Vaccinazione anti-COVID-19:
implicazioni per la Cardiologia

Giuseppe Di Pasquale

Direzione Sanitaria, Azienda USL di Bologna

In aprile 2020 nel Giornale Italiano di Cardiologia veniva pubblicato il primo di una serie di articoli in tema COVID-19 e cardiologia (35 contributi ad oggi) nel quale venivano discusse le prime implicazioni cardiologiche riconosciute del nuovo coronavirus SARS-CoV-21. A distanza di un anno il coinvolgimento della Cardiologia assume particolare importanza anche per la campagna vaccinale.

IL VACCINO ANTI-COVID-19

A partire dalla pubblicazione della sequenza genetica del nuovo coronavirus SARS-CoV-2, avvenuta l’11 gennaio 2020, si è attivata nel mondo con una velocità senza precedenti una frenetica ricerca collaborativa tra scienziati e industrie biofarmaceutiche che in meno di un anno ha reso disponibile un vaccino2. Alla data di fine marzo 2021 risultano candidati 73 vaccini già in sperimentazione in trial clinici con 21 di essi giunti alle fasi finali di studio. Inoltre circa 90 vaccini sono in fase di studio preclinica in vitro e nell’animale. I risultati favorevoli degli studi di fase 3 di tre di questi vaccini (Pfizer-BioNTech, Moderna, AstraZeneca/Oxford) sono stati pubblicati nel mese di dicembre 20203-5. Di un quarto vaccino (Johnson & Johnson/Jansen) a fine gennaio sono stati comunicati i risultati favorevoli di un’analisi ad interim del trial di fase 36. Questi quattro vaccini hanno ricevuto l’autorizzazione della European Medicines Agency (EMA) e dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). A inizio febbraio 2021 sono stati inoltre pubblicati i risultati favorevoli del trial di fase 3 del vaccino russo Gam-COVID-Vac (Sputnik V)7 e comunicati i risultati favorevoli del vaccino di Novavax8, quest’ultimo in corso di rolling review da parte di EMA insieme al vaccino dell’Azienda tedesca Curevac. Sono stati inoltre avviati contatti preliminari presso l’EMA per il vaccino russo Sputnik V e quello cinese Sinovac.

Dopo mesi di aspettative deluse e poche certezze nella ricerca affannosa e spesso purtroppo non coordinata di terapie efficaci per il COVID-19, il vaccino rappresenta la luce nel fondo del tunnel nel quale siamo entrati all’inizio dello scorso anno9. Per tornare alla normalità tuttavia ci vorrà tempo, essendo stato stimato che per ottenere un’immunizzazione di gregge sarà necessaria una copertura vaccinale dell’80%10.

In Italia la campagna vaccinale è partita agli inizi di gennaio 2021 con la priorità per gli operatori sanitari e a seguire i soggetti molto anziani e quelli estremamente vulnerabili o con disabilità grave a prescindere dall’età. Le criticità ben note di questi primi mesi, che hanno polarizzato l’attenzione delle istituzioni, dei media e dei cittadini, hanno riguardato la limitata fornitura dei vaccini, le difficoltà organizzative alla base di una complessa vaccinazione di massa e gli infondati allarmi per le possibili reazioni avverse, in particolare per uno dei vaccini utilizzati.

L’OBIETTIVO DELL’ADESIONE VACCINALE

Al momento attuale che queste criticità sembrano in via di superamento, l’obiettivo da perseguire è quello di un’adesione convinta della popolazione alla vaccinazione anti-COVID-19 che non è affatto scontata, anche in considerazione delle possibili ricadute negative delle note vicissitudini del vaccino AstraZeneca. Teniamo inoltre presente che anche nel mondo degli operatori sanitari in Italia l’adesione per alcune categorie professionali è stata inferiore alle attese. In una survey condotta dal Washington Post e la Kaiser Family Foundation tra l’11 febbraio e il 7 marzo 2021 sugli operatori sanitari è risultato che oltre un terzo di essi nutre perplessità su efficacia e sicurezza dei vaccini e che il 18% non si dichiara intenzionato a vaccinarsi. Negli Stati Uniti il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) ha considerato criticità prioritaria sulla quale intervenire quella dell’esitazione del personale sanitario11. Per essere convincenti nei confronti dei cittadini è infatti indispensabile la convinzione del personale medico.

