Il defibrillatore indossabile: punto di incontro tra
ultime evidenze scientifiche ed applicabilità clinica

Giuseppe Arena1, Giancarlo Casolo2, Marzia Giaccardi3

1S.C. Cardiologia, Ospedale Apuane - USL Toscana Nordovest, Marina di Massa (MS)

2S.C. Cardiologia, Ospedale Versilia - USL Toscana Nordovest, Lido di Camaiore (LU)

3U.O.S. Cardiologia ed Elettrofisiologia, Dipartimento delle Specialistiche Mediche, Ospedale Santa Maria Nuova, Firenze

The use of the wearable cardioverter-defibrillator, already widely used in the United States and other European countries, is rapidly spreading in Italy. The population of patients who may benefit from this type of device is very heterogeneous, but they share the transient risk of sudden cardiac death, for which temporary, automatic and non-invasive protection is required. By interpreting the latest scientific evidence and clinical experiences reported in the registries, it is clear that this type of tool is safe, effective and could have an important impact on the reduction of arrhythmic and total mortality in certain patient subsets. Starting from the clinical conditions for which even the guidelines have recognized the usefulness of the device, new opportunities open up where the wearable cardiac defibrillator can be used with the double benefit of protecting the patient from the risk of sudden cardiac death in safety and allows clinicians to have the right time to make the most appropriate long-term therapeutic decisions.

Key words. Cardiovascular diseases; Defibrillators; Sudden cardiac death; Wearable cardioverter-defibrillator.

CHIAVE DI LETTURA

Ragionevoli certezze. Tutta la letteratura scientifica è concorde nel riconoscere il defibrillatore indossabile come uno strumento sicuro ed efficace per la prevenzione della morte cardiaca improvvisa durante la fase transitoria di rischio e per la stratificazione del rischio aritmico a lungo termine.

Aspetti controversi. Le classi di pazienti a rischio temporaneo di morte cardiaca improvvisa sono molto eterogenee ed è ancora complesso comprendere quali di esse possano maggiormente beneficiare dell’uso del defibrillatore indossabile. La frazione di eiezione del ventricolo sinistro è spesso utilizzata come unico predittore di rischio aritmico, ma probabilmente non è sufficiente da sola a stratificare la popolazione a rischio e selezionare i pazienti che possono giovarsi di questa tecnologia in maniera più accurata.

Prospettive. Oltre alle popolazioni di pazienti prese in esame in tutti gli studi e i registri si delineano nuove prospettive per l’utilizzo di questa tecnologia in nuove condizioni cliniche
(es. cardiotossicità da farmaci chemioterapici, dialisi, ecc.) o per la gestione di situazioni emergenziali come quella derivata dalla riduzione di risorse sanitarie e dalla difficoltà di accesso alle cure che abbiamo vissuto in epoca COVID-19.

INTRODUZIONE

Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora la principale causa di morte nel nostro Paese ed in particolare sono responsabili del 35.8% di tutti i decessi1. La morte cardiaca improvvisa (MCI) è causata nel 70-80% dei casi da tachiaritmie ventricolari, siano esse fibrillazioni (FV) o tachicardie ventricolari (TV) secondarie a malattie cardiache strutturali o ad anomalie elettriche primitive del cuore2.

L’arresto cardiocircolatorio è un evento drammatico la cui prognosi dipende da una moltitudine di variabili, fra le quali il luogo dove avviene l’evento; intuitivamente, infatti, la rapidità e la conseguente efficacia delle manovre rianimatorie risultano superiori in caso di eventi intraospedalieri rispetto a quelli in sede extraospedaliera. Durante questo periodo di pandemia COVID-19 abbiamo assistito ad un incremento del 52% dei casi di MCI extraospedaliera nelle province più colpite rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente3.

Per far fronte a questa problematica la comunità scientifica si è impegnata, negli anni, a trovare soluzioni adeguate, dalla distribuzione dei defibrillatori semiautomatici esterni sul territorio ai defibrillatori impiantabili (ICD). Se l’indicazione all’impianto di un ICD in prevenzione secondaria non lascia alcun dubbio, quando il paziente presenta un’indicazione in prevenzione primaria, restano dubbi non sempre risolvibili. Le linee guida si basano, infatti, su lavori risalenti ormai a 15-20 anni fa, che hanno arruolato pazienti altamente selezionati, con poche comorbilità e con un piccolo numero di soggetti con età >75 anni. Inoltre la frazione di eiezione (FE), usata da tutti questi studi per la stratificazione del rischio aritmico, presenta una bassa sensibilità e specificità4.

