Prevenzione cardiovascolare
nel cambiamento d’epoca

Diego Vanuzzo1, Simona Giampaoli2, Francesco Fedele1, Giuseppe Mercuro1, Michele Massimo Gulizia1,
Francesco Romeo1, Domenico Gabrielli1, Andrea Di Lenarda1

1Federazione Italiana di Cardiologia

2Istituto Superiore di Sanità, Roma

Non c’è dubbio che viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti ed anche la società italiana ne risente profondamente. I media, vecchi e nuovi, ci riferiscono degli effetti perduranti della crisi economica del 2008 e della globalizzazione, spesso commentati con quella che viene detta “post-verità” – definita dalla Treccani come “argomentazione, caratterizzata da un forte appello all’emotività, che basandosi su credenze diffuse e non su fatti verificati tende a essere accettata come veritiera, influenzando l’opinione pubblica1. Fortunatamente ci sono studiosi di scienze sociali ed economiche all’opera per capire ciò che sta succedendo e ipotizzare possibili scenari di azione ed alcuni hanno ripreso il concetto del “cambiamento d’epoca” (a solo titolo di esempio vedasi la referenza bibliografica 2). Questa premessa ci è sembrata importante per presentare la traduzione italiana delle linee guida europee 2016 sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari (MCV) nella pratica clinica3, uno strumento rilevante per combattere, nel contesto attuale, quelle che rimangono in Italia la prima causa di mortalità (tasso standardizzato del 2014: negli uomini 37.3 per 10 000, nelle donne 26.6 per 10 0004) e di ricovero ospedaliero (14.5% di tutti i ricoveri, circa 1 000 000 di ricoveri su 6 400 000 nel 20155).

Per approfondimenti sul quadro epidemiologico in cui implementare queste linee guida rimandiamo a due pubblicazioni recenti, l’Osservasalute 20154 e il Terzo Atlante Italiano delle Malattie Cardiovascolari6. Dal Rapporto Osservasalute emergono dati preoccupanti: nel 2015 si sono verificate 49 000 morti in più, a fronte delle circa 600 000 morti medie nel 2013 e nel 2014, con conseguente riduzione, per la prima volta dal dopoguerra, della speranza di vita alla nascita: nel 2015 è risultata più bassa di 0.2 anni negli uomini e di 0.4 anni nelle donne rispetto al 2014, attestandosi, rispettivamente, a 80.1 anni e a 84.6 anni; da segnalare inoltre importanti variazioni geografiche con divario negativo per il Sud4. Lo stesso Rapporto Osservasalute, valutando il carico assistenziale della Medicina Generale (database Health Search) consente di stimare che, nel 2015, 4 italiani su 10 (oltre i 14 anni), pari a 23.6 milioni, ricorrevano al medico perché afflitti da patologie croniche, spesso coesistenti, di cui quelle di gran lunga prevalenti erano globalmente quelle cardiovascolari, con una prevalenza per 100 persone, in ordine decrescente: ipertensione arteriosa (28.8%), asma bronchiale (7.6%), diabete mellito di tipo 2 (7.5%), malattie ischemiche del cuore (4.2%), ictus ischemico (4.1%), broncopneumopatia cronica ostruttiva (3%), scompenso cardiaco congestizio (1.3%). Il Terzo Atlante Italiano delle Malattie Cardiovascolari6, derivato dall’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare del Progetto CUORE7, ha utilizzato misurazioni dirette su campioni di popolazione generale tra i 35 e i 74 anni, confermando la significativa prevalenza delle MCV e delle condizioni a rischio, includendo anche le persone ignare dei loro fattori di rischio: in particolare la prevalenza di ipertensione supera il 50%, l’ipercolesterolemia raggiunge il 35%, il diabete il 7-10%, l’obesità e il sovrappeso corporeo insieme riguardano quasi il 70% della popolazione; esso fornisce importanti informazioni sullo stato del controllo di ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, nonché sugli stili di vita corretti, analizzando anche sottogruppi rilevanti come donne in menopausa, anziani dai 75 ai 79 anni, migranti dai 35 ai 79 anni.

