COVID-19, vaccini ed eventi trombotici

Maurizio Giuseppe Abrignani1, Adriano Murrone2, Leonardo De Luca3, Loris Roncon4, Andrea Di Lenarda5, Serafina Valente6, Pasquale Caldarola7, Carmine Riccio8, Fabrizio Oliva9, Michele Massimo Gulizia10,11, Domenico Gabrielli3, Furio Colivicchi12, a nome del Gruppo di Lavoro sulla Vaccinazione Anti-COVID-19 dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO)

1U.O. Cardiologia, P.O. Sant’Antonio Abate, ASP Trapani, Erice (TP)

2S.C. Cardiologia-UTIC, Ospedali di Città di Castello e di Gubbio-Gualdo Tadino, AUSL Umbria 1, Perugia

3U.O.C. Cardiologia, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, Roma

4U.O.C. Cardiologia, Ospedale Santa Maria della Misericordia, Rovigo

5S.C. Cardiovascolare e Medicina dello Sport, Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina-ASUGI, Trieste

6U.O.C. Cardiologia Clinico Chirurgica (UTIC), A.O.U. Senese, Ospedale Santa Maria alle Scotte, Siena

7U.O. Cardiologia-UTIC, Ospedale San Paolo, Bari

8U.O.S.D. Follow-Up del Paziente Post-Acuto, Dipartimento Cardio-Vascolare, A.O.R.N. Sant’Anna e San Sebastiano, Caserta

9Cardiologia 1-Emodinamica, Unità di Cure Intensive Cardiologiche, Dipartimento Cardiotoracovascolare “A. De Gasperis”, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano

10U.O.C. Cardiologia, Ospedale Garibaldi-Nesima, Azienda di Rilievo Nazionale e Alta Specializzazione “Garibaldi”, Catania

11Fondazione per il Tuo cuore – Heart Care Foundation, Firenze

12U.O.C. Cardiologia Clinica e Riabilitativa, Presidio Ospedaliero San Filippo Neri - ASL Roma 1, Roma

Revisori del Documento

Vincenzo Amodeo, Nadia Aspromonte, Manlio Cipriani, Marco Corda, Alfredo De Nardo, Stefano Domenicucci, Giuseppina Maura Francese, Massimo Imazio, Cosimo Napoletano, Alessandro Navazio, Fortunato Scotto di Uccio, Emanuele Tizzani, Stefano Urbinati

COVID-19, a deadly pandemic that has affected millions of people worldwide, is also associated with cardiovascular complications, such as venous and arterial thromboembolic events. The viral spike protein, in fact, may promote the release of prothrombotic and inflammatory mediators. Vaccines, coding for the spike protein, are the primary measure for preventing COVID-19. However, some unexpected thrombotic events at unusual sites, most frequently the cerebral venous and splanchnic districts, with associated thrombocytopenia, have emerged in subjects who received adenovirus-based vaccines, especially in fertile women. This clinical entity has been rapidly recognized as a new syndrome, named vaccine-induced immune thrombotic thrombocytopenia, probably caused by cross-reacting antiplatelet factor 4 antibodies activating platelets. This prompted the regulatory agencies of various countries to restrict the use of adenovirus-based vaccines to specific age groups. The prevailing opinion of most experts, however, is that the risk of developing COVID-19 disease, including thrombosis, clearly outweighs this potential extremely low risk.

This paper aims at providing a comprehensive review of epidemiological issues, clinical data and pathogenetic hypotheses of thrombosis linked to both COVID-19 and its vaccines, helping cardiologists to offer an up-to-date and evidence-based counseling to their often-alarmed patients with acute or chronic coronary syndromes.

Key words. COVID-19; Thrombosis; Vaccines.

Dall’inizio della pandemia COVID-19 da SARS-CoV-2, più di 220 milioni di casi e oltre 4 565 000 morti sono stati documentati nel mondo (in Italia rispettivamente oltre 4 570 000 casi con più di 129 000 decessi), con devastanti conseguenze socio-economiche per la collettività e fisiche e psicologiche per gli individui. Questa rassegna si prefigge di esplorare i complessi rapporti tra COVID-19 e i suoi vaccini con le patologie trombotiche.

COVID-19 E TROMBOSI

Numerose sono le relazioni tra malattie cardiovascolari e COVID-19. La presenza di pregresse patologie cardiovascolari è associata a una maggiore frequenza di esiti avversi nel COVID-19, in particolare proporzionalmente alla gravità, estensione o sintomaticità delle lesioni coronariche1-3. Viceversa, tra i pazienti ospedalizzati, e in generale nei casi più gravi, è comune il riscontro di un’ampia gamma di cardiopatie acute, come aritmie, miocarditi fulminanti, scompenso cardiaco acuto, shock cardiogeno o sindromi coronariche acute (SCA)4-15. Su 533 pazienti ospedalizzati che avevano avuto un evento trombotico, questo era un infarto miocardico acuto in oltre la metà dei casi16. Non sorprende che il COVID-19 possa aumentare il rischio di SCA, in quanto noti fattori di rischio di danno cardiaco sono la carenza di ossigeno, conseguente al distress respiratorio, e l’incremento nelle richieste di ossigeno, come avviene nella risposta alle infezioni; tali condizioni provocano un “mismatch” tra apporto e richieste di ossigeno17. L’infiammazione locale e le variazioni emodinamiche possono aumentare il rischio di rottura di una placca aterosclerotica18,19. Un infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) può essere la prima manifestazione clinica del COVID-19, ma circa un terzo di questi pazienti non hanno una coronaropatia ostruttiva11,20,21 e neanche segni angiografici di rottura di placca20,22. Questo suggerisce il ruolo potenziale della disfunzione endoteliale e dello stato ipercoagulativo23-26. L’infezione, lo stress emodinamico di una patologia critica acuta, la flogosi (fino alla risposta immune iper-reattiva che si manifesta con lo “storm” citochinico) e la febbre, infatti, favoriscono uno stato protrombotico interferendo anche con le capacità di dissolvere i trombi e possono provocare instabilizzazione e rottura di placca e trombosi, precoce o tardiva, anche a livello di eventuali stent16,24,27,28. Uno STEMI potrebbe essere attribuibile anche alla formazione di microtrombi29.

