Position paper ANMCO: Riorganizzazione della cardiologia in epoca di pandemia COVID-19

Pasquale Caldarola1, Adriano Murrone2, Loris Roncon3, Giuseppe Di Pasquale4, Luigi Tavazzi5, Vincenzo Amodeo6, Nadia Aspromonte7, Manlio Cipriani8, Andrea Di Lenarda9, Stefano Domenicucci10, Giuseppina Maura Francese11, Massimo Imazio12, Fortunato Scotto di Uccio13, Stefano Urbinati14, Serafina Valente15, Michele Massimo Gulizia11,16, Furio Colivicchi17, Domenico Gabrielli18

1U.O. Cardiologia-UTIC, Ospedale San Paolo, Bari

2S.C. Cardiologia-UTIC, Ospedali di Città di Castello e di Gubbio-Gualdo Tadino, AUSL Umbria 1, Perugia

3U.O.C. Cardiologia, Ospedale Santa Maria della Misericordia, Rovigo

4Direzione Sanitaria, Azienda USL di Bologna

5Maria Cecilia Hospital, GVM Care & Research, Cotignola (RA)

6U.O.C. Cardiologia-UTIC, Ospedale Santa Maria degli Ungheresi, Polistena (RC)

7U.O.S. Scompenso Cardiaco, Dipartimento di Scienze Cardiovascolari e Toraciche, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Roma

8Cardiologia 2-Insufficienza Cardiaca e Trapianti, Dipartimento Cardiotoracovascolare “A. De Gasperis”, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano

9S.C. Cardiovascolare e Medicina dello Sport, Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina-ASUGI, Trieste

10Agenzia Ligure della Sanità, Regione Liguria

11U.O.C. Cardiologia, Ospedale Garibaldi-Nesima, Azienda di Rilievo Nazionale e Alta Specializzazione “Garibaldi”, Catania

12Cardiologia, Presidio Molinette, A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino, Torino

13Cardiologia-UTIC, Ospedale del Mare, Napoli

14U.O.C. Cardiologia, Ospedale Bellaria, AUSL di Bologna, Bologna

15U.O.C. Cardiologia Clinico Chirurgica (UTIC), A.O.U. Senese, Ospedale Santa Maria alle Scotte, Siena

16Fondazione per il Tuo cuore – Heart Care Foundation, Firenze

17U.O.C. Cardiologia Clinica e Riabilitativa, Presidio Ospedaliero San Filippo Neri, ASL Roma 1, Roma

18U.O.C. Cardiologia, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, Roma

The COVID-19 pandemic represents an unprecedented event that has brought deep changes in hospital facilities with reshaping of the health system organization, revealing inadequacies of current hospital and local health systems. When the COVID-19 emergency will end, further evaluation of the national health system, new organization of acute wards, and a further evolution of the entire health system will be needed to improve care during the chronic phase of disease. Therefore, new standards for healthcare personnel, more efficient organization of hospital facilities for patients with acute illnesses, improvement of technological approaches, and better integration between hospital and territorial services should be pursued. With experience derived from the COVID-19 pandemic, new models, paradigms, interventional approaches, values and priorities should be suggested and implemented.

Key words. Cardiology; COVID-19; National health system; Management.

INTRODUZIONE

Nel dicembre 2019, una nuova infezione da coronavirus è apparsa nella provincia di Wuhan, in Cina. Rapidamente l’epidemia ha cominciato a diffondersi nel resto della Cina, per poi coinvolgere l’Asia, l’Europa sino a diventare ubiquitaria. Al 3 marzo 2021 i casi confermati nel mondo sono 114 975 672 e i decessi 2 554 4161, 98 635 in Italia2. L’Italia, al 12 gennaio 2021, ha registrato 123 693 operatori sanitari infetti3. La rapidità con cui tale pandemia si è diffusa globalmente ha trovato impreparati i sistemi sanitari nazionali, compreso quello italiano, con conseguenti gravi criticità emerse in campo assistenziale e nella stessa ridefinizione degli apparati organizzativi ospedalieri e non, fino al raggiungimento del limite di saturazione delle capacità di soccorso e sostegno dei pazienti ammalati.

IL CONTESTO SANITARIO NAZIONALE

La pandemia COVID-19 ha rappresentato, e ancora rappresenta, un evento di carattere eccezionale, imprevisto e inatteso che ha colto tutti impreparati: decisori pubblici, personale sanitario, industria del settore farmaceutico e non. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: sovraccarico delle strutture ospedaliere con uno stravolgimento della loro organizzazione, deficienza del sistema territoriale in tutte le sue articolazioni, il tutto peggiorato dalla mancanza di un approccio unico ed unitario alle problematiche emerse, ma fronteggiato con disuguaglianze territoriali e sociali. Si è pagato lo scotto di un depotenziamento del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) avvenuto negli ultimi anni. Da quanto emerge dall’Annuario statistico del SSN, recentemente reso noto, riferito al 2018 e confrontato con i dati del 20134, il SSN ha perso 74 strutture di ricovero, 413 strutture di specialistica ambulatoriale e circa 13 500 posti letto (di cui 10 000 solo nel pubblico). Si è avuto, inoltre, un calo del personale con 22 246 unità in meno, una riduzione dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e di altre figure specialistiche (anestesisti, radiologi, infettivologi, pneumologi, cardiologi).

