Cateterismo cardiaco destro: “tips and tricks”

Livio Giuliani, Serena Rossi

U.O.S.D. Emodinamica Diagnostica e Interventistica, Ospedale Clinicizzato SS. Annunziata, Chieti

Right heart catheterization (RHC) is a key diagnostic tool in several clinical conditions. It is recognized to be a technically demanding procedure requiring accurate evaluation of results. If performed by skilled operators, RHC provides reliable and valuable measurements with low complication rates. Although increasing data from the literature have become available over time, a comprehensive review of technical details and pitfalls is rare. This article aims to provide an overview of indications and evidence-based practical issues upon RHC to guide interventional cardiologists on how to perform this procedure.

Key words. Congenital heart disease; Heart transplantation; Pulmonary hypertension; Right heart catheterization; Swan-Ganz catheter.

INTRODUZIONE

Il progresso tecnologico nel campo della diagnostica radiologica ed ultrasonografica ha notevolmente ridotto il ricorso ad esami invasivi per la diagnosi delle patologie cardiache sia congenite che acquisite. L’ecocardiografia, la risonanza magnetica nucleare e la tomografia computerizzata cardiaca, infatti, consentono una diagnosi accurata nella maggioranza dei casi. Nonostante queste premesse, il cateterismo cardiaco destro (CCD), che qualche anno fa sembrava destinato a scomparire, ha ripreso grande valore ed è oggi considerato un esame diagnostico imprescindibile in diverse condizioni cliniche. Tale ripresa è legata soprattutto al notevole sviluppo scientifico nel campo dell’ipertensione polmonare (IP), per la cui diagnosi il CCD rappresenta l’esame “gold standard”. Il CCD tuttavia è dirimente anche in altre situazioni cliniche come le cardiopatie congenite e lo scompenso cardiaco sinistro avanzato. Il CCD è una procedura complessa che richiede attenzione meticolosa ai dettagli. Inoltre, in mani non esperte, può risultare in complicanze anche gravi (morbilità 1.1% e mortalità 0.055%) e produrre dati poco utili o fuorvianti1. Scopo di questa rassegna è quello di fornire una revisione tecnico-scientifica estensiva sul CCD al fine di guidare l’operatore in tutte le fasi della sua esecuzione.

UN PO’ DI STORIA

Il CCD si deve ad un medico tedesco, Werner Forssmann, il quale nel 1929 lo eseguì per la prima volta su se stesso, utilizzando un catetere uretrale di 4 Fr e passando attraverso la vena antecubitale del braccio. Il racconto che Forssmann riporta di quell’esperimento è emozionante. Egli descrive tutte le sensazioni provate durante il passaggio del catetere all’interno del suo corpo, la trepidazione nel salire le numerose scale, con il catetere nel braccio, per raggiungere la sala radiologica dove documentò la corretta posizione del catetere nelle camere cardiache di destra e non evita di raccontare lo sgomento dei suoi colleghi (Figura 1). Presentò il risultato del suo esperimento davanti la Medical Society di Eberswalde il 29 novembre 1930 e su un giornale scientifico l’anno successivo, ma la forte obiezione dei superiori portò al suo licenziamento. Afflitto e frustrato decise di abbandonare il campo della cardiochirurgia e di dedicarsi all’urologia. All’inizio della seconda guerra mondiale prestò servizio medico nell’esercito tedesco ma dopo poco tempo fu reso prigioniero per oltre 6 mesi. Dopo la sua liberazione e la conclusione del conflitto bellico continuò la sua professione come medico di provincia accanto alla moglie, anch’ella medico.

Nonostante tutto le sue esperienze non erano state totalmente dimenticate. André Frédéric Cournand e Dickinson Richards, ricercatori della Columbia University, avevano nel frattempo condotto molte ricerche sulla fisiopatologia del cuore e sugli studi emodinamici, ampliandoli in modo sistematico. Nel 1956 furono perciò candidati al Premio Nobel per la Medicina. Quando André Frédéric Cournand ricevette la notizia della candidatura, decise di informare i commissari di Stoccolma che i loro studi non erano originali. Erano applicazioni di una sperimentazione che già molti anni prima era stata descritta da un medico tedesco che interruppe il proprio percorso; perciò avrebbero accettato il premio soltanto se anche Werner Forssmann lo avesse accettato. Ricevuta la notizia della sua candidatura Werner Forssmann non esitò ad accettare, esclamando di sentirsi come un piccolo prete di campagna improvvisamente nominato vescovo.




