In questo numero

cinquantenario del gic




Now you see me – caccia alla patologia microvascolare coronarica

L’occhio e l’attenzione del cardiologo sono giustamente attratti dalla malattia coronarica aterosclerotica epicardica. Infatti, l’enorme diffusione e successo della coronarografia e delle tecniche di rivascolarizzazione percutanea coronarica hanno permesso di salvare milioni di vite e migliorare la qualità di vita di altrettante. Ma è ormai chiaro che la malattia coronarica epicardica è solo una parte dell’iceberg “cardiopatia ischemica”. In questo numero del Giornale, Ciro Indolfi et al. riassumono le importanti tappe che ci hanno permesso di prendere consapevolezza della malattia coronarica microvascolare, del suo peso prognostico e sulla qualità di vita. Oggi sono disponibili importanti strumenti diagnostici sia non invasivi (risonanza magnetica da stress) che invasivi (fisiologia coronarica con misurazione della riserva di flusso coronarico, indice di resistenza microvascolare e test all’acetilcolina). Una corretta diagnosi è cruciale per guidare la migliore strategia di follow-up e terapeutica dei nostri pazienti. Quindi è ufficialmente aperta la caccia alla patologia microvascolare coronarica! •

covid-19 e cardiologia




Update 2022 dell’Expert Opinion SIC su miocarditi, pericarditi e vaccini anti-COVID-19

Come è noto, i vaccini anti-COVID-19 possono associarsi a miocarditi e pericarditi. Sono eventi molto rari, che generalmente tendono a manifestarsi nelle prime 2 settimane dopo la vaccinazione. Si tratta di miocarditi e pericarditi quasi sempre di grado lieve o molto lieve, la cui incidenza e severità sono inferiori rispetto alle analoghe manifestazioni in corso di COVID-19 conclamato. Come è noto, queste manifestazioni tendono ad insorgere più frequentemente tra i soggetti più giovani e di sesso maschile, che necessitano probabilmente di un follow-up più attento e prolungato anche dopo la guarigione clinica. Gianfranco Sinagra et al. presentano un’importante messa a punto della Società Italiana di Cardiologia su questo argomento. •

editoriali




Prevenzione cardiovascolare tra novità e criticità delle linee guida

Le recenti linee guida della Società Europea di Cardiologia sulla prevenzione cardiovascolare rappresentano uno strumento utile per l’implementazione di misure volte a contrastare le malattie cardiovascolari, sia nel contesto della prevenzione primaria che secondaria. L’editoriale di Pasquale Perrone Filardi et al. porta sotto i riflettori le principali novità e anche alcune criticità delle ultime linee guida sulla prevenzione cardiovascolare. Tra i principali elementi di novità vengono segnalati i nuovi calcolatori per la stima del rischio cardiovascolare (SCORE2 e SCORE2-OP), che identificano tre categorie di rischio (da basso a moderato, alto, e molto alto) e sostituiscono il precedente sistema SCORE che delineava, invece, 4 categorie di rischio. Vengono introdotti i concetti di “lifetime risk” e “lifetime benefit”. Gli autori dell’editoriale sottolineano, inoltre, che se da una parte le nuove linee guida amplificano il ruolo dei fattori modificatori del rischio, vedi alcune comorbilità, lasciano, invece, a margine il ruolo di alcuni parametri di imaging non invasivo. Ad esempio, viene sottolineato che sebbene la tomografia computerizzata abbia un ruolo sempre più diffuso nella pratica clinica sia come strumento diagnostico sia per la valutazione del rischio, questa sia un grande assente delle ultime linee guida. In aggiunta, viene enfatizzato come le recenti linee guida includano il trattamento psicologico e la terapia farmacologica come strategie per trattare ansia e depressione e ridurre il rischio di eventi nella sindrome coronarica cronica. Infine, vengono sollevate alcune perplessità in merito all’approccio graduale all’ottimizzazione delle terapie farmacologiche suggerito nella pratica clinica. Tale approccio se da un lato può avere il vantaggio di favorire l’aderenza, d’altro canto contrasta con le raccomandazioni di altre linee guida, come ad esempio nella gestione delle dislipidemie post-sindrome coronarica acuta. •




