In questo numero

cinquantenario del gic




Emodinamica e interventistica coronarica e strutturale: un lungo viaggio in cerca di nuove mete

Il sesto degli editoriali del cinquantenario del Giornale Italiano di Cardiologia è dedicato all’emodinamica e all’interventistica coronarica e strutturale a cura di Antonio Colombo che ha vissuto da protagonista i progressi avvenuti nelle ultime decadi in questo importante settore della Cardiologia. L’editoriale ripercorre nella prima parte la storia dell’emodinamica e dell’interventistica coronarica della quale nel 2017 sono stati commemorati i 40 anni trascorsi dalla prima angioplastica coronarica eseguita da Andreas Gruentzig. L’evoluzione tecnologica degli stent, le acquisizioni terapeutiche in tema di trombosi di stent e i progressi nelle tecniche di visualizzazione intracoronarica hanno consentito un continuo miglioramento dei risultati delle procedure di rivascolarizzazione. Ulteriori progressi potranno probabilmente riguardare lo sviluppo di stent bioriassorbibili di nuova generazione. Nella seconda parte l’editoriale ripercorre la storia dell’interventistica strutturale iniziata circa 20 anni fa con il primo impianto transcatetere di valvola aortica da parte di Alain Cribier. I progressi in questo settore sono proseguiti con la riparazione transcatetere della valvola mitrale mediante la MitraClip e più recentemente della valvola triscuspide. Il progresso tecnologico nel trattamento interventistico delle valvulopatie è stato accompagnato da un progresso culturale rappresentato dall’implementazione dell’Heart Team che ha contribuito al superamento del tradizionale antagonismo tra cardiologo interventista e cardiochirurgo mettendo al centro il paziente. A differenza dell’interventistica coronarica che ha ormai raggiunto piena maturità, per l’interventistica strutturale ulteriori progressi sono sicuramente da attendersi nel prossimo futuro. In abbinamento all’editoriale di Antonio Colombo un flashback di 50 anni costituito da un report di Lucio Di Guglielmo et al. relativo ai primi 20 anni di esperienza pionieristica di coronarografia presso il Centro di Pavia pubblicato nel Giornale Italiano di Cardiologia del 1971. •

covid-19 e cardiologia




VITT e HIT: due patologie con molte somiglianze

Nel pieno della campagna vaccinale anti-COVID-19 hanno destato grande clamore e allarme i report di eventi trombotici verificatisi in soggetti vaccinati con i preparati di AstraZeneca e Johnson&Johnson/Janssen costituiti da vettore adenovirale ricombinante. In questo editoriale Vincenzo Toschi, autorevole esperto di trombosi e immunoematologia, ci illustra in modo chiaro ed esauriente le caratteristiche cliniche e laboratoristiche della trombosi da vaccino anti-COVID-19 associata a trombocitopenia. Intriganti sono le analogie tra questa nuova entità nosologica denominata trombocitopenia trombotica immunitaria indotta da vaccino (VITT) e quella ben nota ai cardiologi da quasi 50 anni della trombocitopenia da eparina (HIT). VITT e HIT condividono la produzione di anticorpi diretti contro la proteina piastrinica PF4 determinando un’intensa attivazione piastrinica responsabile degli eventi trombotici a livello dei seni venosi endocranici, polmonare o del distretto splancnico. I fattori predisponenti a questa grave complicanza, a parte l’età <50 anni e il sesso femminile, sono solo in parte conosciuti e così pure l’approccio terapeutico. Il rischio di questa rara complicanza non deve scoraggiare nei cittadini l’adesione alla vaccinazione anti-COVID-19 in considerazione del suo favorevolissimo rapporto rischio/beneficio. Gli studi in corso ci aiuteranno a caratterizzare meglio i soggetti a rischio e le possibili strategie terapeutiche. •

editoriale




Dal personale all’universale

In questo editoriale Bruno Passaretti sottolinea il valore “planetario” della prevenzione cardiovascolare e riesce in pochi paragrafi a condensare argomenti di estrema attualità. Il cambiamento climatico determina peggioramento della qualità del cibo, ma sono proprio i capisaldi della prevenzione cardiovascolare intesi come attività fisica e corretta alimentazione che possono interrompere il circolo vizioso. Dalla prevenzione individuale al benessere ambientale, dall’amore per se stessi all’amore per il prossimo e per i nostri cari. Dalla mission della prevenzione cardiovascolare al benessere ambientale: il cardiologo dovrà sempre più essere una figura di riferimento anche per gli organismi di governance e dobbiamo attrezzarci per esserlo. Meditate gente… meditate. •

questioni aperte




L’uso degli anticoagulanti orali diretti in Italia: l’opinione dell’oracolo di Delphi

