Dieci quesiti in tema di colchicina come “nuovo”
farmaco cardiovascolare

Massimo Imazio1, Antonio Brucato2

1Cardiologia, Dipartimento Cardiotoracico, Ospedale Santa Maria della Misericordia,
Azienda Sanitaria Universitaria del Friuli Centrale (ASUFC), Udine

2Università di Milano, Dipartimento di Scienze Cliniche e Biomediche “Sacco”, Ospedale Fatebenefratelli, Milano

Colchicine is one of the more ancient drugs of vegetal origin still in use in clinical practice. It has been used for centuries as drug to treat gout, but its anti-inflammatory effects made it efficacious also in different cardiovascular indications (e.g. pericarditis, acute and chronic coronary syndromes, atrial fibrillation), that are well beyond its original indication. The treatment and prevention of pericarditis is the only registered cardiovascular indication in Italy (allowing prescription in class A by the National Healthcare System), while other indications are off-label. When used at low doses (0.5 mg/day), the drug is safe and efficacious with limited side effects, mainly gastrointestinal. Gastrointestinal absorption is fast since the drug is a small lipophilic molecule that is eliminated by cells through P-glycoprotein. Colchicine is metabolized by cytochrome P450 in the liver and mainly excreted into the biliary tract. It is also excreted, essentially unmodified, by the kidneys. It is concentrated in white blood cells, especially neutrophils, that are without P-glycoprotein. In these cells, blocking tubulin polymerization, colchicine reduces their function, also interfering with endothelial adhesion and platelet interactions. Moreover, it is responsible for a non-specific inhibition of the inflammasome, thus reducing the generation of pro-inflammatory cytokines, such as interleukin-1. The aim of this paper is to provide concise replies to the most common clinical questions on the use of colchicine for cardiovascular indications.

Key words. Atrial fibrillation; Colchicine; Coronary syndrome; Pericarditis; Prevention; Therapy.

INTRODUZIONE

La colchicina è uno dei più antichi farmaci di origine vegetale ancora in uso nella medicina contemporanea. Utilizzato per secoli come farmaco antigottoso, sta ricevendo un crescente interesse per le nuove possibili applicazioni in ambito cardiovascolare, che vanno ben al di là delle sue originali indicazioni. Scopo di questo articolo è quello di analizzare le risposte ai quesiti di più comune interesse clinico sull’uso di questo farmaco in ambito cardiovascolare.

QUESITO N. 1

Qual è l’origine della colchicina?

La colchicina è uno dei più antichi farmaci ancora utilizzati nella pratica clinica. Il farmaco ha un’origine vegetale e deriva dalla pianta del Colchicum autumnale (Figura 1). Viene menzionata per la prima volta nel papiro di Ebers risalente a circa 1500 anni prima di Cristo come rimedio antireumatico di origine vegetale. Il farmaco è stato impiegato per secoli come antireumatico ed antigottoso. Il principio attivo è stato però isolato solo nel 1820 da due chimici francesi, Pelletier e Caventon. Nel 1833 Geiger purificò il principio attivo e propose l’utilizzo del termine “colchicina” da Colchide, un antico e leggendario regno che si affacciava sul Mar Nero e dove le piante di Colchicum erano molto comuni con una tipica fioritura autunnale1,2 (Figura 1).

QUESITO N. 2

Quali sono le indicazioni cardiovascolari del farmaco?

In Italia le attuali indicazioni terapeutiche registrate della colchicina sono: (1) attacco acuto di artrite gottosa, (2) trattamento profilattico dell’artrite gottosa ricorrente e (3) trattamento della pericardite acuta e ricorrente. È in fase di valutazione quella per la febbre familiare mediterranea (FFM). Negli Stati Uniti, secondo le indicazioni della Food and Drug Administration, la colchicina è registrata per la profilassi e il trattamento degli attacchi gottosi acuti e per il trattamento e prevenzione della FFM.