Da una survey online condotta negli Stati Uniti nell’ultima decade del mese di novembre 2020 su 12 648 soggetti adulti rappresentativi della popolazione americana è risultato che la percentuale di cittadini che dichiarano l’intenzione di vaccinarsi oscilla dal 72% nel mese di maggio 2020 al 51% in settembre e 60% in novembre12. Nell’ambito di quelli che hanno dichiarato che probabilmente non accetteranno di vaccinarsi, solo il 46% ha espresso una possibile apertura per la vaccinazione dopo che altri si saranno vaccinati e quando maggiori informazioni di sicurezza saranno disponibili. Dalla survey emerge che i principali determinanti l’adesione vaccinale sono rappresentati dal timore personale di ammalarsi di una forma grave di COVID-19, dalla fiducia nel processo di sviluppo dei vaccini e dalla consuetudine a sottoporsi ad altre vaccinazioni come ad esempio quella antinfluenzale.

In un’altra survey condotta nel giugno 2020 che ha incluso un campione random di 13 426 cittadini di 19 paesi nel mondo è risultata una dichiarazione di intenti positiva per la vaccinazione ampiamente variabile dall’88% in Cina al 54% in Russia, con un valore del 70% in Italia13. Guardando il bicchiere mezzo vuoto risulterebbe, con i limiti ed i bias inerenti a qualsiasi survey, che quasi un terzo della popolazione italiana ha perplessità nei confronti della vaccinazione anti-COVID-19.

Una survey italiana condotta in tre periodi tra marzo e giugno 2020 che ha coinvolto 2267 partecipanti ha dimostrato che il 60% ha un grado di esitazione variabile nei confronti della vaccinazione anti-COVID-19. I fattori principali che predicono l’intenzione a vaccinarsi sono risultati la percezione del rischio, la dubbiosità sul vaccino e la vaccinazione contro l’influenza. L’essersi vaccinati contro l’influenza 2019 aumenta di 3 volte la probabilità di accettare senza esitazioni il vaccino anti-COVID-1914.

IL RUOLO DELLA CARDIOLOGIA

È necessaria in questo momento un’assunzione di responsabilità, leadership culturale e ruolo di influencer da parte dei medici per convincere i propri pazienti ed i cittadini sulla straordinaria importanza della vaccinazione. I medici restano ancora la fonte di informazione più creduta riguardo la salute. È compito di ogni medico contrastare le false informazioni relative al COVID-19 ed ai vaccini in particolare. I medici devono essere di supporto alle istituzioni dello stato ed a quelle sanitarie nell’opera di promozione della vaccinazione anti-COVID-19.

Due articoli recenti pubblicati nel New England Journal of Medicine delineano le possibili strategie di comunicazione attuabili per incentivare l’adesione vaccinale, sapendo che i timori per la sicurezza costituiscono le motivazioni principali alla base dell’esitazione15,16. Tra le possibili azioni incentivanti, la creazione di messaggi specifici per i diversi target di popolazione, l’identificazione di persone che sono convinte di avere condizioni particolari di rischio per le reazioni avverse del vaccino, il ricorso a testimonial ed anche la diffusione di sticker e pin o veri passaporti vaccinali che diano evidenza dell’avvenuta vaccinazione. È evidente che in ogni diversa realtà e fascia di popolazione potrebbero essere studiate le azioni più opportune. Nell’ambito della comunità professionale sanitaria il cardiologo dovrebbe sentirsi particolarmente coinvolto nella promozione della vaccinazione per una serie di motivi che proveremo ad elencare.