Il CCD deve il suo successivo sviluppo all’ideazione del catetere di Swan-Ganz, tutt’oggi utilizzato per la sua esecuzione. Il catetere prende il nome dei suoi inventori, il cardiologo irlandese Jeremy Swan e William Ganz, che lo introdussero in terapia intensiva nel 1970 al Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles. Una versione iniziale dello strumento era stata sviluppata in Cecoslovacchia con sperimentazione animale sui cani, così come riporta l’articolo del 1960 di Circulation a firma Fronek e Ganz. L’idea del palloncino sulla punta venne a Swan osservando le barche a vela ed i loro movimenti in mare.

COME SI ESEGUE IL CATETERISMO CARDIACO DESTRO

Accessi vascolari

L’accesso vascolare rappresenta il primo step per l’esecuzione del CCD. Gli accessi di norma utilizzati sono quelli centrali come la vena femorale, la vena giugulare interna o la vena succlavia, ognuno con vantaggi e svantaggi (Tabella 1). Per l’accesso giugulare è raccomandata la procedura eco-guidata (classe di raccomandazione IA) che ha dimostrato di ridurre notevolmente il rischio di puntura e cannulazione impropria dell’arteria carotide, particolarmente frequente in caso di varianti anatomiche nel decorso della vena giugulare interna. Quest’ultima infatti è laterale rispetto all’arteria carotide solo nel 22% dei casi, antero-laterale nel 49%, anteriore nel 23%, antero-mediale e mediale rispettivamente nel 5% e 1% dei casi2,3 (Figura 2).




Inoltre consente nella maggior parte dei casi, di condurre il CCD senza guida radioscopica, con notevole vantaggio in caso di pazienti donne in età fertile oppure necessità di esecuzione dell’esame al letto del paziente. Recentemente la tecnica originaria di Forssmann, cioè l’accesso venoso periferico antecubitale del braccio, è stata ripresa da alcuni operatori; diversi studi hanno testato la fattibilità del CCD attraverso tale via, dimostrandone la sicurezza ed il basso tasso di complicanze, tuttavia le dimensioni spesso contenute della vena periferica non sempre consentono l’impiego di un introduttore 7 Fr capace di accogliere il catetere di Swan-Ganz con termistore4-6.

Livello zero

Il posizionamento del livello zero è essenziale per l’esecuzione di un CCD affidabile, in quanto tutte le misurazioni effettuate corrispondono alla differenza tra la pressione al livello zero e la pressione rilevata all’interno di ogni camera cardiaca, in assenza di ostruzioni. Posizionare in maniera non corretta il livello zero vuol dire dunque commettere un errore sistematico in tutte le successive misurazioni. Per definizione, il livello zero ideale dovrebbe essere indipendente dal diametro della gabbia toracica ed insensibile alle variazioni di posizione del corpo (punto idrostatico indifferente); Guyton e Greganti7 lo hanno identificato su un piano passante per l’atrio sinistro nel paziente supino. A questo punto era però essenziale identificare un piano di riferimento esterno sulla superficie corporea corrispondente al livello zero ideale. A tale scopo sono stati proposti diversi reperi basandosi su dati ecocardiografici oppure osservazioni su cadavere e, tra quelli proposti, il piano passante per la linea medio-toracica nel paziente supino sembra essere quello più affidabile e dunque quello raccomandato1,8.

Curve pressorie

Dopo aver inserito l’introduttore attraverso l’accesso venoso scelto, aver correttamente individuato il livello zero ed azzerato il sistema, il CCD può cominciare attraverso l’introduzione del catetere di Swan-Ganz (Figura 3). Una volta gonfiato, il palloncino presente all’estremità distale del catetere consentirà di avanzare facilmente attraverso le cavità destre (Figura 4). La prima camera attraversata sarà l’atrio destro.

