Impianto transcatetere di valvola aortica per il trattamento dell’insufficienza valvolare aortica pura

Matteo Casenghi1,2, Enrico Poletti1, Antonio Popolo Rubbio1, Nedy Brambilla1, Luca Testa1, Francesco Bedogni1, Federico De Marco1

1Cardiologia-UTIC e Interventistica, IRCCS Policlinico San Donato, San Donato Milanese (MI)

2Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Sapienza Università di Roma, Roma

Transcatheter aortic valve implantation (TAVI) has become an established alternative to surgery in patients with calcific aortic stenosis. Broad implementation of devices and increased experience have led operators to explore the feasibility of TAVI in off-label indication such as pure native aortic valve regurgitation. Given the technical issues related to the absence of leaflet calcification and aortic root or ascending aorta dilation, this procedure is typically performed in patients in whom surgical risk is deemed prohibitive. Although recently published data have shown encouraging results in patients treated with new generation prostheses, new iteration of transcatheter valves, specifically designed for the treatment of aortic regurgitation, is needed. Nowadays, with no dedicated system on the horizon and in order to guarantee the best results, efforts should be made to improve patient selection.

Key words. Aortic regurgitation; Complications; Native aortic valve regurgitation; Transcatheter aortic valve implantation.

INTRODUZIONE

L’intervento di impianto transcatetere di valvola aortica (TAVI) è oggi approvato per il trattamento della stenosi aortica severa calcifica indipendentemente dal profilo di rischio chirurgico, sia in pazienti considerati ineleggibili per la sostituzione valvolare aortica chirurgica sia per quelli considerati a basso rischio1-4.

Parallelamente all’ampliamento delle indicazioni e allo sviluppo delle bioprotesi valvolari e dei sistemi di rilascio gli operatori hanno iniziato a valutare e testare la fattibilità dell’utilizzo off-label di questa tecnica, ad esempio in caso di degenerazione di bioprotesi chirurgica in posizione aortica o mitralica (valve-in-valve), di stenosi aortica in pazienti con valvola bicuspide o in caso di insufficienza aortica (IA) pura. Se nei primi due casi la presenza di un punto di ancoraggio della protesi transcatetere (sewing ring delle bioprotesi e lembi calcifici della valvola aortica bicuspide) ha facilitato l’utilizzo off-label della TAVI, nei pazienti con IA pura, che spesso presentano un rigurgito aortico severo, la TAVI è tutt’oggi considerata una valida opzione al trattamento chirurgico solo in pochi casi selezionati5,6.

Nella pratica clinica sono tre gli scenari che possono prevedere l’utilizzo di un approccio percutaneo per il trattamento dell’IA severa: 1) quadro di valvulopatia aortica mista con rigurgito prevalente; 2) IA da degenerazione di bioprotesi aortica; 3) IA pura su valvola nativa in valvola non calcifica.

IMPIANTO TRANSCATETERE DI VALVOLA AORTICA NELLA VALVULOPATIA MISTA

Sull’onda degli ottimi risultati del trattamento della stenosi aortica calcifica, diversi pazienti con steno-insufficienza aortica sono stati trattati per via percutanea con successo5.

