Rivascolarizzazione coronarica ad alto rischio con dispositivo di supporto emodinamico otto anni dopo l’impianto transcatetere di bioprotesi aortica

Carolina Montonati, Luca Nai Fovino, Tommaso Fabris, Giulia Masiero, Massimo Napodano, Chiara Fraccaro, Giuseppe Tarantini

Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica, Università degli Studi, Padova

Coronary artery disease is a frequent comorbidity in patients with severe aortic stenosis undergoing trans­catheter aortic valve implantation (TAVI) and the need to ensure coronary access after TAVI is fundamental. This aspect is becoming increasingly relevant as TAVI indication expand to younger and lower-risk patients. Moreover, the longer life expectancy of subjects who are currently treated with TAVI could result in an increased need for TAVI-in-TAVI due to valve degeneration. As the implantation of a second transcatheter bioprosthesis might impair coronary access, TAVI-in-TAVI will be unfeasible in a significant proportion of cases, particularly if they received a tall-frame transcatheter heart valve at the time of the first intervention. Thus, patients might experience the paradox of needing surgical aortic valve replacement when they are older and frailer.

Here we report the case of a patient with history of coronary artery disease and severe aortic stenosis treated with TAVI, presenting with an acute coronary syndrome 8 years after percutaneous aortic valve implantation. Thanks to the low frame height of the transcatheter aortic valve, it was possible to easily perform coronary angiography and high-risk percutaneous coronary intervention using hemodynamic support device (Impella CP). Moreover, this case highlights how the implantation of a low-frame transcatheter prosthesis can increase the possibility of achieving coronary access even after TAVI-in-TAVI, if needed.

Key words. Coronary access; Coronary artery disease; Percutaneous coronary intervention; TAVI-in-TAVI; Transcatheter aortic valve implantation.

INTRODUZIONE

La coronaropatia e la stenosi aortica severa sono patologie che spesso coesistono. La prevalenza di coronaropatia in pazienti con stenosi aortica severa sintomatica sottoposti ad impianto transcatetere di bioprotesi aortica (TAVI) si aggira intorno al 60-80% nei trial con pazienti a rischio chirurgico intermedio-alto1. Con l’estensione delle indicazioni a TAVI a pazienti più giovani e con profilo di rischio più basso la prevalenza di coronaropatia significativa si è ridotta; tuttavia, avendo questi pazienti un’aspettativa di vita più lunga, il rischio cumulativo di progressione della coronaropatia e di sindromi coronariche acute (SCA) è maggiore, con conseguente necessità di riaccedere alle coronarie per fini diagnostici o interventistici in presenza di una bioprotesi2. Inoltre, è possibile che si renda necessario effettuare una TAVI-in-TAVI per degenerazione della prima bioprotesi e, anche in questo caso, è fondamentale tenere in considerazione la necessità di dover garantire la pervietà e l’accesso agli osti coronarici dopo un eventuale reintervento transcatetere. Pertanto, quando si valuta per TAVI un paziente giovane con lunga aspettativa di vita, è importante valutare nella scelta della bioprotesi la necessità di dover garantire l’accesso agli osti coronarici, anche nell’eventualità di dover eseguire una TAVI-in-TAVI. Ciò è fondamentale per non cadere nel paradosso di essere costretti ad operare con chirurgia tradizionale un paziente già sottoposto a TAVI quando sarà più anziano e fragile.