In questo scenario, il defibrillatore indossabile (WCD) è stato approvato per la prima volta per l’uso clinico nel 2002 e viene oggi utilizzato di routine in popolazioni selezionate ad alto rischio di MCI. Il suo impiego si è affermato come terapia ponte quando l’impianto dell’ICD si ritiene prematuro o anche laddove sia necessario verificare l’evoluzione clinica delle condizioni di base o dare tempo alla terapia medica di produrre i suoi effetti.

Una recente rassegna italiana ha poi evidenziato che esistono aree grigie nella prevenzione della MCI nelle quali il defibrillatore indossabile può assumere un ruolo chiave5. Partendo proprio da questo presupposto, l’obiettivo di questo lavoro è quello di approfondire e riassumere i più recenti risultati disponibili in letteratura circa l’efficacia del WCD in varie popolazioni ad alto rischio di MCI e capire come tali risultati possano applicarsi e riflettersi nella realtà clinica quotidiana.

FUNZIONAMENTO DEL DEFIBRILLATORE INDOSSABILE

L’unico WCD disponibile attualmente in commercio è ZOLL LifeVest (ZOLL Medical, Pittsburgh, PA, USA), approvato per l’uso clinico dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense nel 20026. L’attuale modello LifeVest 4000 è composto da un corpetto in tessuto, disponibile in diverse taglie, su cui è montata una cintura dotata di quattro elettrodi per la rilevazione del segnale elettrocardiografico e tre piastre di defibrillazione in grado di erogare automaticamente gel in caso di shock. La cintura di elettrodi è collegata ad un monitor che può essere portato a tracolla o in vita. Il monitor è dotato di una batteria ricaricabile, di condensatori in grado di caricare fino a 150 J per l’erogazione dello shock, di due pulsanti di risposta che permettono di verificare lo stato di coscienza e di uno schermo touch che permette la comunicazione con il paziente. Il dispositivo deve essere indossato sotto gli indumenti a diretto contatto con la pelle (Figura 1).




Il WCD monitora continuamente il ritmo cardiaco del paziente ed utilizza un algoritmo di rilevamento delle aritmie basato su due intervalli di frequenza (zona di TV e zona di FV) e su diversi parametri in grado di discriminare tra tachiaritmie ventricolari, sopraventricolari ed episodi di rumore. Le impostazioni di rilevamento sono dotate di una buona programmabilità in grado di adattarsi alle esigenze del singolo paziente.

Quando un’aritmia viene identificata, il WCD emette una serie di allarmi vibrazionali, acustici, visivi e vocali che cercano la risposta del paziente in modo da stabilirne il grado di coscienza (Figura 2).




Il paziente ha pertanto la possibilità di ritardare lo shock premendo i pulsanti di risposta. Se tali pulsanti non vengono premuti, il dispositivo rilascia un gel blu in grado di ottimizzare l’impedenza elettrica tra le piastre e la pelle, emette un avviso vocale agli astanti che lo shock è imminente ed eroga la terapia di defibrillazione. Il WCD è in grado di somministrare fino a 5 shocks a 150 J all’interno dello stesso episodio aritmico. Il dispositivo registra inoltre il tracciato elettrocardiografico in due derivazioni per episodi di varia natura, tra cui eventi aritmici trattati, eventi aritmici non trattati, asistolie ed eventi registrati manualmente dal paziente.

Tutte le registrazioni e le informazioni relative al corretto utilizzo vengono poi rese disponibili attraverso un sistema di monitoraggio remoto automatico su un sito internet accessibile esclusivamente ai medici prescriventi attraverso un nome utente e una password.

EFFICACIA CLINICA DEL DEFIBRILLATORE INDOSSABILE

Il primo utilizzo del WCD è stato descritto nel 1998. Auricchio et al.7 hanno descritto l’efficacia del WCD in 15 sopravvissuti ad arresto cardiaco. A seguito dell’induzione di TV/FV in 10 pazienti, il dispositivo ha correttamente rilevato e defibrillato l’aritmia in 9 pazienti, mentre in un paziente la TV indotta non è stata rilevata dal dispositivo poiché gli elettrodi di rilevamento erano collegati in modo errato. Da allora svariati registri e uno studio randomizzato hanno dimostrato che il WCD è sicuro ed efficace nell’interrompere e trattare gli episodi di TV/FV (Tabella 1)8-14.




Studi prospettici

Il WCD è stato esaminato in svariati studi prospettici, tra cui gli studi WEARIT e BIROAD15, il registro WEARIT-II8 e lo studio VEST14.