Atrio destro

La curva pressoria atriale destra presenta cinque deflessioni, tre positive e due negative. Queste componenti sono spesso difficili da distinguere ad eccezione dell’onda a e dell’onda v che, soprattutto nei pazienti con patologie del cuore sinistro, possono essere particolarmente pronunciate. Nel dettaglio:




• l’onda a (positiva) è un’onda diastolica che segue l’onda P sull’ECG ed è prodotta dalla contrazione dell’atrio, pertanto è assente in caso di fibrillazione atriale;

• l’onda c (positiva) è prodotta dalla protrusione, nella cavità atriale, della valvola atrioventricolare chiusa durante la contrazione isometrica del ventricolo; generalmente è poco visibile;

• l’onda x (negativa) deriva dalla caduta di pressione nella cavità atriale determinata dalla sistole ventricolare. Durante questa fase, infatti, si verifica lo stiramento verso il basso del piano atrioventricolare che causa l’allungamento della cavità atriale e quindi la caduta di pressione al suo interno per un aumento del volume. Ciò favorisce l’afflusso di sangue attraverso le vene polmonari;

• l’onda v (positiva) è prodotta dall’aumento di pressione in atrio secondario al riempimento dell’atrio stesso quando la valvola atrioventricolare è ancora chiusa durante la sistole ventricolare. Tipicamente è molto alta e visibile in caso di importante insufficienza mitralica ma può essere particolarmente pronunciata anche in caso di fibrillazione o aumentata rigidità atriale;

• l’onda y (negativa) deriva dalla caduta di pressione determinata dall’apertura della valvola atrioventricolare che consente lo svuotamento atriale ed il riempimento ventricolare rapido.

Ventricolo destro ed arteria polmonare

Una volta superata la valvola tricuspide, l’ingresso del catetere di Swan-Ganz in ventricolo destro sarà identificato da una curva pressoria pulsatile in cui sarà possibile individuare una fase sistolica ed una diastolica. Il successivo attraversamento della valvola polmonare e quindi l’ingresso in arteria polmonare saranno caratterizzati, sulla curva pressoria, dalla comparsa di una pressione diastolica notevolmente aumentata, espressione della chiusura della valvola polmonare, in assenza di sostanziali modifiche del picco sistolico.

Pressione di incuneamento in arteria polmonare

Spingendo il catetere verso i rami arteriosi polmonari distali l’onda pulsatile arteriosa scompare per lasciare spazio ad un’onda tipicamente atriale non pulsatile: la pressione di incuneamento in arteria polmonare (pulmonary artery wedge pressure, PAWP) detta anche “wedge pressure” dal termine anglosassone wedge: “cuneo”). Quando la punta del catetere di Swan-Ganz si trova in posizione di wedge, il palloncino occlude il vaso arterioso polmonare distale ostruendo quindi completamente il flusso di sangue. Tra la punta del catetere di Swan-Ganz e l’atrio sinistro si formerà dunque una colonna statica di sangue per cui l’onda pressoria rilevata sulla punta del catetere sarà equivalente alla pressione atriale sinistra.

Ottenere una curva di wedge affidabile e stabile può risultare spesso difficile. Errore comune è il non perfetto incuneamento della punta dello Swan-Ganz nel ramo arterioso polmonare da cui deriva una curva pressoria morfologicamente simile a quella dell’arteria polmonare principale, ma attenuata in ampiezza. In tali casi può essere utile sgonfiare il palloncino di circa un terzo per favorire il suo avanzamento. Una volta in posizione di wedge è sconsigliato il rigonfiaggio del palloncino per il rischio di perforazione arteriosa e conseguente emoftoe o addirittura morte del paziente in caso di ipertensione arteriosa polmonare (IAP) severa; lo stesso dicasi per la somministrazione di mezzo di contrasto attraverso lo Swan-Ganz utilizzata da alcuni operatori per testare il corretto incuneamento del catetere.

Tips and tricks. La corretta posizione di wedge può essere verificata dalle seguenti caratteristiche: 1) curva con presenza delle tipiche onde atriali; 2) curva con variazioni respirofasiche; 3) il valore di PAWP non dovrebbe essere mai più alto della pressione diastolica polmonare; 4) il prelievo di sangue dallo Swan-Ganz quando questo è in posizione di incuneamento dovrebbe avere una saturazione >95%, comunque non inferiore alla saturazione sistemica; 5) al controllo fluoroscopico (se utilizzato) il palloncino deve essere stabile9.




Come misurare la pressione di incuneamento in arteria polmonare

Fisiologicamente all’interno del cavo pleurico esiste una pressione negativa (depressione di Donders). Tale pressione si modifica durante gli atti respiratori raggiungendo valori più negativi durante l’inspirazione.