La pandemia COVID-19 ha inoltre reso drammaticamente evidente la criticità di una mancata programmazione, negli ultimi 10-20 anni, del fabbisogno di medici specialisti e di medici di medicina generale (MMG). Questa criticità, più forte per alcune specialità, in molte regioni ha riguardato anche la cardiologia. Solo lo scorso anno il Ministero della Salute ha deliberato l’offerta di circa 4000 contratti di formazione specialistica aggiuntivi, a livello nazionale, rispetto al 2019. Nel mese di maggio 2020 le regioni sono state chiamate a fornire la stima del fabbisogno per ogni singola specialità. L’incremento dei posti nelle scuole di specializzazione, attuato a partire dall’Anno Accademico 2020-2021, purtroppo, darà i suoi primi effetti solamente tra 4-5 anni. Analoga criticità riguarda la carenza di MMG, accentuata dalla previsione di un elevatissimo numero di pensionamenti nei prossimi anni e la carenza di personale assistenziale. Sulla base del rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) 2020 è possibile constatare che l’Italia si posiziona agli ultimi posti in quanto a rapporto tra numero di infermieri ed abitanti: 5.7 per 1000 abitanti rispetto a 8.2 per 1000 abitanti presente negli altri paesi OCSE, mentre tutti gli stati nordeuropei presentano una media superiore a 10 infermieri per 1000 abitanti. Il dato relativo ai medici, in linea o addirittura superiore alla media OCSE, è invece da interpretare non solo sulla base del rapporto medici/popolazione ma soprattutto del rapporto medici/numero di strutture ospedaliere.

Anche in relazione al dibattuto tema della digitalizzazione sanitaria, di grande attualità in quanto considerato capace di implementare la duttilità del SSN nei confronti dell’utenza, offrendo ad essa nuovi modelli organizzativi e servizi assistenziali sostenibili, efficienti e rapidi, si constata l’incapacità del nostro sistema di fronteggiare l’adeguamento tecnologico delle proprie strutture anche in virtù della scarsità degli investimenti economici da sempre riservati a tale ambito. Tutto ciò si traduce nella mancata realizzazione di percorsi individualizzati per definire, monitorare e aggiornare piani di assistenza individuale e per mettere in comunicazione tutti gli attori del sistema salute.

È evidente come, in tale contesto, fosse inevitabile assistere a deficienze organizzative e strutturali non solo per fronteggiare l’emergenza da COVID-19, ma anche per continuare a gestire le patologie non-COVID-19, in particolare quelle a maggior impatto epidemiologico e prognostico, come le malattie cardiovascolari e oncologiche, e per farsi carico della gestione delle cronicità.

Gli investimenti governativi, attualmente previsti e alimentati dai fondi europei, se utilizzati adeguatamente, pongono prospettive di sicuro miglioramento dell’assetto organizzativo e strutturale del SSN.

IMPATTO EPIDEMIOLOGICO DELLE PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI

Le malattie cardio-cerebrovascolari, nonostante la diminuzione della mortalità registrata negli ultimi anni, continuano a rappresentare in Italia una delle principali cause di morbosità, invalidità e mortalità. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat), nel 2018 le malattie cardio-cerebrovascolari hanno causato 220 456 decessi: il 28% di questi decessi è attribuibile alle malattie ischemiche del cuore e il 25% alle malattie cerebrovascolari5. Le malattie cardiovascolari rappresentano anche la causa più frequente di ricovero ospedaliero in Italia, pari a 863 505 ricoveri in regime ordinario (14.3% del totale). Tra le cause più frequenti figurano lo scompenso cardiaco (165 426 ricoveri), seguito dall’angioplastica coronarica percutanea (129 538 ricoveri) e dall’infarto miocardico acuto (35 511 ricoveri)6,7 (Figura 1).




ANDAMENTO EPIDEMIOLOGICO DELLE PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI DURANTE LA PANDEMIA DA SARS-CoV-2

L’impatto della pandemia da sindrome respiratoria acuta severa coronavirus 2 (SARS-CoV-2) in ambito cardiovascolare è stato particolarmente devastante. Dati recenti hanno evidenziato un drastico calo di circa il 30-40% dei ricoveri per sindrome coronarica acuta (SCA) e scompenso cardiaco8,9. Di fatto si è assistito ad un grave ritardo nel ricorso alle cure mediche di pazienti affetti da infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI), nonché una forte contrazione dei ricoveri per infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI), per embolia polmonare, per ictus, per bypass aortocoronarico10.