Gli studi WEARIT e BIROAD sono due studi prospettici, svolti su richiesta della FDA, che hanno incluso pazienti con insufficienza cardiaca sintomatica e FE <30% (WEARIT) e pazienti con elevato rischio di MCI dopo infarto miocardico o intervento chirurgico di bypass (BIROAD). Sono stati arruolati un totale di 289 pazienti che hanno indossato il WCD. Sei tentativi su 8 di defibrillazione sono stati efficaci. Le due defibrillazioni inefficaci si sono verificate in pazienti con posizionamento errato degli elettrodi di defibrillazione. La percentuale di terapie inappropriate è stata di 0.67% per mese di utilizzo15.

Nel registro WEARIT-II, 2000 pazienti con cardiopatie ad eziologie miste (ischemica 40%, non ischemica 46% e congenita/ereditaria), con FE mediana del 25%, hanno indossato il WCD per 90 giorni8. Sono stati rilevati 120 episodi di tachiaritmie ventricolari sostenute in 41 pazienti e nel 54% di questi pazienti è stato necessario l’intervento del WCD con erogazione di uno shock per ripristinare il normale ritmo cardiaco. La percentuale riportata di terapie inappropriate è stata dello 0.5%, pari a 2 per pazienti-anno. Al controllo a 3 mesi la percentuale di TV è stata più elevata nei pazienti con cardiomiopatia ischemica o ereditaria/congenita rispetto a quelli con eziologia non ischemica (3% vs 1%, p=0.02). Questo dato evidenzia come il rischio aritmico sia maggiore nei pazienti ischemici rispetto a quelli non ischemici, sebbene in questi ultimi il rischio sia comunque 10 volte superiore a quello atteso nella popolazione generale16,17. Al termine del periodo di utilizzo del WCD solo al 42% dei pazienti è stato impiantato un ICD, mentre il 41% dei pazienti ha presentato un miglioramento della funzione ventricolare al punto da non presentare più l’indicazione all’impianto. La principale causa di mancato impianto di ICD nella casistica studiata è stata, appunto, il miglioramento della FE.

Lo studio VEST è l’unico studio controllato e randomizzato condotto sul WCD, disegnato in una prima fase per valutare la mortalità totale; successivamente il campione è stato ricalcolato e l’endpoint primario è diventato la morte aritmica. Sono stati arruolati 2302 pazienti con infarto miocardico acuto e FE <35% e sono stati randomizzati 2:1 a terapia medica ottimizzata e WCD o sola terapia medica ottimizzata. Tra i 1524 pazienti arruolati a ricevere il WCD, 20 hanno presentato episodi di TV che hanno determinato almeno uno shock appropriato con una percentuale di successo, in termini di interruzione dell’aritmia ventricolare identificata, pari al 100%. La percentuale riportata di terapie inappropriate è stata dello 0.6%14. Da sottolineare come, in una metanalisi condotta su 28 studi sul WCD, l’incidenza degli shock appropriati è stata di 5 shock per 100 persone in 3 mesi (equivalenti a 20 shock per 100 persone-anno), con un’incidenza inferiore nello studio VEST (1 shock per 100 persone in 3 mesi o 4 shock per 100 persone-anno) rispetto agli studi osservazionali (11 shock per 100 persone in 3 mesi o 44 shock per 100 persone-anno)18.

Registri retrospettivi

Dal 2015, anno di ingresso del WCD nelle linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) per la gestione dei pazienti con aritmie ventricolari e la prevenzione della MCI19, sono stati pubblicati numerosi registri e raccolte dati retrospettive.

Nel 2016 è stato pubblicato il registro tedesco condotto su 6043 pazienti ad eziologia mista che hanno indossato il WCD9. Complessivamente, 94 pazienti (1.6%) hanno ricevuto uno shock dal WCD come trattamento di TV/FV. Il tasso di incidenza è stato pari a 8.4 per 100 pazienti-anno (intervallo di confidenza [IC] 95% 6.8-10.2). Il tasso suddetto è stato maggiore nei pazienti che hanno indossato il WCD dopo estrazione di elettrocateteri di ICD (19.3 per 100 pazienti-anno; IC 95% 12.2-29.0), mentre nelle restanti cardiomiopatie (dilatative primitive, post-miocarditiche, ischemiche e non) il tasso è stato di 8.2 per 100 pazienti-anno (IC 95% 6.4-10.3). Tra i pazienti che hanno ricevuto uno shock, il 93% è sopravvissuto nelle 24 h successive al trattamento. Sette, invece, sono stati i decessi a causa di TV/FV refrattaria. La percentuale di terapie inappropriate è stata dello 0.4%, pari a un tasso di incidenza di 2.3 per pazienti-anno (IC 95% 1.5-3.4).