Impatto del COVID-19 nei pazienti cardiopatici

Nell’ambito della straordinaria mole di pubblicazioni in tema COVID-19 (circa 70 000 recensite ad oggi in PubMed), numerose di esse hanno riguardato aspetti cardiologici17. I cardiopatici sono i pazienti che hanno pagato il prezzo più alto nel corso della pandemia COVID-19. Fin dall’inizio della pandemia si è reso evidente che la malattia non colpiva solo il polmone ma che poteva avere effetti anche su altri organi, in particolare sul sistema cardiovascolare18. La mortalità da COVID-19 è risultata infatti significativamente più elevata nei pazienti con preesistente patologia cardiovascolare o con fattori di rischio cardiovascolare indipendentemente dall’età19,20. È stata inoltre dimostrata un’associazione tra preesistenti fenotipi cardiovascolari e rischio di positività per COVID-19. Raisi-Estabragh et al.21 hanno disegnato uno studio che ha incluso 315 partecipanti della UK Biobank sottoposti a risonanza magnetica cardiaca 1-6 anni prima del test per COVID-19, che è risultato positivo in 70 di essi. I soggetti con positività per COVID-19 avevano volumi telediastolici ventricolari più piccoli, gittata sistolica più bassa e strain longitudinale globale più elevato, caratteristiche assimilabili al fenotipo dello scompenso cardiaco con frazione di eiezione preservata21.

Nei mesi del lockdown, durante la prima ondata della pandemia COVID-19, in tutto il mondo è stata documentata una riduzione del 30-50% degli accessi in ospedale per sindrome coronarica acuta, verosimilmente in relazione al timore dei pazienti di recarsi in ospedale e ad una difficoltà di accesso ai servizi sanitari22,23. In diverse casistiche è stato osservato inoltre un aumento della mortalità intraospedaliera per infarto verosimilmente legata ad un ingresso tardivo dei pazienti o ad una minore disponibilità dei trattamenti riperfusivi24. Contemporaneamente un effetto indiretto del COVID-19 è stato nel 2020 l’eccesso di mortalità extraospedaliera per cause cardiovascolari in confronto agli stessi mesi degli anni precedenti25. Uno studio condotto attraverso l’analisi dei dati amministrativi in Emilia-Romagna ha evidenziato un aumento significativo della mortalità cardiaca extraospedaliera nei primi 6 mesi del 2020 in confronto a quella attesa sulla base delle rilevazioni dei 3 anni precedenti. L’incremento è stato del 17% con il picco osservato in marzo (+42%) e in aprile (+62%)26. Un analogo fenomeno è stato osservato negli Stati Uniti dove nei mesi di marzo e aprile 2020 è stato descritto un eccesso del 35% della mortalità extraospedaliera non-COVID rispetto ai 6 anni precedenti27. In uno studio condotto in Inghilterra è stata dimostrata una significativa correlazione tra l’incremento della mortalità cardiaca extraospedaliera e la riduzione degli accessi dei pazienti in Pronto Soccorso durante la pandemia COVID-1928. Da diversi autori è stato inoltre descritto un aumento dei casi di arresto cardiaco extraospedaliero durante i mesi di pandemia COVID-1929,30.

È pertanto evidente la particolare importanza della vaccinazione anti-COVID-19 per i pazienti cardiopatici. A tale riguardo l’American College of Cardiology (ACC) ha emesso uno statement di politica sanitaria che fornisce una guida alle priorità vaccinali dei pazienti affetti dalle diverse patologie cardiache31. Il documento nazionale del Ministero della Salute dell’8 febbraio 2021 ed il suo aggiornamento del 10 marzo fornisce invece raccomandazioni più generiche considerando estremamente vulnerabili nell’ambito dei cardiopatici, e quindi prioritari per la vaccinazione, soltanto i pazienti con scompenso cardiaco in classe NYHA III-IV ed i pazienti post-shock cardiogeno32.

