Imaging di fusione nell’interventistica strutturale

Francesco Melillo1, Francesco Ancona1, Vittorio Romano2, Giacomo Ingallina1, Cristina Capogrosso1, Stefano Stella1, Matteo Montorfano2, Eustachio Agricola1,3

1Servizio di Imaging Cardiovascolare, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano

2Laboratorio di Cardiologia Interventistica, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano

3Università Vita-Salute San Raffaele, Milano

The echocardiographic-fluoroscopic fusion imaging tool is able to acquire imaging data from both fluoroscopy and transesophageal images and co-register and align them in the three-dimensional space and time by putting onto the same coordinate system. In this way the soft tissues that are well visualized by echocardiography and the metallic materials (catheters and devices), better imaged by fluoroscopy, are displayed in the standard fluoroscopic projections in a hybrid image in real time. In this review, we describe the basic technical aspects and its main applications in transcatheter structural heart interventions.

Key words. Echocardiography; Fusion imaging; Structural heart interventions.

INTRODUZIONE

La cardiologia interventistica ha visto notevolmente ampliate le opzioni di trattamento delle patologie cardiache, prevalentemente nel campo della patologia strutturale con rapido incremento del volume di procedure negli ultimi anni. Ciò è stato possibile grazie a due fattori principali: 1) la crescente disponibilità e miglioramento delle performance di dispositivi capaci di coprire un numero sempre crescente di patologie; 2) il miglioramento ed ampliamento tecnologico dell’imaging non invasivo così come la sua diffusione.

L’ecocardiografia riveste certamente un ruolo fondamentale non solo per la valutazione preoperatoria e postoperatoria, ma soprattutto per il monitoraggio intraprocedurale: l’ecocardiografia transesofagea (ETE) bidimensionale (2D) e tridimensionale (3D) garantisce informazioni estremamente utili, al pari della fluoroscopia1-4. L’ETE intraprocedurale fornisce una chiara visualizzazione dell’anatomia cardiaca, della funzione e dei cambiamenti sia morfologici che funzionali conseguenti all’intervento, informazioni che non è possibile avere con l’utilizzo di altre metodiche di imaging. Infatti, nella maggior parte dei casi le strutture target sono tessuti “soft” che, in assenza di calcificazioni, sono invisibili alla fluoroscopia. Inoltre, permette di riconoscere e visualizzare in tempo reale eventuale complicanze. Tuttavia, una singola modalità di imaging non è sufficiente da sola a guidare procedure transcatetere complesse ed è in genere necessario l’uso combinato di informazioni derivanti sia dall’imaging ecocardiografico che fluoroscopico, che hanno differenti vantaggi e svantaggi (Tabella 1). La fluoroscopia garantisce una buona risoluzione spaziale e temporale su un ampio campo di visualizzazione con un monitoraggio continuo e una facile identificazione dei dispositivi, ma è in grado di fornire solo informazioni monoplanari, non permette la visualizzazione di tessuti molli ed è correlata all’utilizzo di radiazioni ionizzanti e di mezzo di contrasto. L’imaging ecocardiografico permette la visualizzazione dei tessuti molli fornendo informazioni anatomiche e funzionali, una precoce identificazione delle complicanze, ma è soggetta ad artefatti derivanti dalla presenza dei cateteri e dei dispositivi.

Le due metodiche sono quindi complementari e per questo il cardiologo interventista deve saper interpretare le immagini ecocardiografiche ed allo stesso tempo l’imager deve avere profonda conoscenza dei vari step procedurali ed avere familiarità con la fluoroscopia.

Tuttavia, un approccio basato sull’imaging bimodale (ecocardiografico e fluoroscopico) manca di una precisa integrazione spaziale e temporale tra le due metodiche nonostante siano visualizzate in contemporanea. Inoltre, fluoroscopia ed ecocardiografia rappresentano le strutture cardiache con orientamenti e prospettive differenti costringendo gli operatori ad un notevole sforzo interpretativo per l’integrazione dei dati, dovendo sequenzialmente e ripetutamente guardare entrambe le fonti di imaging.