A parte le SCA, sono state descritte, sia in reperti anatomo-patologici sia in casistiche cliniche, altre frequenti complicanze trombotiche a livello arterioso (ictus cerebrale, ischemia acuta degli arti, trombosi dell’aorta toracica ed addominale, ischemia mesenterica) e soprattutto venoso (trombosi venose profonde [TVP], trombosi dei seni venosi cerebrali [TSVC], embolia polmonare [EP])30-36. In una metanalisi di 102 studi su 64 503 pazienti con COVID-19, l’incidenza di tromboembolismo venoso è risultata del 14.7% (intervallo di confidenza [IC] 95% 12.1-17.6%) e quella di eventi trombotici arteriosi del 3.9% (IC 95% 2.0-3.0)37. Il tasso di tromboembolismo venoso varia, secondo altri studi, dal 25% al 69%38. Il tromboembolismo venoso è ulteriormente favorito dagli effetti emodinamici della ventilazione meccanica prolungata, dalla presenza di cateteri venosi centrali e dall’immobilizzazione38. La coagulopatia indotta da COVID-19 è differente dalla quella indotta dalla sepsi, comportando estensiva trombosi micro- e macrovascolare e insufficienza d’organo39,40. È stato quindi ipotizzato che l’infezione da SARS-CoV-2 induce la perdita del normale stato tromboprotettivo dell’endotelio, nonché una immunotrombosi, in cui neutrofili e monociti attivati interagiscono con le piastrine e la cascata coagulativa, portando alla formazione di trombi nei vasi grandi e piccoli38,41. L’attivazione della coagulazione durante la flogosi sistemica causata da differenti agenti infettivi è molto complessa e può avvenire attraverso diversi meccanismi, coinvolgenti i polifosfati derivati da piastrine attivate dai microrganismi, mastociti e fattore XII, il sistema del complemento e componenti delle trappole extracellulari di neutrofili (neutrophil extracellular traps, NET)42. L’effetto procoagulante dell’ipossia dovrebbe essere anche considerato: bassi livelli di ossigeno attivano il fattore Egr-1 (early growth response-1) che porta alla trascrizione del fattore tissutale nei fagociti mononucleari e nelle cellule muscolari lisce, con conseguente deposito di fibrina nelle pareti vascolari43. L’anomalia coagulativa più frequentemente riportata, specie nei pazienti più gravi, è l’elevazione del D-dimero, ma sono presenti anche, e con rilevanza prognostica, incrementi del fibrinogeno e dei suoi prodotti di degradazione, dell’inibitore dell’attivatore del plasminogeno-1 e del fattore di von Willebrand, nonché bassi livelli di antitrombina III24,29,40,44,45.

Nel COVID-19 anche la trombocitopenia è frequente ed è associata a prognosi peggiore. Una metanalisi ha mostrato che la maggior parte dei casi severi di COVID-19 si associa a un significativo decremento nella conta piastrinica, fino a circa 10 00046. La patogenesi della piastrinopenia è probabilmente correlata all’iperattivazione delle piastrine da parte del complemento attraverso la generazione di microparticelle procoagulanti e l’inserzione di C5b-9 in quantità litica sulle piastrine in assenza di regolatori del complemento38. Le piastrine attivate esprimono anche un fattore tissutale funzionalmente attivo che può innescare la cascata della coagulazione47. La conseguente trombosi porta a consumo delle piastrine.

La cascata di incontrollata moltiplicazione delle citochine indotta dal complemento e dalle piastrine attivate può portare anche a una sindrome da coagulazione intravascolare disseminata (CID)33,34,38. In una metanalisi di 14 studi l’incidenza di CID è stata del 3% (IC 95% 1-5%, p<0.001) e i pazienti colpiti mostravano una maggiore mortalità (odds ratio 2.46, IC 95% 0.94-3.99, p<0.001)48. La fisiopatologia della CID associata al COVID-19 è molto differente da quella associata alla sepsi, includendo emorragie e macro- e microtrombosi44. Inoltre, in contrasto alla CID indotta da sepsi, dove l’attività fibrinolitica è minima, nel COVID-19 la fibrinolisi è aumentata38.

VACCINI ANTI-COVID-19

La storia naturale del COVID-19 può essere modificata solo con l’uso estensivo della vaccinazione. Sono stati pubblicati i risultati favorevoli di rigorosi trial randomizzati e controllati di fase 3 per i vaccini Pfizer-BioNTech49, Moderna50, AstraZeneca/Oxford51 e Johnson & Johnson/Janssen52, nonché del vaccino russo Gam-COVID-Vac (Sputnik V, Gamaleya Research Institute) e del vaccino di Novavax, quest’ultimo in corso di “rolling review” da parte della European Medicines Agency (EMA) insieme al vaccino dell’Azienda tedesca Curevac53-58. Allo stato attuale sono disponibili in Italia 4 vaccini53,54 (Tabella 1). I vaccini Pfizer-BioNTech e Moderna sono a base di RNA messaggero (mRNA).




L’AstraZeneca/Oxford utilizza un adenovirus dello scimpanzé modificato per contenere il gene per la produzione della glicoproteina spike (S). Il Johnson & Johnson utilizza in una singola somministrazione il vettore adenovirus umano sierotipo 26 modificato, che codifica per la sequenza completa della S stimolando sia anticorpi anti-S neutralizzanti che altri anticorpi anti-S funzionali, così come risposte immunitarie cellulari dirette. Lo Sputnik utilizza invece due differenti adenovirus (Ad26 e Ad5 CoV2-S) per le due dosi di vaccino. Novavax ha prodotto un vaccino a base proteica contenente minuscole particelle ottenute da una versione ricombinante della proteina S. Vaccini derivati da virus cresciuti in coltura e quindi inattivati chimicamente sono prodotti da Sinopharm e Sinovac e disponibili in Cina. Ad oggi, 240 vaccini candidati sono stati registrati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, 63 nella fase di valutazione clinica, 177 in fase preclinica e 111 autorizzati all’uso in almeno un paese55. Al 5 settembre, sono state somministrate nel mondo oltre 5 445 000 000 dosi56.