Tale ridimensionamento non ha solo coinvolto le patologie cardiovascolari acute ma anche e soprattutto quelle da trattare in elezione. I dati della sezione piemontese della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE) hanno sottolineato il tracollo del ricorso all’interventistica cardiovascolare e strutturale; sia le procedure coronariche che quelle strutturali si sono ridotte del 47.5% e 79.8%, rispettivamente11. In particolare, è stata osservata una riduzione dell’84.7% nel numero di impianti percutanei transcatetere di protesi valvolare aortica e una riduzione del 50% nel numero di procedure di clip mitralica tra marzo e aprile 2020 rispetto a quanto rilevabile nello stesso periodo dell’anno precedente11. Una significativa riduzione di attività durante la pandemia COVID-19 ha interessato in Italia anche la cardiochirurgia che in molte realtà è rimasta attiva solo per i casi urgenti12.

Con particolare riferimento all’ambito cardiovascolare, uno studio della Società Italiana di Cardiologia8, condotto in 54 ospedali italiani, ha valutato l’andamento dei ricoveri nelle unità di terapia intensiva coronarica nella settimana del 12-19 marzo 2020 rilevando una riduzione significativa degli stessi ed un aumento della mortalità per STEMI rispetto allo stesso periodo del 2019 (dal 4.1% al 13.7%). È stato inoltre segnalato un significativo incremento, nello stesso periodo, degli arresti cardiaci extraospedalieri con prognosi significativamente peggiore rispetto al periodo pre-pandemia13,14.

Le ragioni di questa significativa riduzione di ricoveri sono ancora poco chiare, forse in gran parte legate alla paura dei pazienti di contrarre l’infezione durante il soggiorno in ospedale. Certamente il ritardo di diagnosi e di trattamento avrà conseguenze anche sulla morbilità e mortalità cardiovascolare nel medio-lungo termine. Pertanto, dovremo essere preparati ad affrontare tale scenario nell’imminente futuro.

Oltre alle attività di ricovero si sono più che dimezzate anche le attività ambulatoriali penalizzando, per esempio, il follow-up dei pazienti post-SCA, con scompenso cardiaco, il monitoraggio dei dispositivi impiantati, il monitoraggio dei pazienti con fibrillazione atriale ed in trattamento anticoagulante.

Anche le attività di cardiologia riabilitativa hanno subito un forte ridimensionamento. Una survey dell’Associazione Italiana di Cardiologia Clinica Preventiva e Riabilitativa (AICPR) che ha coinvolto 75 centri di cardiologia riabilitativa italiani, ha mostrato che, durante la pandemia COVID-19, sono rimasti fattivamente attivi solo il 14% di essi, mentre il restante 86% ha dovuto interrompere completamente (25%) o ridimensionare drasticamente (61%) i propri programmi di recupero funzionale dei pazienti15.

Tutto ciò rende conto anche del tasso di mortalità elevato registrato nella popolazione in questo periodo pandemico: i decessi, in effetti, potrebbero essere legati tanto alla grave compromissione settica generata dal coronavirus, quanto alla ridotta percentuale di pazienti adeguatamente trattati per le proprie comorbilità e per patologie acute/croniche diverse dal COVID-19 come quelle cardiovascolari16,17. Dati amministrativi emiliani hanno appunto evidenziato un incremento del 17% di decessi per cause cardiache avvenuti in ambito extraospedaliero durante il primo semestre del 2020 con un picco di +62% in aprile durante il lockdown nazionale18.

Ancora una volta le cause di questa impennata nel tasso di mortalità cardiovascolare nazionale, che ha reso vani decenni di attività di prevenzione cardiovascolare, è verosimilmente attribuibile alla riduzione dei ricoveri per SCA, all’aumento degli arresti cardiaci extraospedalieri, alla riduzione delle visite cardiologiche ambulatoriali e relative prestazioni diagnostiche e terapeutiche, alla conseguente riduzione dell’aderenza terapeutica sia da parte dei medici (aderenza alle indicazioni delle linee guida), sia da parte dei pazienti (aderenza alle prescrizioni terapeutiche), alle sequele cardiovascolari a medio-lungo termine del COVID-19, nonché agli effetti sfavorevoli del lockdown sulla salute cardiovascolare (sedentarietà, incremento ponderale, stress psicologico)19.

LA CARDIOLOGIA NEL POST-COVID-19: L’OSPEDALE E IL TERRITORIO

Revisione degli aspetti strutturali, organizzativi e tecnologici

Superata l’emergenza COVID-19 certamente non sarà più possibile rimanere nelle condizioni pre-pandemia e sarà necessaria e indispensabile una nuova visione del SSN, dell’organizzazione dei reparti per acuti, un’evoluzione del sistema salute per affrontare in maniera adeguata la presa in carico delle cronicità (Tabella 1).




È fondamentale ribadire il ruolo degli ospedali orientati alla cura dell’acuto, ma opportunamente potenziati nei vari aspetti tecnologici e di risorse umane, verosimilmente orientati ad una maggiore flessibilità e modularità di tipo strutturale ed organizzativo.