Nel 2018 è stato pubblicato l’Austrian WCD Registry10 che ha incluso 448 pazienti che hanno ricevuto un WCD per cardiomiopatia non ischemica (21%), dopo un infarto miocardico recente trattato con rivascolarizzazione percutanea (20%) o a seguito di rivascolarizzazione percutanea/bypass aortocoronarico elettivo (14%); le altre principali indicazioni erano rappresentate da: miocardite, estrazione di ICD, in attesa di ablazione. Undici pazienti (2.5%) hanno ricevuto un totale di 22 shock appropriati, a seguito di 19 eventi di TV/FV. Il 95% degli eventi (18/19) è stato trattato efficacemente con uno o più shock; in un paziente la FV è stata correttamente riconosciuta, lo shock è stato erogato ma il paziente è deceduto a seguito di asistolia nonostante le manovre rianimatorie. Due pazienti (0.4%) hanno ricevuto un totale di 3 shock inappropriati. Il rischio di MCI è risultato diverso a seconda delle diverse eziologie, anche se sempre elevato rispetto alla popolazione generale. Otto degli 11 pazienti (73%) hanno ricevuto il primo shock entro 30 giorni dall’inizio dell’utilizzo. Le principali motivazioni per la sospensione del WCD sono state l’impianto di un ICD (55.5%) ed il miglioramento della FE oltre il 35% (33%).

La Francia ha presentato i risultati del registro multicentrico WEARIT-France11 che ha coinvolto 1157 pazienti: 950 con cardiopatia di natura ischemica (82%), 119 dopo espianto di ICD (10%) e 88 in attesa di trapianto cardiaco (8%). La focalizzazione su determinate popolazioni di pazienti in Francia è strettamente legata alla rimborsabilità del WCD che, all’epoca della raccolta dati, copriva solo le tre classi di pazienti coinvolte. I pazienti avevano un’età media di 60 anni e FE media del 27.3% e hanno indossato il WCD per un tempo mediano di 62 giorni. Sono state registrate un totale di 42 TV sostenute in 36 pazienti, di cui il 50% ha necessitato uno shock (incidenza della terapia appropriata pari a 1.56%). Otto pazienti (0.69%) hanno ricevuto shock inappropriati. L’incidenza di TV/FV è stata del 3.1% tra i pazienti con cardiomiopatia ischemica e del 3.4% per le altre categorie. La sopravvivenza a seguito dello shock è stata del 100%. Al termine del periodo di utilizzo del WCD, 586 pazienti (50.6%) hanno ricevuto un ICD.

Nel 2020 è stato pubblicato lo Swiss WCD Registry12 che ha incluso un totale di 456 pazienti con età media di 57 anni e FE media del 32%. Le indicazioni principali all’uso del WCD sono state la recente insorgenza di cardiomiopatia ischemica con FE ≤35% (206 pazienti, 45.2%), la recente insorgenza di cardiomiopatia non ischemica con FE ≤35% (115 pazienti, 25.2%), un rischio aritmico sconosciuto (83 pazienti, 18.2%), l’attesa all’impianto di un ICD o al trapianto cardiaco (37 pazienti, 8.1%) e cardiopatie congenite/ereditarie (15 pazienti, 3.3%). I pazienti hanno indossato il WCD per una mediana di 58 giorni. Su tutta la popolazione in studio sono stati erogati 17 shock appropriati (frequenza di trattamento pari al 3.7%) su un totale di 12 pazienti (2.6% di tutti i pazienti). In questa casistica non sono stati riportati shock inappropriati. L’eziologia più comune nei pazienti che hanno ricevuto lo shock del WCD è stata quella ischemica.

Infine, il registro WEARIT-II-EUROPE13 è stato condotto su 781 pazienti con età media di 59.3 anni affetti da insufficienza cardiaca e FE ridotta (media di 26.9%). Il tempo mediano di utilizzo del WCD è stato pari a 75 giorni. Gli shock erogati dal WCD hanno permesso di interrompere 13 episodi di TV/FV in 10 pazienti (1.3%). Due pazienti (0.3%) hanno ricevuto shock inappropriati. Al termine dell’utilizzo del WCD la FE è risultata migliorata fino a 36.3% in media. Così, solo 289 pazienti (37%) hanno ricevuto un ICD. I pazienti sono stati poi seguiti per 1 anno. Il follow-up ha evidenziato come la mortalità intervenuta dopo la prescrizione di un WCD è stata principalmente legata a cause non cardiovascolari o a peggioramento clinico dovuto all’insufficienza cardiaca ma non a causa aritmica.