Sulla scorta del documento del Ministero della Salute dell’8 febbraio 2021 e del suo aggiornamento del 10 marzo, il Consiglio dei Ministri, in data 11 marzo, ha stabilito il piano di priorità per la vaccinazione anti-COVID-1957. Nelle fasi iniziali sono stati vaccinati gli operatori sanitari e sociosanitari sia pubblici che privati accreditati, gli ospiti e il personale dei presidi residenziali per anziani e le persone di età avanzata, che presentano con maggiore probabilità, più comorbilità (tra cui diverse forme severe di cardiopatia) ed uno stato di fragilità tali da renderli particolarmente vulnerabili. Con l’aggiornamento delle raccomandazioni sulle popolazioni target per la campagna vaccinale, è stata prevista la massima priorità per la macro-categoria dell’elevata fragilità, in cui sono ricompresi:

• i soggetti estremamente vulnerabili, ovvero persone affette da specifiche condizioni che, per danno d’organo preesistente o compromissione della risposta immunitaria a SARS-CoV-2, presentano un rischio particolarmente elevato di sviluppare forme gravi o letali; per quanto riguarda le patologie cardiovascolari, in questo gruppo sono compresi i pazienti affetti da “scompenso cardiaco in classe NYHA avanzata III-IV” e i pazienti “post-shock cardiogeno”;

• i portatori di disabilità gravi ai sensi della legge 104/1992 art.3 comma 3, loro familiari conviventi e caregiver che forniscono assistenza continuativa.

A seguire sono state previste, sulla base di criteri anagrafici e presenza di patologie, le seguenti categorie:

• persone di età compresa tra 70 e 79 anni;

• persone di età compresa tra i 60 e i 69 anni;

• persone di età <60 anni con comorbilità, senza connotazione di gravità;

• resto della popolazione di età <60 anni fino ai 16 anni.

È evidente la particolare importanza della vaccinazione anti-COVID-19 per i pazienti cardiopatici. Questa classificazione, tuttavia, poneva sullo stesso piano, per quanto riguarda le patologie cardiovascolari, tutti i pazienti di età <79 anni che non abbiano uno “scompenso in classe NYHA III-IV” o “post shock cardiogeno”. È opportuno però ricordare l’esistenza anche di pazienti in fasce di età giovane-adulta che possono presentare forme severe di malattie cardiovascolari tali da condizionare la prognosi nel COVID-19, in cui l’accesso al programma vaccinale dovrebbe essere indipendente dall’età24. L’American College of Cardiology ha emesso uno statement di politica sanitaria che fornisce una guida alle priorità vaccinali dei pazienti affetti dalle diverse patologie cardiache2, secondo cui un recente ricovero (<6 mesi) per evento cardiovascolare non programmato pone il paziente ad alto rischio in caso di COVID-19. Anche la Società Italiana di Cardiologia ha proposto di considerare come a rischio alto i pazienti con malattia coronarica (tronco comune, 3 vasi, 2 vasi, con arteria interventricolare prossimale) non rivascolarizzata, pregresso infarto miocardico con disfunzione ventricolare sinistra, malattia coronarica rivascolarizzata con ischemia residua e/o dis­funzione ventricolare e a rischio intermedio quelli con malattia coronarica rivascolarizzata con stenting di vasi prossimali24.

Con l’attuale estensione della campagna vaccinale, queste criticità sono state superate, ma ai cardiologi è ancora richiesto un impegno particolare per la promozione dell’adesione vaccinale dei pazienti con patologie cardiovascolari58. Tuttavia, segnalazioni di eventi trombotici in concomitanza di alcuni vaccini hanno causato molta preoccupazione e perfino panico tra la popolazione e la comunità medica59. Questi gravi, seppur rari, effetti collaterali correlati alla vaccinazione, a nostro avviso, richiedono un approfondimento, in previsione di dover consigliare la vaccinazione anche a pazienti reduci da recenti episodi trombotici arteriosi e venosi non legati al COVID-19.

VACCINI ANTI-COVID-19 E TROMBOSI

Le segnalazioni

Nei trial iniziali49-52 non erano stati riportati “warning” maggiori di sicurezza, compresa la comparsa di trombosi, a parte rari casi di anafilassi; inoltre, una revisione sistematica sulla sicurezza dei vaccini nei trial registrativi indica che essi sono sicuri e senza gravi eventi avversi60. Tuttavia, non deve sorprendere che nuove segnalazioni di eventi avversi emergano via via che più persone sono vaccinate e il follow-up sia più esteso61,62. Nel marzo 2021, sono state pubblicate tre descrizioni di una nuova sindrome, caratterizzata da trombosi in sedi inusuali (TSVC, trombosi delle vene spleniche [TVS] o trombosi delle vene porta od epatiche) e piastrinopenia, in soggetti vaccinati con AstraZeneca (Tabella 2)63-65.




In seguito, altre segnalazioni di eventi post-vaccinali, inclusi TVP, EP o trombosi arteriose acute, tromboembolismo arterioso cerebrale e microangiopatia trombotica, sono state riportate nel Regno Unito, in Europa e negli Stati Uniti66-78.

In base ai suddetti dati, si stima che avvenga un caso di trombosi con trombocitopenia su 100 000 soggetti vaccinati73,79. L’EMA e la Medicines and Health Products Regulatory Agency (MHRA) non ritengono età e sesso come fattori di rischio significativi, poiché la scarsità dei dati preclude robuste stime. Viceversa, noti fattori di rischio sono l’uso di contraccettivi contenenti estrogeni e la gravidanza80.