È giunto il momento di:

• Proporre standard di personale adeguati per affrontare in maniera efficiente e sicura la gestione delle malattie cardiovascolari acute, ma anche le imprevedibili situazioni di emergenze pandemiche.

• Adeguare le strutture di ricovero per acuti con predisposizione di aree “grigie” di osservazione e di aree di isolamento.

• Potenziare le dotazioni tecnologiche (numero adeguato di ecocardiografi, di sistemi di ventilazione non invasiva, di sistemi di teletrasmissione dei tracciati ECG e di trasmissione di referti e immagini radiologiche).

• Rendere più appropriati i vari contesti assistenziali, convertendo in day service-day hospital le attività meno complesse per riservare risorse alla gestione dei pazienti più critici.

• Applicare il modello dipartimentale cardiovascolare, non implementato in tutte le aziende, anche in connessione tra ospedale e territorio, che garantisca un’opportuna omogeneità e continuità di percorsi, una condivisione di risorse e di processi formativi.

• Strutturare e implementare i percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) per le più frequenti patologie cardiovascolari (SCA, scompenso cardiaco, aritmie, post-SCA), che facilitino il raccordo tra le diverse figure coinvolte nella gestione del paziente e che puntino a creare un “ponte” efficace con il territorio, per garantire un adeguato piano assistenziale delle cure. All’interno dei PDTA andrebbe valorizzato il ruolo del personale infermieristico, in particolare per quanto riguarda il counseling e la verifica dell’aderenza terapeutica.

• Garantire percorsi cardiologici strutturati per la presa in carico precoce di pazienti dimessi da pronto soccorso (ricoveri evitabili): es. scompenso cardiaco riacutizzato trattabile in pronto soccorso, fibrillazione atriale e altre aritmie sopraventricolari trattate in pronto soccorso, sincope.

• Ridisegnare le reti cliniche alla luce dell’esperienza vissuta, ridefinendo i ruoli dei centri spoke e hub, ma anche degli ospedali di prossimità.

• Estendere le reti cliniche nate all’inizio degli anni 2000 per lo STEMI alle altre patologie cardiologiche sia tempo-dipendenti che non (NSTEMI, sindrome aortica acuta, arresto cardiaco extraospedaliero, shock cardiogeno, aritmologia, cardiomiopatie, ecc.).

• Investire in sanità digitale per permettere la creazione di reti di interconnessione tra reparti di dimissione e paziente, tra centri hub e spoke, tra diversi specialisti coinvolti nella gestione del paziente acuto o cronico multimorbido, non solo nella fase pandemica, ma pensando ad un futuro del SSN basato su processi di cura in continuità tra ospedale e territorio e integrati in una reale gestione multidisciplinare.

• Dare supporto ai colleghi delle aree COVID-19. È necessario che i cardiologi, pur mantenendo le proprie specificità professionali, diano un supporto stabile all’interno delle aree COVID-19 (consulenze e contributo attivo ai turni di servizio), in considerazione del frequente coinvolgimento cardiovascolare in pazienti COVID-19.

Utilizzo dei Big Data per le nuove fasi di programmazione sanitaria

I Big Data possono essere definiti come grandi set di dati forniti ad approcci analitici che possono rivelare modelli, associazioni o tendenze sottostanti. I Big Data sono caratterizzati da volume (molti dati), varietà (dati da fonti diverse e in forme diverse), velocità (i dati vengono accumulati rapidamente) e veridicità (incertezza sulla correttezza dei dati).

Il fascicolo sanitario elettronico

Diverse le fonti dei Big Data. La fonte più significativa di Big Data nel campo della salute umana è rappresentata dalla cartella clinica elettronica (il fascicolo sanitario elettronico). Il potenziale di tali dati è certamente grande, avendo la possibilità di essere raccolti e aggregati. Tali dati possono provenire da un singolo operatore sanitario, come da un’unità operativa o da un ospedale, ma possono anche essere aggregati tra i sistemi sanitari.

I dati amministrativi

I Big Data sono alimentati anche dai dati amministrativi, raccolti dagli operatori sanitari principalmente per la fatturazione di ricoveri e prestazioni. Anche questi dati possono essere aggregati, soddisfacendo la definizione di Big Data, per scopi analitici.

I Big Data ricavati dal fascicolo sanitario elettronico e da fonti amministrative presentano spesso dei limiti: spesso sono incompleti, contengono classificazioni errate, utilizzano definizioni non standardizzate, non sempre riescono a catturare la gravità della malattia e certamente sono meno accurati dei registri clinici. Tuttavia, il fatto che permettano di analizzare l’intera popolazione compensa largamente questi limiti intrinseci strutturali e comunque la loro implementazione nell’uso sistematico sarà molto utile per migliorare la banca dati proveniente dalle cartelle cliniche elettroniche e dai dati amministrativi per ottenere le informazioni che possano portare a migliori analisi e studi più significativi.

È assolutamente necessario un incisivo programma di implementazione di queste banche dati, alla pari di quanto è stato già fatto in altri paesi europei e negli Stati Uniti. È l’unica via per passare da una gestione passiva del bisogno di salute ad una gestione proattiva sistematica di governo clinico del SSN, di “business intelligence”, di ricerca medica e programmazione sanitaria20.