La struttura delle linee guida europee 2016 sulla prevenzione delle MCV nella pratica clinica3, analogamente alle precedenti8, verte su quattro quesiti fondamentali: 1) Cos’è la prevenzione delle MCV? 2) Chi può trarne beneficio? 3) Come intervenire? 4) Dove intervenire? Rispetto alle precedenti linee guida la novità principale è stata una maggiore considerazione dell’approccio di popolazione, che nel 2012 era stato esposto in un documento separato9; inoltre una maggiore enfasi è stata posta sugli interventi da attuare nel contesto di determinate patologie (disponibili solo in inglese nella versione online10), a condizioni specifiche delle donne, ai soggetti di giovane età e alle minoranze etniche. In questa sede valuteremo le integrazioni e le possibilità pratiche per rendere più efficace la diffusione e l’impatto di queste linee guida nel nostro Paese. Seguendo l’ordine dei capitoli e dei paragrafi delle linee guida, considereremo in particolare:

– la stima del rischio cardiovascolare globale (sezione 2.1),

– la stima del rischio cardiovascolare a 10 anni vs lifetime (per tutta la vita) (sezione 2.3.3),

– come intervenire a livello di popolazione (sezione 3c): promozione di uno stile di vita sano (sezione 3c.1); approcci di popolazione incentrati sull’alimentazione (sezione 3c.2), sull’attività fisica (sezione 3c.3), sulla cessazione del fumo e dell’uso di altri prodotti del tabacco (sezione 3c.4); gli interventi preventivi contro l’abuso di alcool (sezione 3c.5); ambiente salutare (sezione 3c.6);

– dove intervenire a livello individuale (sezione 4a),

– dove intervenire a livello di popolazione (sezione 4b).

STIMA DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE GLOBALE

Le linee guida europee 2016 sulla prevenzione delle MCV nella pratica clinica3 insistono nella riproposizione dello SCORE come modello per la stima del rischio cardiovascolare nei soggetti adulti di età >40 anni, a meno che non siano già di per sé ad alto o altissimo rischio per la presenza di MCV accertata, diabete mellito (>40 anni), patologia renale o elevati livelli dei singoli fattori di rischio. Al di là di alcune scelte discutibili, che però non toccano l’Italia, come quella di attribuire i modelli predittivi dei paesi a rischio minore (le coorti dell’Europa del Sud, tra cui quelle MONICA italiane) a quei paesi dell’Europa Centro-Settentrionale in cui si è ridotta la mortalità cardiovascolare, si tratta di uno strumento datato, perché i fattori di rischio sono stati raccolti tra il 1972 e il 199111, la maggior parte tra gli anni ’70 e metà degli anni ’80 del secolo scorso, con un follow-up relativamente ridotto (non riportato nella pubblicazione originaria11) e il solo endpoint degli eventi fatali (cardiopatia ischemica, ictus e arteriopatia periferica). Pensiamo pertanto che l’integrazione principale da compiere in Italia a questo livello sia l’adozione degli strumenti ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma per il calcolo del rischio cardiovascolare globale nella popolazione italiana. Si tratta delle carte del rischio e del sistema a punteggio12,13, coerenti con lo strumento SCORE proposto a livello europeo, dato che molte coorti CUORE vi collaborano14 ma superiori per l’inclusione degli eventi coronarici e cerebrovascolari fatali e non fatali, rigorosamente validati e con confronti a livello internazionale15, per la possibilità di stimare il rischio nei soggetti dai 65 ai 69 anni (lo SCORE si ferma a 65 anni), e soprattutto congruenti con un aggiornamento reso possibile dalla disponibilità di nuove coorti provenienti da popolazioni residenti in tutte le regioni e relativo follow-up a livello nazionale16. Le analisi statistiche hanno confermato sia per gli uomini che per le donne il ruolo predittivo dei “classici” fattori di rischio: età, pressione arteriosa sistolica, colesterolemia totale e HDL, abitudine al fumo, diabete e terapia antipertensiva. L’ampliamento delle coorti ha permesso anche di differenziare l’analisi per fasce di età: 35-54 e 55-74 anni; nella fascia più giovane si conferma l’attenzione verso l’importanza della modificazione degli stili di vita, in particolare dell’abolizione dell’abitudine al fumo che aumenta il rischio di 2 volte negli uomini e di 2.5 volte nelle donne e sottolinea che maggiore attenzione va posta verso l’attività fisica e la sana alimentazione e il controllo del peso corporeo. Nella fascia di età 55-74 anni si conferma il ruolo predittivo di tutte la variabili. L’analisi sui nuovi fattori di rischio (familiarità, indice di massa corporea e glicemia) ha evidenziato un ruolo predittivo solo per la glicemia. Si riportano qui le carte del rischio del Progetto CUORE (Figura 1), ricordando che il programma cuore.exe è gratuitamente scaricabile dal sito dell’Istituto Superiore di Sanità per tutti i medici italiani17 e che è disponibile anche una versione online18. In relazione alle equivalenze di rischio con lo SCORE, in prevenzione primaria, il riferimento è indicato in Tabella 1.