I report di farmacovigilanza contengono dati amministrativi e non controllati indubbiamente utili, ma non possono e non dovrebbero supportare ipotesi su relazioni causali. Quando si valutano allo scopo di prendere decisioni sull’uso di farmaci è importante considerare la storia naturale delle patologie, basandosi su tassi di incidenza pre-pandemici nella popolazione generale. Nel Danish National Patient Registry81 sono stati identificati i casi di tromboembolismo venoso (TVP, EP, trombosi delle vene epatiche, trombosi mesenterica, della vena porta, tromboembolia delle vene renali o cava, tromboflebitis migrans, trombosi venosa intracranica) in tutti gli adulti tra il 2010 e il 2018, calcolando un’incidenza di tromboembolismo venoso di 1.76 per 1000 pazienti-anno (0.95/1000 tra 18 e 64 anni). Nei 5 milioni di abitanti danesi (corrispondenti al numero di soggetti che hanno ricevuto il vaccino AstraZeneca in Europa al 10 marzo) l’incidenza di tromboembolismo venoso corrisponde a 169 casi alla settimana in tutti gli adulti (91 da 18 a 64 anni). Per contro, solo 30 casi di eventi tromboembolici sono stati riportati dopo vaccinazione AstraZeneca, che quindi non sembra aumentare il tasso di incidenza di tromboembolismo venoso rispetto a quello naturale. Tuttavia, i dati danesi non possono escludere la possibilità che alcuni eventi trombotici venosi siano causati dal vaccino AstraZeneca, poiché sono occorsi dopo un breve intervallo di tempo.

Dopo vaccinazione AstraZeneca, in circa 20 milioni di soggetti nel Regno Unito e in Europa sono stati osservati anche 7 casi di CID82; un legame con il vaccino è stato ritenuto possibile.

Un secondo vaccino che è stato associato alla comparsa di trombosi è il Johnson & Johnson, per cui è stato ipotizzato che i vettori virali potrebbero avere un ruolo67,75,83-87. Non disponiamo invece di dati sul rischio trombotico di un altro vaccino adenovirale, lo Sputnik V55.

Rarissimi casi di trombosi sono stati invece correlati ai vaccini a mRNA55,88-91. Tuttavia, sono stati descritti decessi dopo vaccino Pfizer ad Amburgo92 e in Norvegia il vaccino Pfizer è stato associato a 23 decessi in adulti anziani; tutti avevano una severa cardiopatia ed è stato suggerito che alcuni effetti collaterali siano stati nocivi in pazienti fragili. Di recente, inoltre, è stato descritto in Israele e negli Stati Uniti un link probabile tra vaccino Pfizer e diversi casi di miocardite in giovani dopo la seconda dose.

La mancanza del numero totale di pazienti che hanno ricevuto un particolare vaccino, e in particolare di denominatori affidabili stratificati per età e sesso, non permette inoltre un confronto diretto tra i diversi vaccini73,93. Questi dati suggeriscono l’importanza della ricerca di ulteriori mediatori di questa aberrante risposta immune al di là delle sequenze adenovirali o di altre componenti dei vaccini AstraZeneca e Johnson & Johnson/Janssen78.

Per quanto riguarda la piastrinopenia, circa 60 casi, di cui 2 fatali, sono stati riportati nel Regno Unito dopo vaccinazione AstraZeneca e 34 casi (1 fatale) con BioNTech/Pfizer, mentre 195 casi sono stati riportati dopo BioNTech/Pfizer e Moderna nel database VAERS negli Stati Uniti55,94. È stato riportato anche un caso di recidiva di porpora trombotica trombocitopenica (possibile dopo ogni vaccino) dopo BioNTech/Pfizer95.

Un altro punto da esaminare è l’incidenza di eventi emorragici. Su oltre 30 milioni di vaccinati, la MHRA ha riportato 267 emorragie (tra cui 6 fatali) con AstraZeneca e 220 (9 fatali) con BioNTech/Pfizer55. Nel database VARES, su oltre 110 milioni di vaccinati, sono stati riportati 439 eventi emorragici con i vaccini BioNTech/Pfizer e Moderna55.

Per quanto riguarda l’infarto miocardico, vi è una segnalazione dopo AstraZeneca63 e una, in una donna di 96 anni, dopo Moderna96. È plausibile che lo stress di ricevere il vaccino, come pure gli eventi avversi segnalati (dolore in sede di iniezione, astenia, nausea e vomito, febbre) possano avere scatenato un’ischemia da aumentata domanda in presenza di un “burden” aterosclerotico coronarico sconosciuto. Tuttavia, è probabile che un adulto simile potrebbe avere avuto una cattiva prognosi in caso di infezione con COVID-19. In uno studio su 126 661 070 soggetti vaccinati, l’incidenza di infarto aumentava con l’età (molto raro nei bambini, raro nelle donne da 30 a 54 anni, non comune in uomini e donne da 55 a 84 anni e comune negli ultraottantacinquenni)80.

L’ultimo rapporto di farmacovigilanza dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) sui 4 vaccini riporta, infine, tra il 27 dicembre 2020 e il 26 agosto 2021, 84 322 segnalazioni di evento avverso successivo alla vaccinazione su un totale di 76 509 846 dosi di vaccino (128 segnalazioni ogni 100 000 dosi somministrate), indipendentemente dal vaccino e dalla dose, di cui l’86.1% circa sono riferite ad eventi non gravi54. Per il Comirnaty il tasso di miocardite/pericardite è di 2 casi ogni milione di dosi somministrate e per lo Spikevax di 1/1 000 000. Per il Vaxzevria fra gli eventi avversi molto rari (<1 caso/1 000 000 dosi somministrate) rientrano le trombosi venose intracraniche o in sede atipica con o senza piastrinopenia. Per il Janssen il numero di casi di trombosi venosa cerebrale o in sede atipica con o senza piastrinopenia, è molto esiguo e comporta un tasso di segnalazione inferiore a 1 caso ogni 1 000 000 di dosi somministrate.