L’imaging di fusione fluoroscopico-ecocardiografico con i nuovi sistemi EchoNavigator (Philips Medical System, Best, Olanda) e TrueFusion (Siemens Healthinners, Erlangen, Germania) permette l’acquisizione simultanea sia di immagini fluoroscopiche che ecocardiografiche e di co-registrarle, termine che identifica un processo di allineamento sia spaziale che temporale. Le coordinate delle due immagini vengono integrate nello stesso sistema di riferimento ottenendo così una immagine ibrida, che ha il vantaggio di essere facilmente interpretabile da parte del cardiologo interventista, poiché le immagini ecocardiografiche in cui sono ben visualizzati i tessuti molli e l’aspetto funzionale (es. jet di rigurgito valvolari), vengono integrate in tempo reale nelle proiezioni fluoroscopiche standard dove i cateteri ed i dispositivi sono facilmente identificabili.




IMAGING di fusione: ASPETTI GENERALI

Principi di base

La co-registrazione delle immagini è basata sulla localizzazione della sonda ETE 3D all’interno dello spazio fluoroscopico5. La posizione e l’orientamento della sonda vengono automaticamente determinate sulla base dei dati fluoroscopici grazie ad un algoritmo di localizzazione, fondato sull’acquisizione di un dataset tomografico 3D ad alta risoluzione della sonda, calibrato su immagini fluoroscopiche. L’algoritmo compara le proiezioni ricostruite del modello della sonda con le attuali immagini fluoroscopiche e ad ogni comparazione il sistema calcola la similarità tra l’immagine fluoroscopica ed il modello ed iterativamente aggiusta la stima della posizione e dell’orientamento della sonda. Il processo continua finché non viene ottenuto il miglior matching tra il modello della sonda e l’immagine fluoroscopica vera. In genere vengono usate due proiezioni (30° obliqua anteriore sinistra [LAO] e 30° obliqua anteriore destra [RAO]) al momento della co-registrazione della sonda per ridurre i potenziali errori nello spazio 3D nella direzione del fascio di raggi X (Figura 1A). Nel momento in cui la sonda viene colorata di verde si ha la conferma che questa è correttamente coordinata con il tavolo di lavoro e con l’angolazione del tubo radiogeno.

Quando la fluoroscopia è attivata il sistema sovrappone immediatamente le immagini ecocardiografiche sia 2D che 3D sulla proiezione fluoroscopica e ad ogni modifica dell’angolazione del tubo radiogeno il sistema riconosce e modifica l’orientamento dell’immagine ecocardiografica sulla schermata. Ne deriva che un breve tempo di fluoroscopia è necessario per co-registrare ogni nuova proiezione. Il sistema viene gestito o con un mouse wireless controllato sia dall’ecocardiografista che dall’interventista o direttamente “on board” sull’ecocardiografo gestendo le diverse funzioni ed i vari strumenti del sistema. Le immagini 2D e 3D insieme alle immagini fluoroscopiche possono essere visualizzate in diverse modalità ed il layout dello schermo organizzato in differenti opzioni a seconda dell’esigenza e preferenze degli operatori (Figura 1B).

Opzioni di display e strumenti di processing

L’imaging di fusione permette di sovrapporre alla fluoroscopia differenti modalità di immagini ecocardiografiche: immagini 2D in tempo reale con o senza color Doppler, immagini 2D multiplanari (biplano simultaneo), dataset 3D sia completi che ritagliati su specifici piani, con o senza colore (Figura 2).




Da notare come nelle immagini di fusione i volumi 3D possono essere a loro volta ritagliati dal sistema di imaging di fusione partendo dal dataset 3D: in questo modo le immagini 3D possono essere manipolate molto velocemente su una serie di piani nuovi e non convenzionali per l’ecografia in modo da aiutare a comprendere la complessa anatomia e l’interazione tra le strutture cardiache e i dispositivi6.