Purtroppo, in Italia, siamo ancora impreparati, come classe dirigente aziendale e medica, per un utilizzo efficacie e sicuro di questi sistemi dal punto di vista normativo.

Un passo ulteriore, assolutamente necessario, sarà l’utilizzo dell’intelligenza artificiale come componente strutturale del sistema, ma il tutto sarà possibile solo attraverso l’implementazione di un progetto di gestione digitale della sanità.

La situazione critica che stiamo vivendo nel corso dell’attuale pandemia ha messo ancor più in evidenza queste carenze di sistema, le difficoltà ad uscire da una gestione tradizionale del paziente, in reparto o in ambulatorio, a stabilire reti strutturate di comunicazione e confronto all’interno e tra diverse discipline, l’impossibilità spesso di attingere alle informazioni cliniche necessarie dei pazienti affetti, spesso isolati a domicilio. Hanno cominciato a diffondersi strumenti artigianali e frammentati di attività clinica da remoto, di comunicazione e confronto virtuale all’interno delle reti cliniche, ma siamo ancora lontani dalla costruzione di un nuovo e rivoluzionario modello di gestione della sanità del nostro Paese.

Registri clinici

Raccolgono dati strutturati in vari contesti clinici utilizzando definizioni standardizzate. I registri sono cresciuti enormemente e vengono utilizzati per l’analisi comparativa della qualità presso gli istituti partecipanti. Una delle principali limitazioni dei registri è che spesso la raccolta dei dati non è generalmente collegata al flusso di lavoro. I dati vengono spesso raccolti in un secondo momento, astratti parzialmente o totalmente dalla cartella clinica elettronica. In linea di principio, sarebbe possibile creare una raccolta di dati strutturati nel flusso di lavoro, in modo che siano raccolti mentre vengono prodotti.

Dati di imaging

Si va sempre più diffondendo l’archiviazione delle immagini mediche, statiche o in movimento, in formato digitale anziché analogico. Tali dati possono essere analizzati e interpretati anche con l’ausilio dell’intelligenza artificiale e delle reti neurali.

Intelligenza artificiale e machine learning

I concetti di Big Data e intelligenza artificiale sono spesso fusi ma sono concettualmente distinti. L’intelligenza artificiale è un concetto alquanto difficile da definire, data la nostra capacità limitata di definire l’intelligenza umana, ma può essere visto come un insieme di compiti svolti da sistemi informativi che normalmente richiedono attività cognitiva umana, come il processo decisionale, il riconoscimento vocale, la traduzione della lingua e la percezione visiva. Di particolare rilevanza per i Big Data è il modo in cui l’intelligenza artificiale può utilizzare i dati per guidare il processo decisionale medico, guidato da un tipo specifico di intelligenza artificiale chiamata apprendimento automatico (Figura 2). L’apprendimento automatico può essere definito come un software che diventa più accurato nella previsione dei risultati senza essere riprogrammato esplicitamente. È in ogni caso difficile immaginare, almeno per i prossimi anni, che il processo decisionale possa essere delegato completamente alla macchina, rimanendo sempre l’ultima parola e la firma del processo in mano al clinico.

Ciò che si può affermare con ragionevole certezza è che i Big Data e l’intelligenza artificiale cambieranno la medicina nei prossimi decenni offrendo il potenziale per la medicina di iniziativa e di precisione ed essere utilizzati sempre più nei sistemi sanitari per l’analisi di “business intelligence”, per definire fabbisogni di personale, di capitali e per la pianificazione strategica, con un impatto profondo sull’erogazione dell’assistenza sanitaria e sulla salute pubblica (Tabella 2).




PRIORITÀ EVOLUTIVE DEL SISTEMA SALUTE DA IMPLEMENTARE PER GARANTIRE UNA PIÙ EFFICACE PRESA IN CARICO DELLE CRONICITÀ

Riprogrammazione delle attività ambulatoriali

Molte delle criticità registrate durante le varie fasi della pandemia COVID-19 sono state legate all’insufficiente risposta fornita dal territorio ai bisogni sanitari, emersi in maniera imprevedibile, mai verificatisi in precedenza, che invece richiedevano risposte rapide ed efficaci. Tutto ciò ha causato una notevole e disastrosa pressione sulle strutture ospedaliere che hanno dovuto farsi carico della maggior parte del peso assistenziale dell’infezione da SARS-CoV-2.

D’altro canto, nei mesi di piena emergenza sanitaria, molte attività sono state sospese non solo all’interno delle strutture ospedaliere ma anche sul territorio, interrompendo o limitando sia le attività di screening che di monitoraggio. La sospensione/riduzione delle attività ambulatoriali sta avendo e continuerà ad avere certamente significativi impatti sulla salute, a causa di ritardi nelle diagnosi e nei trattamenti, specie per i pazienti più complessi, comorbidi e fragili, oltre che sull’organizzazione stessa dei servizi sanitari.