Le ipotesi fisiopatologiche

La patogenesi dell’ipercoagulabilità dopo la vaccinazione rimane scarsamente compresa e diverse sono le questioni ancora aperte63,97-113. Reperti comuni nei casi descritti erano la presenza di livelli elevati di D-dimero e di anticorpi contro il fattore piastrinico 4 (platelet factor 4, PF4) e la proteina S, combinati con trombocitopenia ma anche ipofibrinogenemia, deficienza di fattore XIII, eterozigosi MTHFR C677T e deficienza di folati con aumentati livelli di omocisteina e/o anticorpi antifosfolipidi63,64,66,69,70,79.

Un importante meccanismo fisiopatologico è stato ipotizzato dal Greifswald Working Group guidato da Andreas Greinacher63. La costellazione di trombosi e piastrinopenia ha fatto ipotizzare una condizione simile alla piastrinopenia immune indotta da eparina (heparin-induced thrombocytopenia, HIT), in cui anticorpi IgG-specifici riconoscono il complesso multimolecolare tra il PF4 cationico ed elementi polianionici eparinici come estraneo, causando un’attivazione multicellulare e in particolare di monociti e piastrine attraverso il loro recettore FcRγIIA, con rilascio di metalloproteinasi procoagulanti, nonché un’attivazione diretta dell’endotelio da parte di complessi anticorpali che porta a maggiore trombogenicità con rilascio di selectine P ed E, fattore di von Willebrand, interleuchina-6 e trombina, piastrinopenia da consumo di piastrine e severa trombogenicità63,97,98,111. La diagnosi di certezza di HIT richiede infatti la dimostrazione della presenza degli anticorpi anti-PF4-eparina99. Un meccanismo simile potrebbe essere implicato nella risposta antivirale al SARS-CoV-2, considerando che anticorpi anti-PF4-eparina sono stati individuati in casi di pazienti con COVID-19. La vaccinazione può quindi probabilmente indurre la formazione di anticorpi contro antigeni piastrinici come parte della reazione infiammatoria e della stimolazione immune; anche gli epitopi adenovirali usati nei vaccini hanno una forte affinità per il PF4 e possono causare una massiva attivazione piastrinica, aumentata espressione del fattore tissutale e successiva generazione di trombina79,100,101 a prescindere dalla presenza di eparina. Non è però chiaro se il PF4 sia un semplice testimone all’interno di un complesso immune che attiva le piastrine, o contribuisca direttamente alla formazione del trombo. Il ritardo nella produzione di questi autoanticorpi spiegherebbe la comparsa di reazioni avverse 4-14 giorni dopo la vaccinazione55. Poiché nessuno dei pazienti era esposto ad eparina, è stato proposto per la sindrome il nome di HIT autoimmune63. Altre definizioni proposte sono vaccine-induced prothrombotic immune thrombocytopenia (VIPIT) e piastrinopenia trombotica immune indotta da vaccino (vaccine-induced immune thrombotic thrombocytopenia, VITT), la più usata. Diverse società scientifiche internazionali hanno pubblicato di recente raccomandazioni su diagnosi e management della VITT102-104.

È stato ipotizzato che anche un’accentuata risposta di tipo immunitario, meccanismo che mima l’effetto del COVID-19 attivo, potrebbe rappresentare un trigger trombotico93. L’infezione induce attivazione di neutrofili e monociti, con rilascio di DNA leucocitario, che interagiscono con le piastrine e la cascata coagulativa portando a formazione intravascolare di trombi in vasi grandi e piccoli105,106. Come ricordato prima, durante le infezioni virali, e particolarmente nel caso del SARS-CoV-2, una delle risposte adattative del sistema immune innato (non selettiva ma immediata) è la produzione da parte dei neutrofili di NET, una maglia simile a una rete che ha lo scopo di intrappolare i virus. Sebbene la NET sia utile ed efficace, numerosi studi hanno dimostrato una sua associazione con la comparsa di trombosi. Una infiammazione sproporzionata può anche aumentare l’adesione endoteliale e il rilascio di fattore tissutale, vero trigger della generazione di trombina, enzima chiave nella coagulazione97. La proteina S espressa dai vaccini, inoltre, attiva il sistema del complemento e può indurre una cascata immune cellulare ed umorale contro il virus favorente la trombosi107.

Secondo un’ulteriore ipotesi108, un’iniezione accidentale del vaccino in vena, anche in piccole quantità, o travasi nel tempo possono culminare in alti livelli di adenovirus nel sangue, che, anche se non replicanti, possono viaggiare nel corpo e infettare cellule permissive come le epiteliali, le endoteliali e i fibroblasti, che possono secernere grandi quantità di glicoproteine S, portando ad alti livelli di antigenemia contro esse. Ciò non è possibile nel caso dei vaccini a mRNA, poiché le nanoparticelle lipidiche non possono sopravvivere nell’ambiente plasmatico enzimaticamente ostile e sono rapidamente eliminate dal sistema reticolo-endoteliale. I vaccini genetici potrebbero invece infettare direttamente piastrine e megacariociti provocando la traslazione del mRNA e la sintesi intracellulare delle proteine S, che causerebbero una risposta autoimmune contro questi elementi provocando fagocitosi reticolo-endoteliale e lisi diretta delle cellule T CD8. Quando una cellula vaccinata muore o è distrutta dal sistema immune, inoltre, i detriti possono rilasciare una grande quantità di proteine S intere o frammentate nel sangue. In un soggetto con pregressa infezione da SARS-CoV-2 o con anticorpi cross-reattivi a comuni coronavirus, un grande volume di complessi immuni si può formare poco dopo la vaccinazione con vaccini basati su adenovirus, ma anche a mRNA109. Le IgG contro questi complessi immuni possono essere glicosilate in modo aberrante (ad esempio afucosilate) come avviene nei casi più gravi di COVID-19.