Inoltre, all’immagine fluoroscopica è possibile sovrapporre modelli di strutture rilevanti (es. valvola mitrale ed aorta) derivati mediante algoritmi di intelligenza artificiale (Figura 3).

Infine, le immagini ecocardiografiche possono essere modificate in termini di opacità/trasparenza e luminosità. Modificare l’opacità/trasparenza rende la struttura cardiaca più o meno visibile rispetto alle altre strutture attrici nello scenario procedurale, permettendo di volta in volta di rendere più visibile il dispositivo o la struttura “soft” a seconda delle esigenze nello specifico step procedurale.

Anche la luminosità può essere modificata in modo da rendere i tessuti più o meno evidenti.




Marker fiduciali

I marker di fiducia sono tra gli strumenti più interessanti dell’imaging di fusione e consistono in punti di annotazione che possono essere sovrapposti all’immagine fluoroscopico-ecocardiografica.

Ad un punto di interesse identificato sull’immagine ecocardiografica coinciderà un punto corrispondente nello spazio sullo schermo fluoroscopico (Figura 3). Tutti i tipi di immagini eco supportano questa opzione (2D, biplano, 3D). Una volta posizionato il marker compare un punto di annotazione preliminare sulla schermata fluoroscopica; se giudicato accurato, viene accettato e rimane stazionario nello spazio fluoroscopico indipendentemente dalla posizione della sonda ETE, del movimento orizzontale del tavolo o dell’arco fluoroscopico; tuttavia il movimento in verticale del tavolo può comportare una inaccuratezza. L’utilizzo dei marker appare fondamentale durante manovre complesse: una volta definito il target sull’immagine ecocardiografica, come ad esempio il corretto punto di puntura transettale, viene posizionato il marker e l’operatore può manipolare i cateteri direzionandoli verso il marker. Il color Doppler di per sé può rappresentare un marker sulla proiezione fluoroscopica da seguire come potenziale target terapeutico, ad esempio durante procedura di MitraClip o chiusura di leak periprotesico. Esistono ulteriori possibilità di inaccuratezza come un movimento del paziente sul tavolo o la mancata co-registrazione per un periodo sostanziale di tempo, provocando un resetting del sistema alla nuova co-registrazione7. Infine, vanno considerati i movimenti delle strutture legati al respiro o alle deformazioni indotte dalla manovra dei cateteri stessi che possono deformare i tessuti.




Rischio di inaccuratezza

Studi preclinici di validazione hanno dimostrato un errore di inaccuratezza di circa 2-3 mm sul piano fluoroscopico mentre nella direzione del fascio di raggi X l’inaccuratezza può essere maggiore8,9. Quest’ultimo può essere ridotto utilizzando multiple immagini fluoroscopiche con angoli diversi durante la co-registrazione della sonda8. Un’altra fonte di errore è legata alla registrazione rotazionale ed aumenta quando l’area di interesse ecocardiografica si sposta dal “near-field” al “far-field”. Anche quest’ultima fonte di inaccuratezza può essere ridotta utilizzando immagini multiple per la co-registrazione.

APPLICAZIONI CLINICHE

MitraClip

La riparazione mitralica percutanea con MitraClip (Abbott Vascular Inc., Menlo, CA, USA) sta diventando largamente utilizzata per il trattamento dell’insufficienza mitralica sia degenerativa che funzionale10. Oltre alla corretta selezione del paziente, il successo ed il risultato procedurale sono i principali predittori di outcome a lungo termine e da qui la necessità di ottenere il miglior risultato procedurale possibile. In questo senso l’imaging di fusione può rappresentare un valore aggiunto durante monitoraggio intraprocedurale standard avendo la potenzialità di migliorare la guida procedurale e quindi il risultato finale. In letteratura però un solo studio ha valutato l’utilizzo dell’imaging di fusione su 21 pazienti, mostrando similarità tra la dose totale di radiazioni, tempo di fluoroscopia e tempo procedurale tra il gruppo in cui la procedura è stata monitorata con imaging standard e gruppo monitorato con “fusion imaging”11.

