In questo numero

cinquantenario del gic




50 anni di ricerca per la cura dell’ipercolesterolemia

Negli ultimi decenni, i considerevoli progressi in campo cardiovascolare hanno portato allo sviluppo di farmaci sempre più potenti ed efficaci nella prevenzione delle malattie aterosclerotiche. In quest’ambito, la ricerca mirata al trattamento dell’ipercolesterolemia, fattore di rischio causale delle lesioni aterosclerotiche, è stata particolarmente prolifica. Nell’articolo dedicato al cinquantenario del GIC, Paolo Calabrò et al. ripercorrono la storia della terapia dell’ipercolesterolemia degli ultimi 50 anni, partendo dall’identificazione dell’enzima HMG-CoA reduttasi come target terapeutico delle statine fino a discutere del silenziamento genico come innovativa strategia terapeutica che si affaccia all’orizzonte. Il lavoro è anche occasione per focalizzare l’attenzione sui target terapeutici raccomandati dalle ultime linee guida e sull’approccio indicato nelle stesse per il raggiungimento dei target nei pazienti ad altissimo rischio cardiovascolare. Un approccio mirato alla riduzione del colesterolo in maniera efficiente e senza ritardi. •

covid-19 e cardiologia




Expert consensus SIC: Long COVID/PASC

L’abbreviazione PASC (“sequele post-acute dell’infezione da SARS-CoV-2”) definisce una costellazione di sintomi e segni che possono insorgere, ovvero persistere, dopo il recupero dall’infezione acuta da SARS-CoV-2. Di solito il quadro clinico di PASC presenta una durata di 4-12 settimane, ma talora anche superiore. Il paziente può lamentare cardiopalmo, dolori toracici, dispnea da sforzo e scarsa tolleranza all’esercizio. Possono manifestarsi alterazioni ECG, ecocardiografiche, alla risonanza magnetica e bioumorali (aumento della troponina, ecc.). In caso di PASC-CVD (cardiovascular disease) è possibile diagnosticare una vera e propria “malattia” (miocardite, pericardite, ischemia miocardica, disfunzione microvascolare, cardiomiopatia non ischemica, tromboembolismo, aritmie, ecc.). In caso di PASC-CVS (cardiovascular syndrome) possono essere presenti svariati sintomi e/o segni, in assenza di una chiara diagnosi di malattia. Ciro Indolfi et al. presentano un documento di consenso della Società Italiana di Cardiologia su questo importante ed attuale argomento. •

pdta in cardiologia




Districarsi nella giungla dei test genetici per le cardiomiopatie pediatriche

Gli ultimi anni sono stati caratterizzati dall’ingresso dei test genetici per molte patologie cardiache. Partendo dalla cardiomiopatia ipertrofica, all’amiloidosi cardiaca, attraverso patologie prettamente aritmologiche quali la sindrome di Brugada o le canalopatie. Anche in ambito cardiologico pediatrico, i test genetici stanno acquisendo un ruolo cruciale per il corretto inquadramento diagnostico e la conseguente terapia. La grande differenza con le patologie dell’adulto è che le forme pediatriche sono più rare, i dati sono meno standardizzati e le implicazioni diagnostiche e terapeutiche più complesse. Per questo motivo la Società Italiana di Cardiologia Pediatrica (SICP) ha ritenuto idoneo produrre un documento che possa aiutare i medici in prima linea a un uso più standardizzato dei test genetici. In questo numero del Giornale, Francesca Girolami et al. a nome della SICP riassumono in una veste molto pratica e intuitiva i principali nodi clinici in cui richiedere i test genetici, come interpretarli e gestire di conseguenza le informazioni cliniche ottenute. •




Il cardiologo per il chirurgo… mettiamo ordine altrimenti occorre il Dottor Azzeccagarbugli!

Quando il chirurgo chiama il cardiologo prima dell’intervento spesso la cartella è bianca, l’intervento in programma non è noto, il paziente non è ben informato… e la consulenza non è appropriata. Annarita Pilleri et al. presentano la loro vastissima e pluriennale esperienza sulle consulenze cardiologiche preoperatorie in un’ampia serie di contesti chirurgici diversi di un centro di riferimento regionale. Gli autori sottolineano l’annoso problema che la consulenza spesso non è motivata dal rischio operatorio del paziente e non trascurabile, soprattutto nelle classi a minor rischio, è l’inappropriatezza. In realtà quando i percorsi sono ben definiti attraverso un PDTA efficiente il quadro cambia sostanzialmente. •

rassegne




L’ombra invadente dell’infarto miocardico di tipo 2

Come cardiologi siamo “geneticamente” determinati a inseguire e curare l’infarto di tipo 1. La maggioranza dei nostri sforzi, delle procedure, degli aggiornamenti farmacologici e tecnologici sono incentrati sui pazienti con infarto miocardico di tipo 1. La quotidianità è però caratterizzata da pazienti sempre più anziani, comorbidi in cui spesso l’infarto miocardico non è di tipo 1 ma di tipo 2. Inoltre, anche la crescente sensibilità della troponina ha contribuito a slatentizzare una vera epidemia di infarto miocardico di tipo 2. In questo numero del Giornale, Andrea Santucci e Claudio Cavallini affrontano in modo completo questo tipo di patologia. La rassegna è molto pratica e permette di focalizzare l’attenzione su un problema clinico crescente su cui molto ancora può essere fatto e migliorato. •