La steno-insufficienza aortica si definisce come coesistenza di stenosi aortica e IA di grado almeno moderato. Questo quadro morboso è stato considerato un criterio di esclusione nei primi trial randomizzati di confronto tra TAVI e chirurgia nei pazienti con stenosi aortica1,2. Se confrontati ai pazienti con stenosi aortica isolata, i pazienti con valvulopatia mista rappresentato una popolazione con una più elevata percentuale di tessuto fibrotico, invece che una sostituzione calcifica del tessuto valvolare, e più spesso presentano un anulus di dimensioni incrementate. Non a caso, nella fase post-procedurale i tassi di rigurgito di grado moderato o severo sono più elevati in questo sottogruppo di pazienti. Grazie al precondizionamento ventricolare sinistro7, però, i tassi di mortalità generale e cardiaca appaiono comunque paragonabili al gruppo della stenosi aortica pura se non addirittura migliori5,8,9. A conferma di questa ipotesi, un recente lavoro di Chahine et al.10 ha dimostrato come, confrontando pazienti sottoposti a TAVI per stenosi aortica isolata a quelli con valvulopatia aortica mista, i tassi di mortalità fossero maggiori nel primo gruppo, anche in seguito ad analisi di propensity score matching (20.4% vs 15.3%, p=0.02); in ultimo, analizzando in entrambe le popolazioni il sottogruppo di individui con rigurgito residuo post-procedurale almeno moderato, si evinceva come il precondizionamento attuato dall’IA preesistente permettesse ai pazienti con valvulopatia aortica mista di avere un tasso di sopravvivenza più elevato rispetto ai pazienti con stenosi aortica pura (sopravvivenza a 3 anni: 86.8% vs 75%, p=0.03).

Da un punto di vista tecnico, dato il ridotto grado di calcificazione valvolare, all’atto di scegliere la taglia della bioprotesi transcatetere, in alcuni casi con poco calcio potrebbe essere necessario effettuare un oversizing maggiore a quello che potremmo ipotizzare nei pazienti con stenosi aortica pura. Tutti i tipi di protesi possono essere utilizzati in questa categoria di pazienti, dato che l’ancoraggio avviene come nei pazienti con stenosi aortica classica, e potrebbe essere interessante valutare in futuro la nuova protesi autoespandibile Evolut Pro+ 34 mm11.

IMPIANTO TRANSCATETERE DI VALVOLA AORTICA NELLE BIOPROTESI DEGENERATE

L’utilizzo di protesi transcatetere per il trattamento della degenerazione di bioprotesi chirurgica si è dimostrato sicuro ed efficace negli ultimi 10 anni, con tassi di sopravvivenza a 1 anno tra l’85.4% e l’87.6%, tanto da essere previsto dalle indicazioni d’uso per alcuni tipi di dispositivi12,13. I dati dei due registri sulle valve-in-valve (registro globale sulle valve-in-valve e registro VIVID) hanno mostrato come, per la degenerazione di bioprotesi, il meccanismo alla base della stessa risultasse essere misto (stenosi e IA) nel 24.3% e 30.3% dei casi e rigurgito puro nel 33.7% e 30.3% dei casi, rispettivamente, nei due registri14,15.

Il successo procedurale come definito dal Valve Academic Research Consortium (VARC) si è attestato sul 58.9%, nonostante vada ricordato come i criteri VARC in origine fossero stati ideati per le sole procedure di TAVI su valvola nativa14. Infatti, il tasso di fallimento relativamente alto era da attribuire con ogni probabilità ai valori di gradiente transvalvolare mediamente più elevati (mismatch protesi-paziente)16 e al tasso di occlusioni coronariche, entrambe complicanze più frequenti nelle procedure di valve-in-valve rispetto alle TAVI su valvola nativa17.

Le bioprotesi degenerate con meccanismo rigurgitante hanno un minor rischio di sviluppare elevati gradienti post-procedurali e in questi pazienti il trattamento con procedura valve-in-valve risulta efficace con buoni tassi di successo procedurale6,18. Per identificare invece quei pazienti a rischio più elevato di occlusione coronarica, un attento studio della tomografia computerizzata pre-TAVI è fondamentale ai fini della preparazione pre-procedurale, permettendo di ridurre il tasso di complicanze6,19. È necessario ricordare che il trattamento con procedura valve-in-valve risulta più semplice nei pazienti con protesi chirurgiche munite di stent, che funge da guida fluoroscopica; al contrario, le bioprotesi stentless, non presentando un anello radiopaco evidenziabile alla fluoroscopia, sono tecnicamente più complesse. In questi casi specifici l’utilizzo di angiografie ripetute può aiutare nel trovare il corretto posizionamento e raggiungere il risultato ottimale in entrambi gli scenari20.