Tuttavia, la “fusion” può essere di aiuto in alcuni specifici step procedurali: 1) puntura transettale, soprattutto casi complessi; 2) navigazione nell’atrio sinistro; 3) definizione della traiettoria del sistema di rilascio; 4) localizzazione del jet di rigurgito sulla fluoroscopia.

In generale la procedura richiede una puntura transettale nella porzione postero-superiore della fossa ovale per ottenere una facile manovrabilità del sistema nell’atrio sinistro1. Utilizzando la proiezione RAO sovrapponendo il volume 3D del setto interatriale è possibile ottenere una visione “en face” della fossa per identificare il punto corretto di puntura. I marker di fiducia possono essere aggiunti per indirizzare correttamente la punta dell’ago. La visualizzazione del tenting può essere agevolata tagliando sul piano frontale il volume 3D in corrispondenza dell’ago o utilizzando la proiezione bicavale superimposta alla proiezione LAO (20°-40°) mostrando in tal modo la fossa ovale in visione sagittale (Figura 4). In generale la puntura transettale non è uno step critico per operatori esperti e l’imaging di fusione può rappresentare un valore aggiunto per scenari complessi, come in caso di setti interatriali spessi, elastici o aneurismatici dove la visualizzazione della fossa ovale sulla fluoroscopia permette l’aggiustamento del braccio fluoroscopico fino a che non compare nella giusta prospettiva. Uno studio focalizzato sull’utilizzo di questa metodica per il monitoraggio della puntura transettale ha mostrato una riduzione dei tempi di puntura12.

La navigazione nell’atrio sinistro può essere monitorata utilizzando una proiezione in cui un volume 3D dell’atrio è sovrapposto ad una proiezione fluoroscopica RAO craniale. Il dataset 3D viene successivamente tagliato a livello delle due commissure includendo la valvola mitrale e le pareti dell’atrio come riferimenti anatomici per la navigazione in atrio sinistro. Attivando il color Doppler è possibile identificare il rigurgito sulla fluoroscopia e direzionare di conseguenza il sistema di rilascio della clip sul jet target (Figura 5).

Dalla nostra esperienza abbiamo notato che gli step in cui l’imaging di fusione trova la sua massima applicazione sono allineamento e traiettoria del sistema di rilascio rispetto al piano mitralico. Utilizzando la modalità biplano ed in particolare la proiezione inter-commissurale come proiezione principale, e successivamente ruotando il braccio fluoroscopico fino ad ottenere la proiezione inter-commissurale più larga possibile, la proiezione perpendicolare derivata (tratto di efflusso sinistro) risulta essere esattamente perpendicolare al piano valvolare mitralico. Ne deriva che tale piano identificato sulla fluoroscopia può essere utilizzato come piano di riferimento da seguire per ottenere una traiettoria il più possibile perpendicolare al piano mitralico (Figura 5). La perpendicolarità della traiettoria è fondamentale al fine di ottenere un “grasping” corretto, evitare intrappolamenti nell’apparato sottovalvolare ed evitare distorsione della rima di coaptazione.

Leak paravalvolari

La chiusura transcatetere dei leak paravalvolari è una procedura tecnicamente complessa che richiede competenze specifiche sia per un adeguato planning preoperatorio che per il monitoraggio intraoperatorio. La presenza di leak paravalvolari complica il 5-17% delle sostituzioni valvolari chirurgiche e il trattamento percutaneo rappresenta una valida alternativa alla chirurgia in pazienti ad alto rischio operatorio13. Il sito di accesso dipende dalla localizzazione del leak e la puntura transettale può risultare difficile per l’ispessimento del setto interatriale post-chirurgico.