È noto, infine, che il SARS-CoV-2 usa l’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2) come cavallo di troia per invadere le cellule bersaglio. I vaccini hanno il potenziale di interagire con ACE2, promuovendo la sua internalizzazione e degradazione, fenomeno osservato anche nelle piastrine, in cui la subunità 1 della proteina S, ma non la subunità 2, si lega all’ACE2 inducendo una facilitazione dose-dipendente dell’aggregazione e rilascio di adenosintrifosfato105. La perdita dell’attività recettoriale ACE2 dal lato esterno della membrana cellulare, mediata dall’interazione tra ACE2 e proteine S, comporta una minore inattivazione dell’angiotensina 2 e minore generazione di angiotensina(1-7), cosa che aumenta il rischio trombotico107,110.

L’associazione tra trombocitopenia e complicanze trombotiche spesso multiple con un andamento clinico rapidamente ingravescente, è nota verificarsi in altre sindromi su base autoimmunitaria, come quella, catastrofica, da anticorpi antifosfolipidi, già dimostrata nel COVID-19108 o la porpora trombotica trombocitopenica87.

Tutte, o molte di queste condizioni devono essere presenti per scatenare la piastrinopenia e la trombosi, cosa che spiega la rarità di questi casi112,113. Le diverse ipotesi fisiopatologiche sono illustrate nella Figura 1.




Non è chiaro il motivo per cui questa trombosi immunogenica si manifesti nei vasi cerebrali o splancnici, se sia cioè correlata con la localizzazione dell’antigene o con la risposta vascolare. La presenza di specifici antigeni polianionici nelle sedi vascolari citate potrebbe essere una possibile spiegazione99. Il drenaggio venoso di aree ricche di microbioti nel naso e nell’intestino, che può innescare una immunità endovascolare locale con impegno di autoanticorpi diretti verso complessi PF4-microbioti, potrebbe avere un ulteriore ruolo114.

I pazienti con piastrinopenia dopo vaccinazione rispondono favorevolmente ad immunoterapia con steroidi e immunoglobuline per via endovenosa94, i cui possibili benefici includono il blocco dei recettori FcRγIIA, la neutralizzazione degli anticorpi anti-PF4 da anticorpi anti-idiotipo, la facilitazione del catabolismo degli anticorpi anti-PF4 e la modulazione del compartimento cellulare immune, tra cui le cellule B che producono gli anti-PF4115.

Infine, un infarto miocardico può essere provocato da vasospasmo allergico indotto dal vaccino, come nella sindrome di Kounis116,117.

Le decisioni regolatorie

Il 15 marzo 2021, a causa delle segnalazioni di trombosi e di alcuni decessi sospetti, l’AIFA ha sospeso l’utilizzo del vaccino AstraZeneca su tutto il territorio nazionale; la stessa decisione è stata presa in diversi paesi europei61,62,68,73.

Il 18 marzo, nel Regno Unito, la MHRA ha affermato che le evidenze non suggeriscono che la trombosi sia causata dal vaccino AstraZeneca118, mentre l’EMA ha concluso che un legame causale con il vaccino è possibile81. L’EMA ha anche stabilito di includere informazioni sul rischio trombotico nei foglietti illustrativi, avvertendo pazienti e medici di vigilare sulla potenziale comparsa di sintomi. La commissione PRAC (Pharmaco vigilance Risk Assessment Committee) dell’EMA, dopo i dovuti controlli, ha riammesso l’utilizzo del vaccino AstraZeneca il 19 marzo61,72.

Il 27 marzo l’EMA, il sottocomitato COVID-19 del WHO Global Advisory Committee on Vaccine Safety (GACVS) e la MHRA hanno rivisto il rischio di trombosi dopo vaccinazione con AstraZeneca, concordando ancora che i benefici sopravanzano i rischi; il PRAC dell’EMA ha concluso che i trombi inusuali associati a bassi livelli di piastrine debbano essere elencati come effetti indesiderati molto rari del vaccino AstraZeneca.

Il 7 aprile 2021, includendo informazioni da EMA e MHRA (che ha consigliato di offrire ai giovani sotto i 30 anni un’alternativa al vaccino AstraZeneca se disponibile), il GACVS ha pubblicato uno statement ad interim per cui relazione causale tra vaccino e insorgenza di trombi e piastrinopenia è plausibile ma non confermata.

Nella stessa data, una circolare del Ministero della Salute ha raccomandato l’uso preferenziale del vaccino AstraZeneca nelle persone di età >60 anni, tenuto conto del basso rischio di reazioni avverse di tipo tromboembolico (a fronte della elevata mortalità da COVID-19 in una fascia di età in cui il vaccino è sicuramente efficace nel ridurre il rischio di malattia grave, ospedalizzazione e morte connesso al COVID-19). Inoltre, è stato affermato che chi ha già ricevuto una prima dose del vaccino AstraZeneca, può completare il ciclo vaccinale con il medesimo vaccino, che non è possibile esprimere raccomandazioni circa l’individuazione di specifici fattori di rischio, e che non sono identificabili trattamenti preventivi dei suddetti episodi trombotici.

Il 13 aprile il PRAC ha raccomandato di aggiornare la scheda tecnica del vaccino AstraZeneca introducendo come reazioni avverse la piastrinopenia con frequenza comune e la trombosi con piastrinopenia con frequenza molto rara. In molti paesi sono stati posti dei limiti all’uso del vaccino AstraZeneca: in Germania e Olanda solo agli ultrasessantenni, in Francia e Canada sopra i 55 anni e in Svezia e Finlandia sopra i 65 anni. L’AIFA ha suggerito un uso preferenziale sopra i 60 anni.

Il 2 giugno l’AIFA ha emanato una nota informativa secondo cui il vaccino AstraZeneca è controindicato nei soggetti che hanno presentato una sindrome trombotica trombocitopenica in seguito alla precedente vaccinazione; i soggetti che hanno sviluppato trombocitopenia entro 3 settimane dalla vaccinazione AstraZeneca vanno valutati per trombosi, e viceversa.