La cultura del cardiologo in tema di prevenzione

Da parte del cardiologo esiste una consolidata attitudine nei confronti della prevenzione. Molti dei bersagli target della prevenzione cardiovascolare costituiscono inoltre obiettivi importanti per la prevenzione di altre patologie come ad esempio le malattie cerebrovascolari, le malattie polmonari ed i tumori. Lo stesso impegno che il cardiologo attua ogni giorno per convincere i propri pazienti a correggere i fattori di rischio cardiovascolare dovrebbe essere profuso per la promozione della vaccinazione anti-COVID-19. Durante la pandemia COVID-19 il cardiologo è stato inoltre impegnato a fornire ai pazienti con patologia/rischio cardiovascolare specifiche raccomandazioni per proteggere il cuore durante il lockdown33. Gli strumenti di counseling da utilizzare nel singolo paziente sono patrimonio della cultura cardiologica e l’emergenza COVID-19 ha rafforzato la cultura del cardiologo in termini di comunicazione del rischio34.

Il cardiologo e le vaccinazioni

Negli anni recenti il cardiologo ha acquisito la consapevolezza dell’importanza di altre vaccinazioni quali quella antinfluenzale ed antipneumococcica, non solo ai fini della prevenzione della patologia respiratoria ma anche delle complicanze cardiovascolari connesse a queste patologie35. Le evidenze a favore della vaccinazione antinfluenzale sono state recepite dalle principali società scientifiche cardiologiche nella stesura delle linee guida, sia per quanto riguarda la cardiopatia ischemica stabile che lo scompenso cardiaco. La vaccinazione antinfluenzale è da tempo raccomandata in prevenzione cardiovascolare secondaria dalle società cardiologiche nord-americane American Heart Association (AHA)/ACC36 e costituisce una raccomandazione di classe I nelle linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) sulle sindromi coronariche croniche37 facendo ormai parte del counseling del paziente cardiopatico. Analogamente sia le linee guida ESC che quelle ACC/AHA annoverano sia la vaccinazione antinfluenzale che quella antipneumococcica tra le pratiche raccomandate nei pazienti con scompenso cardiaco cronico38,39. In virtù di questa sensibilità verso l’importanza delle vaccinazioni contro gli agenti infettivi respiratori, non è difficile per il cardiologo utilizzare gli strumenti di counseling per promuovere l’adesione dei propri pazienti alla vaccinazione anti-COVID40.

Da parte del cardiologo esiste inoltre un’ampia disponibilità di strumenti di comunicazione ai cittadini attraverso i siti e le iniziative delle Fondazioni collegate alle Società Scientifiche nazionali di Cardiologia. Esiste inoltre a livello locale una diffusa collaborazione dei cardiologi all’interno delle associazioni dei pazienti a favore delle quali possono assicurare un supporto scientifico per la veicolazione dei messaggi di salute. Questi strumenti di comunicazione possono essere utilmente sfruttati per la promozione della vaccinazione anti-COVID-19 ai cittadini da parte dei quali esiste un livello elevato di fiducia dei cittadini nei confronti della Cardiologia che è la specialità che maggiormente ha contribuito ad elevare l’aspettativa di vita negli ultimi decenni41,42.

CONCLUSIONI

Le implicazioni cardiologiche dirette e indirette del COVID-19 si sono rese evidenti fin dall’esplosione della pandemia ed il coinvolgimento della Cardiologia è stato molto significativo sia sul piano clinico che su quello organizzativo. Ai cardiologi, che hanno dimostrato grande versatilità e non si sono sottratti all’assistenza ai pazienti COVID-19, è richiesto in questo momento un impegno ulteriore per la promozione dell’adesione vaccinale dei pazienti con patologie cardiovascolari e della popolazione in generale. La riconosciuta autorevolezza della Cardiologia renderà convincenti i nostri messaggi di salute, probabilmente con più forza rispetto a quelli dei testimonial mediatici della campagna vaccinale.

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