Il metoprololo nel trattamento della fibrillazione atriale

I beta-bloccanti sono farmaci di frequentissimo impiego nei pazienti con fibrillazione atriale. Tra questi, il metoprololo è un beta-bloccante dotato, come noto, di buona beta-1 selettività. Sebbene il metoprololo sia generalmente considerato come un trattamento utile solo nel controllo della frequenza cardiaca nei pazienti con fibrillazione atriale permanente, alcuni studi mostrano che questo farmaco potrebbe ridurre di circa il 17% il rischio di recidive di fibrillazione atriale, ed essere efficace anche nella prevenzione della fibrillazione atriale postoperatoria. Si ritiene che il metoprololo possa contribuire a ridurre alcuni trigger catecolamino-dipendenti, oltre ad esercitare un certo effetto sul rimodellamento elettrofisiologico e strutturale atriale. Alessandro Capucci e Paolo Compagnucci presentano un quadro sintetico sull’argomento. •

dieci quesiti in tema di...




La scintigrafia miocardica ossea e amiloidosi cardiaca: istruzioni per l’uso

L’amiloidosi cardiaca da malattia poco considerata, apparentemente rara e difficilmente curabile, è diventata negli ultimi anni una patologia diagnosticabile e trattabile grazie ai nuovi percorsi diagnostici e alle nuove terapie disponibili. Recenti osservazioni evidenziano come l’amiloidosi cardiaca sia presente in circa il 14% dei pazienti con scompenso a funzione sistolica preservata, tanto che nelle ultime linee guida europee sullo scompenso cardiaco si raccomanda di escludere sempre la presenza di amiloidosi cardiaca nei pazienti con ipertrofia ventricolare sinistra e scompenso cardiaco. La scintigrafia cardiaca con tracciante osseo ha un ruolo centrale e dirimente nel percorso diagnostico precoce della malattia. Il gruppo di Gianfranco Sinagra con la consueta chiarezza ci indica in dieci punti quello che il cardiologo deve conoscere sul ruolo della scintigrafia miocardica con traccianti ossei nella diagnostica dell’amiloidosi cardiaca, fornendo gli elementi fondamentali utili per orientarsi in merito alla richiesta, interpretazione e contestualizzazione clinica dell’esame. •

questioni aperte




Se la mamma acconsente…

Redigere un modulo di consenso informato per un bambino con cardiopatia congenita è un’impresa perché il modello deve coniugare due diritti fondamentali – alla salute e all’autodeterminazione – in individui che spesso non sono in grado di esprimerlo e trasferiscono il diritto a questa scelta ad altre figure come i genitori. In questo numero del Giornale, Massimo Chessa et al. espongono i risultati di un ampio gruppo di lavoro multidisciplinare che, basandosi sull’esperienza dei principali centri italiani dediti al trattamento interventistico delle cardiopatie congenite, ha elaborato 11 diversi modelli di consenso informato (Addenda online) da utilizzare nei pazienti pediatrici o adulti con cardiopatia congenita candidati a procedure interventistiche. Un’impresa molto delicata, importante per tanti bambini e per altrettante famiglie, di cui tutti i cardiologi pediatrici interventisti beneficeranno. •

pdta in cardiologia




Modello organizzativo in cardio-oncologia

Le malattie cardiovascolari ed i tumori rappresentano su scala mondiale le principali cause di morte e disabilità. È ormai accertato che le due condizioni condividono spesso gli stessi fattori eziologici e meccanismi fisiopatologici e che esista una relazione bidirezionale resa ormai sempre più evidente dall’invecchiamento della popolazione generale e dal miglioramento della sopravvivenza dei pazienti per effetto dei progressi nei trattamenti sia cardiologici che oncologici. Da oltre 10 anni è nata e si è sviluppata una nuova sotto-specializzazione cardiologica, la cardio-oncologia, che mira a curare al meglio il cancro cercando di minimizzare i potenziali danni cardiaci legati ai trattamenti oncologici. Il recente e tumultuoso sviluppo e la rapida diffusione delle nuove terapie a bersaglio molecolare, di inibizione del check-point immunitario e CAR-T ed i conseguenti miglioramenti della cura dei tumori hanno dato ulteriore impulso a tale disciplina che ormai è da considerarsi parte integrante dell’attività clinica quotidiana dei cardiologi clinici. In questo numero del Giornale, Maria Laura Canale et al. delineano e propongono un’ipotesi di percorso diagnostico-terapeutico assistenziale per rendere omogeneo il percorso di cura dei pazienti oncologici a rischio di, o con, cardiopatia strutturale già in atto che sono ormai sempre più frequenti nei nostri ospedali ed ambulatori. Il modello organizzativo descritto per la gestione ambulatoriale del paziente oncologico è molto ben strutturato e propone, oltre all’approccio suggerito dalle recenti linee guida, modelli di richiesta di valutazione cardiologica molto funzionali. Il modello descritto sarà molto utile come punto di partenza a chi vorrà istituire nella propria realtà un percorso cardio-oncologico. •