Tips and tricks. Per convenzione, la PAWP va misurata a fine espirazione, momento del ciclo respiratorio in cui la depressione intrapleurica è minima (circa -3 mmHg). La differenza fra i valori di pressione intrapleurica all’interno del ciclo respiratorio è particolarmente pronunciata nei pazienti obesi o con patologie respiratorie; in tali pazienti le variazioni respiro-fasiche della curva pressoria di incuneamento polmonare sono massime, pertanto in questi casi è ancora più importante misurare la PAWP a fine espirazione di un ciclo spontaneo e non forzato, evitando l’apnea o la manovra di Valsalva.

Negli individui sani il valore di PAWP risulta essere pari a 8 ± 3 mmHg10, tuttavia i trial clinici sull’IAP hanno storicamente incluso pazienti con PAWP ≤15 mmHg. Tale valore viene quindi ad oggi utilizzato come cut-off di normalità. Ma come bisogna misurare la PAWP? La risposta non è così semplice, di qui la grande confusione che esiste nella definizione di tale parametro. In letteratura sono stati utilizzati differenti metodi di misurazione ed altrettanta variabilità esiste nella pratica clinica. Alcuni Autori hanno cercato di standardizzare la stima della PAWP confrontando vari metodi: PAWP stimata come media automatica digitalizzata della curva di incuneamento, come determinazione sincronizzata con il complesso QRS (QRS-gated PAWP) oppure come media dell’onda a; inoltre, sono stati presi in considerazione importanti fattori confondenti come la presenza di onde v prominenti (insufficienza mitralica o atrio sinistro non compliante) oppure di fibrillazione atriale11-13. A conclusione delle numerose analisi, rimangono dubbi su quale sia il metodo migliore per stimare la PAWP, considerando che una misura diretta delle pressioni in atrio sinistro non è praticabile per motivi etici poiché necessiterebbe di un approccio troppo invasivo come la puntura transettale.

Tips and tricks. Le raccomandazioni pratiche su come misurare la PAWP possono essere riassunte nei seguenti punti:

1. La PAWP dovrebbe essere misurata a fine espirazione di un ciclo spontaneo, evitando l’apnea o la manovra di Valsalva.

2. La PAWP dovrebbe essere misurata in telediastole corrispondente, nei pazienti in ritmo sinusale, alla media dell’onda a.

3. Nei pazienti con fibrillazione atriale, mancando l’onda a, la PAWP andrebbe misurata a 130-160 ms dall’inizio del QRS (QRS-gated PAWP).

4. La presenza di onde v alte è fortemente suggestiva di patologia del cuore sinistro indipendentemente dai valori di PAWP14.

Pressione telediastolica ventricolare sinistra

Sulla curva pressoria ventricolare sinistra, la pressione telediastolica ventricolare sinistra (left ventricular end-diastolic pressure, LVEDP) è il punto che precede l’ascesa rapida pressoria in sistole e coincide pertanto con l’upstroke dell’onda R sul tracciato elettrocardiografico. La LVEDP esprime la distensibilità (compliance) della camera ventricolare sinistra ed è pertanto aumentata (≥15 mmHg) in caso di disfunzione diastolica ventricolare sinistra. Anche la LVEDP risente delle escursioni respiratorie, pertanto anche la LVEDP va valutata a fine espirazione come per la PAWP.

Confronto fra pressione di incuneamento in arteria polmonare e pressione telediastolica ventricolare sinistra

Ad eccezione della stenosi mitralica, in cui esiste un gradiente pressorio fra PAWP e LVEDP legato alla patologia valvolare, i termini PAWP e LVEDP sono stati a lungo utilizzati in modo interscambiabile per descrivere le pressioni di riempimento nel cuore sinistro, tuttavia essi non sono affatto coincidenti15-17. Infatti, mentre la LVEDP misura lo stato di pre- e postcarico del ventricolo sinistro in relazione alla sua distensibilità, la PAWP media è espressione dello stato emodinamico globale dell’accoppiamento ventricolo-atriale in relazione alla compliance del ventricolo, dell’atrio e della circolazione polmonare. Pertanto per il calcolo delle resistenze vascolari polmonari (RVP) andrebbe utilizzata principalmente la PAWP e non la LVEDP. La discrepanza fra i due parametri risulta particolarmente evidente nei pazienti con fibrillazione atriale in cui le profonde alterazioni del ritmo e della meccanica atriale possono condurre ad un sensibile disaccoppiamento ventricolo-atriale ed incremento della pressione media retro-trasmessa nel circolo polmonare (PAWP > LVEDP)18. Tali considerazioni andrebbero tenute a mente nel caso in cui non si riesca ad ottenere una misura affidabile della PAWP e si decida di riferirsi solamente alla LVEDP per la stima delle RVP.

