SEX AND GENDER

Scusatemi se da cardiologo di provincia, per di più superanziano, mi riesce difficile di capire perché il binomio “sex and gender”, sesso e genere, non lo si possa attribuire agli animali, ma solo alla specie umana. Lo afferma un gruppo di cardiologi svizzeri della Fondazione Cardiocentro Ticino di Lugano in una pubblicazione sul Giornale Italiano di Cardiologia1. Iniziando a leggerlo mi confortava il fatto che a coordinare quel “Questionario Aperto” fosse un famoso ricercatore italiano, incomparabile nell’interpretare i risultati delle ricerche mediche e poi a riferirceli in numeri e statistiche. Questa volta però, credo si sia lasciato travolgere da un entusiasmo dei coautori ticinesi.

Di primo acchito ho pensato che nell’accezione sesso e genere gli autori si riferissero alle differenze cromosomiche-genetiche e ormonali del sesso biologico che influenzano la fisiologia e la malattia. Ma invece, continuando nella lettura, ho inteso che il loro proposito era differente e si riferiva al ruolo della donna quale oggetto e soggetto in medicina. Un problema che molti hanno affrontato da quando l’emancipazione femminile ha portato alla ribalta, non solo la sottovalutazione della donna malata rispetto all’uomo, ma anche il preconcetto che lei non fosse abile a certe attività prettamente maschili, come quella appunto di essere medico. A stigmatizzare quest’ultimo errore basta, da un lato, il fatto che la prima medichessa fu una britannica del ’600, la quale dovette cambiare nome e travestirsi da maschio per poter accedere all’università e poi operare, e dall’altro che oggi lei medico ha superato in numero lui.

Mi è parso piuttosto “politichevole” quel rifarsi al ’68 del secolo scorso come partenza di questo “new deal” della donna, mentre in realtà la distinzione del sesso dal genere, ossia dei cromosomi dal ruolo della donna come paziente e attore in molte attività umane, sono stati sia il progresso sociale, frutto di tanti sommovimenti e nuove filosofie, e se vogliamo anche dalla Riforma-Controriforma religiose; sia il grande sviluppo scientifico in ogni campo, compreso quello medico; e sia che la donna può essere una madame Curie, una Montessori e una Golda Meir. Rimembrare certe sottovalutazioni, come l’infarto cardiaco sottodiagnosticato e sottotrattato nella donna, riferire che nel New England Journal of Medicine del 1991 si scriveva della donna come emblema dalla sindrome di Yentl, paragonandola a quell’ebrea, come la prima medichessa, che per accedere al Talmud, vietato alle donne, si dovette travestire da uomo, sono tutte valutazioni più che sacrosante. Ma dire che le ambulanze con all’interno lei anziché lui viaggiano con sirene meno spiegate mi sembra un isterismo dialettico.

Susanna Grego et al. nell’articolo rivendicano che i fattori di rischio cardiovascolare hanno pesi diversi nei due sessi, che ci sono patologie più frequenti in lei, come la sindrome tako-tsubo, che lei viene spesso omessa in certi trial clinici, che nel 2016 Lancet denunciò il ritiro di 10 farmaci perché dannosi nelle donne, che nel Canton Ticino la patologia cardiovascolare è la prima causa di morte nella donna e non nell’uomo, che l’infarto è salito al 30% e che lei vi arriva tardi per la cura, e così via. Ma dove sta l’imperativo di separare il sesso dal genere rispetto agli animali? Mi sembra piuttosto una polemica di cui, non solo Darwin, ma anche la storia recente ha già fatto punto.

Merita ricordare i periodi conclusivi dell’articolo: “Sesso e genere vengono confusi e si confondono realmente nell’origine delle differenze, ma usare un termine e dimenticare l’altro non aiuta a comprendere che questa visione della medicina così trasversale e integrativa, non è una corrente o un partito, ma una verità alla portata di tutti… Alcuni operano in favore dell’abolizione del complesso e poliedrico concetto di genere affinché non vi siano filtri interpretativi sul territorio e vi sia una diversificazione tra sesso maschile e femminile nella visione della patologia, e del suo trattamento, solo quando questa è effettivamente diagnosticata… Tornare allo scopo originale della ‘sex and gender medicine’, capirne le ragioni e riconsiderarla per quello che è, una ampia e tridimensionale valutazione dei due sessi e dei generi nella più ampia accezione dei termini, può aiutare a cambiare le regole, abolire i preconcetti e chiudere le forbici.”

Se per dire che la donna e l’uomo sono molto altro rispetto al sesso, chiamiamolo pure “gender”, genere, o “behavior”, comportamento, ma se per ribadire questo semplice concetto dobbiamo involvere la nostra bella lingua, non sono d’accordo, a me viene l’orticaria, e riaprirei quelle forbici.

Eligio Piccolo

Venezia-Mestre

e-mail: eligiopiccolo799@gmail.com

BIBLIOGRAFIA

1. Grego S, Pasotti E, Moccetti T, Maggioni AP. “Sex and gender medicine”: il principio della medicina di genere. G Ital Cardiol 2020;21:602-6.