Quando la curva dei casi subirà un rallentamento le attività elettive ambulatoriali potranno riprendere a pieno regime, ma andranno definite le modalità di smaltimento delle liste d’attesa, auspicando il ricorso, così come in alcune regioni già sta avvenendo, da un lato a risorse aggiuntive, dall’altro a piani di valutazione e implementazione dell’appropriatezza clinica.

È sicuramente condivisibile l’obiettivo di destinare al territorio una quota significativa delle risorse che grazie ai finanziamenti europei si renderanno disponibili per la sanità, ma perché questo investimento sia in grado di produrre cambiamenti significativi e generare valore è tuttavia necessario un progetto di modifiche strutturali e di governance del territorio che non può non coinvolgere e sostenere anche l’ospedale. Non si tratta in nessun modo di togliere all’ospedale qualcosa, ma permettere che i risultati clinici di eccellenza prodotti da ospedali sempre più efficienti e bene organizzati non vengano persi al momento del rientro a domicilio dei pazienti. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo serve investire anche sul territorio e creare una rete di continuità assistenziale e integrazione tra ospedale e territorio anche con l’utilizzo di piattaforme digitali (Tabella 3).




Le attività dovranno essere continuamente monitorate e governate dalla direzione strategica aziendale che dovrà dotarsi di un efficiente “gruppo dati”, in grado di fornire le informazioni necessarie per indirizzare gli interventi, i piani di miglioramento, gli investimenti di “business intelligence” in forma mirata sulla base degli indicatori di salute, target di cura, bisogni organizzativi, outcome clinici.

Con l’ausilio degli strumenti digitali potrebbe attuarsi in ogni singolo paziente una strategia globale e unitaria di intervento clinico frutto della condivisione tra specialisti della singola o di diverse discipline, anche appartenenti ad ospedale diversi, dando il giusto ruolo e responsabilità ad ognuno. È necessario ridurre drasticamente il fenomeno della “sindrome di Ulisse” (il paziente che naviga tra ospedale e territorio in cerca di uno specialista o di un esame strumentale), la ridondanza di visite ed esami, la moltiplicazione dei farmaci e delle scelte terapeutiche, conseguenza della gestione frammentata per singolo organo o malattia in pazienti ad elevata complessità clinica e assistenziale.

Integrazione ospedale-territorio

Riprendendo le indicazioni del Piano Nazionale Cronicità 2016 e del nuovo Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025, sarà necessario definire percorsi condivisi tra medicina specialistica e medicina generale, tra ospedale e territorio con il necessario coinvolgimento di figure infermieristiche e socio-sanitarie (assistenti sociali, fisioterapisti, psicologi), che possono svolgere un ruolo fondamentale per migliorare l’adesione dei pazienti ai trattamenti raccomandati e l’empowerment del paziente stesso.

Per quanto riguarda la cardiologia queste le possibili proposte:

• Creare uno stretto collegamento tra la cardiologia ospedaliera e le strutture di cardiologia ambulatoriale presenti nel territorio, anche attraverso una mobilità dei professionisti, con condivisione di percorsi e di agende di prenotazione. Nella rete andrebbe coinvolto anche il privato accreditato che, in alcune realtà, eroga una quota importante delle prestazioni cardiologiche ambulatoriali.

• Valutare la possibilità di istituire dipartimenti di cardiologia transmurali ospedale-territorio all’interno delle Aziende Sanitarie, considerando la progettualità dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO)21. In alternativa dovrebbe essere almeno perseguito l’obiettivo di istituire un coordinamento delle attività cardiologiche ambulatoriali ospedale-territorio da parte della struttura cardiologica ospedaliera di riferimento.

• Attuare un collegamento strutturato tra cardiologia ospedaliera e MMG anche attraverso la condivisione delle piattaforme digitali (es. invio di alert al MMG in caso di ricovero del paziente in cardiologia, teleconsulto, riconciliazione terapeutica attraverso la cartella clinica elettronica, ecc.).

• Realizzare un coinvolgimento dei cardiologi all’interno delle Case della Salute (es. immaginando una cadenzata attività di consulenza e discussione di casi clinici all’interno delle associazioni funzionali territoriali). La crescente diffusione di queste strutture offre l’opportunità nel territorio con il know-how cardiologico non solo di implementare programmi strutturati di prevenzione cardiovascolare primaria (es. applicazione delle carte del rischio, centri antifumo, screening della fibrillazione atriale asintomatica, ecc.), ma anche di condividere programmi e percorsi appropriati per la gestione del cardiopatico cronico complesso. Questi programmi dovrebbero essere realizzati attraverso una sinergia tra cardiologia, MMG e infermieri del territorio.

• Attuare un collegamento strutturato tra cardiologi e altri specialisti (diabetologi, pneumologi, nefrologi, neurologi, ecc.) attraverso la condivisione delle piattaforme digitali per il teleconsulto sistematico sincrono o asincrono nel paziente cardiopatico cronico multimorbido con l’obiettivo di migliorare l’appropriatezza dei percorsi e ridurre la ridondanza di viste ed esami formulando nel contempo programmi clinici condivisi.