Tips and tricks. I parametri ecocardiografici e clinici dovrebbero sempre guidare il CCD, verificando attentamente la bontà dei risultati ottenuti in caso di inattesa discrepanza fra dati invasivi e dati clinici. I valori di PAWP, così come tutte le altre misurazioni, non devono essere dunque considerati isolatamente ma dovrebbero essere sempre integrati con il contesto clinico.

Inoltre, va sottolineato che il valore della PAWP, come di altre misurazioni, è dinamico poiché influenzato da vari fattori come il grado di compenso del paziente o il precarico: massicce dosi di diuretico, ad esempio, possono ridurre drasticamente il valore della PAWP al di sotto di 15 mmHg, anche nei pazienti con patologia del cuore sinistro19. A questo proposito studi recenti hanno individuato una zona grigia di pazienti con valori di PAWP tra 13 e 15 mmHg. In questa tipologia di pazienti appare di fondamentale importanza indagare la presenza di un’eventuale sottesa patologia del cuore sinistro e, nel caso di sospetto intermedio o alto, eseguire un test provocativo allo scopo di slantentizzarla. Quello più utilizzato è il “fluid challenge” che consiste nell’infusione durante il cateterismo da un accesso venoso centrale di 500 ml di soluzione fisiologica in 5 min. Un valore di PAWP >18 mmHg, dopo infusione, dovrebbe essere considerato patologico e quindi positivo per patologia del cuore sinistro14,20. Nonostante sia semplice ed intuitivo da realizzare, ulteriori studi sono necessari per standardizzare le indicazioni e le successive ripercussioni terapeutiche di questo test provocativo.

Portata cardiaca

La quantificazione della portata cardiaca è parte essenziale della valutazione emodinamica del paziente. Essa dipende da diversi fattori quali il precarico, il postcarico, la frequenza cardiaca e la contrattilità. Durante CCD può essere misurata attraverso il metodo di Fick e quello della termodiluizione.

Metodo di Fick diretto ed indiretto

Nel 1870 Adolph Fick descrisse per la prima volta come calcolare la portata cardiaca. Il suo metodo si basava sul principio di conservazione della massa per cui postulò che la quantità di ossigeno assorbito dal polmone, quindi consumato dal soggetto, dovesse essere uguale alla differenza artero-venosa dello stesso, cioè alla differenza tra quello presente nelle vene polmonari e quello presente nell’arteria polmonare, secondo la formula seguente:




dove SaO2 = saturazione di ossigeno, Hb = emoglobina.

Tuttavia, la misura diretta del consumo di ossigeno (metodo di Fick diretto) richiede tempo e la strumentazione idonea (es. maschera di Douglas) non è disponibile nella maggior parte dei laboratori. Pertanto, più frequentemente, il consumo di ossigeno viene stimato mediante formule matematiche che tengono conto della superficie corporea, dell’età e del sesso del singolo individuo: è il metodo di Fick indiretto (Tabella 2). Essendo solo teorico e basato su modelli matematici approssimativi il calcolo del consumo di ossigeno rappresenta la fonte principale di errore nel metodo di Fick indiretto che, infatti, può condurre a sottostima o sovrastima della portata cardiaca anche del 10-15%.

Termodiluizione

Il metodo della diluizione per il calcolo della gittata cardiaca, invece, fu usato per la prima volta nel 1897. Nella sua prima formulazione esso comportava l’iniezione di una quantità nota di una sostanza indicatore in arteria polmonare e nel rilevare la concentrazione della stessa in un punto a valle dell’iniezione, dunque nel sangue arterioso sistemico. La quantità di indicatore rilevata, per unità di tempo, risultava essere direttamente correlata alla gittata cardiaca. La sostanza indicatore utilizzata doveva essere non tossica, in grado di miscelarsi completamente con il sangue e rilevabile in maniera precisa. Nel corso degli anni sono stati utilizzati numerosi indicatori tra cui il verde di indocianina; attualmente quella più utilizzata è la soluzione fisiologica fredda: si parla dunque di termodiluizione in quanto ad essere valutata è la variazione termica da essa determinata.

