In questo numero

cinquantenario del gic




50 anni di conquiste in cardiologia pediatrica

L’undicesimo degli editoriali del cinquantenario del Giornale Italiano di Cardiologia è dedicato ai progressi avvenuti in cardiologia pediatrica a cura di Fernando Maria Picchio che in Italia è stato tra i precursori di questa giovane branca della cardiologia. Le conquiste realizzate negli ultimi 50 anni nello studio e nel trattamento delle cardiopatie congenite hanno contribuito a modificare significativamente la prognosi di molte patologie un tempo letali nei primi giorni di vita. Lo sviluppo della cardiologia pediatrica è stato possibile anche grazie ai successi della cardiochirurgia pediatrica e in anni più recenti della cardiologia interventistica, che ha consentito la correzione definitiva di diverse cardiopatie congenite o il “bridge” per successive procedure chirurgiche. Gli avanzamenti nell’approccio diagnostico e terapeutico delle cardiopatie congenite sono stati inoltre favoriti dallo sviluppo delle tecniche di imaging cardiaco che all’ecocardiografia ha affiancato la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica cardiaca, che hanno un ruolo importante anche nel follow-up dei pazienti operati. Un ampio paragrafo dell’editoriale è infine dedicato agli adulti con cardiopatie congenite, in gergo GUCH o più recentemente ACHD, un’epidemiologia in costante crescita dovuta all’incremento della sopravvivenza dei pazienti con cardiopatie congenite anche di elevata complessità. Una transizione epidemiologica che richiede formazione di personale sanitario esperto, centri dedicati e ricerca clinica. La cardiologia pediatrica italiana ha raggiunto a partire dagli anni ’90 elevati livelli di qualità, ma ancora carente è purtroppo in molte regioni l’organizzazione in rete della cardiologia pediatrica e la pianificazione della formazione della figura del cardiologo pediatra. In abbinamento all’editoriale di Fernando Maria Picchio un flashback di 50 anni costituito da una rassegna di Sergio Dalla Volta sulla fisiopatologia della tetralogia di Fallot pubblicato nel Giornale Italiano di Cardiologia del 1972. •

covid-19 e cardiologia




Quando facevamo i dottori con anamnesi ed ECG (e vincevamo i mondiali)

I risvolti negativi nella pratica clinica quotidiana dovuti alla pandemia COVID-19 sono innumerevoli e sono stati ampiamente analizzati e discussi. Nel contempo, non possiamo dimenticare come la pandemia e la cura dei pazienti affetti da infezione da SARS-CoV-2, abbia spesso focalizzato le attenzioni del personale medico con il rischio di tralasciare o portare in secondo piano la cura di patologie altrettanto gravi e frequenti. In questo numero del Giornale, Francesco Di Spigno et al. ci fanno compiere un balzo dai giorni nostri alla vecchia semeiotica che forse avevamo frettolosamente scordato. Alzi la mano chi si ricorda con chiarezza cos’è la sindrome di Wellens. I colleghi di Piacenza, partendo dalla triste attualità della pandemia COVID-19, descrivono e riportano un caso molto intrigante di sindrome di Wellens, la cui prima descrizione e classificazione risale al 1982. Il caso si presta non solo a rinverdire la nostra memoria, ma anche a riflettere come ancora oggi l’ECG possa essere lo strumento vincente per indirizzare i dubbi diagnostici e i successivi approfondimenti in molteplici scenari clinici, cardiologici e non. •




Miocardite acuta post-vaccino: un evento raro da non sottovalutare

Le miocarditi acute sono eventi avversi rari correlati alla somministrazione di vaccini; in particolare, in passato, sono stati segnalati casi in relazione al vaccino contro il virus del vaiolo. Con il procedere della campagna vaccinale anti-SARS-CoV-2 sono in aumento le segnalazioni di miocarditi acute dopo vaccinazione a mRNA (Pfizer o Moderna) in particolare nei soggetti giovani adulti o adolescenti di sesso maschile. Le segnalazioni negli Stati Uniti, in Israele e in Europa hanno un’incidenza superiore all’atteso. Tale effetto avverso non era invece stato segnalato nello studio di sicurezza del vaccino a mRNA BNT162b2 Pfizer-BioNTech per SARS-CoV-2 a differenza di altri eventi avversi cardiovascolari. Sara Facetti et al. presentano il caso di un giovane uomo senza antecedenti cardiovascolari ricoverato per una forma lieve di miopericardite insorta 2 giorni dopo la somministrazione della seconda dose di vaccino a mRNA Pfizer. Questo caso sottolinea l’importanza di pensare e identificare questa possibile complicanza del vaccino in un momento in cui in Italia è in corso la campagna vaccinale per i più giovani. •




