linee guida, utile al cardiologo clinico per orientarsi in una materia intrinsecamente articolata e complessa che le linee guida hanno cercato di ordinare, evidenziando le certezze (poche) e le incertezze (molte) che presentano i vari percorsi diagnostici, valutativi e terapeutici. •




Il ventennale delle reti per l’infarto in Italia

Il documento di consenso federativo ANMCO e SIC sulla gestione in rete dell’infarto miocardico acuto pubblicato nel Giornale nel 2002 ha dato un impulso determinante alla costituzione delle reti per l’emergenza coronarica in Italia. Il ruolo delle società scientifiche è stato di stimolo e supporto tecnico fondamentale per le istituzioni sanitarie. A distanza di 20 anni l’ANMCO ha voluto celebrare questa ricorrenza in un evento svolto a Firenze lo scorso mese di luglio. Stefania Angela Di Fusco et al. in questo editoriale ripercorrono la storia appassionante dei progressi nella cura dell’infarto avvenuti dal 2002 ad oggi e le prospettive per il futuro. Grazie alla gestione in rete e all’implementazione dell’angioplastica primaria, insieme alla teletrasmissione dell’ECG dal territorio, in tutte le regioni italiane la mortalità intraospedaliera dell’infarto si è significativamente ridotta. I diversi registri dell’ANMCO promossi in questi 20 anni hanno fotografato con chiarezza questi gratificanti risultati. Non è però possibile adagiarsi sugli allori e non mancano le criticità da risolvere. Le reti per funzionare hanno bisogno di manutenzione e la connettività informatica dei diversi anelli della rete resta ancora subottimale. Il passo successivo è quello di estendere il modello della gestione in rete dell’infarto anche alle altre emergenze-urgenze cardiologiche per le quali la mortalità è ancora elevata e di integrare la fase acuta ospedaliera con quella post-dimissione. •

pdta in cardiologia




Un modello da perseguire a livello nazionale

Capita spesso di ricordarsi della morte cardiaca improvvisa solo quando coinvolge gli sportivi sui campi da gioco. La realtà però è ben differente e, lontano dalla sfera mediatica, esistono diversi casi di giovani vite perse senza una corretta diagnosi. Diagnosi che purtroppo non può contribuire a salvare la vita del soggetto in questione perché postuma, ma può invece avere molteplici ricadute positive per i familiari. In questo numero del Giornale Stefano D’Errico
et al.
riportano lo schema organizzativo e i primi dati del registro regionale Friuli Venezia Giulia delle morti cardiache improvvise in età giovanile (età <50 anni). Si tratta di un modello già attivo anche in altre realtà regionali ma che dovrebbe essere esteso a livello nazionale. Gli autori descrivono i principali snodi decisionali e organizzativi e i risultati, importanti, dei primi casi. •

rassegne




Quale impatto ha il sesso nella gestione delle malattie coronariche?

Se per alcuni fattori di rischio cardiovascolare è ben nota la differente prevalenza ed incidenza nei due sessi, meno definito è l’impatto che uno stesso fattore di rischio ha nei pazienti di sesso maschile e in quelli di sesso femminile. Inoltre, sebbene studi osservazionali abbiano riportato una diversa presentazione clinica della malattia coronarica nei due sessi, non vi sono indicazioni specifiche in termini di inquadramento diagnostico di questa patologia nei due sessi. La rassegna di Antonino Di Franco et al., dopo una sintetica analisi delle differenti manifestazioni cliniche e dei meccanismi fisiopatologici che caratterizzano la malattia coronarica nei due sessi, focalizza l’attenzione sulle differenze dal punto di vista terapeutico. L’articolo riporta i dati disponibili in letteratura in merito ai differenti outcome delle procedure percutanee e di quelle chirurgiche nei due sessi. Inoltre, un paragrafo è dedicato all’impatto della concordanza nel genere tra medico e paziente sulla gestione diagnostico-terapeutica delle malattie coronariche. •




Uso di droghe per via endovenosa: qual è il rischio di endocardite?