IMPIANTO TRANSCATETERE DI VALVOLA AORTICA NELL’INSUFFICIENZA AORTICA SU VALVOLA NATIVA NON CALCIFICA

Le due suddette situazioni clinico-anatomiche tipicamente non presentano particolari insidie dal punto di vista tecnico, se non le poche elencate. Al contrario, il trattamento dell’IA severa su valvola nativa non calcifica con TAVI rappresenta una sfida molto più complessa, essendo un campo per molti aspetti ancora in evoluzione e dove solo negli ultimi anni si stanno iniziando a raccogliere evidenze tecnico-scientifiche. Nonostante l’evoluzione dei sistemi di rilascio e delle rispettive bioprotesi, la TAVI in questo gruppo di pazienti viene ancora considerata una procedura riservata a quei pazienti sintomatici nonostante la terapia medica ottimizzata, per cui l’opzione chirurgica è da ritenersi impercorribile dato il rischio proibitivo.

Epidemiologia, fisiopatologia ed evidenze scientifiche sull’insufficienza aortica

Seppur non rappresenti la valvulopatia più frequente nella popolazione generale, il riscontro di IA di grado almeno moderato raggiunge tassi del 2.0-2.5% nei pazienti con più di 70 anni, gravando in maniera non trascurabile sulla sanità pubblica21. Alla base di questa valvulopatia si possono avere diversi meccanismi, che vanno da una degenerazione che affligge primariamente le cuspidi oppure un processo patologico più ampio che coinvolge radice aortica e aorta ascendente, determinando in entrambi i casi un doppio sovraccarico, volumetrico e pressorio, ai danni del ventricolo sinistro. Dall’insorgenza dei sintomi di scompenso congestizio, la mortalità in assenza di trattamento chirurgico varia dal 10% al 20% dei pazienti all’anno22 e se non trattata l’IA severa si associa a un tasso di mortalità del 50% a 10 anni8,23. Nonostante non siano disponibili dati di studi randomizzati sul confronto tra approccio chirurgico e conservativo, diversi lavori osservazionali hanno suggerito come i benefici di una sostituzione chirurgica siano nettamente superiori ad un approccio basato unicamente sulla terapia medica (con sopravvivenza a 5 e 10 anni dopo chirurgia rispettivamente del 92% e 78%, e tassi di mortalità nei pazienti considerati inoperabili superiore al 70% a 2 anni)24-26.

Nonostante l’elevato livello di evidenza della sostituzione valvolare aortica chirurgica nei pazienti con IA severa, che viene attualmente considerata l’approccio standard da tutte le principali linee guida internazionali4,5, un’indagine ha mostrato come solo un paziente su 5 con IA severa e disfunzione ventricolare sistolica moderata vada effettivamente incontro a chirurgia. Interessante è valutare come, soffermandosi su pazienti con disfunzione sistolica severa (frazione di eiezione <30%), l’intervento di sostituzione valvolare aortica venisse effettuato in una minima porzione di pazienti con IA severa, con tassi che si attestano intorno al 3%6.

D’altra parte, l’intervento di sostituzione di valvola aortica è associato a una mortalità peri-procedurale del 4%, che sale al 6.8% se associata a intervento di bypass coronarico27. L’intervento di riparazione di valvola aortica invece viene eseguito solo in casi selezionati (i.e. prolasso di cuspide in bicuspidia), ma l’esito è generalmente meno efficace rispetto al corrispettivo eseguito su valvola mitralica28. In caso di aneurisma di aorta ascendente, la sostituzione con tubo è associata a una mortalità che va dall’1% al 10% e dipende principalmente dalla severità del rigurgito valvolare e dal grado di disfunzione ventricolare preesistente7.