rassegne




Rischio cardiovascolare associato all’uso di cocaina

Sebbene l’uso di cocaina sia in costante aumento e vi sono chiare evidenze del suo ruolo nella genesi e progressione di numerose malattie cardiovascolari, a partire dalle aritmie fino all’insufficienza cardiaca e alla disseziona aortica, è difficile stabilire la reale incidenza/prevalenza delle malattie cardiovascolari attribuibili all’uso di questa droga. La cocaina può impattare il funzionamento del sistema cardiovascolare attraverso molteplici meccanismi fisiopatologici. La rassegna di Francesco Ciccirillo et al. riporta in maniera schematica i possibili meccanismi alla base dell’effetto vasocostrittore e protrombotico della cocaina. Vengono, inoltre, discussi i meccanismi implicati nell’aterosclerosi precoce e nella miocardiotossicità associata all’uso di questa sostanza. Altro aspetto su cui focalizza l’attenzione la rassegna in oggetto è la gestione terapeutica delle patologie associate all’uso di cocaina, come ad esempio i benefici ed i possibili effetti sfavorevoli associati all’uso dei beta-bloccanti, e il ruolo delle benzodiazepine e dei nitroderivati nel trattamento del dolore toracico. Infine, viene sottolineata l’importanza di considerare l’uso della cocaina come un vero e proprio fattore di rischio cardiovascolare. Viene enfatizzato come un riconoscimento formale possa aumentare la sensibilità e l’attenzione della classe medica a sospettare, ricercare e diagnosticare un’origine voluttuaria di una data cardiopatia. L’individuazione dell’uso di cocaina come fattore di rischio permette, infatti, l’implementazione di appropriate strategie terapeutiche e il ricorso a specifici programmi di riabilitazione. •




I pacemaker leadless: luci e ombre

I pacemaker intracardiaci leadless sono una delle più importanti novità nell’ambito dell’elettrostimolazione cardiaca. La sicurezza e la fattibilità di questa nuova tecnologia è riportata in numerosi studi clinici e registri osservazionali; i vantaggi sono molteplici ed includono una riduzione significativa del rischio infettivo e delle complicanze a breve e medio termine rispetto ai pacemaker transvenosi. In questo numero del Giornale Marzia Giaccardi et al. analizzano le indicazioni e le relative evidenze riportate in letteratura al fine di identificare il candidato ideale all’impianto di un pacemaker leadless. L’impianto appare indicato nei soggetti ad alto rischio infettivo quali i dializzati o quelli con precedenti infezioni del dispositivo e andrebbe preso in considerazione nei pazienti in cui siano prevedibili ostacoli al posizionamento degli elettrocateteri intracardiaci per ostruzioni del circolo venoso superiore o per anomalie cardiache. Gli autori non mancano di evidenziare alcuni aspetti ed implicazioni della metodica che devono ancora essere chiariti, quali la mancanza di dati a lungo termine, le problematiche legate alla possibilità di impiantare più dispositivi leadless in caso di sostituzione per esaurimento della batteria e la fattibilità dell’estrazione. Questi aspetti rendono controverso l’uso di questa tecnologia nei pazienti più giovani. La rassegna propone anche alcune nuove prospettive di utilizzo che attualmente potrebbero essere applicate solo in casi selezionati in attesa di conferma da parte di studi clinici. L’eventuale futuro incremento di utilizzo dei pacemaker leadless deve necessariamente considerare anche l’aspetto economico, in quanto il costo è più elevato rispetto a quello dei sistemi transvenosi e non ci sono dati sulla costo-efficacia in caso di impianto in popolazioni più vaste. •