Gli step procedurali principali consistono nell’attraversamento del leak con una guida e nel posizionamento del dispositivo di chiusura. L’imaging di fusione può essere estremamente utile permettendo l’identificazione del sito di origine del jet di rigurgito che può essere identificato con un marker da seguire per facilitare l’attraversamento del leak con la guida (Figura 6). Visualizzando il jet di rigurgito sull’immagine fluoroscopica è possibile modificare l’orientamento del braccio fluoroscopico in modo da visualizzare la vena contracta più larga, che grossolanamente corrisponde al diametro maggiore del leak. Infine, durante l’impianto del dispositivo di chiusura possono essere monitorati in tempo reale la modifica del rigurgito e l’eventuale interferenza con il funzionamento della protesi.

In caso di protesi radiotrasparenti la “fusion” risulta fondamentale, permettendo la visualizzazione della protesi sulla fluoroscopia, altrimenti impossibile, grazie alla sovrapposizione delle immagini ecocardiografiche e dei suoi rapporti con la guida e il dispositivo di chiusura14.




Cardioband

Cardioband (Edwards Lifesciences, Irvine, CA, USA) è un sistema di anuloplastica mitralica diretta mediante il posizionamento di una banda di Dacron attraverso l’impianto di una serie di ancore (fino a 17) sull’anulus posteriore. I dati presenti in letteratura mostrano un successo di impianto del 93.6%15 con persistenza di insufficienza mitralica moderato-severa o severa nel 20% dei pazienti ad un follow-up di 1 anno16. Gli step principali della procedura consistono in puntura transettale, navigazione in atrio sinistro, impianto delle ancore e “cinching” finale della banda.

La posizione della puntura transettale è fondamentale per una buona manovrabilità del sistema lungo l’anulus. Il sito di puntura deve essere situato a livello della commissura postero-mediale ad un’altezza non inferiore a 3.5 cm dal piano valvolare mitralico. L’imaging di fusione può essere utile in tale step come descritto precedentemente per la MitraClip. Il sistema di rilascio è costituito da un catetere manovrabile e da un catetere specifico per l’impianto con la banda posizionata sulla sua estremità distale. Il sistema viene guidato affinché la prima ancora sia posizionata sulla commissura anterolaterale il più possibile vicino all’aorta. Le ancore successive vengono poi impiantate lungo l’anulus posteriore fino alla commissura postero-mediale.

La navigazione in atrio sinistro può essere guidata mediante una ricostruzione 3D dell’atrio sinistro. L’imaging di fusione permette di visualizzare il tessuto anulare, sito di inserzione dell’ancora sulla proiezione fluoroscopica e l’angolo di approccio del catetere rispetto al piano mitralico (Figura 7). Inoltre, i marker di fiducia possono essere utilizzati per guidare il sito di impianto delle ancore sulla fluoroscopia una volta identificato sull’anulus all’immagine ecocardiografica.

Con la visione contemporanea di catetere, ancore e tessuto la “fusion” può limitare i potenziali danni ai lembi valvolari o ai vasi (seno coronarico o coronaria sinistra) e consente di valutare l’efficacia del test di trazione; inoltre aiuta a superare i limiti delle proiezioni ecocardiografiche, soprattutto quando gli artefatti da catetere peggiorano la qualità dell’immagine.

Chiusura percutanea di auricola sinistra

La puntura transettale è sito-specifica anche per la procedura di chiusura percutanea dell’auricola sinistra e come per le altre procedure la “fusion” potrebbe fornire un valore aggiunto: il sito preferenziale è la porzione postero-inferiore della fossa ovale che garantisce la massima co-assialità tra l’asse lungo dell’auricola e il catetere17. Si assicura così il migliore orientamento del catetere durante il rilascio del dispositivo in modo da evitare per quanto possibile movimenti del catetere all’interno dell’auricola sinistra, causa potenziale di danno della parete.