Per quanto riguarda il vaccino Johnson & Johnson, il 12 aprile le autorità sanitarie statunitensi (FDA e Centers for Disease Control and Prevention [CDC]) hanno raccomandato una pausa nel suo uso84. Con la Circolare del 21 aprile, il Ministero della Salute ne ha raccomandato l’uso preferenziale per le persone di età >60 anni e il PRAC ha raccomandato l’inserimento della trombosi in combinazione con trombocitopenia come reazione avversa con frequenza molto rara87. Il 23 aprile, l’Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) ha confermato la raccomandazione per il suo uso sopra i 18 anni, includendo un “warning” sulla possibilità di rari eventi trombotici tra le donne di 18-49 anni, e lo stesso ha fatto la FDA.

Il 7 giugno l’EMA ha emanato raccomandazioni di assistenza clinica per la gestione di sospette sindromi trombotiche associate a trombocitopenia dopo vaccinazione anti-COVID-19, con cui consiglia agli operatori sanitari di seguire le raccomandazioni delle società scientifiche e in particolare quelle dell’International Society on Thrombosis and Haemostasis, riconoscendo che vi sono differenze tra le diverse linee guida disponibili.

Tutte queste interruzioni transitorie e variazioni nelle indicazioni (si pensi al vaccino AstraZeneca, prima raccomandato sotto i 55 anni e poi sopra i 60) hanno comportato un turbamento nell’opinione pubblica e soprattutto un ulteriore ritardo sul piano di vaccinazione nazionale. In ogni caso, la situazione evolve costantemente ed è probabile che si sia ulteriormente modificata al momento della pubblicazione di questo documento.

CONCLUSIONI

I vaccini anti-COVID-19 sono impiegati da poco tempo e le conoscenze sulle loro manifestazioni cliniche sono in continua evoluzione119. Mancano dati sui loro effetti a lungo termine, sulle interazioni con altri vaccini, sull’uso in soggetti immunocompromessi e con comorbilità (in particolare disordini ematologici, autoimmuni o infiammatori)120. Pertanto, sono necessari attenti studi di sorveglianza e follow-up a lungo termine76. A tal proposito, è importante ricordare ai cardiologi di segnalare tutte le sospette reazioni avverse associate all’uso dei vaccini anti-COVID-19, in conformità con il sistema nazionale di segnalazione spontanea, sul sito web dell’AIFA (https://www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse). I segni precoci di rari effetti collaterali durante la farmacovigilanza che possono portare ad outcome severi non devono essere messi da parte solo sulla base della prevalenza statistica, ma richiedono approfonditi studi scientifici e una correlazione con la clinica per escludere un potenziale link causale86.

I trial clinici che hanno testano l’efficacia dei vaccini, inoltre, includevano solo soggetti negativi per SARS-CoV-2. Non si può escludere la possibilità che la vaccinazione di un numero sempre maggiore di soggetti possa provocare una reazione trombotica e infiammatoria inaspettata in soggetti predisposti da una pregressa infezione110.

D’altra parte, i rischi e i benefici degli attuali vaccini devono essere confrontati con la reale possibilità di contrarre la malattia e sviluppare complicanze e sequele a lungo termine sulla base delle evidenze cliniche disponibili ed evitando bias immotivati121,122. Per lo stesso Vaxzevria, un recente studio italiano ha dimostrato che i benefici superano i rischi già dall’età di 30 anni123. Sfortunatamente, una notevole parte della popolazione esita ancora a riconoscere i pericoli associati al SARS-CoV-2, comparandoli alle epidemie di influenza del passato, ignorando il fatto che la mortalità continua a salire nel mondo nonostante strette misure igieniche e di lockdown. Il fenomeno del negazionismo è importante, e ha preso linfa dalle segnalazioni di effetti collaterali, in particolare trombotici. Va ricordato che l’incidenza di gravi eventi trombotici appare bassa (1/1 000 000)73 e che nella popolazione generale, a prescindere da ogni vaccinazione, l’incidenza annuale di trombosi venosa è 1.2/1000 e di trombosi cerebrale 1.2/100 00055. Al 13 aprile, il CDC ha riportato 6 casi di TSVC su 6.85 milioni di pazienti vaccinati (0.9/1 000 000, IC 99% 0.2-2.3). Nel registro SVIN COVID-19, 3 su 14 483 pazienti ospedalizzati per COVID-19 avevano una TSVC (207.1/1 000 000, IC 99% 23.3-757.7). Nel Nationwide Inpatient Sample, infine, l’incidenza di TSVC nella popolazione americana nei mesi di marzo e aprile 2018 è stata di 2.4 per milione (IC 99% 2.1-2.6)124. Anche in uno studio coreano l’incidenza di TSVC dopo vaccinazione è stata di 0.23/1 000 000, rispetto a un’incidenza attesa di 0.21/1 000 000125. In uno studio condotto presso la Mayo Clinic su 68 266 soggetti vaccinati con vaccini a mRNA ed altrettanti controlli, McMurry et al.126 hanno evidenziato che l’incidenza di TSVC non è maggiore nei vaccinati. Infine, un recentissimo studio israeliano su 884 828 individui vaccinati con Comirnaty ha dimostrato solo un elevato rischio di miocarditi (rischio relativo 3.24, IC 95% 1.55-12.44), peraltro molto inferiore a quello connesso al COVID-19 (rischio relativo 18.28, IC 95% 3.95-25.12), ma non di eventi trombotici127. Infine, i dati sulle TSVC riportati dal database EudraVigilance tra il 1° gennaio e il 30 luglio 2021 hanno rilevato un tasso, per un milione di vaccinati, di 1.92 per Pfizer, 5.63 per Moderna, 21.6 per AstraZeneca e 11.48 per Janssen128.

A politici, autorità, media e popolazione va anche ricordato che i rischi trombotici sono accettati nello stile di vita moderno; milioni di donne usano contraccettivi che aumentano il loro rischio trombotico da 3 a 5 volte e il rischio assoluto di avere una trombosi venosa dopo un viaggio aereo di durata >4 h è 1/4600, ben superiore (50-100 volte) a quello di avere una TSVC dopo vaccinazione55,129. Chiaramente nella VITT la mortalità è differente dalla classica TVP, raggiungendo il 40%55. Tuttavia, le complicanze tromboemboliche del COVID-19 sono molto più frequenti (dal 6% al 28% dei casi)130-133 e, ad esempio, per ogni milione di dosi del vaccino Johnson & Johnson somministrati a donne da 18 a 48 anni vengono evitati 297 ricoveri ospedalieri, 56 ricoveri in terapia intensiva e 6 morti correlate al COVID-19, in confronto a 7 casi di trombosi132.