L’efficacia della colchicina nel trattamento e nella prevenzione della pericardite è stata dimostrata in diversi trial clinici condotti sia nella pericardite acuta3,4 che ricorrente5-7 (Figura 2).




In questi studi l’uso della colchicina, associato al trattamento antinfiammatorio convenzionale (farmaci antinfiammatori non steroidei [FANS] o corticosteroidi), riduce di oltre il 50% (odds ratio [OR] 0.37, intervallo di confidenza [IC] 95% 0.29-0.47; p<0.001, 5 trial che hanno incluso 402 pazienti)8 l’evenienza di recidive ad un follow-up anche prolungato di 18 mesi, riducendo anche la durata iniziale dei sintomi ed aumentando la frequenza di remissioni cliniche già entro 1-2 settimane di terapia3-7. Nell’ambito della sindrome post-pericardiotomica, la colchicina è efficace in prevenzione primaria dimezzando l’evenienza della sindrome dopo interventi di cardiochirurgia (OR 0.37, IC 95% 0.29-0.47; p<0.001, 3 trial che hanno incluso 407 pazienti)8-10, quando impiegata prima dell’intervento. Tuttavia questa indicazione non è stata registrata e l’impiego in fase perioperatoria può essere gravato da una maggior frequenza di effetti collaterali gastrointestinali a causa del possibile effetto associato di terapie concomitanti (gastroprotezione con inibitori della pompa protonica, uso di antibiotici perioperatori)9-11. Spesso nella pratica clinica la colchicina è utilizzata nel trattamento empirico dei versamenti pericardici non associati a pericardite, ma non esiste evidenza di efficacia del farmaco nel trattamento di versamenti in assenza di pericardite. Indicazioni emergenti in ambito cardiovascolare sono rappresentate dall’impiego nelle sindromi coronariche acute e croniche per la prevenzione secondaria di eventi ischemici ricorrenti, basate principalmente sul risultato di 4 trial clinici maggiori12-15.

Complessivamente questi studi hanno evidenziato come l’aggiunta della colchicina a bassa dose (0.5 mg/die) alla terapia convenzionale comprensiva di statine e antiaggreganti, riduce l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori di oltre il 30% (rischio relativo [RR] 0.65, IC 95% 0.52-0.82, 4 trial che hanno incluso 11 594 pazienti), principalmente per un effetto di riduzione dell’evenienza di nuovi infarti miocardici (RR 0.73, IC 95% 0.55-0.98), ictus (RR 0.47, IC 95% 0.28-0.81) e nuove rivascolarizzazioni miocardiche (RR 0.61, IC 95% 0.42-0.89), ma senza impatto significativo sulla mortalità cardiovascolare16. L’effetto di riduzione dell’ictus ischemico è particolarmente significativo e meriterebbe studi specifici aggiuntivi mirati a questo endpoint.

Nell’ambito della cardiopatia ischemica, la colchicina si sta affermando come un nuovo pilastro terapeutico accanto alla terapia antiaggregante e le statine, malgrado al momento non sia ancora documentato un effetto di riduzione della mortalità. In questo contesto lo sviluppo di una polipillola che la possa includere con antiaggregante e statina potrebbe essere una strategia per il miglioramento della compliance farmacologica dei pazienti sottoposti a politerapie spesso piuttosto complesse.

Un ulteriore ambito di possibile efficacia del farmaco è rappresentato dalla prevenzione della fibrillazione atriale dopo ablazione transcaterere o cardiochirurgia (RR 0.65, IC 95% 0.51-0.82, 4 trial per un totale di 1118 pazienti)17.

La prevenzione di eventi cardiovascolari maggiori e della fibrillazione atriale postoperatoria o post-ablazione rappresentano attualmente possibili indicazioni off-label del farmaco.

QUESITO N. 3

Qual è il meccanismo d’azione?