• Sviluppare non solo PDTA clinico-organizzativi di continuità assistenziale ma anche percorsi di condivisione tra diversi contesti clinici degli obiettivi di salute, coordinamento delle attività di formazione, confronto continuo all’interno della stessa disciplina e/o tra discipline diverse per una vera gestione multidisciplinare del paziente cronico multimorbido.

Digital Health e telemedicina

L’emergenza sanitaria COVID-19 ha portato ad un maggiore utilizzo della telemedicina e di alcune applicazioni, seppure in modo molto frammentato e senza percorsi strutturati. Sia il personale medico che i pazienti hanno dovuto ricorrere a modalità digitali di comunicazione e scambio di informazioni.

Durante l’emergenza sanitaria, l’Istituto Superiore di Sanità ha elaborato il documento “Indicazioni ad interim per servizi assistenziali di telemedicina durante l’emergenza sanitaria COVID-19” in cui fornisce indicazioni per la realizzazione di servizi in telemedicina, specie per assicurare una continuità di interventi a favore di pazienti cronici; cospicui investimenti sono previsti in tale ambito22.

Emerge però la necessità di definire percorsi e tariffe che includano e riconoscano su tutto il territorio nazionale il valore delle prestazioni di telemedicina all’interno dei percorsi di diagnosi e cura.

L’utilizzo della telemedicina nelle sue varie forme di implementazione, che prevedono la televisita, il teleconsulto, il telemonitoraggio o la teleassistenza, non implica solo investimenti di risorse economiche, ma richiede, ancora una volta, un cambio culturale ed organizzativo, che consenta di proseguire la presa in carico dei pazienti, portando la medicina presso le loro abitazioni, soprattutto per i pazienti più fragili, che preveda protocolli strutturati di gestione ed affidi un ruolo importante alle figure non mediche.

Un altro aspetto interessante, che dà un’idea della dinamicità attuale in sanità e in ricerca medica è rappresentato dai trial “virtuali” in corso, promossi e gestiti dalle grandi aziende di comunicazione digitale e coordinati da autorevoli rappresentanti del mondo scientifico. Amazon, Apple, Google e Facebook stanno finanziando e gestendo trial nei quali il paziente non si muove da casa, ma tutto avviene, anche l’arruolamento, per via telematica. Un esempio europeo è un “adaptive platform trial” gestito dall’Università di Oxford nel contesto del COVID-19 (acronimo PRINCIPLE, ISRCTN86534580).

Ambiti prioritari in cui utilizzare la telemedicina

Attualmente nella maggioranza delle cardiologie la telemedicina è riservata al monitoraggio remoto dei pazienti portatori di dispositivi impiantabili (pacemaker, defibrillatore, loop recorder), con ostacoli persistenti legati alla mancanza di risorse umane dedicate, problematiche di rimborso tariffario e di legislazione sulla privacy.

– I pazienti con scompenso cardiaco cronico, nel cui contesto vi sono già esperienze pubblicate, che hanno documentato significativi benefici in termini di adesione ai trattamenti raccomandati23,24, di miglioramento della qualità di vita25,26, ma anche di miglioramento di endpoint hard come la riduzione delle riospedalizzazioni e della mortalità27-31, possono sicuramente beneficiare di una gestione da remoto, che consenta di avere, attraverso un semplice controllo telefonico32 o una televisita, informazioni su parametri clinici, ma anche strumentali semplici (informazioni su sintomi, classe NYHA, diuresi, pressione arteriosa e frequenza cardiaca) con possibilità di teletrasmissione di un ECG, con l’ausilio di figure infermieristiche che si rechino a casa del paziente. Mediante utilizzo di diversi sensori, in ampia fase di sviluppo, sarebbe possibile assicurare anche un monitoraggio continuo dei parametri vitali in pazienti con scompenso cardiaco durante le fasi di maggiore instabilità della malattia.

– Nei pazienti con storia di fibrillazione atriale e in trattamento anticoagulante la telemedicina può facilmente assicurare il monitoraggio periodico di parametri clinici e laboratoristici, degli effetti collaterali legati alla terapia e il monitoraggio della compliance al trattamento.

– Nel paziente diabetico ad alto rischio cardiovascolare si potrebbe facilmente ottenere il monitoraggio dei parametri clinici e metabolici, il follow-up e la personalizzazione della terapia.

– Per tutti i pazienti cronici con comorbilità e complessità del quadro clinico sarebbe possibile utilizzare il teleconsulto per rendere facilmente disponibile al MMG i pareri di diabetologo, cardiologo o nefrologo.




APPROPRIATEZZA

In un momento di criticità organizzativa, di difficoltà a rendere disponibili le risorse sanitarie è necessario riproporre con forza il tema dell’appropriatezza delle indicazioni degli esami diagnostici, della priorità degli interventi, del timing e della periodicità delle visite e delle indagini diagnostiche. Tutto ciò può essere definito attraverso l’applicazione di vari PDTA e l’implementazione dei piani individuali assistenziali.