La procedura viene seguita in fluoroscopia in genere utilizzando la proiezione RAO craniale sulla quale può essere sovrapposto un volume 3D o immagini 2D. In questo modo si possono apprezzare l’asse lungo dell’auricola sinistra, il “Coumadin ridge” e la vena polmonare superiore sinistra ed il movimento della guida nel passaggio dalla vena polmonare superiore sinistra all’auricola (Figura 8). Una volta che il catetere ha ingaggiato il lume dell’auricola viene eseguita un’angiografia dell’appendice che viene sovrapposta al volume 3D per delinearne la morfologia. Successivamente viene aperto il dispositivo ed il corretto ancoraggio viene verificato con il “tug test”. Infine il dispositivo viene rilasciato.

L’utilizzo dell’imaging di fusione durante questa procedura ha mostrato una riduzione della dose di radiazioni e tempo di scopia in un confronto tra 17 pazienti in cui il monitoraggio è stato supportato dall’EchoNavigator e 17 pazienti di controllo18.

Chiusura di difetti interatriali

L’utilizzo della “fusion” in questa procedura garantisce tutti i vantaggi osservati nella puntura transettale per quanto riguarda la visualizzazione del setto interatriale. Nella proiezione antero-posteriore il setto interatriale è obliquo di circa 65° rispetto al piano sagittale parzialmente sovrapposto all’aorta; la proiezione RAO con sovrapposte le immagini eco 3D permette una visualizzazione “en face” del setto interatriale senza sovrapposizione con l’aorta mentre nella proiezione LAO il setto è visualizzato tangenzialmente. Non esiste un protocollo standardizzato per l’utilizzo della “fusion” in questa procedura, tuttavia uno dei vantaggi dell’utilizzo della “fusion” è la possibilità di seguire tutti gli step usando sempre lo stesso dataset 3D e conseguente proiezione fluoro-ecocardiografica senza modificare continuamente la posizione della sonda ETE. Con l’immagine 3D sovrapposta alla proiezione antero-posteriore o LAO è possibile osservare il passaggio dei cateteri attraverso il difetto interatriale, il “sizing balloon” del dispositivo, la corretta apposizione dei dischi con il setto inter­atriale, eventuali interferenze tra il dispositivo e le strutture circostanti, la sua stabilità durante manovra di Minnesota ed il rilascio del dispositivo. Eventuali shunt residui vanno ricercati sovrapponendo il color Doppler nelle varie proiezioni.







Protesi radiotrasparenti

Protesi o anelli radiotrasparenti risultano invisibili alla fluoroscopia rendendo procedure di “valve-in-valve” o “valve-in-ring” estremamente complesse. In tali situazioni la “fusion” permette la visualizzazione della protesi/anello sulla fluoroscopia grazie alla sovrapposizione delle immagini ecocardiografiche e dei suoi rapporti con cateteri e dispositivi14 (Figura 9).




ruolo nella pratica clinica

L’imaging di fusione deve essere intesa come una metodica che offre una serie di informazioni additive ottenute grazie all’integrazione delle diverse modalità di imaging piuttosto che come la mera sovrapposizione delle immagini fluoroscopiche ed ecocardiografiche su un unico schermo. Per un suo corretto utilizzo è necessaria la conoscenza da parte dell’imager delle basi teoriche della fluoroscopia nonché dell’anatomia fluoroscopica19. Tale conoscenza è fondamentale per una corretta sovrapposizione tra fluoroscopia ed ecocardiografia delle diverse strutture anatomiche: es. fusione tra la proiezione commissurale della valvola mitrale e la corrispondente RAO caudale fluoroscopica.