La colchicina è una piccola molecola lipofila che entra liberamente nelle cellule e viene attivamente eliminata da queste attraverso la glicoproteina di permeabilità (P-gp). Tale glicoproteina di membrana ha il compito di espellere dalle cellule sostanze neutre o debolmente basiche che vengano assunte dalle cellule stesse. Tale processo richiede energia (consumo di ATP) ed è essenziale per eliminare sostanze potenzialmente tossiche per le cellule. La proteina P-gp è particolarmente espressa a livello dell’intestino, fegato, rene, sistema nervoso centrale dove regola il transito di sostanze e farmaci.

Nelle cellule la colchicina agisce legandosi alla tubulina, componente essenziale dei microtubuli, che si formano per polimerizzazione della tubulina18.

A basse concentrazioni la colchicina arresta la crescita dei microtubuli, mentre ad alte concentrazioni promuove la loro depolarizzazione. Questo effetto interferisce potenzialmente anche con la formazione del fuso mitotico (blocco della mitosi in metafase) e la replicazione cellulare (ma senza un effetto significativo se impiegato a basse dosi), mentre ai dosaggi usuali (0.5-1.0 mg/die) è più rilevante l’inibizione del traffico delle vescicole citoplasmatiche e della mobilità cellulare18. Una normale funzione dei microtubuli è inoltre essenziale per il corretto posizionamento delle selectine, un gruppo di glicoproteine transmembrana espresse da leucociti, piastrine e cellule endoteliali durante i processi infiammatori.

La colchicina altera l’espressione qualitativa e quantitativa di queste proteine interferendo con l’interazione tra endotelio, cellule infiammatorie e piastrine19,20.

Poiché i leucociti, ed in particolar modo i neutrofili, hanno un numero ridotto di molecole di P-gp, il farmaco si accumula particolarmente in queste cellule, svolgendo un’azione antinfiammatoria21. Un ulteriore meccanismo d’azione antinfiammatorio è legato all’interferenza con l’assemblaggio dei componenti dell’inflammasoma22, un complesso citoplasmatico di proteine, che viene attivato durante l’infiammazione e porta alla generazione di forme attive di interleuchine infiammatorie, prima fra tutte l’interleuchina-1, anche nota come pirogeno endogeno (Figura 3).




QUESITO N. 4

Come viene metabolizzato ed eliminato il farmaco?

La colchicina è assorbita rapidamente dopo somministrazione orale e le concentrazioni massime si hanno nel plasma in un intervallo di tempo compreso tra i 30 min e le 2 h, questo spiega l’inizio rapido della sua azione.

La colchicina è una piccola molecola lipofila che entra facilmente nelle cellule per diffusione e viene eliminata attivamente attraverso la P-gp (Figura 4). Si distribuisce nel rene, fegato, milza e tessuti intestinali, e si concentra principalmente nei leucociti, in particolare nei neutrofili, scarsamente dotati di P-gp, ove può essere ritrovata anche 10 giorni dopo la somministrazione. Questo rende conto dell’efficacia della somministrazione orale a bassa dose (es. 0.5 mg/die) in singola dose nelle terapie croniche. La colchicina attraversa la placenta e raggiunge il latte.

La colchicina assorbita si trasforma in parte in ossicolchicina, che si accumula elettivamente a livello renale, da dove viene escreta piuttosto lentamente. Pertanto in soggetti affetti da insufficienza renale, si può avere un accumulo di farmaco e del suo metabolita.

La colchicina è metabolizzata principalmente dal fegato attraverso il citocromo P450. È presente un ricircolo enteroepatico che può portare a effetti avversi gastrointestinali con i dosaggi più elevati.

L’emivita di distribuzione nel plasma è di 3-5 min. L’emivita di eliminazione spazia tra 1.7 e 20.9 h in pazienti con funzione renale normale ed aumenta in pazienti con insufficienza renale, nei quali si raccomanda una riduzione del dosaggio. La colchicina ed i suoi metaboliti sono escreti principalmente nelle feci per oltre l’80%, il 10-20% viene eliminato immodificato nelle urine (Tabella 1).

L’eliminazione renale può aumentare nei pazienti con malattia epatica.