Il calcolo della gittata cardiaca mediante il metodo della termodiluizione consiste nell’iniezione di 10 ml di soluzione fisiologica fredda (0-4°C) in atrio destro attraverso la porta prossimale del catetere di Swan-Ganz e nel misurare la variazione di temperatura in arteria polmonare, mediante un termistore posto sulla parte distale del catetere. La transitoria diminuzione della temperatura in arteria polmonare verrà descritta da una curva temperatura-tempo e l’area sotto la curva sarà inversamente proporzionale alla gittata cardiaca. L’iniezione deve essere effettuata in maniera rapida, costante e progressiva. Una misurazione attendibile corrisponde alla media di tre misurazioni consecutive intervallate tra di loro di almeno 90 s per consentire il ripristino della temperatura basale nelle camere cardiache destre.




Tips and tricks. Pochi dati esistono sull’accuratezza dell’iniezione di soluzione salina a temperatura ambiente (19-25°C) rispetto a quella fredda (0-4°C) pertanto essa non può essere raccomandata, a favore invece dell’iniezione fredda che rimane il “gold standard”21.

Le attuali linee guida, poiché la misurazione diretta del consumo di ossigeno (metodo di Fick diretto) non è disponibile su larga scala, raccomandano di utilizzare il metodo della termodiluizione poiché più affidabile e preciso rispetto al metodo di Fick indiretto (per i motivi sovra descritti), anche in presenza di insufficienza tricuspidale severa o di bassa gittata cardiaca22.

Ricordiamo che questi metodi consentono di calcolare la portata polmonare che, in assenza di shunt, sarà equivalente a quella sistemica.

In presenza di shunt, portata polmonare e portata sistemica non sono coincidenti pertanto dovranno essere calcolate separatamente. La termodiluizione in questi casi non sarà affidabile oltreché pericolosa e pertanto per il calcolo della portata sistemica e polmonare dovrà essere utilizzato il metodo di Fick come descritto successivamente nel paragrafo sulle cardiopatie congenite.

Resistenze vascolari polmonari

Il calcolo della portata cardiaca durante CCD consente la stima di un altro parametro emodinamico fondamentale, le RVP, secondo la formula:




dove PAPm = pressione arteriosa polmonare media.

Un’altra unità di misura storicamente utilizzata per le RVP è rappresentata da dyne · s/cm5. Il fattore di conversione tra le due unità di misura è 80 secondo la seguente formula:

Unità Wood x 80 = dyne · s/cm5

Tuttavia l’unità di misura raccomandata è l’Unità Wood. Inoltre, dividendo la portata cardiaca per la superficie corporea si ottiene l’indice cardiaco. È considerato patologico un indice cardiaco (IC) <2.5 l/min/m2:




dove BSA = superficie corporea.

Test acuto di vasoreattività polmonare

Esso ha lo scopo di testare la reversibilità della vasocostrizione polmonare mediante l’utilizzo di farmaci vasodilatatori. Questo test viene utilizzato sia per la caratterizzazione diagnostica dell’IAP che nel processo decisionale della candidabilità a trapianto cardiaco e/o ad assistenze ventricolari in pazienti con patologie del cuore sinistro con IP combinata pre- e post-capillare, ma con scopi differenti.

Nella definizione diagnostica dell’IAP il test di vasoreattività polmonare permette di individuare quei pazienti potenzialmente responsivi al trattamento cronico con calcioantagonisti; il vasodilatatore di prima scelta è l’ossido nitrico per via inalatoria, ma possono essere utilizzati in alternativa anche l’epoprostenolo e.v., l’adenosina e.v. o l’iloprost inalatorio; nei pazienti con patologie del cuore sinistro gli stessi agenti vasodilatatori possono causare edema polmonare acuto nonostante la loro breve durata d’azione23 e pertanto vanno impiegati con cautela. Non ci sono specifiche raccomandazioni su quale vasodilatatore scegliere14,24; in letteratura sono stati utilizzati nitroprussiato, prostacicline ed ossido nitrico inalatorio a seconda dell’esperienza del singolo centro25.