Lo stato dell’arte sull’impianto transcatetere di valvola aortica nell’insufficienza aortica pura

I primi report sull’utilizzo delle protesi autoespandibili di prima generazione per il trattamento dell’IA su valvola nativa hanno mostrato un’elevata incidenza di complicanze procedurali, guidate dalla necessità di impiantare una seconda valvola (nel 18.6% dei pazienti) e da un rigurgito aortico post-procedurale almeno moderato (nel 21% dei pazienti)29. Nonostante l’utilizzo più frequente di protesi autoespandibili sovra-anulari (la CoreValve risultava essere la valvola più rappresentata nei primi lavori pubblicati sulla TAVI nell’IA), i tassi non trascurabili di complicanze procedurali erano espressione diretta delle innumerevoli criticità presentate dalle bioprotesi di prima generazione per il trattamento dell’IA pura30.

Negli ultimi anni sono stati pubblicati dati provenienti da alcuni registri e report su pazienti inoperabili con IA severa. Questi hanno dimostrato come l’intervento di sostituzione percutanea in questo gruppo di pazienti sia potenzialmente fattibile. Se paragonati ai pazienti con stenosi aortica severa o valvulopatia aortica mista, i pazienti con IA severa mostrano una prognosi significativamente peggiore, nonostante tendano ad essere più giovani, con classe NYHA più elevata e un’alta incidenza di ipertensione polmonare severa8.

La metanalisi pubblicata da Franzone et al.31 ha mostrato come i pazienti con IA pura sottoposti a TAVI andassero incontro ad impianto di protesi autoespandibili nel 79% mentre le protesi balloon-expandable fossero utilizzate solo nel 21% dei casi. Il successo procedurale si attestava tra il 74% e il 100%, e le due complicanze più comuni risultavano essere il rigurgito aortico post-procedurale da moderato a severo (9% dei pazienti, intervallo di confidenza [IC] 95% 0-28%, I2=90%) e la necessità di impianto di una seconda valvola (7% dei casi)31. In particolare, è interessante notare come la necessità di impianto di una seconda valvola per migrazione o malposizionamento della prima sia strettamente associato all’assenza di calcificazioni della valvola nativa: nello specifico, il confronto tra i tassi di embolizzazione in pazienti con IA pura non calcifica e quelli riscontrati nei pazienti con stenosi aortica severa (con tassi inferiori all’1% nel registro più recente)32 è particolarmente esplicativo. Inoltre, la visualizzazione fluoroscopica subottimale delle valvole non calcifiche, insieme alle ridotte capacità di ancoraggio e di sealing, rendono conto del notevole impatto di queste complicanze nel sottogruppo delle IA pure non calcifiche (Figura 1).




Successivamente, Yoon et al.33, studiando la più ampia popolazione ad oggi disponibile, hanno dimostrato come i pazienti con IA severa sottoposti a TAVI avessero un tasso di morte correlata alla procedura pari al 3%, una conversione alla chirurgia open del 3.6%, un tasso di ostruzione coronarica dell’1.2%, una incidenza di rottura di radice aortica dell’1.5%, un reintervento nel 4.2% dei casi, la necessità di una seconda valvola del 16.6% e l’impianto di un pacemaker nel 18.2% dei pazienti. La presenza di rigurgito aortico residuo almeno moderato è stata associata ad un significativo incremento della mortalità per tutte le cause rispetto ai pazienti con rigurgito residuo di grado lieve (46.1% vs 21.8%, p=0.001), nonché un aumentato tasso di riospedalizzazione (66.0% vs 27.1%, p=0.003). All’analisi multivariata i predittori di mortalità risultavano essere il rigurgito aortico almeno moderato (hazard ratio [HR] 2.85, IC 95% 1.52-5.35; p=0.001), il rigurgito mitralico almeno moderato al basale, la frazione di eiezione <45% e l’STS score33.