QUESITO N. 5

Quali sono gli schemi terapeutici raccomandati ed
è prescrivibile con il Servizio Sanitario Nazionale?

L’unica indicazione cardiovascolare registrata in Italia è rappresentata dal trattamento e prevenzione della pericardite in pazienti con primo episodio di pericardite (pericardite acuta) o forme ricorrenti di malattia. Per tale indicazione il farmaco è prescrivibile in fascia A con il Servizio Sanitario Nazionale. Lo schema raccomandato di terapia basato sui risultati degli studi randomizzati3-7 prevede l’uso di basse dosi del farmaco (0.5-1.0 mg/die), evitando una dose di carico, ed usando un dosaggio modificato in base al peso corporeo per migliorarne la tollerabilità gastrointestinale (Tabella 2). In Italia sono attualmente disponibili in commercio compresse da 1.0 mg divisibili a metà: questo è importante per la prescrizione, perché la dose di 0.5 mg è ottenibile solo per divisione della compressa da 1.0 mg e non esistono attualmente compresse da 0.5 mg.

Il farmaco va sempre usato in associazione al trattamento antinfiammatorio convenzionale aggiuntivo con FANS o corticosteroidi e non è generalmente efficace in monoterapia alla basse dosi raccomandate, che ne assicurano la migliore tollerabilità e sicurezza. La durata della terapia nei trial è stata di 3 mesi nella pericardite acuta (primo episodio) e 6 mesi nelle pericarditi recidivanti. Nella pratica clinica, quando efficace e ben tollerata, la durata della terapia nei casi complessi può essere più prolungata; infatti la terapia con colchicina può durare anni in alcune malattie come ad esempio nella malattia di Behçet, o addirittura per tutta la vita dopo la diagnosi, come nella FFM. Gli effetti collaterali eventuali si verificano per lo più all’inizio della terapia; se compaiono in un secondo tempo, questo è generalmente dovuto ad un evento successivo intercorrente, peggioramento della funzione epatica o renale, o all’assunzione di un nuovo farmaco che interagisce con la colchicina (Tabella 3).




L’utilizzo della colchicina è raccomandato a questi stessi dosaggi dalle attuali linee guida europee sul trattamento delle malattie del pericardio23.

QUESITO N. 6

È un farmaco sicuro e quali sono i possibili effetti collaterali?

Il trattamento con colchicina a basse dosi (0.5-1.0 mg/die) è sicuro e gravato da effetti collaterali limitati24. Il più comune effetto collaterale è rappresentato dall’intolleranza gastrointestinale, specialmente sotto forma di diarrea. In una recente metanalisi condotta su oltre 14 000 pazienti (7136 trattati con colchicina e 7052 trattati con placebo) non è stata riscontrata un’aumentata incidenza di effetti collaterali nei pazienti trattati con colchicina a basse dosi rispetto al placebo (15.3% vs 13.9%; RR 1.26, IC 95% 0.96-1.64, p=0.09). I pazienti trattati con colchicina avevano un rischio raddoppiato di sviluppare effetti collaterali gastrointestinali (16.1% vs 12.2%; RR 2.16, IC 95% 1.50-3.12, p<0.001), principalmente la diarrea (12.5% vs 8.1%; RR 2.77, IC 95% 1.55-4.94, p<0.001). Gli effetti collaterali gastrointestinali aumentano con la dose e si manifestano in genere all’inizio della terapia. L’uso della colchicina era associato ad un piccolo aumento del rischio di sospensione del trattamento per effetti collaterali (4.8% vs 3.4%; RR 1.54, IC 95% 1.20-1.99, p<0.001). Non è stato riportato un significativo aumento di altri eventi avversi come miotossicità, aumento delle transaminasi, leucopenia, infezioni e mortalità24.