STIMA DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE A 10 ANNI VS LIFETIME

Le linee guida 2016 sulla prevenzione delle MCV3 riportano: “Occorre sottolineare, inoltre, che non esistono evidenze che documentino un beneficio della terapia preventiva protratta indefinitamente (es. con antipertensivi o ipolipemizzanti) nei soggetti giovani che presentano un rischio a breve termine basso ma un rischio lifetime elevato. Per tali motivi, quindi, non viene raccomandato di basare sul rischio lifetime la stratificazione del rischio ai fini delle decisioni terapeutiche; tuttavia, al pari del calcolo dell’età in funzione del rischio e del rischio relativo, può rivelarsi uno strumento utile nel comunicare le informazioni sul rischio ai soggetti che, pur presentando elevati livelli dei fattori di rischio, hanno un rischio assoluto di eventi cardiovascolari a 10 anni basso, come nel caso di alcune persone di giovane età”. In Italia Veronesi et al.19 hanno pubblicato un lavoro che dimostra la validità di un approccio combinato tra valutazione del rischio a breve termine (10 anni) e a lungo termine (20 anni), basandosi su dati italiani di buona qualità, in soggetti dai 40 ai 64 anni. Lo studio evidenzia la possibilità di identificare uomini a rischio moderato e donne a rischio basso-moderato che beneficerebbero successivamente di indicazioni preventive. Pensiamo che uno strumento simile, soprattutto se potesse essere reso fruibile online, ad esempio associato al cuore.exe18, supererebbe le obiezioni sopra riportate e potrebbe consentire un follow-up più ravvicinato di questi soggetti, in genere più trascurati. Su cuore.exe scaricabile17 viene comunque calcolato il rischio se la persona smettesse di fumare, riducesse del 10% la colesterolemia e la pressione arteriosa (stima che si può raggiungere con lo stile di vita) e viene calcolato il rischio proiettandolo ad un’età più avanzata dei 10 anni successivi, mantenendo i fattori di rischio allo stesso livello.