Tutte queste osservazioni hanno permesso di delineare il reale utilizzo clinico del WCD nei diversi paesi europei. Rispetto alle attuali linee guida (dove il WCD è previsto nelle situazioni in cui il rischio aritmico è transitorio oppure è definito ma l’impianto di un ICD non è possibile) l’esperienza clinica dei registri ha evidenziato come la percezione delle classi di pazienti a rischio di MCI che hanno necessitato di una protezione temporanea è stata sicuramente più ampia e consistente.

Inoltre, abbiamo visto come alcune specifiche popolazioni (pazienti dopo estrazione di catetere di ICD o pazienti con cardiomiopatia ischemica) corrano un rischio aritmico maggiore di altre. Tuttavia, in generale, il rischio di MCI in tutte le popolazioni analizzate resta sempre più elevato rispetto a quello atteso nella popolazione generale.

L’efficacia della defibrillazione ottenibile con il l WCD si avvicina al 100% ed è sovrapponibile all’efficacia degli ICD. Infine, tutti gli studi sono concordi nell’indicare che, al termine dell’utilizzo del WCD, un’alta percentuale di pazienti recupera la FE del ventricolo sinistro e non rientra più nei criteri di impianto di un ICD in prevenzione primaria.

Impatto sulla mortalità

Svariati studi suggeriscono un beneficio in termini di mortalità laddove il WCD venga utilizzato in popolazioni di pazienti ad alto rischio di MCI.

In un registro statunitense condotto su 4958 pazienti con FE ≤35% sottoposti a rivascolarizzazione chirurgica o percutanea, l’utilizzo del WCD è risultato associato ad una riduzione del rischio di morte del 39% fino ad arrivare ad una riduzione del 67% nelle analisi “propensity matched”20.

Nello studio VEST, l’utilizzo del WCD è associato ad una riduzione del rischio relativo (RR) di mortalità aritmica pari al 33% (endpoint primario dello studio) che però non ha raggiunto la significatività statistica (p=0.18). È comunque emersa una riduzione statisticamente significativa del RR di mortalità per tutte le cause del 36% (RR 0.64, IC 95% 0.43-0.98, p non corretto =0.04)14.

Nel tentativo di dare una spiegazione a questo risultato dall’analisi dei dati è emerso come l’aderenza del paziente all’utilizzo del dispositivo sia stata scarsa, pari, in media, a sole 14 h al giorno e questo potrebbe aver inficiato il risultato per la morte aritmica. Sono inoltre state condotte due ulteriori analisi (as treated e per protocol), allo scopo di correggere l’influenza del bias descritto sopra. In entrambe le analisi l’utilizzo del WCD è risultato associato ad una riduzione significativa di morte aritmica pari al 57% (RR 0.43, IC 95% 0.21-0.91, p non corretto =0.03) nell’analisi as treated e del 62% (RR 0.38, IC 95% 0.17-0.86, p=0.02) nell’analisi per protocol. La riduzione del rischio di mortalità totale è stata del 74% (RR 0.26, IC 95% 0.14-0.48, p corretto Bonferroni <0.001) nell’analisi as treated e del 75% (RR 0.25, IC 95% 0.13-0.48, p<0.001) nell’analisi per protocol21.

Compliance

L’impegno nell’indossare il WCD nelle 24 h è di fondamentale importanza affinché risulti essere uno strumento efficace, come dimostrato con chiarezza dai risultati dello studio VEST. Il raggiungimento di un obiettivo di tempo di utilizzo minimo passa attraverso il corretto coinvolgimento del paziente e la corretta comprensione del rischio che lo stesso corre e delle potenzialità salva-vita dello strumento di cui viene dotato.

Si ripercorrono qui nuovamente solo i più recenti studi precedentemente citati perché l’aderenza alla terapia è anche strettamente legata alla comodità del dispositivo. Focalizzando l’attenzione solo sulle ultime pubblicazioni è possibile disegnare il quadro di compliance relativo all’ultimo modello di dispositivo in commercio, che ha subito migliorie in termini di facilità di utilizzo dai modelli precedenti (Tabella 2)8-14.