Recentemente, Sawaya et al.34 hanno messo a confronto l’intervento di TAVI nelle due popolazioni: IA severa pura vs IA severa da degenerazione di bioprotesi. Oltre a confermare la miglior performance delle protesi di nuova generazione rispetto alle precedenti grazie alla riduzione della necessità di impiantare una seconda protesi (seppur non in maniera significativa con un 10% vs 24%, p=0.156) e alla ridotta incidenza di rigurgito post-procedurale almeno moderato (2% vs 29%, p=0.004), i ricercatori hanno mostrato come all’analisi multivariata i predittori di outcome peggiore nei pazienti sottoposti a TAVI per IA pura severa fossero un ridotto indice di massa corporea (<20 kg/m2), un rischio chirurgico elevato (STS score >8), l’insorgenza di complicanze vascolari maggiori e infine la presenza in seguito alla procedura di un rigurgito di grado moderato o severo (HR 4.88, IC 95% 1.39-17.11; p=0.013).

Infine, De Becker et al.35, in una casistica retrospettiva di 254 pazienti, hanno ribadito ancora una volta come l’introduzione sul mercato delle bioprotesi di nuova generazione si sia associata a un miglioramento generale dell’outcome dei pazienti trattati con TAVI per IA. Anche in questo lavoro l’impatto maggiore delle bioprotesi attualmente utilizzate si è riscontrato principalmente nella riduzione dei tassi di malposizionamento e di rigurgito almeno moderato nel post-procedura, con un evidente incremento dei tassi di successo del dispositivo (47% vs 82%, p<0.001).

Limitazioni tecnico-anatomiche

Alcuni dei pazienti considerati a rischio proibitivo per cardiochirurgia potrebbero quindi beneficiare di un intervento di TAVI; tuttavia, se paragonati ai pazienti con stenosi aortica calcifica, la principale limitazione è rappresentata dall’assenza di un punto di ancoraggio del dispositivo. Essendo ideate per il trattamento della stenosi aortica calcifica, le bioprotesi transcatetere presentano tre livelli di ancoraggio (aorta ascendente, cuspidi aortiche e virtual basal ring) (Figura 2) e la forza di frizione che si crea dal contatto tra stent metallico e il calcio su valvola nativa rende il dispositivo stabile durante il rilascio e nel post-procedura.




I pazienti con IA pura spesso presentano una radice aortica e un’aorta ascendente dilatate, nonché un anulus ellittico non calcifico e con tratto di efflusso di dimensioni incrementate. Le protesi attualmente disponibili in commercio spesso non dispongono delle taglie sufficienti a trattare valvole con strutture anatomiche di queste dimensioni ed inoltre la mancanza di calcificazioni valvolari che non permettono di avere una visualizzazione fluoroscopica ottimale del piano anulare associato all’ipercontrattilità del ventricolo sinistro ed al jet di rigurgito possono compromettere il corretto impianto, limitando il controllo e il posizionamento della bioprotesi nel momento del rilascio della valvola.

Considerazioni tecniche

Negli ultimi 10 anni il successo del dispositivo è migliorato dal 61.3% all’81.1% (p<0.001)33. Parte di questo successo è da attribuirsi allo sviluppo di protesi di nuova generazione, nonostante la maggior parte dei dispositivi utilizzati e testati nei diversi studi non siano dedicati al trattamento di questa patologia specifica31,33-35. Le valvole di nuova generazione, se confrontante con le precedenti, sono caratterizzate dalla capacità di essere riposizionate e ricatturabili o di avere le skirt appositamente studiate per ridurre il tasso di rigurgito paravalvolare residuo. Queste caratteristiche hanno permesso di dimezzare il tasso di reimpianto (12.7% vs 24.4%, p=0.007), di ridurre l’incidenza di rigurgito aortico almeno moderato (4.2% vs 18.8%, p<0.001) e la mortalità cardiovascolare ad 1 anno (9.6% vs 23.6%, p=0.008)33. Sfortunatamente, alcuni dei dispositivi di nuova generazione che avevano dimostrato qualche promettente risultato nell’IA pura, quali la Lotus valve (Boston Scientific, Natick, MA, USA) e la DirectFlow (DirectFlow Medical, Santa Rosa, CA, USA), non sono più disponibili in commercio.