CASO CLINICO

Riportiamo il caso di un uomo di 82 anni iperteso, dislipidemico, affetto da cardiopatia ischemica cronica già trattata con angioplastica percutanea (PCI) ed impianto di stent non medicato sul ramo discendente anteriore (DA) e sul ramo circonflesso (CX), con residua occlusione totale cronica della coronaria destra (CD), e sottoposto, all’età di 74 anni, ad impianto transcatetere di bioprotesi aortica Edwards SAPIEN XT 29 mm (Edwards Lifesciences, Irvine, CA, USA) per stenosi aortica severa. Il paziente si presenta alla nostra attenzione per una SCA senza sopraslivellamento del tratto ST. Un ecocardiogramma mostra un ventricolo sinistro lievemente dilatato (volume telediastolico indicizzato 83 ml/m2), con moderata riduzione della frazione di eiezione (36%) in presenza di acinesia della parete inferiore ed ipocinesia dei restanti segmenti, ed una bioprotesi aortica normofunzionante (area valvolare indicizzata 1.45 cm2/m2, gradiente massimo di 15 mmHg, gradiente medio di 7 mmHg), in assenza di leak paravalvolare significativo. Al cateterismo cardiaco si conferma l’assenza di gradiente transprotesico, con incremento delle pressioni telediastoliche ventricolari (Figura 1).




La coronarografia, effettuata mediante l’incannulazione selettiva di entrambe le coronarie con cateteri diagnostici standard (Judkins Right e Judkins Left; Cordis) grazie al basso frame della valvola (che si trova al di sotto dell’origine delle coronarie) (Figura 2), mostra una coronaropatia critica calcifica trivasale. In particolare, evidenzia una stenosi critica (70%) del tronco comune (TC) coinvolgente gli osti di DA e CX, una stenosi critica (80%) al tratto medio di DA, una restenosi critica (90%) intrastent di CX ed un’occlusione totale cronica prossimale della CD (SYNTAX score 43).

Il caso viene discusso collegialmente in Heart Team e viene posta indicazione a PCI su TC e DA con supporto emodinamico, in considerazione della complessità della rivascolarizzazione e della disfunzione ventricolare sinistra in presenza di aumentate pressioni telediastoliche. Previo posizionamento di dispositivo Impella CP (Abiomed, Inc., Danvers, MA, USA) attraverso un accesso arterioso femorale destro (Figura 3) e valutazione con ecografia intravascolare, viene effettuata un’angioplastica con pallone semi-compliante su TC e DA prossimale ed impiantato uno stent medicato a rilascio di everolimus (4.0 x 15 mm), procedura perfezionata da proximal optimization technique e kissing balloon, con buon risultato.







Si impianta quindi uno stent medicato a rilascio di everolimus (3.0 x 18 mm) al tratto medio di DA, in overlap con il precedente stent. Il controllo angiografico finale mostra un buon risultato con flusso TIMI 3 e all’ecografia intravascolare si conferma la buona espansione ed apposizione degli stent (Figura 4).




Al termine della procedura viene quindi rimosso il dispositivo Impella CP in assenza di complicanze ed il paziente viene dimesso 2 giorni dopo. Al follow-up clinico a 3 mesi il paziente riferisce ottima capacità funzionale in assenza di sintomi.

DISCUSSIONE

Questo caso clinico dimostra come la scelta di una protesi transcatetere intra-anulare con basso frame in un paziente con storia di rivascolarizzazione coronarica, fattore predittivo indipendente di necessità di accesso coronarico dopo TAVI3, ha consentito l’incannulazione selettiva di entrambe le coronarie con cateteri diagnostici standard e l’esecuzione di una rivascolarizzazione percutanea complessa nonostante la presenza di una protesi TAVI.

La necessità di garantire l’accesso alle coronarie è un aspetto fondamentale in una popolazione di pazienti come quella sottoposta a TAVI in cui la coronaropatia è una comorbilità frequente. L’incidenza di accesso alle coronarie dopo TAVI in popolazioni ad alto rischio risulta essere del 3.5-5.3% ad un follow-up di 3 anni3,4. Verosimilmente tale necessità è destinata ad aumentare data l’estensione dell’indicazione a TAVI a soggetti più giovani, con un profilo di rischio minore e quindi un’aspettativa di vita più lunga, che presentano pertanto una maggiore possibilità di progressione della coronaropatia e di SCA. Studi in letteratura hanno evidenziato come predittori indipendenti della necessità di accesso coronarico la giovane età e la storia anamnestica di PCI e/o bypass aortocoronarico (Tabella 1)3.