Tuttavia in scheda tecnica e nei pazienti trattati per la pericardite sono riportati anche altri effetti collaterali meno comuni: è stato riportato un aumento delle transaminasi fino al 4% dei casi, leucopenia ed alopecia <1% dei casi, occasionalmente mialgie, per cui viene consigliato il controllo delle transaminasi, emocromo, creatinchinasi e funzione renale prima dell’avvio della terapia. Il ricontrollo degli esami va considerato dopo 1 mese di terapia e se compaiono effetti collaterali, variazioni cliniche, uso di possibili terapie interferenti.

I pazienti anziani e con insufficienza renale hanno un maggior rischio di sviluppare effetti collaterali.

L’intossicazione acuta da sovradosaggio di colchicina è un’evenienza rara ed ha carattere volontario, ed ha una percentuale di mortalità riportata fino al 30%. La dose tossica suscettibile di produrre effetti letali è di circa 10 mg. Il periodo di latenza tra l’assunzione del medicamento e l’inizio della sintomatologia clinica varia da 1 h a 8 h; in media è di 3 h. Le manifestazioni cliniche dovute all’intossicazione acuta da colchicina sono caratterizzate da disturbi digestivi (dolori addominali diffusi, vomito e diarrea con conseguente deplezione idrico-salina) ed alterazioni ematologiche (inizialmente si ha leucocitosi; in seguito leucopenia e piastrinopenia). Una polipnea è di frequente osservazione come pure un’alopecia in decima giornata. La prognosi è riservata. La morte avviene, generalmente, in seconda o terza giornata per collasso cardiocircolatorio o shock settico. È indispensabile predisporre il ricovero del paziente in un reparto di rianimazione, in cui sia possibile praticare la lavanda gastrica e l’aspirazione duodenale. La terapia è sintomatica e prevede la correzione dello squilibrio idrico-salino e l’antibioticoterapia.

QUESITO N. 7

È possibile l’impiego in gravidanza, durante l’allattamento, negli anziani e nei bambini?

La colchicina attraversa la placenta e può raggiungere il feto. Studi condotti nelle gravidanze di donne con FFM non hanno evidenziato effetti nocivi significativi in termini di induzione di aborti o malformazioni fetali25,26. In questo contesto l’utilizzo del farmaco è consigliato perché il mancato controllo della malattia può determinare eventi avversi in gravidanza26. Tuttavia l’esperienza d’uso della colchicina in gravidanza è limitata al di fuori della FFM e della malattia di Behçet, e l’impiego è considerato controindicato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Non sono riportati eventi avversi in caso di riscontro accidentale di gravidanza durante l’uso del farmaco in pazienti con pericarditi25.

La colchicina è presente nel latte materno. Il veloce assorbimento del farmaco determina la comparsa nel latte rapidamente con dimezzamento delle concentrazioni nel latte dopo 6 h dalla dose orale. Non sono stati registrati significativi avventi avversi in bambini allattati da madri in trattamento per malattie come la FFM. La decisione di continuare o meno l’allattamento deve tenere in considerazione i rischi potenziali del farmaco ed i benefici attesi dall’allattamento. Nell’ambito della FFM, il trattamento con colchicina non controindica l’allattamento ed è considerato compatibile. Può essere utile posporre l’allattamento dopo almeno 2-4 h dall’assunzione della dose orale del farmaco per ridurre l’esposizione del bambino27. Al di fuori della FFM, l’allattamento è controindicato dall’AIFA nelle pazienti trattate con colchicina. Sono peraltro pochissimi i farmaci la cui scheda tecnica ne autorizza l’impiego in gravidanza e durante l’allattamento. L’impiego della colchicina in gravidanza e durante l’allattamento richiede una gestione da parte di equipe multidisciplinari esperte25-27.

La colchicina può essere usata negli anziani, ove sono più frequenti le comorbosità (soprattutto di rilievo l’insufficienza renale) e le politerapie, pertanto va usata con maggior cautela monitorando possibili interazioni farmacologiche ed eventi avversi. Nei pazienti di età >70 anni viene in genere consigliata la dose massima di 0.5 mg/die nelle terapie croniche.