Attualmente le bioprotesi più utilizzate nel trattamento di questi pazienti risultano essere l’Evolut R 34 mm (Medtronic, Minneapolis, MN, USA) e la ACURATE Neo 2 L (Boston Scientific, Natick, MA, USA)36. Recentemente è stata introdotta sul mercato europeo una nuova valvola balloon-expandable, la MyVal (Meril Life Sciences, Gujarat, India), che grazie alle protesi con diametro nominale fino a 32 mm, con cui è possibile trattare pazienti con area valvolare fino a 840 mm2, potrebbe aumentare significativamente il numero di pazienti con IA pura trattabili per via percutanea (Figura 3).




In ogni caso le principali limitazioni identificate con le valvole di prima generazione, ovvero l’indisponibilità di protesi della taglia sufficiente ad essere ancorate all’interno di un anulus particolarmente grande, permangono anche con le bioprotesi di ultima generazione, seppur con risultati migliori.

In realtà, già da diversi anni è iniziata la sperimentazione di alcune bioprotesi disegnate con lo scopo di essere utilizzate nei pazienti con IA severa. Se è vero che inizialmente necessitassero di un accesso transapicale37-40, attualmente solo due sono i dispositivi con accesso transfemorale che rientrano in questo sottogruppo di valvole dedicate: la Trilogy Heart Valve System (JenaValve Technology, Inc., Irvine, CA, USA) e la J-Valve system (JC Medical Inc., Burlingame, CA, USA). La protesi Trilogy è l’unica specificatamente elaborata per il trattamento dell’IA che ha recentemente ricevuto la marchiatura CE. Si tratta di una protesi autoespandibile, che a differenza della JenaValve (trans­apicale 32 Fr) prevede l’utilizzo di un sistema di rilascio con accesso transfemorale 18 Fr41. Dal punto di vista tecnico la bioprotesi consiste in uno stent metallico in nitinolo, su cui viene montata una membrana di pericardio porcino: la particolarità della bioprotesi è il meccanismo di ancoraggio, che differisce dagli altri sistemi valvolari dal momento che si basa sul fissaggio diretto di una struttura metallica protesica esterna alle cuspidi della valvola nativa. In questo modo non necessita di calcificazioni o punti di repere su cui stabilizzare la maglia metallica dello stent42. Dal 2020 è in corso l’arruolamento per il trial ALIGN-AR (NCT04415047), studio che si prepone di indagare per la prima volta gli outcome di pazienti con IA severa pura trattati con un dispositivo dedicato alla patologia rigurgitante aortica.

La J-Valve presenta un design simile a quello della Trilogy in quanto prevede inizialmente l’allineamento alle cuspidi aortiche native e successivamente il grasping delle stesse da parte di tre estroflessioni della struttura di nitinolo esterna. Una volta avvenuto l’aggancio ai lembi valvolari, la protesi viene rilasciata con meccanismo autoespandibile. Legandosi direttamente alle cuspidi, l’obiettivo è quello di ottenere un valido ancoraggio, riducendo il tasso di rigurgiti paravalvolari. Recentemente è stato eseguito il primo impianto su uomo di J-Valve con accesso transfemorale43; in futuro nuovi studi saranno necessari per confermare la sua efficacia per il trattamento di questa casistica specifica (Figura 4).




Oltre alle caratteristiche dei materiali, i fattori che contribuiscono a migliorare la sicurezza e l’efficacia della procedura sono il miglioramento delle tecniche di imaging e l’aumentata esperienza degli operatori. Dal momento che spesso i pazienti con IA severa rappresentano un gruppo di individui con anatomia complessa, caratterizzata da una radice aortica e un’aorta ascendente dilatate e un anulus più spesso ellittico, la pianificazione pre-procedurale con l’imaging multimodale è mandatoria (Figura 5).