Le infezioni sono la principale causa di morte tra le persone che assumono stupefacenti per via endovenosa. Tra le infezioni l’endocardite rappresenta una delle complicanze più temibili. Paolo Crociani e Luciano Schivazappa nella loro rassegna riportano i dati epidemiologici degli ultimi 20 anni desunti da studi clinici nordamericani ed europei. Il primo dato più eclatante è il rilevante aumento dell’incidenza di endocardite infettiva, stimata sino all’1% tra quanti fanno uso di droghe per via endovenosa. In particolare, in circa il 25% dei casi di endocardite infettiva, l’infezione interessa individui che fanno uso di stupefacenti per via endovenosa. Tra le caratteristiche cliniche dei pazienti con endocardite infettiva associata ad uso di stupefacenti per via endovenosa vi è un’età media inferiore rispetto a quanti hanno un’endocardite ma non usano stupefacenti. Il microrganismo patogeno più comune in questa popolazione di pazienti è lo Staphylococcus aureus e nel 6-10% dei casi l’endocardite è ad eziologia polimicrobica. Inoltre, nella rassegna viene evidenziato come la mortalità intraospedaliera tra quanti con endocardite infettiva hanno una storia di uso di stupefacenti per via endovenosa è simile alla mortalità riportata tra quanti non hanno una storia di uso di stupefacenti. Questo dato è di particolare importanza in considerazione dell’età media inferiore tra quanti fanno uso di stupefacenti. •




Gliflozine, cuore e rene

È noto che le gliflozine, inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2, hanno dimostrato di esercitare notevoli effetti positivi a livello cardiaco e renale in vari studi clinici controllati e randomizzati, eseguiti in pazienti con diabete mellito di tipo 2 e con scompenso cardiaco. Tuttavia, i meccanismi in grado di spiegare nel dettaglio i loro benefici non sono ancora ben chiari. Glicosuria, natriuresi e riduzione dell’iperfiltrazione glomerulare e dell’attivazione del sistema renina-angiotensina sono i meccanismi maggiormente studiati. Edoardo Gronda et al. presentano una completa rassegna che mette insieme le evidenze cliniche con i possibili meccanismi di base legati al successo di questa classe di farmaci, che meritano un uso sempre maggiore in Cardiologia. •

caso clinico




Mitrale, calcio e… “cacio”

Per quanto rara la calcificazione caseosa dell’anulus mitralico è una variante degenerativa dell’anulus da tenere a mente e riconoscere quando presente. Coinvolge principalmente la regione posteriore dell’anulus e si riscontra più frequentemente associata ad ipercolesterolemia nelle donne anziane o nei giovani con nefropatia o disordini metabolici del calcio o del fosforo. All’ecocardiogramma appare come una massa ecodensa, rotonda, contenente aree centrali iperecogene simili alla liquefazione e senza flusso al color Doppler, ma il “gold standard” diagnostico è la risonanza magnetica cardiaca. È considerata una condizione benigna in quanto potrebbe andare incontro a calcificazione completa. Talvolta però può determinare disfunzione della valvola, come nel caso descritto da Luca Rodella et al., in cui si è resa necessaria la sostituzione valvolare a causa della severità dell’insufficienza mitralica. •

position paper




La cardioncogeriatria: una nuova branca della medicina per gestire scenari clinici complessi

L’invecchiamento porta con sé tutta una serie di processi fisiopatologici che favoriscono sia le malattie oncologiche che quelle cardiovascolari. Con il progressivo incremento della vita media della popolazione globale i pazienti geriatrici con malattia oncologica sono anch’essi in aumento. Si tratta di una categoria di pazienti particolarmente complessi, poco rappresentati negli studi clinici e per i quali non vi sono linee guida specifiche. Nel position paper dell’ANMCO dedicato a questo specifico campo della cardiologia, Irma Bisceglia et al. discutono del ruolo di una serie di condizioni cliniche che soprattutto nell’anziano sono associate ad un aumentato rischio sia di malattia neoplastica che cardiovascolare. L’articolo illustra in maniera paradigmatica il cosiddetto effetto “snowball” dei fattori di rischio e dei trattamenti. Viene, inoltre, sottolineata l’importanza di una valutazione multidimensionale nel paziente anziano oncologico. Altro aspetto di cui si occupa il position paper è lo screening per la fragilità in Cardiologia mirato ad identificare i pazienti a più alto rischio di complicanze e peggioramento della disabilità. Infine, un’attenzione particolare viene data ad alcune patologie cardiologiche più comuni nell’anziano come la stenosi aortica e la fibrillazione atriale, la cui gestione diviene più complicata in caso di coesistenza di neoplasia. •

imaging integrato
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Dottore, e se fosse un effetto collaterale del vaccino?

Partendo dal sospetto clinico e dall’ECG, vengono utilizzate in modo sequenziale diverse metodiche di imaging cardiovascolare, evidenziando per ciascuna di esse i pro, i contro e il valore aggiunto nello specifico caso clinico, fino a giungere alla diagnosi corretta e al trattamento più appropriato. •