A distanza di vari anni dall’immissione in commercio degli anticoagulanti orali diretti (DOAC) per la prevenzione del rischio tromboembolico della fibrillazione atriale e per la prevenzione e il trattamento del tromboembolismo venoso, rimangono alcune aree grigie di impiego di questi farmaci non completamente soddisfatte dai dati disponibili in letteratura. È stata condotta un’indagine nazionale con metodologia Delphi riguardo a questi scenari poco chiari, ma che si presentano di frequente nella pratica clinica, quali il paziente anziano e/o fragile, il paziente con insufficienza renale cronica, la possibilità di interazioni farmacologiche, l’impiego dei dosaggi ridotti, la scelta dei singoli farmaci e la compliance dei pazienti, ed infine il paziente oncologico. I quesiti sono stati posti a cardiologi, internisti, geriatri, neurologi ed ematologi, che potevano rispondere con dei valori in scala da 1 a 5, rispettivamente corrispondenti a completo disaccordo e completo accordo. In questo lavoro, Andrea Rubboli et al. illustrano i risultati di questa indagine, dalla quale è emersa una condivisione delle indicazioni e delle modalità d’uso dei DOAC e del loro utilizzo particolarmente vantaggioso nei pazienti anziani e/o fragili o con insufficienza renale. Non è invece emerso un consenso su tematiche quali la stima e il valore del rischio emorragico nella prescrizione dei DOAC, la possibilità di interazioni farmacologiche con il cibo e la disponibilità dell’antidoto. Ulteriori evidenze in futuro potranno aiutare a colmare queste lacune. •

rassegne




Malattie neuromuscolari e aritmie: un’associazione da ricercare

Alcune malattie neuromuscolari sono spesso associate a interessamento cardiaco, in particolare a forme di cardiomiopatia a fenotipo dilatativo e/o a aritmie con aumentato rischio di morte improvvisa. Quali red flags possono aiutare a identificare precocemente i pazienti con malattie neuromuscolari e cardiopatia, o viceversa, tra i pazienti con cardiopatia, eventuali disordini muscolari coesistenti? Massimo Zecchin et al. offrono un’interessante e utile rassegna in merito, con particolare attenzione alle alterazioni elettrocardiografiche e anamnestiche che possono guidare il clinico nell’iter diagnostico e terapeutico. Particolare attenzione viene riservata alla caratterizzazione genetica, che in alcuni casi può migliorare la stratificazione prognostica, soprattutto legata al rischio aritmico, e quindi la scelta del trattamento più appropriato. •




Goccia dopo goccia vinceremo contro
le lesioni calcifiche

Qualunque cardiologo interventista sa bene che le lesioni severamente calcifiche rappresentano uno degli scogli più difficili da superare. Questo elemento è poi drammaticamente aumentato dal fatto che i pazienti diventano sempre più anziani, comorbidi, complessi e quindi con una maggiore prevalenza di lesioni severamente calcifiche. In questo numero del Giornale, Giuseppe Andò et al. riassumono in una rassegna pratica e scorrevole tutte le implicazioni per il trattamento delle lesioni calcifiche severe. In particolare, gli autori descrivono quali sono i principali dispositivi disponibili per il trattamento delle lesioni calciche severe e i dati clinici a supporto. La parte prettamente tecnica è preceduta da una disamina dei meccanismi fisiopatologici alla base delle lesioni calcifiche severe e le conseguenze prognostiche. Questo permette di aver una visione completa a 360° interessante per cardiologi interventisti e non. •

caso clinico




Il ritorno della cine-fluoroscopia

Le disfunzioni delle protesi valvolari cardiache vengono studiate generalmente con l’ecocardiografia transesofagea, che rappresenta il “gold standard” diagnostico. Le linee guida suggeriscono anche l’impiego della cine-fluoroscopia e della tomografia computerizzata nei casi complessi e/o dubbi. Alessandro Troccolo et al. presentano un caso clinico molto interessante di una paziente di 72 anni portatrice da tempo di una protesi meccanica aortica bidisco, risolto proprio grazie alla cine-fluoroscopia, che si distingue per essere una metodica largamente disponibile, di basso costo ed utilizzabile anche in pazienti compromessi. Pur essendo una tecnica di analisi bidimensionale permette di studiare con esattezza la cinetica dei lembi protesici determinandone in tal modo un normale funzionamento o una disfunzione rapportata ai parametri di riferimento specifici. •

registri




Dati 2019 dal Registro Italiano Pacemaker e Defibrillatori

In questo numero del Giornale come di consuetudine vengono pubblicati i dati del Bollettino Periodico del Registro Italiano Pacemaker e Defibrillatori relativo all’anno 2019 a cura di Alessandro Proclemer et al. per conto dell’Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione (AIAC). Dal Registro Pacemaker, che ha coinvolto 173 centri (pari al 40% dei laboratori di elettrostimolazione) per complessivi 19 621 primi impianti, emerge una stabilità rispetto agli anni precedenti per quanto riguarda le indicazioni all’impianto ed una prevalenza della modalità di stimolazione DDD insieme ad un basso tasso di impianto di pacemaker biventricolari. Il Registro Defibrillatori ha coinvolto 425 centri (la totalità dei centri nazionali) per complessivi 12 129 primi impianti, dei quali la maggioranza (83%) eseguiti in prevenzione primaria, con un utilizzo ampio di defibrillatori biventricolari e un basso numero di impianti di defibrillatori sottocutanei (meno del 2% dei pazienti). Il registro annuale dell’AIAC, pur con i limiti di includere solo una parte dei laboratori di elettrostimolazione italiani relativamente agli impianti di pacemaker, riveste un ruolo importante per monitorare l’attività aritmologica nazionale e verificare l’aderenza alle linee guida nella pratica clinica. La raccolta periodica dei dati nazionali nel registro consente inoltre un confronto con altri importanti registri europei, come quello danese e svedese, attraverso il quale emergono analogie e differenze che possono essere oggetto di riflessioni cliniche e organizzative. •