studi osservazionali




La forza dirompente della procedura di TAVI

Il 16 aprile 2022 si è celebrato il ventennale della prima procedura di impianto transcatetere di valvola aortica (TAVI) grazie al genio e alla maestria del Professor Cribier. In questi anni la procedura di TAVI si è progressivamente sempre più affermata come una valida alternativa alla procedura chirurgica e soprattutto ha dimostrato una buona sostenibilità a lungo tempo con una riduzione delle complicanze procedurali e intraospedaliere. In questo numero del Giornale il team di Corrado Tamburino riporta la casistica di uno dei centri più ad alto volume in Italia per le procedure di TAVI. Si tratta dell’outcome intraospedaliero di oltre 2000 casi. I dati sono eloquenti e dipingono fedelmente quello che è accaduto nell’ultimo decennio. Una procedura sempre più semplice, con dispositivi sempre più performanti e con un’incidenza di complicanze sempre più bassa. Sebbene ad oggi la procedura di TAVI sia eseguita in centri con cardiochirurgia on-site, nessun riferimento è fatto a interventi o necessità di interventi cardiochirurgici. Che i tempi siano finalmente maturi per il salto definitivo dei pazienti inoperabili o ad alto rischio verso i centri senza cardiochirurgia on-site? •




Come raggiungere conspevolezza e conoscenza e vincere così timori immotivati...

L’adesione alle raccomandazioni delle linee guida per lo scompenso cardiaco continua ad apparire insoddisfacente. Dal registro BLITZ la percentuale di prescrizione della terapia ottimizzata arriva al 57.7%, meglio comunque rispetto al 22.3% degli statunitensi, dove in particolare gli antagonisti dei recettori dei mineralcorticoidi (MRA) venivano assunti solo da 1 paziente su 3. Possibile causa del ridotto utilizzo, anche i diffusi e poco giustificati timori per alcuni effetti collaterali e la ridotta consapevolezza dei loro aggiuntivi benefici prognostici. Sforzi e metodi per aumentare la conoscenza, la convinzione e la dimestichezza con questi farmaci risultano indubbiamente utili e necessari, come quello proposto da Massimo Iacoviello et al. che, tramite un articolato sistema innovativo basato sulla condivisione di una originale piattaforma strategica “web-based”, riportano, in un campione di 55 cardiologi, un’elevata percentuale di successo nel raggiungere un consenso e superare così gli ostacoli alla prescrizione o titolazione degli MRA. La lettura dell’interessante articolo rappresenta un ulteriore stimolo a superare quell’inerzia prescrittiva, causa non infrequente di mancato utilizzo ed ottimizzazione delle terapie raccomandate. •

caso clinico




Un cuore di ferro

Il trattamento della beta-talassemia major comporta per tutta la vita emotrasfusioni e terapia ferro-chelante, che è determinante per evitare un sovraccarico marziale. Quest’ultimo a livello cardiaco si manifesta con una cardiopatia restrittiva ad evoluzione dilatativa e con scompenso cardiaco, aritmie sopraventricolari e ventricolari. Federico Marchini et al. raccontano un caso di un severo quadro di emosiderosi cardiaca diagnosticata con ecocardiogramma e risonanza magnetica, peraltro in corso di terapia ferro-chelante. Il caso si è complicato con una tachicardia atriale ectopica fortemente sintomatica ad origine dall’atrio sinistro, tra il pavimento della vena polmonare sinistra e l’anello mitralico, sede di fibrosi da accumulo di ferro, efficacemente trattata con ablazione transcatetere, in considerazione del fatto che l’incremento della terapia ferro-chelante avrebbe dato qualche risultato nel tempo. A seguito del rilievo di episodi di fibrillazione atriale è stata intrapresa terapia anticoagulante orale, data l’aumentata incidenza di ictus ischemico nei pazienti talassemici. Il caso clinico presentato offre lo spunto per alcune riflessioni, tra le quali il ricorso all’ablazione transcatetere per controllare il ritmo nella fase acuta dell’emosiderosi cardiaca. •

imaging integrato online only




Imaging multimodale nella cardiopatia ischemica: il ruolo della cardio-RM da stress

Partendo dal sospetto clinico e dall’ECG, vengono utilizzate in modo sequenziale diverse metodiche di imaging cardiovascolare, evidenziando per ciascuna di esse i pro, i contro e il valore aggiunto nello specifico caso clinico, fino a giungere alla diagnosi corretta e al trattamento più appropriato. •