Nel registro WEARIT-II infatti per i 2000 pazienti coinvolti, su una durata media di utilizzo del WCD di 90 giorni, l’utilizzo mediano quotidiano è stato pari a 22.5 h al giorno senza alcuna differenza di utilizzo per le sottopopolazioni di ischemici, non ischemici o malattia cardiaca ereditaria/congenita8.

Nel registro tedesco di 6043 pazienti l’utilizzo mediano giornaliero è stato pari a 23.1 h per una mediana di 59 giorni di indossamento. Tutti i pazienti hanno avuto tempi di indossamento mediani simili indipendentemente dal sesso, dall’età o dalla diagnosi alla base della prescrizione del WCD. È stata inoltre valutata la relazione tra il numero totale di giorni di utilizzo e la mediana di indossamento giornaliero ed è emerso che i pazienti che hanno indossato più a lungo il WCD hanno mostrato una crescita progressiva nelle ore di indossamento giornaliero9.

L’Austrian WCD Registry su 448 pazienti ha mostrato, su una mediana di utilizzo di 54 giorni, una mediana di indossamento giornaliero pari a 23.5 h. Anche in questo registro si conferma che non c’è stata differenza nell’aderenza alla terapia per i pazienti che hanno utilizzato il dispositivo per meno o oltre i 60 giorni (23 vs 22 h al giorno; p=NS). L’indossamento giornaliero non ha mostrato differenze neppure in funzione dell’età, del sesso o dell’indicazione al WCD10.

Il registro WEARIT-France su 1157 pazienti ha mostrato una mediana di utilizzo di 62 giorni con un indossamento mediano giornaliero di 23.4 h. Meno dell’1% dei pazienti ha indossato il WCD per meno di 4 h al giorno11.

Nello Swiss WCD Registry, su 456 pazienti il tempo mediano di utilizzo è stato di 58 giorni con una mediana di indossamento al giorno pari a 22.6 h. In generale 217 pazienti (47.6%) hanno indossato il dispositivo per più di 60 giorni12.

Nel registro WEARIT-II-EUROPE, condotto su 781 pazienti, il tempo mediano di utilizzo per l’intera coorte è stato di 75 giorni con un indossamento mediano quotidiano di 20.3 h13.

Menzione a parte merita lo studio VEST, dove il tempo di indossamento secondo l’analisi intention-to-treat è stato pari a una media di 14 h al giorno e una mediana di 18 h al giorno14.

Relativamente all’aderenza alla terapia è possibile riassumere che tutti i più recenti registri, siano essi prospettici o retrospettivi, mostrano che nella realtà clinica l’utilizzo del dispositivo è ben tollerato e si raggiungono facilmente tempi di indossamento giornalieri ottimali. La possibilità di utilizzare il sistema di monitoraggio remoto per tracciare l’aderenza alla terapia del singolo paziente ed intervenire per tempo con azioni correttive mirate spiega come nelle realtà cliniche analizzate i risultati siano da considerarsi ottimi.

Lo studio randomizzato VEST è riuscito a dimostrare come la compliance sia un fattore chiave per la riduzione della mortalità aritmica e totale grazie all’utilizzo del WCD e la sotto-
analisi relativa all’impatto della compliance sulla prima analisi intention-to-treat ha dimostrato come il dispositivo si riveli efficace quando il paziente viene correttamente istruito e il suo livello di coinvolgimento resta alto.

Le differenze sostanziali tra le compliance rilevate nei registri e quella registrata nello studio VEST è da imputarsi principalmente all’effetto della randomizzazione (nei registri il WCD viene dato solo ai pazienti di cui si sia verificato il reale impegno nell’essere dotati di un dispositivo di questo tipo), all’effetto di implicito consenso al non utilizzo (considerato che nello studio VEST l’ottenere il dispositivo era il risultato di una scelta casuale), alla percezione meno chiara del plausibile o previsto vantaggio clinico (nello studio VEST al paziente veniva comunicato che il dispositivo era sotto studio e la sua efficacia era sotto analisi) e all’impossibilità di utilizzare il monitoraggio remoto per mettere in atto azioni correttive.

Shock inappropriati

Gli allarmi del dispositivo vengono attivati da aritmie sostenute che soddisfano i criteri di rilevamento. Al riconoscimento di una possibile aritmia viene attivata una sequenza progressiva di vibrazioni, avvisi acustici, vocali e visivi per verificare il livello di coscienza del paziente. Se cosciente, il paziente preme i pulsanti di risposta e ritarda in questo modo lo shock. È stato dimostrato che i pulsanti di risposta riducono significativamente il tasso di terapie inappropriate erogate dal WCD22. Gli shock inappropriati sono generalmente poco frequenti con il WCD e sono stati segnalati sistematicamente in tutti gli studi precedentemente citati.