Cuore e vaccino a mRNA contro il COVID-19

La pandemia COVID-19 è ancora una sfida per tutti i sistemi sanitari in considerazione anche delle complicanze cardiovascolari legate all’infezione. Lo sviluppo di vaccini anti-COVID-19 ha rappresentato una svolta nella lotta alla pandemia con una netta riduzione dei tassi di mortalità e morbilità dell’infezione da SARS-CoV-2. Recentemente gli “alert” riguardo ai casi di pericardite e miocardite a seguito delle vaccinazioni a mRNA Pfizer-BioNTech (BNT162b2) e Moderna (mRNA-1273) hanno destato preoccupazione. In particolare, sembra che la miocardite colpisca soggetti giovani di sesso maschile in relazione ad una risposta iperimmune dopo la seconda dose di vaccino, il cui meccanismo fisiopatologico alla base non è del tutto chiarito e l’associazione temporale tra la vaccinazione e gli episodi pericarditici e miocarditici non è di per sé una prova di causalità. In questo articolo Gianfranco Sinagra et al. riassumono in maniera efficace le conoscenze che ad oggi abbiamo riguardo a pericarditi e miocarditi da vaccino sulla base degli studi clinici e dei report “real-world” e ci mettono di fronte agli interrogativi a cui il mondo scientifico è ancora chiamato a rispondere. •

rassegne




Nuclear medicine makes me hot!

Alcune tecniche, come la medicina nucleare, quando sembrano sul punto di cedere il passo ad altre, nel nostro caso la tomografia computerizzata o la risonanza magnetica cardiaca, improvvisamente allargano gli orizzonti e scoprono una seconda giovinezza. Il caso della medicina nucleare è emblematico. Tutti noi abbiamo considerato la scintigrafia miocardica il “gold standard” per la diagnosi e la valutazione prognostica della cardiopatia ischemica stabile, ma ora questa solidità sembra vacillare sotto i colpi della valutazione invasiva della riserva frazionale di flusso coronarica (e indici diastolici), delle valutazioni anatomiche/funzionali non invasive (tomografia computerizzata, rapporto di flusso quantitativo, ecc.). Ma nuovi scenari ci attendono! La rassegna di Alessia Gimelli et al. partendo dal terreno a noi più vicino – la cardiopatia ischemica – ci dimostra che utilizzando nuovi traccianti radioattivi la cardiologia nucleare può avvicinarsi allo studio della biologia molecolare e cellulare alla base di tante patologie cardiache (amiloidosi in primis, innervazione, forme infiammatorie) o integrare l’imaging di placca, studiare la vascolarizzazione o la genetica. In poche parole questa disciplina può ancora scaldare l’animo e la mente del medico nucleare grazie agli sviluppi attesi, appena dietro l’angolo. •




Piccoli cuori crescono…

Il progressivo aumento del numero di pazienti portatori di cardiopatia congenita operata e non, che passano all’età adulta, determina in questa popolazione un incremento dell’incidenza di scompenso cardiaco che rappresenta in questa popolazione non solo una complicanza comune, ma anche una delle principali cause di morte. La rassegna di Silvia Favilli et al. rappresenta una completa ed attuale disamina della problematica fornendo un approccio sistematico alle cause eziologiche, alle cause potenzialmente correggibili per passare alla terapia farmacologica e non farmacologica tipica dell’insufficienza cardiaca arrivando anche alla valutazione del trapianto cardiaco. La rassegna è scritta in modo molto comprensibile anche per il professionista che non sia avvezzo all’approccio con questa popolazione di pazienti e nel complesso fornisce un background minimo che tutti i cardiologi dovrebbero conoscere. Dal momento che non sono disponibili studi randomizzati controllati che ci guidino nell’impostazione terapeutica generalizzata dei farmaci e delle procedure non farmacologiche normalmente utilizzati nella popolazione generale con insufficienza cardiaca, la lettura diviene particolarmente affascinante per le indicazioni che suggerisce alle valutazioni ed ai percorsi diagnostici e terapeutici. •




Nuovi farmaci contro l’aterosclerosi

Recenti studi hanno dimostrato la persistenza di un rischio cardiovascolare residuo, ma non trascurabile, anche con bassi livelli di colesterolo LDL. Questa evidenza sottolinea la necessità di interventi aggiuntivi e preventivi più precoci e, inoltre, porta alla luce il ruolo di altri fattori aterogeni, quali i trigliceridi, la lipoproteina(a) e la cascata infiammatoria. In questo numero del Giornale, Stefania Angela Di Fusco et al. passano in rassegna i nuovi agenti che si stanno studiando nel campo della prevenzione dell’aterosclerosi e che intervengono su diversi target biologici, illustrando, per ciascun agente terapeutico, il meccanismo d’azione, i dati clinici disponibili ed il profilo di sicurezza. In aggiunta, gli autori riportano la nuova frontiera del trattamento delle dislipidemie refrattarie: gli interventi basati su metodiche di biotecnologia come il trasporto inverso del colesterolo e l’editing genomico. •