COME INTERVENIRE A LIVELLO DI POPOLAZIONE

Promozione di uno stile di vita sano

Nell’introduzione a questo importante capitolo, le linee guida 2016 sulla prevenzione delle MCV3 non riportano adeguatamente il concetto del “basso rischio” o “rischio favorevole” che andrebbe implementato sin dall’infanzia e mantenuto per tutta la vita. Infatti si sono sviluppate ricerche per studiare il ruolo benefico che ne deriva mantenendo bassi i livelli dei fattori di rischio nel corso della vita. Purtroppo questi studi sono lunghi e costosi in quanto sono poche le persone che mantengono il profilo di rischio favorevole nel corso della vita (siamo intorno al 3-5% in base all’età e il sesso6) e soprattutto si tratta di persone che si ammalano raramente, pertanto per poter dimostrare l’effetto benefico c’è bisogno di osservare coorti di numerosità elevata e per molti anni. Quelli più significativi hanno dato risultati incontrovertibili:

– le persone a basso rischio hanno maggiore aspettativa di vita20;

– quando il livello dei fattori di rischio viene mantenuto ad un livello basso attraverso gli stili di vita fin dalla giovane età, la qualità di vita, valutata dall’autodichiarazione sulla capacità di salire le scale, camminare, portare dei pesi, è migliore in età avanzata21;

– quando il livello dei fattori di rischio viene mantenuto ad un livello basso attraverso gli stili di vita fin dalla giovane età, i costi per le cure sanitarie negli ultimi anni di vita sono minori22;

– anche le persone a basso rischio con livello socio-economico sfavorevole si ammalano meno rispetto a quelle a rischio alto23;

– questa associazione è dimostrata anche nelle diverse etnie24 e ciò può essere molto utile in Italia, dato il crescente afflusso di migranti di diverse etnie;

– mantenere uno stile di vita sano nel corso della vita è fortemente associato al profilo di rischio favorevole in età media; le persone a rischio basso in età giovane sono state osservate a varie scadenze (anno 0, anno 7 e anno 20) e coloro che avevano mantenuto 4 comportamenti salutari nei 20 anni mantenevano la prevalenza di basso rischio in più del 50% dei casi; il basso rischio era prevalente anche per coloro che cominciavano a seguire i 4 comportamenti salutari durante il corso della vita, anche se alla linea base non li adottavano (ovviamente no fumo, indice di massa corporea <25 kg/m2, poco alcool, alimentazione sana e attività fisica)25. Questo risultato è importante perché dimostra che il basso rischio non dipende dalla genetica, ma dallo stile di vita: si può cominciare a qualsiasi età e il beneficio è assicurato;

– gli stili di vita salutari (no fumo, poco alcool, attività fisica e vitamina C come proxy del consumo di frutta e verdura) valutati anche in una coorte inglese a 9 e 14 anni di follow-up, hanno comportato una riduzione non solo della mortalità cardiovascolare, ma anche della mortalità totale, per tumori e per altre cause26;

– in Italia, nel Progetto CUORE, su una popolazione di oltre 5000 uomini e 9000 donne dai 35 ai 69 anni, esenti da MCV manifeste al basale, i soggetti definiti “a rischio favorevole” in base a colesterolo totale <200 mg/dl, pressione arteriosa sistolica ≤120 mmHg e diastolica ≤80 mmHg, non trattati con antipertensivi, indice di massa corporea <25 kg/m2, non diabetici e non fumatori, erano solo il 2.7% del totale (1.4% degli uomini e 3.4% delle donne): in essi, in 10 anni di follow-up non si sono verificati eventi coronarici negli uomini e solo 2 nelle donne (su 439), in nessuno si è verificato un evento cerebrovascolare27,28.

Approcci di popolazione incentrati sull’alimentazione, sull’attività fisica, sulla cessazione del fumo e dell’uso di altri prodotti del tabacco, interventi preventivi contro l’abuso di alcool e ambiente salutare

Su questi temi un gruppo di operatori sanitari che ha operato a lungo nella progettazione ed attuazione dei Piani Regionali di Prevenzione della Regione Friuli Venezia Giulia, con l’aiuto di esperti nazionali, ha sviluppato una riflessione articolata sulla prevenzione cardiovascolare e sulla promozione della salute, che include questi temi e che riteniamo possa interessare i cardiologi italiani, disponibile nel sito web della Regione Friuli Venezia Giulia29. A livello nazionale il Programma “Guadagnare salute”30 offre molti strumenti operativi ed esperienze significative al riguardo. Senza entrare nei dettagli, quello che preme qui ricordare e che potrebbe essere rilanciato a livello nazionale è l’integrazione tra iniziative promosse dalle istituzioni (top-down) e quelle derivanti dall’azione di Associazioni Scientifiche e Fondazioni cardiovascolari (bottom-up), come vedremo più avanti (paragrafo “Dove intervenire a livello di popolazione”).