Nel registro WEARIT-II lo 0.5% dei pazienti ha ricevuto uno shock inappropriato (2 per 100 pazienti-anno) a causa di artefatti sul segnale elettrocardiografico. Nessuno degli shock inappropriati ha indotto aritmie8.

Nel registro tedesco si sono verificati shock inappropriati nello 0.4% dei pazienti, equivalente a un tasso di incidenza di 2.3 per 100 pazienti-anno9.

Nell’Austrian WCD Registry 2 pazienti (0.4%)hanno ricevuto shock inappropriati: in un paziente a causa dell’erronea classificazione da parte del WCD di un artefatto da movimento durante il quale il paziente cosciente non ha premuto i tasti di risposta, nell’altro paziente a causa di due eventi di TV terminati pochi secondi prima dell’erogazione dello shock10.

Nel registro WEARIT-France sono stati registrati shock inappropriati nello 0.7% dei pazienti11, nello Swiss WCD Registry non ci sono stati shock inappropriati12 mentre nel registro WEARIT-II-EUROPE lo 0.3% dei pazienti ha ricevuto shock inappropriati a causa di episodi di fibrillazioni atriali rapide13.

Anche nello studio VEST gli shock inappropriati sono stati rari e si sono verificati in 9 pazienti (0.6%) nel gruppo WCD14.

Si può concludere che il tasso di shock inappropriati durante l’utilizzo del WCD è molto basso e non determina eventi avversi che mettono a rischio la vita del paziente.

LINEE GUIDA E RACCOMANDAZIONI

Le linee guida riguardo l’uso del WCD raccomandano il dispositivo come terapia ponte nei pazienti ad alto rischio di MCI (Tabella 3)19,23,24.




Secondo le linee guida ESC 2015 per la gestione delle aritmie ventricolari e la prevenzione della MCI, il WCD può essere considerato nei pazienti con ridotta funzione sistolica del ventricolo sinistro, a rischio di MCI, ma che non sono ancora candidati all’impianto di un ICD, compresi quelli in attesa di trapianto cardiaco, come ponte verso l’impianto di un ICD, nei casi di cardiomiopatia peripartum o miocardite attiva, o nell’immediata fase post-infarto miocardico (raccomandazione di classe IIb)19. Allo stesso modo, una commissione scientifica dell’American Heart Association (AHA) ha raccomandato l’uso del WCD nei pazienti con una chiara indicazione all’impianto di ICD, per i quali sia presente una controindicazione transitoria all’impianto stesso o in caso di espianto di ICD o come ponte al trapianto cardiaco (raccomandazione di classe IIa)23. L’utilizzo del WCD è considerato inoltre ragionevole anche nei pazienti con un aumento transitorio del rischio di MCI che può risolversi nel tempo o per i quali la causa sottostante è potenzialmente modificabile o trattabile (cardiomiopatia ischemica con rivascolarizzazione, cardiomiopatia non ischemica di recente insorgenza o cardiomiopatia secondaria; raccomandazione di classe IIb), o in casi selezionati per i quali gli ICD riducono la MCI ma non la mortalità per tutte le cause (es. entro 40 giorni dall’infarto del miocardio; raccomandazione di classe IIb)23. Il WCD non è raccomandato nei pazienti con un rischio non aritmico superiore a quello aritmico e con un’aspettativa di sopravvivenza <6 mesi23. Più di recente, le linee guida 2017 dell’American College of Cardiology/AHA/Heart Rhythm Society per le aritmie ventricolari e la MCI hanno proposto il WCD come un’opzione ragionevole per la prevenzione della MCI in pazienti selezionati in cui è richiesta la rimozione dell’ICD (raccomandazione di classe IIa), o in pazienti ad aumentato rischio di MCI ma non idonei all’impianto di un ICD (raccomandazione di classe IIb)24.

