In questo numero

cinquantenario del gic




Da Framingham allo score di rischio poligenico

L’ottavo degli editoriali del cinquantenario del Giornale Italiano di Cardiologia è dedicato alla prevenzione cardiovascolare a cura di Alessandro Boccanelli, autorevole cardiologo clinico che più di altri ha saputo dialogare con il mondo della ricerca epidemiologica cardiovascolare. La cardiologia è stata la disciplina che maggiormente ha contribuito all’aumento dell’attesa di vita di oltre 10 anni che è avvenuto in Italia negli ultimi 50 anni, con una riduzione della mortalità cardiovascolare attribuibile per più della metà alla riduzione dei fattori di rischio nella popolazione. L’editoriale ripercorre i grandi studi epidemiologici che hanno portato all’identificazione dei fattori di rischio delle malattie cardiovascolari su base aterosclerotica con lo sviluppo degli strumenti per la stima del rischio cardiovascolare. In Italia un contributo epidemiologico importante è derivato dalla collaborazione ANMCO-Istituto Superiore di Sanità che ha consentito di effettuare negli anni 1998-2012 due indagini sugli stili di vita e i fattori di rischio cardiovascolare su campioni rappresentativi della popolazione generale italiana con la pubblicazione nel Giornale degli Atlanti italiani delle malattie cardiovascolari. Negli ultimi 15 anni molte speranze si sono riposte negli studi di genetica che hanno portato all’elaborazione di score poligenici particolarmente utili per l’identificazione dei soggetti a rischio intermedio. La storia recente dell’epidemiologica cardiovascolare è caratterizzata dalla riduzione delle cause vascolari di cardiopatia e dall’aumento di quelle degenerative, come lo scompenso cardiaco e la fibrillazione atriale, legate all’invecchiamento. In prospettiva futura l’intelligenza artificiale con l’applicazione di machine learning potrà contribuire ad attuare una prevenzione di precisione, ma senza tuttavia trascurare una prevenzione di comunità. In abbinamento all’editoriale di Alessandro Boccanelli un flashback di 50 anni costituito da un editoriale di Vittorio Puddu e Alessandro Menotti su fatti e prospettive della cardiologia preventiva in Italia pubblicato nel Giornale Italiano di Cardiologia del 1971. •

covid-19 e cardiologia




La cardiologia dopo il COVID-19: una chance per il cambiamento

Parlando della pandemia COVID-19 Papa Francesco ha detto che la cosa peggiore di questa crisi è che, terminata la pandemia, tutto continui come prima. Questo è vero anche per il sistema salute e a tale proposito gli Stati Generali ANMCO svolti in dicembre 2020 sono stati dedicati ad una riflessione sulla riorganizzazione della cardiologia dopo l’emergenza pandemica COVID-19. Il position paper ANMCO pubblicato in questo numero del Giornale è il frutto del confronto costruttivo avvenuto in occasione degli Stati Generali. L’articolo di Pasquale Caldarola et al., partendo dal contesto sanitario nazionale e dalle criticità organizzative e strutturali che si sono rese particolarmente evidenti durante l’emergenza COVID-19, propone una revisione degli aspetti organizzativi e tecnologici della cardiologia nel post-COVID-19. Le priorità identificate riguardano in particolare il potenziamento del ruolo dell’ospedale orientato alla cura dell’acuto, l’implementazione dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali e delle reti cliniche, l’applicazione del modello dipartimentale cardiovascolare, la presa in carico delle cronicità con una forte integrazione ospedale-territorio, insieme ad un’implementazione della digital health e della telemedicina. I big data e l’intelligenza artificiale cambieranno la medicina nei prossimi decenni e la cardiologia sarà particolarmente coinvolta in questi processi innovativi. Dopo l’esperienza COVID-19 è necessario pensare a nuovi modelli e ad un nuovo paradigma di sanità basato sui valori dell’organizzazione, tecnologia, appropriatezza degli interventi e sul valore sociale. La cardiologia che è sempre stata all’avanguardia anche nelle innovazioni organizzative intende derivare dalla crisi della pandemia COVID-19 l’opportunità per il cambiamento. •

pdta in cardiologia




Amiloidosi cardiaca: opportunità (o necessità) di un percorso organizzativo dedicato

Quali red flags orientano il sospetto di amiloidosi cardiaca? Come gestire il percorso diagnostico e terapeutico? Quali figure professionali devono essere coinvolte per garantire un accesso rapido e mirato alle terapie tradizionali e sperimentali? Michele Emdin et al. propongono un documento di consenso che rappresenta una guida pratica che riassume utili informazioni per la diagnosi e gestione dei pazienti con amiloidosi cardiaca. Un possibile modello organizzativo fruibile dai colleghi della rete toscana che, come auspicato da Claudio Rapezzi nel commento editoriale, dovrebbe essere integrato con altri percorsi regionali verso il raggiungimento di una rete italiana per la cura e lo studio di una patologia che non è poi così rara. •

rassegne




Ecografia del polmone: un prezioso strumento per il cardiologo

Relegata per anni a un ruolo marginale, negli ultimi tempi l’ecografia del polmone sta assumendo un ruolo fondamentale nella pratica clinica. Metodica rapida e facilmente accessibile, rappresenta uno strumento utile nella diagnosi delle patologie pleuriche e parenchimali, fornendo informazioni preziose in contesti elettivi o in situazioni di urgenza-emergenza, soprattutto se l’esame viene integrato con l’ecocardiogramma. La rassegna di Antonello D’Andrea et al. offre un’accurata descrizione delle caratteristiche ecografiche che contraddistinguono le specifiche patologie polmonari, con spunti pratici, utili non solo nella diagnosi differenziale della dispnea, ma anche nella valutazione clinica e prognostica durante la pandemia da SARS-CoV-2. Un valido strumento che dovrebbe senza dubbio entrare a far parte del percorso formativo di ogni cardiologo. •