DOVE INTERVENIRE A LIVELLO INDIVIDUALE

Le linee guida 2016 sulla prevenzione delle MCV3 descrivono gli interventi di prevenzione delle MCV nell’assistenza primaria e in ambito di ricovero ospedaliero per evento acuto, i programmi specializzati di prevenzione (specie riabilitativi), i modelli riabilitativi alternativi, il mantenimento delle modifiche dello stile di vita e come monitorare gli interventi preventivi. In Italia, con la regionalizzazione della sanità è difficile avere modelli omogenei per implementare questi interventi, e a livello del Piano Nazionale della Prevenzione 2014-201831 la prevenzione delle malattie cronico-degenerative viene considerata nel suo insieme. Qui ci preme sottolineare l’insostituibile ruolo culturale che possono svolgere le Associazioni Scientifiche, in particolare la Federazione Italiana di Cardiologia, per diffondere e rendere operative queste linee guida fra i professionisti sanitari del Paese. Oltre alla pubblicazione della traduzione in questo numero del Giornale Italiano di Cardiologia, potrebbero essere progettati e realizzati eventi formativi ECM sia residenziali che di formazione a distanza dedicati all’argomento. Esperienze positive sono state già realizzate con le precedenti linee guida e fondi ad hoc per una formazione indipendente degli operatori sanitari potrebbero essere stanziati dal Ministero della Salute nel contesto della recentissima “Alleanza Italiana per le Malattie Cardio-Cerebrovascolari”, sottoscritta il 18 maggio 2017 al Ministero della Salute da 32 Federazioni/Società di cardiologia e neurologia, medicina interna, medici di medicina generale, pediatri, farmacisti e Associazioni di pazienti32. Un’altra iniziativa interessante in prevenzione primaria, già in atto in alcune regioni, potrebbe essere la promozione della classificazione sistematica del rischio cardiovascolare per l’attivazione dei percorsi clinici appropriati di screening ed eventuale intervento, in collaborazione con la medicina generale e il personale dei distretti sanitari.

DOVE INTERVENIRE A LIVELLO DI POPOLAZIONE

Le linee guida 2016 sulla prevenzione delle MCV3 descrivono le azioni di pertinenza di autorità governative e sanità pubblica e quelle delle organizzazioni non governative. Relativamente a queste ultime, vorremmo soffermarci sul ruolo importante giocato dalle Fondazioni derivate dalle principali Associazioni Scientifiche dei cardiologi italiani. Nei siti web della Fondazione per il Tuo Cuore33 e della Fondazione “Il cuore siamo noi”34 sono descritte numerose iniziative per la prevenzione cardiovascolare a livello di popolazione. È significativo che entrambe le Fondazioni abbiano identificato i giovani come soggetto fondamentale dell’azione preventiva, con progetti – fra gli altri – come “La scuola per il tuo cuore”33 ed un vasto progetto di screening elettrocardiografico nelle scuole34, che ha portato sinora all’esecuzione di 20 126 elettrocardiogrammi ed a pubblicazioni di rilievo su riviste internazionali35. Allo stesso modo iniziative di popolazione sullo screening cardiovascolare ed elettrocardiografico come il progetto “Banca del Cuore”, promosso attualmente dalla Fondazione per il Tuo cuore, sta trovando l’adesione di migliaia di nostri connazionali in tutte le regioni italiane. Infine altri gruppi di popolazione a rischio stanno emergendo nella nostra società, anche per le mutate abitudini riproduttive: i risultati epidemiologici recenti hanno dimostrato una prevalenza dei fattori di rischio ed un tasso di mortalità cardiovascolare più elevati in individui nati pretermine e/o con un basso peso alla nascita, i quali dovrebbero beneficiare di un follow-up precoce e prolungato36. Il parternariato delle Fondazioni per il cuore con le istituzioni può quindi giocare un ruolo chiave per settori di popolazione “orfani” di iniziative preventive, come i giovani, le donne, i nati pretermine, i migranti, gli strati di popolazione più disagiati a livello socio-economico. Quest’ultimo tema è stato sollevato nell’incontro per l’Alleanza Italiana per le Malattie Cardio-Cerebrovascolari32 e confidiamo in sviluppi concreti.