La fattibilità dell’accesso coronarico dopo impianto di TAVI dipende da due determinanti principali: l’anatomia della radice aortica, in particolare l’altezza degli osti coronarici e il diametro della giunzione sino-tubulare, e la struttura della valvola, se intra-anulare, con un frame basso, o sopra-anulare, con un frame alto.

Le valvole intra-anulari, come SAPIEN XT, SAPIEN 3 e SAPIEN 3 Ultra, presentano un frame corto (14-19 mm nella SAPIEN XT e 15.5-22.5 mm nelle SAPIEN 3/Ultra) ed un disegno dello stent a celle larghe nella loro porzione superiore (con diametro di 4.4-6.8 mm nelle SAPIEN 3/Ultra e minore del 40% nella SAPIEN XT). Con questo tipo di valvole l’accesso agli osti coronarici dopo TAVI risulta possibile nella pressoché totalità dei casi in diversi studi3,5. L’incannulazione può avvenire al di sopra del frame della valvola e dunque senza interazione fra catetere e bioprotesi, come accade per le protesi chirurgiche, oppure passando tra la valvola e la parete dell’aorta (in caso di giunzione sino-tubulare particolarmente ampia, che garantisca una distanza minima >2 mm fra il frame della valvola e la parete aortica), oppure, in presenza di giunzioni sino-tubulari strette con osti coronarici bassi, attraverso la fila di celle della porzione superiore del frame protesico6.

Le valvole sopra-anulari, come CoreValve, Evolut R/Pro (Medtronic, Minneapolis, MN, USA) e ACURATE neo (Boston Scientific, Marlborough, MA, USA) sono invece valvole con un frame alto (45-55 mm nelle CoreValve, Evolut R/Pro e 48-51 mm nelle ACURATE neo) e con un’inserzione alta delle commissure (26 mm nelle CoreValve, Evolut R/Pro e 28-31 mm nelle ACURATE neo). Dopo l’impianto in una valvola sopra-anulare l’accesso alle coronarie avviene nella maggior parte dei casi attraverso le celle del frame della valvola7. Il disegno a celle larghe del frame della valvola ACURATE neo dovrebbe in teoria facilitare la manovrabilità del catetere coronarico rispetto al disegno a celle strette delle CoreValve; tuttavia, tale vantaggio non è stato ancora provato da studi dedicati. Per valvole sopra-anulari, il mancato allineamento della valvola può rendere più difficile, se non addirittura impraticabile, l’accesso coronarico, in particolare se la neo-commissura protesica si trova di fronte all’ostio coronarico8 e la giunzione sino-tubulare è stretta. Recenti studi hanno tuttavia dimostrato come in circa l’85% dei casi sia possibile, adottando una particolare tecnica di impianto, ridurre significativamente il rischio di misalignment fra la bioprotesi sopra-anulare e la valvola nativa9.