Le analisi tomografiche e l’ecocardiogramma color-Doppler aiutano nel delineare le peculiarità anatomiche del singolo paziente e a sollevare le potenziali problematiche tecniche che possono presentarsi durante la procedura, affermandosi pertanto come due passaggi imprescindibili per effettuare un adeguato planning procedurale. Gli aspetti essenziali che non possono in alcun modo essere trascurati sono: 1) la morfologia della valvola (es. tricuspide vs bicuspide); 2) l’anulus (calcificazioni, perimetro ed area); 3) l’identificazione del meccanismo alla base dell’IA (deficit di coaptazione, prolasso o retrazione delle cuspidi); 4) dimensione e funzione del ventricolo sinistro, nello specifico valutando il perimetro del tratto di efflusso; e 5) dimensioni di radice aortica e aorta ascendente. La taglia della protesi dovrebbe essere scelta sulla base della misurazione del perimetro e dell’area anulare, ricordando che viene raccomandato il sovradimensionamento di almeno un 10-20%. Quando si utilizzano protesi autoespandibili viene raccomandato un più alto grado di sovradimensionamento del perimetro (>15%), dal momento che è stato dimostrato associarsi ad un tasso ridotto di rigurgito post-procedurale almeno moderato33. Per valutare il grado di sovradimensionamento gli interventisti dovrebbero utilizzare l’indice di copertura protesi/anulus44 espresso dalla seguente formula:


= 100* [(diametro della protesi –

diametro anulare)/diametro anulare]


Nei casi infatti in cui è possibile effettuare un buon oversizing, e quindi garantire un buon ancoraggio ed un sealing sufficiente, si possono ottenere dei buoni risultati procedurali45.

Per ovviare al problema della mancanza di marker fluoroscopici e migliorare la stabilità del dispositivo, gli operatori possono utilizzare alcuni espedienti durante il rilascio della valvola: 1) quando possibile sarebbe preferibile scegliere una valvola autoespandibile che a differenza delle balloon-expandable presentano tre punti di ancoraggio (aorta ascendente, cuspidi valvolari e anulus). Inoltre, le protesi autoespandibili permettono di effettuare un miglior sovradimensionamento, grazie alla maggior forza radiale che agisce in seguito all’impianto, minimizzando comunque il rischio di rottura annulare46; 2) la valvola deve essere mantenuta allineata in una posizione centrale neutrale durante tutta la procedura: infatti, avanzando o ritirando il sistema di rilascio potrebbe incrementare il rischio di malposizionamento o addirittura di embolizzazione della protesi stessa; 3) quando si utilizza una protesi autoespandibile viene fortemente raccomandato l’utilizzo di un pacing rapido o controllato, dal momento che viene ridotta la pressione arteriosa sistolica e dunque il volume rigurgitante, con conseguente incremento della stabilità della valvola in fase di impianto; 4) durante l’impianto è consigliabile posizionare due cateteri pigtail, uno nel seno non coronarico e l’altro nel seno coronarico sinistro, in modo da assicurare un accurato posizionamento della protesi e ridurre la dose di contrasto utilizzata (Figura 6).




Nei pazienti in cui, in seguito al posizionamento della protesi, è presente un rigurgito paravalvolare severo da basso impianto, si dovrebbe prendere in considerazione il rilascio di una seconda protesi in quanto difficilmente la post-dilatazione protesica da sola è in grado di migliorare il risultato (Figura 7).




