Presentazione

Cari Lettori,

questo Supplemento a cura della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (SICI-GISE) si apre con un documento di posizione sulla dimissione precoce dopo procedura di angioplastica coronarica (PCI). Roberto Violini e collaboratori ne illustrano modalità, dati di letteratura e potenzialità nell’ottimizzazione degli obiettivi clinici ed economici, con interesse ulteriormente aumentato a causa dell’attuale crisi pandemica.

Nel secondo articolo, Marco Toselli e coautori del gruppo di Cotignola (RA) descrivono e riassumono le prime esperienze di PCI robotica. Quella che potrebbe sembrare fantascienza, è in realtà una tecnica già approvata da enti regolatori internazionali, inclusa la Food and Drug Administration statunitense. Presenta tuttavia dei limiti che, al momento, la relegano ad un campo di ricerca interessante ma con applicazione clinica assolutamente di nicchia, quasi aneddotica. Comunque da conoscere, soprattutto per chi ama le sfide epocali tra uomo e tecnologia.

Il Supplemento contiene poi una serie di casi clinici/interventistici di diversa estrazione. Il primo, curato da Maurizio Brighenti e dal gruppo di Cardiologi Interventisti di Bologna, è di quelli che attirano prepotentemente l’attenzione sin dal titolo, trattando di valvuloplastica aortica fetale, in utero. Un esempio di grande competenza e collaborazione multidisciplinare efficace… con aspetti emotivi che non possono non toccare le corde della nostra più profonda e spontanea sensibilità umana.

A seguire, Massimo Fineschi e colleghi della Cardiologia di Siena descrivono un caso di duplice sostituzione valvolare, mitralica ed aortica, transcatetere transapicale. Il caso dimostra le difficoltà e l’importanza di un approfondito planning procedurale, con dei limiti ancora non del tutto risolti soprattutto per la valutazione del rischio di ostruzione a livello del tratto di efflusso del ventricolo sinistro da parte del lembo anteriore della valvola mitrale negli impianti valvolari transcatetere su valvola mitrale nativa.

I due casi clinici successivi provengono dalla Scuola di Padova. Nel primo, Saverio Continisio e colleghi illustrano un impianto transcatetere di protesi valvolare aortica su protesi chirurgica disfunzionante (TAVI valve-in-valve). La gestione del caso è magistrale e il manoscritto è arricchito da un’utile sintesi delle problematiche tecniche e cliniche potenzialmente riscontrate in questo tipo di interventi e delle potenziali soluzioni. Il secondo caso, a cura di Carolina Montonati e collaboratori, tratta di una tematica molto delicata in prospettiva futura: l’accesso agli osti coronarici in pazienti sottoposti a procedure di impianto transcatetere di protesi aortica. Il gruppo di autori è tra quelli che, al mondo, hanno prodotto più dati al riguardo. La presenza di bioprotesi aortica transcatetere può infatti ostacolare la cannulazione coronarica successiva, fattore tanto più importante quanto maggiore è l’attesa di vita del paziente valutata in base a età e comorbilità. Questa problematica merita attenzione anche e forse di più nell’ottica di un ipotetico secondo intervento transcatetere (TAVI-in-TAVI). Il caso clinico descrive un’angioplastica complessa in paziente con pregressa procedura di TAVI, protetta da Impella (sistema di assistenza meccanica al circolo), dimostrando la possibilità di usare questo sistema anche in presenza di una bioprotesi transcatetere, e riassumendo le valutazioni necessarie per una procedura di successo in acuto e le variabili da considerare per eventuali interventi futuri.

Il supplemento si chiude con un caso, presentato da Francesco Bendandi e colleghi, che descrive i rischi connessi all’esecuzione della PCI in un contesto di ateromasia dilatativa e l’importante ausilio fornito dall’imaging intracoronarico nel minimizzare questi rischi sia a breve che a lungo termine.

Buona lettura,

Francesco Saia

Guest Editor