A conclusione di queste considerazioni ci permettiamo di riflettere sui modelli da sviluppare in Italia per promuovere la salute cardiovascolare a tutti i livelli, obiettivo dichiarato delle linee guida 2016 sulla prevenzione delle MCV3. Nel tempo del cambiamento d’epoca cui abbiamo accennato, un approccio partecipativo alla promozione della salute e del benessere può rappresentare uno scenario adeguato. In un editoriale apparso su questo Giornale37 il citato gruppo del Friuli Venezia Giulia aveva già lanciato alcune idee, ma certamente un quadro più autorevole e di contesto teorico ci viene fornito da studiosi ed esperti di alto profilo che descrivono le 4 P dello spettro di salute: un continuo predittivo, preventivo, personalizzato e partecipativo per aumentare il tempo in cui una persona è sana38. La predizione delle disfunzioni e l’identificazione dei precursori di malattia sono temi centrali della medicina predittiva: marcatori biologici derivati dai vari “omics” cominciano ad apparire39, ma qui è necessario un adeguato investimento pubblico per la ricerca. La prevenzione deve iniziare da quella “primordiale” per evitare l’insorgenza dei fattori di rischio ed essere adeguatamente estesa alla primaria e secondaria, compresa la riabilitazione. La personalizzazione dell’intervento è un altro fattore fondamentale in prevenzione e l’identificazione dei fenotipi dei non rispondenti richiede una ricerca specifica per superare questa barriera. La partecipazione agli interventi preventivi è un fattore decisivo di successo: per favorire il coinvolgimento dell’individuo nelle azioni predittive e preventive è molto importante la sua “alfabetizzazione sanitaria”, definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “la conoscenza, la motivazione e le competenze delle persone per accedere, comprendere, valutare e applicare informazioni in materia di salute, per esprimere giudizi e prendere decisioni nella vita quotidiana riguardanti l’assistenza sanitaria, la prevenzione delle malattie e la promozione della salute al fine di mantenere o migliorare la qualità della vita durante il corso della vita40. Infine non può mancare un adeguato sistema di sorveglianza, con misure dirette su campioni di popolazione, per la valutazione nel tempo della prevalenza delle MCV, dei loro fattori di rischio e dello stato del controllo di quelli modificabili: è uno strumento imprescindibile per una buona valutazione e programmazione. Come si vede, la strada da fare è lunga, ma come cardiologi ed esperti di sanità pubblica pensiamo che le nostre Associazioni e Fondazioni, assieme alle Associazioni dei cittadini ed alle Istituzioni abbiano la volontà, la forza e il coraggio per migliorare la salute cardiovascolare in Italia, nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo. Ci danno conforto le parole che Papa Francesco ha rivolto ai partecipanti al Congresso Europeo di Cardiologia di Roma nel 2016: “Vi rinnovo il mio apprezzamento per il vostro lavoro - anch’io sono stato nelle mani di alcuni di voi – e chiedo al Signore di benedire la ricerca e la cura medica, in modo che a tutti possa giungere il sollievo dal dolore, una maggior qualità della vita e un accresciuto senso di speranza, e quella lotta di tutti i giorni perché non ci siano ‘scartati’ nella vita umana e nella pienezza della vita umana41.

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