INDICAZIONI AL CATETERISMO CARDIACO DESTRO

Diagnosi di ipertensione polmonare

Si definisce IP una pressione media in arteria polmonare (PAPm) ≥25 mmHg, misurata mediante CCD a paziente supino ed in condizioni di riposo. Durante l’ultimo Simposio Mondiale di Nizza del 2018 tale soglia è stata rivista proponendo il valore di 20 mmHg per la diagnosi di IP; tuttavia le implicazioni terapeutiche di questo upgrade sono ancora da chiarire.

Il CCD consente non solo la diagnosi di certezza di IP ma anche di differenziare le forme pre- da quelle post-capillari, basandosi sui valori di PAWP e RVP (Tabella 3). Nei pazienti affetti da IP, inoltre, i risultati ottenuti mediante CCD sono utili anche nella stratificazione prognostica (indice cardiaco, pressione atriale destra e saturazione venosa centrale sono i maggiori predittori di mortalità a 5 anni) e nelle scelte terapeutiche. Anche durante il follow-up il ruolo del CCD è centrale, essendo indicato dopo 3-6 mesi dall’inizio di un trattamento specifico. La frequenza dell’esecuzione del CCD nel lungo termine è dibattuta ma l’indicazione alla ripetizione dell’esame trova consenso in caso di peggioramento del quadro clinico del paziente in ogni momento del suo follow-up.




Il test di vasoreattività polmonare nei pazienti
con ipertensione polmonare

La positività al test è definita da una riduzione della PAPm ≥10 mmHg per raggiungere un valore assoluto di PAPm ≤40 mmHg in presenza di una portata cardiaca che aumenta o rimane invariata1. Identificare i responder al test significa individuare quel sottogruppo di pazienti che può beneficiare del trattamento a lungo termine con calcioantagonisti ad alte dosi.

Nell’ambito di questo gruppo verranno definiti responder a lungo termine coloro che dimostreranno un beneficio clinico (classe funzionale I-II) ed emodinamico (parametri emodinamici uguali o migliori a quelli ottenuti durante il test acuto di vasoreattività) per almeno 1 anno di trattamento. Studi recenti suggeriscono che questa categoria di pazienti mostri peculiarità genetiche e fisiopatologiche nonché una prognosi migliore rispetto ai pazienti non responder24,26-28.

Tips and tricks. Il test di vasoreattività polmonare nell’IP è indicato solo nei pazienti con IAP idiopatica, ereditaria o associata a farmaci, poiché solo in questi casi è stata dimostrata una risposta clinica a lungo termine ai calcioantagonisti.

Pazienti da candidare a trapianto cardiaco

Nell’ambito dei pazienti da candidare a trapianto cardiaco, la presenza di IP e di RVP >3 UW è correlata ad un aumentato rischio di morte a 30 giorni dopo il trapianto29. Ne consegue come lo studio emodinamico mediante CCD sia fondamentale non solo nella fase di valutazione della candidabilità del paziente al trapianto cardiaco ma anche nel suo follow-up, durante la permanenza in lista.

Il CCD è raccomandato in tutti i pazienti da candidare a trapianto ed almeno annualmente fino al trapianto stesso. Il test di vasoreattività è indicato in caso di PAP sistolica (PAPs) ≥50 mmHg associata ad un gradiente transpolmonare (trans­pulmonary gradient, TPG = PAPm – PAWP) ≥15 mmHg e/o RVP >3 UW, in presenza di pressione arteriosa sistolica sistemica >85 mmHg30.

Nel caso in cui durante il test non si assista a normalizzazione delle RVP e del TPG è consigliato trattare il paziente per 24-48 h con inotropi, diuretici e agenti vasodilatatori e ripetere il CCD. Nei pazienti con RVP persistentemente elevate anche dopo terapia medica, qualora possibile, è indicato l’utilizzo di sistemi di assistenza ventricolare sinistra allo scopo di ridurre le RVP. I pazienti andranno rivalutati mediante CCD 3-6 mesi dopo l’impianto: in caso di mancata risposta sia alla terapia medica che all’assistenza meccanica, l’IP dovrebbe essere ritenuta irreversibile ed il trapianto cardiaco potenzialmente controindicato (controindicazione relativa)30. In questo contesto, studi clinici non randomizzati suggeriscono l’utilizzo di sildenafil per ottenere un’ulteriore riduzione delle RVP e quindi consentire l’accesso alla lista trapianti in pazienti selezionati31.