Il Patient Forum della Società Europea di Cardiologia ha pubblicato il 12 aprile informazioni sul vaccino anti-COVID-19 per i cardiopatici, ribadendo l’importanza che tutti lo possano ricevere a causa dell’alto rischio di complicanze134. I trial con vaccini anti-COVID-19 hanno incluso cardiopatici e non hanno dimostrato gravi effetti su questi pazienti; non sono riportate interazioni tra vaccini e farmaci cardiologici e non vi sono prove che suggeriscano che essi siano controindicati nelle cardiopatie. A causa della natura immunogena della trombosi, inoltre, i pazienti con storia di trombosi e/o nota trombofilia non hanno un rischio aumentato dopo vaccinazione AstraZeneca61. Si stima infatti che circa 5000-6000 soggetti ogni 100 000 vaccinati siano portatori di queste anomalie coagulative, il che contrasta evidentemente con l’estrema rarità delle più gravi complicazioni trombotiche osservate87. Non vi sono prove, inoltre, che trombosi in siti tipici (arti inferiori, EP) siano più comuni dopo i vaccini adenovirali che nella popolazione generale stratificata per età. Al momento, quindi, non vi sono elementi per controindicare la vaccinazione in pazienti reduci da un recente evento trombotico o in particolare da un infarto miocardico acuto, dando però la preferenza ai vaccini a mRNA nelle classi più giovani, particolarmente nelle donne, in accordo con le indicazioni delle autorità regolatorie.

In atto non esistono dati certi sul rischio correlato alla seconda dose. Secondo l’ipotesi di una iperattività della coagulazione indotta dal vaccino, è ragionevole attendersi che con la prima somministrazione si sia già avuta la cosiddetta “deplezione dei suscettibili”, ovvero una sorta di selezione dei soggetti che per ragioni non note sono più esposti all’azione di questi ipotetici meccanismi protrombotici, e che pertanto eventuali manifestazioni avverse siano ancora più rare a seguito della seconda dose87. Secondo l’ipotesi della produzione di autoanticorpi, la riesposizione al vaccino potrebbe invece portare a manifestazioni cliniche importanti in alcuni soggetti che in occasione della prima dose avevano già attivato una risposta immunitaria anomala, anche se clinicamente non evidente87. Alla data del 12 maggio sono stati riportati da parte della MHRA inglese 15 casi di trombosi atipiche con piastrinopenia su circa 9 milioni di seconde dosi di AstraZeneca somministrate, il che sembrerebbe corrispondere, al momento, ad un segnale più debole di quello riscontrato per le prime dosi e comunque definibile come molto raro, avvalorando l’ipotesi della “deplezione dei suscettibili”87.

Per quanto concerne la profilassi con farmaci antitrombotici, non vi sono evidenze scientifiche a supporto dell’ipotesi che aspirina o eparina a basso peso molecolare siano efficaci nel ridurre il rischio di eventi trombotici nei soggetti sottoposti a vaccinazione anti-COVID-19 con vaccini adenovirali, a fronte di un rischio di eventi avversi gravi, come un’emorragia maggiore, ben quantificabile e rilevante. Resta inteso che tali farmaci potranno essere continuati nei pazienti già in trattamento87.

La rapida disponibilità di vaccini efficaci nel limitare la trasmissione e le forme gravi di malattia è emersa come la sola soluzione per il controllo della pandemia. I professionisti sanitari restano i consiglieri più appropriati riguardo alle decisioni sulle vaccinazioni e devono essere supportati per fornire informazioni affidabili e credibili. Nella Tabella 3 è suggerito, ad esempio, cosa non fare in caso di vaccinazione55.




Tutte le società scientifiche sottolineano il valore di continuare i programmi vaccinali per proteggere i pazienti da forme gravi di COVID-19 e di rallentare la circolazione del virus e delle sue varianti. L’esitazione vaccinale rischia di fare regredire i progressi nel controllo delle malattie infettive. L’astensione non è un’opzione, in quanto si traduce nel fallimento a dare assistenza a un’ampia popolazione che rimane in pericolo. L’azione, con aumentata vigilanza, è la migliore soluzione nella nostra missione per la salute pubblica55.

RIASSUNTO

La pandemia COVID-19, che ha colpito milioni di soggetti nel mondo, è anche associata a complicanze cardiovascolari, come trombosi venose ed arteriose. La proteina spike virale, infatti, può promuovere il rilascio di mediatori protrombotici e proinfiammatori. I vaccini, che codificano tale proteina, sono la strada principale per prevenire il COVID-19. Tuttavia, alcuni inaspettati eventi trombotici in siti inusuali, come i circoli venosi cerebrale o splancnico, sono stati osservati in soggetti, specie donne fertili, che hanno ricevuto vaccini basati su adenovirus. Questa entità clinica è stata riconosciuta come una nuova sindrome, denominata trombocitopenia trombotica immune associata a vaccini, probabilmente causata da anticorpi cross-reagenti contro il fattore piastrinico 4 attivanti le piastrine. Ciò ha portato diverse agenzie regolatorie nazionali a restringere l’uso di tali vaccini a determinati gruppi di età. L’opinione prevalente di molti esperti, comunque, è che il rischio di sviluppare il COVID-19 e la conseguente trombosi sopravanzi chiaramente tale piccolo rischio.

Questa rassegna vuole fornire una revisione approfondita di temi epidemiologici, dati clinici ed ipotesi patogenetiche sulla trombosi correlata sia al COVID-19 sia ai vaccini, aiutando i cardiologi ad offrire un counseling aggiornato e basato sulle evidenze ai loro pazienti con sindromi coronariche acute e croniche.

Parole chiave. COVID-19; Trombosi; Vaccini.

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