La colchicina può essere utilizzata con sicurezza ed efficacia in età pediatrica generalmente alle stesse dosi dell’adulto. In realtà i bambini sono forti metabolizzatori del farmaco ed è possibile l’impiego di dosi fino a 1.5 mg/die senza un significativo aumento degli effetti collaterali28.

QUESITO N. 8

È possibile utilizzare la colchicina nei pazienti affetti
da COVID-19?

Nei pazienti affetti da infezione da SARS-CoV-2 la colchicina è un trattamento possibile proposto sia nelle fasi iniziali della malattia (quando potrebbe agire da antivirale ostacolando l’ingresso del virus dalle cellule mediato dal citoscheletro cellulare), ma anche nelle fasi avanzate, quando sono attivati i meccanismi infiammatori, grazie alle sue azioni antinfiammatorie. È stata descritta una riduzione della mortalità nei pazienti trattati con colchicina ed infezione da SARS-CoV-2 di oltre il 60% (OR 0.35, IC 95% 0.24-0.52) in una recente metanalisi29 con esperienze preliminari positive italiane30. Il trattamento di COVID-19 con colchicina è oggetto di diversi trial clinici ancora in corso. Recentemente sono stati anticipati i risultati dello studio COLCORONA (comunicato stampa del 22/01/2021) promosso e coordinato dal Montreal Heart Institute. Lo studio ha valutato l’utilizzo del farmaco in forme iniziali della malattia COVID-19 prima dell’ospedalizzazione documentando una riduzione, che rasenta la significatività statistica, del 21% della mortalità od ospedalizzazioni nei 4488 pazienti randomizzati. Invece nei 4159 pazienti con tampone rinofaringeo positivo la riduzione significativa delle ospedalizzazioni è stata del 25%, della necessità di ventilazione meccanica del 50% e della mortalità del 44%, confermando che la colchicina è il primo farmaco orale anti-COVID-19 la cui efficacia sia stata dimostrata nei pazienti con infezione prima dell’ospedalizzazione.

Pertanto il trattamento con colchicina può essere proseguito e prescritto durante malattia COVID-1931.

QUESITO N. 9

Quali sono le controindicazioni alla colchicina?

Secondo la scheda tecnica AIFA, sono controindicazioni al trattamento con colchicina l’ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti, la grave insufficienza cardiaca, renale e gastrointestinale. Nella pratica clinica la controindicazione alla colchicina è relativa se è presente un’insufficienza renale grave (filtrato glomerulare <30 ml/min), in quanto è preferibile utilizzare un’alternativa terapeutica se disponibile per questi pazienti. È controindicata in presenza di disfunzione epatica (punteggio di Child-Pugh C). Non è realmente controindicata nell’insufficienza cardiaca dove sono in fase di esecuzione alcuni studi clinici per valutarne un possibile impiego. La colchicina è soprattutto controindicata in pazienti con danno renale o epatico che stanno assumendo inibitori della P-gp o dell’enzima CYP3A4, particolarmente se forti inibitori (Tabella 3), in quanto ne inibiscono eliminazione e metabolizzazione. Secondo la scheda tecnica, la colchicina non deve essere somministrata in gravidanza ed allattamento al di fuori di indicazioni specifiche come la FFM.

QUESITO N. 10

Quali sono le interazioni farmacologiche più importanti nella pratica clinica?

Non sono note incompatibilità all’assunzione del farmaco con i comuni preparati impiegati nella terapia della gotta, né interazioni con i test di laboratorio.

La colchicina può interferire con l’assorbimento della vitamina B12. Il succo di pompelmo ne riduce la metabolizzazione epatica inibendo il citocromo P450.

La somministrazione contemporanea di colchicina e inibitori del citocromo CYP3A4 o della P-gp, soprattutto se forti inibitori, aumenta la potenziale tossicità della colchicina. Tale interazione è soprattutto rilevante in presenza di disfunzione epatica ed insufficienza renale (soprattutto se grave con un filtrato glomerulare stimato <30 ml/min o disfunzione epatica grave con punteggio di Child-Pugh C). Pertanto la colchicina dovrebbe essere evitata con i forti inibitori della P-gp e del citocromo P450. La dose va dimezzata (massimo 0.5 mg/die) con inibitori moderati della P-gp e citocromo P450. Con gli inibitori deboli della P-gp o del citocromo P450 la colchicina può essere usata fino a 1.0 mg/die indipendentemente dalla funzione renale32 (Tabella 3).