La fusione delle immagini potrebbe sicuramente aiutare il cardiologo interventista educato ed esperto nell’interpretazione delle immagini fluoroscopiche e meno a quelle ecocardiografiche migliorando inoltre l’interazione tra imager ed interventista. Ovviamente l’utilizzo efficace della metodica necessita di una curva di apprendimento11: l’imager dovrà assumere familiarità con le nuove proiezioni ottenibili con immagini di fusione e sul corretto utilizzo di nuovi strumenti applicativi (marker, trasparenza delle immagini, opportunità di sovrapporre immagini 2D o 3D, ecc.); l’interventista dovrà adattare il proprio processo di coordinazione mano-occhio abituato alla visione su sistemi di riferimento separati delle immagini fluoroscopiche ed ecocardiografiche. Tuttavia, il risvolto negativo potrebbe risiedere nella quantità forse eccessiva di informazioni ottenibili con la metodica che potrebbe disorientare gli operatori nella prima fase di utilizzo.

Anche se il potenziale vantaggio ottenibile con l’imaging di fusione non è stato ancora pienamente dimostrato, esistono evidenze sul beneficio del suo utilizzo in alcune procedure transcatetere per il trattamento di patologie strutturali. Nell’ambito della puntura transettale è stato dimostrato come la “fusion” riduca il tempo di procedura12. Una riduzione della dose di radiazione e del tempo di scopia con la “fusion” rispetto ai controlli è stata osservata per la chiusura del difetto interatriale20 e per la chiusura percutanea dell’auricola sinistra18.

Un solo studio ha valutato sistematicamente il ruolo della “fusion” nella MitraClip11 su 21 pazienti confrontati con altri 21 in cui è stato utilizzato il monitoraggio tradizionale. La dose totale di radiazioni, il tempo di scopia e il tempo totale della procedura erano simili tra i due gruppi; tuttavia si evidenziava un trend verso una riduzione della dose di radiazione e del tempo di procedura nella seconda metà dei pazienti del gruppo “fusion”, sottolineando l’importanza di un effetto da curva di apprendimento.

Principali limiti della metodica

Oltre ai sopra descritti benefici vanno sicuramente menzionati alcuni dei limiti che la metodica allo stato attuale presenta: i marker di fiducia una volta posizionati non seguono i movimenti dei tessuti molli. Questo rappresenta una possibile fonte di errore soprattutto nelle procedure di chiusura di leak paravalvolare dove i marker posizionati sull’anello mitralico non seguono la sua escursione durante il ciclo cardiaco.

Nelle proiezioni transgastriche, con posizionamento della sonda nello stomaco, la co-registrazione risulta difficile in quanto l’algoritmo non riesce a riconoscerne correttamente la posizione rendendo la “fusion” poco utilizzabile per procedure, ad esempio su valvola tricuspide, che richiedono un monitoraggio principalmente attraverso le proiezioni transgastriche.

Infine, la necessità di compatibilità assoluta tra vendor del sistema ecocardiografico ed angiografico.

CONCLUSIONI

L’imaging di fusione ecocardiografico-fluoroscopico integra le due modalità di imaging in una immagine ibrida, fornendo informazioni aggiuntive grazie all’integrazione su un unico sistema di riferimento delle due metodiche ed ha le potenzialità per diventare una delle metodiche di riferimento per il monitoraggio delle procedure di interventistica strutturale.

RIASSUNTO

Il sistema di imaging “fusion” fluoroscopico-ecocardiografico permette di acquisire immagini sia fluoroscopiche che ecocardiografiche e di co-registrarle, allinearle nello spazio tridimensionale e nel tempo inserendole nello stesso sistema di coordinate. In questo modo le strutture molli visualizzabili con ecocardiografia e le strutture metalliche (cateteri e dispositivi) ben identificabili con la fluoroscopia, vengono mostrate in tempo reale nelle proiezioni fluoroscopiche standard in un’immagine ibrida che risulta altamente informativa e di più facile comprensione. In questa rassegna verranno descritti i principi tecnici e le applicazioni cliniche della metodica nelle principali procedure di interventistica strutturale.

Parole chiave. Ecocardiografia; Fusion imaging; Interventistica cardiaca strutturale.

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