Il cateterismo cardiaco destro nelle cardiopatie congenite

Il ruolo del CCD nelle cardiopatie congenite è quello di individuare la presenza di eventuali shunt intracardiaci, di valutarne l’entità e l’eventuale operabilità. La diagnosi di shunt durante CCD viene effettuata con il run ossimetrico che consiste nel prelievo di campioni di sangue in arteria polmonare, in ventricolo destro, in atrio destro, in vena cava superiore in corrispondenza della giunzione con l’atrio destro e nella vena cava inferiore immediatamente sotto il diaframma in modo da escludere le vene sovraepatiche. I prelievi devono essere acquisiti nel paziente in respiro spontaneo in aria ambiente oppure, se ventilato, con una miscela che non superi il 30% di ossigeno. Un contenuto di ossigeno >30%, infatti, aumenterebbe in maniera sostanziale la concentrazione di ossigeno disciolto nel sangue venoso e renderebbe le valutazioni non attendibili. Nella maggior parte dei casi il paziente giunge allo studio emodinamico per calcolare l’entità di uno shunt la cui diagnosi è già stata fatta con tecniche di imaging come ecocardiogramma e/o risonanza magnetica cardiaca. In alcuni casi, invece, uno shunt non sospetto può essere diagnosticato durante il CCD quando si rilevi una differenza significativa di saturazione nelle camere cardiache. A questo proposito bisogna tuttavia considerare che una certa variabilità nelle SaO2 esiste anche in assenza di shunt e questa oscilla tra 0.2 ml O2/100 ml di sangue e 2 ml O2/100 ml di sangue a seconda della camera cardiaca. Hillis et al.32, in uno studio condotto su 980 pazienti senza shunt intracardiaci, hanno rilevato una differenza di SaO2 tra atrio destro e arteria polmonare del 2.3 ± 1.7% e tra la vena cava superiore e l’atrio destro del 3.9 ± 2.4%. Ne consegue che una differenza di SaO2 dell’8% tra la vena cava superiore e l’arteria polmonare e/o del 5% tra l’atrio destro e l’arteria polmonare può essere considerato il valore soglia per la diagnosi di shunt intracardiaco.







La quantificazione dello shunt si determina come rapporto tra la portata polmonare e quella sistemica utilizzando la formula di Fick come descritto in Figura 5.

Uno shunt sinistro-destro sarà caratterizzato da un Qp/Qs >1 e verrà definito non significativo se Qp/Qs sarà <1.5, significativo se Qp/Qs sarà compreso tra 1.5 e 2 ed ampio se Qp/Qs sarà >2. In quest’ultimo caso vi è indicazione alla chiusura del difetto a meno che non ci siano specifiche controindicazioni rappresentate dallo sviluppo di elevate RVP (Tabella 4). Se uno shunt destro-sinistro sarà invece caratterizzato da un Qp/Qs <1, tale condizione si inquadra nel contesto più ampio del complesso di Eisenmenger.

CONCLUSIONI

Il CCD è una procedura tecnicamente complessa che richiede attenzione ai dettagli. Per ottenere risultati affidabili e clinicamente utili è necessaria preparazione ed esperienza dell’operatore. Per converso, improvvisarsi suoi esecutori può risultare poco utile e rischioso e dovrebbe essere sempre preso in considerazione il riferimento ad un centro esperto.

RIASSUNTO

Il cateterismo cardiaco destro (CCD) è uno strumento fondamentale per la diagnosi in diverse condizioni cliniche; tuttavia si tratta di una procedura tecnicamente complessa che richiede un’attenta analisi dei risultati. Se eseguito da operatori esperti consente di ottenere misurazioni affidabili e importanti sia ai fini diagnostici sia ai fini terapeutici con un basso rischio di complicanze. Scopo di questo manoscritto è quello di fornire al cardiologo emodinamista indicazioni e suggerimenti basati sull’evidenza scientifica su come eseguire correttamente un CCD focalizzando l’attenzione sui principali pitfall e su come interpretare i risultati sulla base del contesto clinico del paziente.

Parole chiave. Cardiopatie congenite; Catetere di Swan-Ganz; Cateterismo cardiaco destro; Ipertensione polmonare; Trapianto cardiaco.

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