Presentazione

Cari Lettori,

questo Supplemento del Giornale Italiano di Cardiologia curato dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica (SICI-GISE) è il primo di due fascicoli dedicato alla prevenzione e al trattamento delle principali complicanze in corso di procedure di cardiologia interventistica. Il focus di questo numero è sulle complicanze durante angioplastica coronarica (PCI).

Nella prima rassegna Rocco Montone, Giampaolo Niccoli e colleghi affrontano il delicatissimo tema del “no-reflow”, ovvero la severa compromissione della riperfusione tissutale miocardica pur in assenza di ostruzione a carico del circolo epicardico. Si tratta di una delle evenienze più temute dai Cardiologi Interventisti in quanto riduce o annulla l’efficacia delle procedure di PCI primaria in corso di infarto miocardico acuto. La fisiopatologia complessa e multifattoriale si traduce nella difficoltà ad attuare terapie efficaci e risolutive. Il gruppo del Policlinico Gemelli è uno dei più attivi al mondo nello studio del “no-reflow” e l’articolo è un prezioso stato dell’arte sull’argomento.

Le rassegne successive trattano di argomenti più tecnici, che tuttavia rappresentano evenienze potenzialmente drammatiche che possono verificarsi durante PCI. Tutti i Cardiologi Interventisti devono acquisire le competenze necessarie per prevenire, riconoscere e gestire al meglio queste complicanze. Abbiamo chiesto a persone di grande esperienza di offrire contributi molto didattici sia sul piano teorico che pratico, senza tralasciare dettagli “artigianali” spesso necessari per risolvere le situazioni più complesse. Francesco Colombo, Giacomo Boccuzzi e collaboratori descrivono come risolvere la perdita o l’intrappolamento dei materiali durante PCI. Sono illustrate le principali tecniche di recupero per stent, palloni da angioplastica, frese per aterectomia rotazionale, guide coronariche e microcateteri.

La spinosa gestione della sotto-espansione dello stent è stata affidata ad Andrea Erriquez e Gianluca Campo. Essa rappresenta un fattore prognostico negativo per il rischio di sviluppo di restenosi intrastent e, soprattutto, di trombosi di stent. Palloni non complianti ad altissima pressione, laser ad eccimeri e litotrissia intravascolare rappresentano i più moderni presidi terapeutici per risolvere il problema.

La rassegna di Giulio Piedimonte, Alessio La Manna e collaboratori tratta delle perforazioni coronariche che, anche se rare, possono avere conseguenze catastrofiche per il paziente se non riconosciute e trattate tempestivamente. Oltre alla descrizione della classificazione e delle relative strategie terapeutiche, l’articolo riporta una ricca revisione della letteratura esistente.

La dissezione coronarica rappresenta una delle peggiori sfide per il Cardiologo Interventista, sia che si tratti di un fenomeno spontaneo sia quando avvenga come complicanza di una PCI elettiva o urgente, potendone provocare il fallimento o, peggio, causando un importante danno iatrogeno al paziente. Lorenzo Azzalini, Emmanouil Brilakis e Mauro Carlino firmano una rassegna che è una vera e propria guida illustrata alle tecniche più avanzate di salvataggio per trattare le dissezioni coronariche, mediante la disamina sistematica di strategie e “trucchi” mutuati dalle procedure di disostruzione delle occlusioni coronariche croniche.

In coda alle rassegne sulle complicanze coronariche, Gabriele Gasparini et al. presentano un caso clinico che documenta il trattamento di una perforazione coronarica utilizzando la tecnica detta “block and deliver”. Tale tecnica è descritta dagli Autori come “semplice, efficace e sicura”. Di sicuro, sarà più semplice applicarla dopo aver letto attentamente questo articolo, molto didattico.

Questo fascicolo si chiude con un argomento che oggi può sembrare ancillare ma che in realtà resta seminale per la comprensione della fisiopatologia di diverse condizioni cliniche e per la scelta delle conseguenti strategie terapeutiche: il cateterismo cardiaco destro. Livio Giuliani e Serena Rossi rileggono il cateterismo destro in chiave moderna, sottolineandone l’importanza in alcune patologie complesse come ad esempio l’ipertensione polmonare o lo scompenso cardiaco avanzato. Importantissimo anche il richiamo al rigore metodologico nell’esecuzione degli studi emodinamici, al fine di avere informazioni accurate e utili.

Buona lettura,

Francesco Saia

Guest Editor