È auspicabile l’attuazione di un cambio di paradigma con il passaggio dalla logica della prestazione (spesso inappropriata) a quella della presa in carico del paziente. È ampiamente dimostrato che il problema delle liste d’attesa non può essere risolto soltanto attraverso l’aumento dell’offerta se non si agisce anche sull’appropriatezza delle richieste di prestazioni evitando ridondanza e duplicazione di richieste.

Su questo punto, da sempre irrisolto, il miglioramento passa attraverso l’implementazione di diversi fattori: concordare con la Medicina Generale i criteri di appropriatezza e prioritarizzazione delle richieste, prendere in carico e autogestire i pazienti a maggiore complessità, supportare le decisioni della Medicina Generale, attivare piattaforme digitali per il teleconsulto tra specialisti e MMG (Tabella 4).

CONCLUSIONI

Un nuovo paradigma di sanità basato sui valori

Dopo l’esperienza COVID-19 si rendono necessari nuovi modelli, nuovi paradigmi, nuove traiettorie di intervento, nuovi valori e priorità:

– Il valore dell’organizzazione che preveda l’applicazione di quanto previsto e non ancora realizzato: i dipartimenti cardiovascolari, auspicabilmente transmurali, tra ospedale e territorio, l’implementazione di PDTA, di percorsi multidisciplinari, che facilitino una reale integrazione tra ospedale e territorio.

– Il valore tecnologico con investimenti mirati non solo in ambito ospedaliero, ma anche in ambito territoriale e con acquisizione, ormai indifferibile, di strumenti di telemedicina che avvicino il medico al paziente, senza rinunciare all’umanizzazione delle cure.

– Il valore dell’appropriatezza degli interventi che può portare ad una sicura razionalizzazione degli stessi, della domanda e dell’offerta.

– Il valore sociale che miri a superare le disuguaglianze e le disomogeneità territoriali, correggendo i limiti del federalismo regionale in sanità.

RIASSUNTO

La pandemia COVID-19 ha rappresentato, e ancora rappresenta, un evento di carattere eccezionale, imprevisto ed inatteso, che ha causato profondi cambiamenti nelle strutture ospedaliere e uno stravolgimento della loro organizzazione, evidenziando deficienza del sistema ospedaliero e territoriale in tutte le sue articolazioni. Superata l’emergenza COVID-19 sarà necessaria ed indispensabile una nuova visione del Servizio Sanitario Nazionale, una nuova organizzazione dei reparti per acuti, un’evoluzione del sistema salute per affrontare in maniera adeguata la presa in carico delle cronicità. Sarà necessario prevedere nuovi standard di personale sanitario, adeguare le strutture di ricovero per acuti, potenziare le dotazioni tecnologiche, favorire l’integrazione tra ospedale e territorio. Dopo l’esperienza COVID-19 si rendono necessari nuovi modelli, nuovi paradigmi, nuove traiettorie di intervento, nuovi valori e priorità.

Parole chiave. Cardiologia; COVID-19; Organizzazione; Servizio sanitario nazionale.

RINGRAZIAMENTI

ANMCO ringrazia tutta la Faculty degli Stati Generali 2020 che grazie al confronto costruttivo ha contribuito alla stesura del position paper. In Appendice viene riportato l’elenco in ordine alfabetico.

APPENDICE

Faculty Stati Generali ANMCO 2020

Alunni Gianfranco, Amico Antonio Francesco, Aquilanti Luigi, Baldi Cesare, Barisone Michela, Bisceglia Irma, Boccanelli Alessandro, Bonsante Edoardo, Botta Marco, Calculli Giacinto, Calvanese Raimondo, Campana Marco, Caporale Roberto, Casolo Giancarlo, Ceravolo Roberto, Chiatto Mario, Corda Marco, Di Eusanio Marco, Di Fusco Stefania Angela, Di Tano Giuseppe, Enea Iolanda, Frongillo Doriana, Gensini Gian Franco, Geraci Giovanna, Gilardi Rossella, Gregorio Giovanni, Grimaldi Massimo, Gronda Edoardo, Grosseto Daniele, Guardigli Gabriele, Iacoviello Massimo, Lucà Fabiana, Maggioni Aldo Pietro, Mangino Domenico, Marini Marco, Moreo Antonella Maurizia, Napoletano Cosimo, Nardi Federico, Oliva Fabrizio, Pajes Giuseppe, Pavan Daniela, Picariello Claudio, Piccioni Laura Lalla, Rakar Serena, Riccio Carmine, Rossini Roberta, Russo Maria Giovanna, Scherillo Marino, Strano Stefano, Tarantini Luigi, Trambaiolo Paolo, Usmiani Tullio, Vagnarelli Fabio, Vatrano Marco, Viccione Marina Angela, Zecchin Massimo, Zilio Filippo, Zuccalà Giuseppe.

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