A volte ritornano…: il cateterismo destro

Lo spazio e l’utilizzo del cateterismo cardiaco destro negli ultimi anni si sono parzialmente e progressivamente ridotti in seguito alla possibilità di ottenere informazioni indirette sull’emodinamica cardiaca con le più diffuse e soprattutto non invasive metodiche ecocardiografiche. La necessità però di raggiungere diagnosi differenziali più accurate per definire sia le diverse ricadute cliniche e prognostiche che percorsi terapeutici differenziali, sta riproponendo l’utilizzo del cateterismo destro, condotto anche con l’ausilio di specifici test provocativi. Sergio Caravita ed il gruppo dell’Area Malattie del Circolo Polmonare ANMCO ci introducono sul suo ruolo discriminante e soprattutto sull’appropriata interpretazione delle informazioni fornite dai test provocativi, da sforzo o con carico volemico associati al cateterismo destro, nella diagnosi differenziale tra l’ipertensione polmonare e la più frequente e comune condizione di scompenso a frazione di eiezione conservata, in particolare nei pazienti che presentino una pressione capillare polmonare borderline a riposo e una probabilità intermedio-alta di scompenso con funzione preservata. •




Quando la valvola aortica è bicuspide

La valvola aortica bicuspide (VAB) rappresenta l’anomalia cardiaca congenita più frequente (0.5-2%) e rispetto alla normale configurazione a tre cuspidi, essa si presenta più soggetta a complicanze come una disfunzione valvolare in giovane età, più frequentemente caratterizzata da un quadro di stenosi che di insufficienza. Questa anomalia inoltre espone maggiormente il paziente ad endocardite infettiva (0.3% per anno) ed infine si associa in una percentuale variabile dal 35% all’80% dei casi (a seconda delle casistiche) ad un’aortopatia. Essa può non determinare alcuna manifestazione fenotipica come può associarsi a dissezione aortica e rottura con un rischio di 9 volte superiore rispetto a quello della popolazione generale. Questa entità nosologica presenta diversi aspetti fenotipici e bioumorali e pone gli specialisti davanti alla necessità di un approccio diagnostico sempre più integrato al fine di stabilire con elevata probabilità il rischio di ciascun paziente ed evitare quindi sia gli eventi acuti, sia un intervento elettivo precoce. •

studio osservazionale




L’importanza della terapia ipolipemizzante dopo sindrome coronarica acuta

Silvia Muccioli et al. propongono uno studio osservazionale mirato al raggiungimento precoce dei target lipidici dopo sindrome coronarica acuta. In base ai valori di colesterolo LDL e della precedente terapia ipolipemizzante dei pazienti propongono un approccio mirato con utilizzo di statina, ezetimibe ed evolocumab. Questo approccio aggressivo ha permesso il raggiungimento dei target lipidici previsti dalle linee guida in tutti i pazienti trattati con riscontro di bassa incidenza di effetti collaterali ed un’ottima aderenza alla terapia. Lo studio evidenzia, oltre all’efficacia delle terapie a nostra disposizione, come la presa in carico nel follow-up dei pazienti con sindrome coronarica acuta sia la carta vincente per il raggiungimento dei target terapeutici. •

caso clinico




Quando dietro alla sindrome coronarica acuta si nasconde… un trabocchetto

Dietro al sospetto di sindrome coronarica acuta si possono nascondere altre patologie tempo-dipendenti altrettanto pericolose. Laura Piscitelli et al. descrivono un paziente con dolore toracico, alterazioni ECG e troponina positiva fortemente sospetti per sindrome coronarica acuta dove l’ecocardiogramma ha diagnosticato una dissezione aortica acuta. Il caso vuole mantenere alta l’attenzione sulle diagnosi differenziali nei pazienti con sospetta sindrome coronarica acuta e sul ruolo cruciale dell’ecocardiografia. •

esc corner




L’infermiere di cardiologia del nuovo millennio

Il ruolo dell’infermiere di cardiologia è fondamentale sia nella gestione del paziente ricoverato in unità di terapia intensiva cardiologica o in reparto di degenza che nel contesto ambulatoriale. In questo articolo Michela Barisone e Donatella Radini ci offrono la visione della Società Europea di Cardiologia (ESC) relativa al “core curriculum” dell’infermiere in ambito cardiovascolare. Le autrici presentano una sintesi del documento prodotto nel 2015 dall’Association of Cardiovascular Nursing & Allied Professions (ACNAP) dell’ESC, del quale sta per essere pubblicato un aggiornamento. Sarebbe auspicabile che gli standard europei di formazione e “core competence” venissero accolti anche nel nostro Paese dove non è prevista una specifica formazione post-laurea dell’infermiere, a differenza di quanto avviene per la formazione specialistica del medico. Il personale infermieristico di cardiologia è risorsa preziosa nella gestione in team multiprofessionale del paziente cardiopatico. La crescita di specifiche competenze specialistiche dell’infermiere è condizione necessaria per migliorare la qualità delle cure cardiologiche. •

imaging integrato online only




MINOCA e imaging multimodale: work-up diagnostico

Partendo dal sospetto clinico e dall’ECG, vengono utilizzate in modo sequenziale diverse metodiche di imaging cardiovascolare, evidenziando per ciascuna di esse i pro, i contro e il valore aggiunto nello specifico caso clinico, fino a giungere alla diagnosi corretta e al trattamento più appropriato. •