Deve essere inoltre sottolineato come un’eventuale post-dilatazione può essere associata a un più elevato tasso di embolizzazione di protesi. L’impianto di valve-in-valve è tipicamente più semplice poiché le maglie metalliche della prima protesi rilasciata agiscono da struttura di ancoraggio per la seconda. Qualora si optasse per l’impianto di una seconda valvola sarà necessario valutare l’utilizzo di una protesi di dimensioni ridotte, dal momento che il nuovo anulus, costituito dalla prima valvola rilasciata, risulterà di dimensioni inferiori rispetto all’anulus nativo. Infine, durante il rilascio della seconda protesi si dovrebbe mantenere in trazione, tramite uno snare, la valvola già impiantata, in modo da mantenerla in posizione, evitando l’embolizzazione ventricolare.

CONCLUSIONI

L’IA è caratterizzata da un ampio spettro di condizioni cliniche ed anatomiche. Nonostante la sostituzione valvolare chirurgica sia considerata lo standard terapeutico, la TAVI può giocare un ruolo fondamentale in quei pazienti selezionati in cui la chirurgia è da ritenersi a rischio troppo elevato e in cui è stato dimostrato una prognosi infausta conseguente alla gestione conservativa. Una valutazione pre-procedurale che si basi sull’analisi dell’imaging multimodale è fondamentale, perché in grado di stimare con estrema accuratezza le dimensioni dell’anulus e dunque scegliere la protesi di taglia corretta. Al momento, nonostante l’introduzione sul mercato di protesi di nuova generazione, i risultati dei pazienti sottoposti a TAVI con indicazione off-label al trattamento dell’IA pura sono peggiori rispetto ai risultati dei pazienti sottoposti a TAVI con indicazione on-label. Attualmente sono state rilasciate sul marcato le prime protesi transcatetere specificatamente disegnate per l’utilizzo in questo ambito. Ulteriori sforzi dovrebbero focalizzarsi sui meccanismi di ancoraggio, sulla possibilità di renderle completamente riposizionabili e sull’immissione in commercio di protesi di taglie superiori a quelle attualmente disponibili. È inoltre auspicabile che effettuando una migliore selezione del paziente i risultati possano ulteriormente migliorare. Ciò che appare chiaro è che molto spesso questi pazienti arrivano in sala in uno stadio molto avanzato di malattia, quando i benefici clinici che ci si potrebbe aspettare da un impianto di protesi risultano minimi. Risulta quindi cruciale identificare questi pazienti prima che raggiungano stadi di malattia ormai irreversibili o terminali.

RIASSUNTO

L’impianto transcatetere di valvola aortica (TAVI) è ora approvata per il trattamento della stenosi aortica severa calcifica indipendentemente dal profilo di rischio, sia in pazienti considerati ineleggibili per la sostituzione valvolare aortica chirurgica sia per quelli considerati a basso rischio. L’implementazione di nuovi dispositivi e la maggiore esperienza degli operatori hanno reso possibile la realizzazione di interventi di TAVI anche in pazienti con indicazioni off-label, quali l’insufficienza aortica (IA) pura. In considerazione delle problematiche tecniche spesso associate ad impianto di TAVI e alla spesso associata dilatazione di radice aortica o aorta ascendente, la TAVI per il trattamento dell’IA pura viene generalmente proposta a pazienti considerati a rischio chirurgico molto elevato o proibitivo. Studi recenti sull’utilizzo di protesi transcatetere di nuova generazione hanno mostrato risultati incoraggianti sia sotto il profilo della sicurezza sia per quanto riguarda il tasso di successo della procedura. Tuttavia, affinché il trattamento percutaneo dell’IA pura si possa affermare come valida alternativa alla chirurgia, sono necessarie valvole disegnate specificatamente per il suo trattamento. Al momento, con l’introduzione sul mercato di sistemi dedicati ancora agli albori e al fine di garantire il miglior risultato possibile, è cruciale effettuare un’attenta selezione del paziente.

Parole chiave. Complicanze; Impianto transcatetere di valvola aortica; Insufficienza aortica; Insufficienza aortica pura.

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