Il robot, un alleato e non un sostituto del chirurgo

In quasi tutti i film di fantascienza, il robot, creatura del genio umano, si trasforma in un nemico. Questo per fortuna non accadrà in chirurgia. I robot, intesi come bracci meccanici, mossi con controllo remoto da una consolle, sono orami una realtà da tantissimi anni in alcune altre branche chirurgiche come quella urologica e addominale. La loro ascesa in cardiochirurgia però ha trovato un percorso più lento, tanto è vero che dal 2000 ad oggi sono, soprattutto in Europa, pochi Centri, molto specializzati a farne uso e su numeri limitati. Questo è prevalentemente dovuto ai costi, ma anche al fatto che la chirurgia robotica richiede un’expertise particolare che si raggiunge con un training adeguato ed in questo l’articolo di Alfonso Agnino et al. è molto utile perché ci accompagna passo dopo passo nel percorso di “starting and training” di un Centro di chirurgia robotica. Come è facile intuire, leggendo l’articolo, non solo il primo chirurgo deve seguire un percorso di apprendimento, ma anche l’intero staff, affinché tutto sia settato al meglio, così che il robot possa diventare veramente un alleato del chirurgo e non un pericolo per il paziente. •

studi osservazionali




Angioplastica coronarica… è come andare dal dentista!

Nel leggere più di 20 anni fa il commento di Bernhard Meier ad uno studio olandese nel quale i pazienti venivano dimessi o trasferiti ad altro ospedale dopo sole 4 ore dall’angioplastica, si era portati a pensare ad una strategia irrealizzabile, poco sicura, probabilmente pericolosa, appannaggio solo di pochi ottimisti, irresponsabili. In realtà questo non è più vero perché negli anni l’esperienza dell’angioplastica è cresciuta, i materiali e i farmaci hanno reso la procedura sicura e prevedibile in una larga parte di pazienti a rischio medio-basso sottoposti a procedure poco complesse. In questo numero del Giornale Francesco Condello et al. e Andrea Capoferri et al. riportano le esperienze dei loro centri sulla dimissione precoce dopo coronarografia o angioplastica nei pazienti a rischio medio-basso dove si comprende quanto questa strategia, una volta individuato il paziente corretto ed escluse complicanze intraprocedurali, possa essere praticata con sicurezza. A commento di questi importanti studi Alberto Menozzi con un brillante editoriale riassume vantaggi e limiti della dimissione precoce, ma soprattutto segnala le barriere ad una sua maggior penetrazione nel territorio nazionale. Forse la più concreta è la necessità di affiancare ad una strategia di dimissione precoce dopo angioplastica coronarica una “…vera presa in carico del paziente sia prima che dopo l’ospedalizzazione, non solo per monitorare l’andamento clinico, ma anche per evitare il rischio di una “banalizzazione” della procedura e della malattia aterosclerotica stessa…”. •

caso clinico




Quando vediamo l’inatteso

È capitato più volte nella pratica professionale di ogni cardiologo di imbattersi in strani reperti di difficile interpretazione. La diffusione dell’ecocardiogramma transtoracico ha sicuramente semplificato la pratica nella maggioranza dei casi, ma in alcuni rivela “UFO” di non immediata codifica. Per questo motivo l’integrazione di più metodiche risulta sempre importante. Solo la visione su più fronti e con più metodiche permette di arrivare al corretto percorso diagnostico e terapeutico. In questo caso clinico presentato da Deborah Cosmi et al. abbiamo una prova evidente di come l’integrazione di più metodiche di imaging sia fondamentale e sempre più determinante nella cardiologia contemporanea. Gli autori ci guidano, partendo da una presentazione per scompenso cardiaco, in un percorso di diagnosi differenziali su una massa mitralica che tramite tre metodiche differenti viene identificata e correttamente gestita. •

position paper




Inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 e insufficienza cardiaca nei diabetici e nei non diabetici

Questo position paper ANMCO prende in esame le evidenze disponibili sull’utilità dei farmaci inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2i) nei pazienti, diabetici e non diabetici, con scompenso cardiaco a funzione ventricolare sinistra ridotta. Vari studi randomizzati e controllati eseguiti essenzialmente in pazienti con diabete mellito hanno dimostrato l’efficacia di questi farmaci nel ridurre le ospedalizzazioni per aggravamento dello scompenso cardiaco. L’effetto sembra essere “trasversale”, senza differenze di rilievo tra farmaci della stessa classe. È importante sottolineare il fatto che l’efficacia di questi farmaci è ugualmente presente, secondo alcuni studi, anche in pazienti non diabetici. Si tratta ora di capire se questi farmaci sortiscono lo stesso effetto anche nei pazienti con scompenso cardiaco a funzione ventricolare sinistra conservata. I farmaci SGLT2i sono ormai maturi per essere impiegati dal cardiologo, nelle indicazioni approvate, sia in presenza che in assenza di diabete mellito. •