Colchicina e statine possono essere entrambe miotossiche, e sono stati riportati casi di rabdomiolisi in terapie di associazione; pertanto i pazienti sottoposti a co-trattamento con statine devono essere monitorati per la comparsa di sintomi sospetti (dolore o debolezza muscolare), vanno monitorati i valori di creatinchinasi e va considerato preferibilmente l’uso sempre di basse dosi di colchicina (0.5 mg/die).

Teoricamente sono più sicure le statine come fluvastatina e rosuvastatina che non interferiscono con la metabolizzazione epatica della colchicina come invece la simvastatina e l’atorvastatina. Tale interazione è rilevante solo se presente ridotta funzione renale ed in questo caso è consigliabile usare una dose massima di 0.5 mg/die di colchicina.33 Non sono riportate interferenze tra colchicina e farmaci anticoagulanti orali32.

Quando il trattamento farmacologico con colchicina avviene a bassa dose (0.5 mg/die), è generalmente sicuro e raramente associato ad eventi avversi di rilievo. In presenza di insufficienza renale grave (filtrato glomerulare stimato <30 ml/min) va considerata un riduzione della dose della colchicina: 0.25 mg tutti i giorni o 0.5 mg a giorni alterni. Nei pazienti in dialisi (il farmaco è dializzato <10%) si usano basse dosi nelle terapie di mantenimento (es. 0.25 mg 2 volte alla settimana)33.

RIASSUNTO

La colchicina è uno dei più antichi farmaci di derivazione vegetale ancora in uso nella pratica clinica. È stata utilizzata nei secoli soprattutto come farmaco antigottoso, tuttavia i suoi effetti antinfiammatori l’hanno resa efficace in diverse applicazioni cardiovascolari (pericardite, sindromi coronariche acute e croniche, fibrillazione atriale), che vanno ben oltre la sua indicazione originale. Il trattamento e la prevenzione della pericardite è l’unica indicazione cardiovascolare al momento registrata in Italia (il farmaco è pertanto prescrivibile in fascia A con il Servizio Sanitario Nazionale); le altre indicazioni sono al momento off-label. Quando usato a basse dosi (0.5 mg/die), il farmaco è sicuro, efficace, con limitati effetti collaterali, principalmente gastrointestinali. Una volta assorbito per via gastrointestinale la colchicina entra rapidamente nelle cellule, perché è una piccola molecola lipofila, e viene eliminata tramite la glicoproteina P. La colchicina è inoltre metabolizzata dal citocromo P450 a livello epatico ed escreta prevalentemente per via biliare. Viene inoltre eliminata sostanzialmente immodificata anche per via renale. Si concentra nei leucociti, in particolare nei granulociti, che non sono dotati di glicoproteina P. In queste cellule, bloccando la polimerizzazione della tubulina, ne riduce la funzionalità, potendo inoltre interferire con l’adesione all’endotelio e l’interazione con le piastrine, ed inibendo in modo non specifico l’inflammasoma, riducendo la produzione di citochine pro-infiammatorie come l’interleuchina-1. Scopo di questo articolo è di dare una risposta sintetica ai diversi quesiti clinici circa l’uso di questo farmaco nelle sue applicazioni cardiovascolari.

Parole chiave. Colchicina; Fibrillazione atriale; Pericardite; Prevenzione; Sindromi coronariche; Terapia.

RINGRAZIAMENTI

Gli Autori ringraziano il Gruppo Italiano per la lotta contro la Pericardite (GILP; associazione italiana ONLUS di pazienti affetti da pericardite; https://www.gilponlus.org/#/) per avere reso possibile l’open access di questo articolo.

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