Tele-attrezziamoci… Il futuro è già arrivato

Comunque andrà, la pandemia COVID-19 ha procurato cambiamenti strutturali, organizzativi e mentali nella gestione delle patologie cliniche destinati a durare, obbligando il clinico ad un cambio di passo rispetto alle proprie abitudini. In particolare l’upgrading richiesto è essenzialmente tecnologico, in quanto bisognerà familiarizzare sempre più con l’utilizzo delle tecnologie audio-digitali sia sotto forma di telemonitoraggio-teleconsulto che di condivisione di report-documentazioni sanitarie. La lettura della dettagliata rassegna di Francesco Fattirolli et al., accompagnata dall’editoriale di commento di Giancarlo Casolo e Andrea Di Lenarda, ci prepara, almeno teoricamente, al futuro-presente che dovremo affrontare specialmente nella gestione del paziente cronico. Le potenzialità e in parte i limiti e le insidie di tale nuovo approccio vengono ampiamente affrontati, considerando che la vera sfida che ci attende sarà rivolta all’applicabilità delle metodiche legate alla medicina digitale, che dovrà essere sempre più estesa e non limitata soltanto a popolazioni ristrette, o tecnologicamente dotate. L’auspicio è che a fronte della disponibilità clinica e tecnologica ci sia, da parte del decisore, il supporto adeguato a facilitarne l’adozione e la governance. •

revisione sistematica




Sindromi coronariche acute non convenzionali

Per sindrome di Kounis si intende un danno coronarico secondario ad ipersensibilità dovuta a diversi fattori scatenanti, più frequentemente agli antibiotici e alle punture di insetto. Il danno miocardico consegue ad un massiccio rilascio di mediatori infiammatori da parte dei mastociti attivati durante la reazione allergica e porta a vasospasmo in soggetti con coronarie angiograficamente indenni, ad erosione/rottura di placca in pazienti con ateromasia coronarica silente o a trombosi/ristenosi di stent in pazienti con coronaropatia nota e trattata. Alberto Monello et al. hanno revisionato la letteratura disponibile e hanno analizzato le caratteristiche di 66 pazienti con storia di sindrome coronarica acuta dopo puntura di insetto. Questi pazienti sono risultati giovani e prevalentemente di sesso maschile, sintomatici per dolore toracico o per sintomi da anafilassi. Gli insetti più frequentemente responsabili sono risultati le api e le vespe. L’ECG mostra più frequentemente un sopraslivellamento del tratto ST con complicanze aritmiche non trascurabili prevalentemente nei soggetti con coronarie indenni da lesioni aterosclerotiche significative. •

caso clinico




Tutti i soggetti con arresto cardiaco resuscitato in assenza di una cardiopatia organica hanno la sindrome di Brugada?

La sindrome di Brugada (BrS) e la sindrome della ripolarizzazione precoce (ERS) possono causare arresto cardiaco o morte improvvisa in soggetti senza alterazioni strutturali cardiache. Entrambe hanno aspetti clinici e alterazioni genetiche dei canali ionici (in particolare del sodio) simili; per tali motivi sono classificate da alcuni autori come sindromi dell’onda J. Tuttavia, le manifestazioni ECG sono completamente differenti e il substrato aritmico nelle due condizioni è diverso. Infatti nella BrS con aritmie il substrato aritmico è localizzato nel tratto di efflusso del ventricolo destro (fibrosi, alterazioni delle connessine, ecc.), mentre nella ERS il substrato (rallentamento della conduzione o alterazioni del potenziale monofasico) è localizzato nella parete inferiore del ventricolo destro e/o sinistro. Pietro Delise et al. riportano tre casi clinici che evidenziano elegantemente come avere un pattern ECG di Brugada non equivalga necessariamente ad avere la sindrome e come l’analisi attenta dell’ECG, soprattutto di quello post-arresto cardiaco, consenta di riconoscere nella ERS la vera causa dell’evento. Un pattern ECG di Brugada tipo 1 durante test farmacologico (ajmalina, flecainide), e non in condizioni basali, può essere fuorviante e non deve portare a conclusioni affrettate. È vero che in entrambe le sindromi, in caso di sincope cardiaca o di arresto cardiaco, la terapia è l’impianto del defibrillatore (ICD), ma la diagnosi corretta non ha solo un valore teorico ma anche pratico. In caso di episodi recidivanti o di frequenti interventi dell’ICD, l’ablazione transcatetere nel tratto di efflusso del ventricolo destro sarebbe certamente inefficace nella ERS ed esporrebbe il paziente a rischi non giustificati da un eventuale beneficio clinico in quanto il substrato elettrofisiologico ha una sede diversa. Questo articolo deve far riflettere e deve indurre a considerare l’ablazione del tratto di efflusso del ventricolo destro soltanto in soggetti con ripetuti interventi dell’ICD e con una diagnosi comprovata di BrS. •

“Il più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, è l’illusione della conoscenza.”

(Stephen Hawking)