Con l’estensione dell’indicazione a TAVI a pazienti più giovani, con un basso profilo di rischio e con un’aspettativa di vita maggiore, va considerata la possibilità di dovere effettuare una TAVI-in-TAVI per degenerazione strutturale della prima bioprotesi garantendo l’accesso alle coronarie. Questo, infatti, sarebbe un fattore limitante per la fattibilità stessa della TAVI-in-TAVI e porterebbe il paziente al paradosso di dover ricorrere alla sostituzione valvolare chirurgica quando ancora più anziano e fragile. Nel considerare la possibilità di accedere alle coronarie dopo TAVI-in-TAVI va evidenziato che l’impianto della seconda bioprotesi dislocherà verticalmente i lembi degenerati della prima valvola, creando di fatto uno “stent ricoperto” la cui altezza corrisponde all’altezza delle neocommissure della prima protesi (il cosiddetto risk plane)5. Dato che al di sotto del risk plane il passaggio dei cateteri non è possibile, l’incannulazione coronarica sarà fattibile solo se gli osti si trovano al di sopra del risk plane o se vi è una distanza fra l’aorta ed il frame della prima valvola di almeno 2 mm. Pertanto, la possibilità di accedere alle coronarie dopo TAVI-in-TAVI risente grandemente della scelta della prima protesi impiantata, poiché il risk plane è più basso per le valvole a short frame (15-22 mm per le valvole della famiglia SAPIEN) e più alto per le valvole sopra-anulari a frame alto (26-31 mm per le valvole della famiglia CoreValve/Evolut e 28-31 mm per le ACURATE neo)5. Sulla base di queste valutazioni, precedenti studi in letteratura hanno evidenziato come l’accesso coronarico dopo TAVI-in-TAVI sia fattibile in circa due terzi dei pazienti trattati con protesi a frame corto ed in meno del 20% dei casi trattati con protesi a frame alto5. Il sesso femminile, una giunzione sino-tubulare di piccole dimensioni e l’impianto di una valvola sopra-anulare in occasione della prima TAVI sono stati individuati come predittori indipendenti di possibile insuccesso dell’accesso coronarico (Tabella 2)5.




Pertanto, già durante la prima valutazione di un paziente candidato a TAVI, specialmente se giovane, con storia di PCI o bypass aortocoronarico (tutti predittori di accesso coronarico dopo TAVI), deve essere tenuta in considerazione nella scelta della valvola la necessità di dover garantire un accesso alle coronarie anche qualora si renda necessario effettuare una TAVI-in-TAVI10 (Figura 5).




Infine, questo caso clinico dimostra come l’uso di un dispositivo di supporto al circolo come l’Impella è fattibile e sicuro anche in presenza di una bioprotesi aortica transcatetere e può essere utilizzato nell’esecuzione di una PCI “protetta” ad alto rischio, aumentando la gittata cardiaca, riducendo la pressione telediastolica del ventricolo sinistro e migliorando il flusso coronarico11.

RIASSUNTO

Poiché nei pazienti con stenosi aortica severa sottoposti ad impianto transcatetere di valvola aortica (TAVI) la coronaropatia è una comorbilità frequente, la necessità di garantire un accesso alle coronarie post-TAVI è fondamentale. Questo aspetto risulta ancora più importante con l’estensione delle indicazioni a TAVI a pazienti più giovani e con un profilo di rischio basso. Inoltre, l’aspettativa di vita più lunga dei pazienti attualmente sottoposti a TAVI potrebbe portare ad avere una maggiore necessità di ricorrere a TAVI-in-TAVI per degenerazione della prima bioprotesi. Dato che l’impianto di una seconda bioprotesi potrebbe impedire l’accesso alle coronarie, la TAVI-in-TAVI non risulterebbe fattibile in una percentuale significativa di pazienti, specialmente in quelli in cui è stata impiantata una prima bioprotesi a frame alto. Questo potrebbe portare al paradosso di dover operare con chirurgia tradizionale un paziente quando è più anziano e fragile.

Riportiamo qui il caso di un uomo con una storia di cardiopatia ischemica cronica già sottoposta a rivascolarizzazione percutanea e che era stato sottoposto a TAVI con l’impianto di una protesi intra-anulare a basso frame. L’uomo si è presentato, dopo 8 anni dalla TAVI, con una sindrome coronarica acuta. Grazie al frame basso della valvola, è stato possibile eseguire con successo una rivascolarizzazione coronarica percutanea ad alto-rischio con l’uso di un dispositivo di supporto emodinamico (Impella CP). Inoltre, questo caso mostra come l’impianto di una protesi transcatetere a frame basso aumenta la possibilità di garantire un accesso alle coronarie anche dopo TAVI-in-TAVI qualora sia necessario.

Parole chiave. Accesso coronarico; Coronaropatia; Impianto transcatetere di valvola aortica; Procedura coronarica percutanea; TAVI-in-TAVI.

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