CONCLUSIONI

Esiste un crescendo di evidenze scientifiche a favore dell’efficacia del WCD quando utilizzato in circostanze in cui un ICD convenzionale non è indicato o è temporaneamente controindicato: nei pazienti sottoposti ad espianto di ICD e in attesa di reimpianto; nell’immediato post-infarto miocardico con funzione ventricolare sinistra compromessa; nei pazienti con cardiomiopatia di nuovo riscontro e FE ridotta. Poter disporre di una protezione antiaritmica adeguata in attesa dei 3-6 mesi di terapia medica ottimale rappresenta un’opzione terapeutica importante. Questo strumento consente l’impiego delle terapie raccomandate prima dell’impianto in un numero di pazienti maggiore che in passato25, previene la MCI durante il periodo di utilizzo e permette un’adeguata selezione del paziente candidato all’impianto di ICD. La stratificazione più mirata del rischio aritmico a lungo termine può rappresentare un’opportunità di ottimizzazione delle risorse economiche ed evita le possibili complicanze associate all’impianto del dispositivo. Inoltre, il sistema facilita una maggiore aderenza del paziente al controllo diagnostico e terapeutico, aumenta la consapevolezza del proprio stato di salute e favorisce una maggiore responsabilità; il paziente è coinvolto e assume un ruolo attivo nella gestione della propria patologia. L’uso del WCD consente inoltre al paziente di meglio comprendere il potenziale futuro ruolo dell’ICD, se necessario. Altre possibili indicazioni al WCD possono essere la terapia di destinazione in pazienti senza un sistema venoso pervio, con controindicazione al sistema epicardico ed eventualmente anche in assenza di disponibilità o di impiantabilità dell’ICD sottocutaneo.

Una causa importante di sottoutilizzo dell’ICD è il rifiuto del paziente; in questi casi il WCD può essere offerto a tali pazienti, anche in attesa di una maggiore condivisione dell’indicazione all’impianto di un ICD definitivo. La disponibilità della tecnologia WCD potrebbe inoltre risolvere o aiutare a gestire situazioni più o meno transitorie di rischio di MCI in ambito pediatrico.

Una branca in grande espansione è quella della cardio-oncologia, nuova disciplina che si occupa di pazienti affetti da malattia cardiaca manifesta o potenziale e malattia tumorale. Il trattamento dei pazienti con alcuni farmaci oncologici può conferire transitoriamente un elevato rischio aritmico sia direttamente sia sviluppando una disfunzione sistolica26,27, per cui anche questo è un ambito di potenziale impiego del WCD per aumentare la sicurezza delle terapie.

La maggior parte degli studi su cui si basano le evidenze per l’impiego del WCD sono osservazionali o basati su registri nazionali con una popolazione eterogenea. L’unico studio controllato randomizzato ha valutato l’uso del WCD a seguito di infarto miocardico acuto e ha dimostrato una importante riduzione della morte aritmica e una riduzione significativa della mortalità per tutte le cause, ma solo quando i risultati vengono interpretati alla luce della scarsa aderenza alla terapia. Le indicazioni cliniche per il WCD sono ancora in evoluzione e cambieranno con l’emergere di nuove evidenze scientifiche. Attualmente, sulla base delle linee guida internazionali, l’uso del WCD è appropriato nei pazienti che si sono sottoposti a espianto di ICD o nei pazienti con un rischio transitorio elevato di MCI. Il WCD è lo strumento che permette di attendere in sicurezza per la scelta della terapia definitiva più indicata in questa classe di pazienti ad alto rischio, ma ancora privi di indicazioni all’impianto di ICD convenzionale.

Menzione a parte merita il ruolo che potrebbe assumere uno strumento di questo tipo in momenti di emergenza sanitaria come quelli attuali dove l’interruzione delle attività elettive di aritmologia richiede la possibilità di proteggere i pazienti più fragili a rischio di MCI fuori dal contesto ospedaliero e in totale sicurezza.

RIASSUNTO

L’uso del defibrillatore indossabile, già ampiamente impiegato negli Stati Uniti e in altri paesi europei, si sta velocemente diffondendo anche in Italia. La popolazione di pazienti che può trarre beneficio da questo tipo di dispositivo è molto eterogenea, ma accomunata dal rischio transitorio di morte cardiaca improvvisa, per i quali si rende necessaria una protezione temporanea, automatica e non invasiva. Interpretando le più recenti evidenze scientifiche e le esperienze cliniche riportate nei registri, si evince come questo tipo di strumento sia sicuro, efficace e possa avere un impatto importante sulla prevenzione della mortalità aritmica e totale in determinate classi di pazienti. Partendo dalle condizioni cliniche per le quali anche le linee guida hanno riconosciuto l’utilità del dispositivo si aprono nuove opportunità dove il defibrillatore indossabile possa essere utilizzato con il duplice beneficio di proteggere il paziente dal rischio di morte cardiaca improvvisa in sicurezza e consentire al clinico di avere il tempo necessario per prendere le decisioni terapeutiche a lungo termine più adatte.

Parole chiave. Defibrillatore indossabile; Malattie cardiovascolari; Morte cardiaca improvvisa.

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