In questo numero

rassegne




Il magico mondo dello speckle tracking imaging

Nel corso degli ultimi anni lo studio della funzione miocardica ha conosciuto un rinnovato interesse. Questo è in gran parte dovuto al fatto che recenti tecniche ultrasonore, come lo speckle tracking imaging, hanno consentito di ottenere nella pratica clinica nuovi parametri di funzione miocardica globale e regionale, che si sono aggiunti alle classiche valutazioni di frazione di eiezione, gittata sistolica e allo studio della cinesi parietale ventricolare. Il fascino dello speckle tracking deriva dal fatto che consente, per la prima volta per una metodica ecocardiografica bidimensionale, una ricostruzione della deformazione spaziale del miocardio del ventricolo sinistro in varie direzioni: radiale, circonferenziale, longitudinale e rotazionale. La rassegna di Matteo Cameli et al. costituisce una vera e propria guida teorico-pratica, un piccolo manuale, che conduce il lettore per mano nel “magico” mondo dell’ecocardiografia speckle tracking illustrando passo passo le basi teoriche, come eseguire le acquisizioni e come effettuare le analisi post-hoc, per poi spiegare in dettaglio tutte le possibili applicazioni pratiche nei diversi contesti e scenari clinici sulla base delle evidenze scientifiche disponibili, non trascurando di citare anche i limiti della metodica. •




La “nuova” valutazione ecocardiografica dell’insufficienza mitralica

Grazie all’ampia varietà delle tecniche chirurgiche riparative per l’insufficienza mitralica disponibili oggi e all’introduzione di nuove tecniche riparative percutanee (MitraClip, Neocorde, Cardioband, impianti percutanei di protesi valvolari), stiamo assistendo a una vera e propria rinascita della valutazione ecocardiografica dell’insufficienza mitralica, anche grazie alla disponibilità di nuove tecniche di imaging quali l’ecocardiografia tridimensionale. Il linguaggio ecocardiografico si sta evolvendo da un’era teorico-nosografica fatta di schemi classificativi che hanno riempito i libri di cardiologia verso un’era basata sul pragmatismo dove la prima necessità è quella di soddisfare bisogni pratici, parlare un linguaggio comune tra cardiologo e cardiochirurgo che hanno bisogno di descrivere la realtà in modo utile per prendere decisioni. In questa rassegna Donato Mele et al. propongono una disamina completa sull’insufficienza mitralica focalizzandosi su come effettuare una precisa valutazione ecocardiografica finalizzata al tipo di riparazione chirurgica o percutanea. La rassegna parte dai richiami di anatomia valvolare per poi fornirci le precise definizioni anatomiche che si utilizzano prevalentemente nel mondo cardiochirurgico, una panoramica completa su insufficienza mitralica organica e funzionale, fino ad insegnarci come eseguire una valutazione ecocardiografica in ottica del tipo di riparazione, ovvero sapendo valutare gli elementi predittivi per una buona e duratura riuscita dell’intervento. L’articolo passa inoltre in rassegna le tecniche tradizionali chirurgiche di riparazione dell’insufficienza mitralica e le novità in termini di riparazione percutanea. Infine, ci aiuta a capire come specifiche tecniche ecocardiografiche, quali lo speckle tracking e l’ecocardiografia da sforzo, possano essere di aiuto in determinate situazioni non solo per quantificare meglio l’entità del rigurgito ma anche per capire meglio le indicazioni alle tecniche riparative. •




La risonanza magnetica: gold standard per la caratterizzazione non invasiva in vivo dei tumori cardiaci

La valutazione delle masse cardiache o paracardiache costituisce per il cardiologo una sfida diagnostica e terapeutica rilevante. Le tecniche di imaging sono preziose per una precisa valutazione e l’ecocardiogramma rappresenta senza dubbio la tecnica di primo livello. Tuttavia, la risonanza magnetica è l’unica tecnica di imaging che consente una caratterizzazione tissutale in vivo ed è quindi divenuta il gold standard per la caratterizzazione non invasiva dei tessuti molli. Francesco Bianco et al. ci propongono una revisione narrativa sulla masse cardiache di più frequente riscontro e ci conducono per mano nel capire le enormi potenzialità della risonanza magnetica quale metodica di imaging in grado di fornire una caratterizzazione tissutale specifica di tali formazioni. La rassegna ci racconta in maniera molto dettagliata le specifiche tecniche di acquisizione che offre questa metodica, entrando nel dettaglio sulle sequenze e i tipi di pesatura utili in ogni tipo di massa. Fornisce spiegazioni e strumenti per guidare il cardiologo nella diagnosi differenziale tra masse cardiache di natura neoplastica e non neoplastica, insegnare a riconoscere le masse neoplastiche benigne da quelle maligne, caratterizzare per quanto possibile il tipo istologico, valutare l’eventuale grado di infiltrazione o espansione della massa in pericardio e fornire la scelta della tecnica per la resezione chirurgica. •




Nuove problematiche all’orizzonte per i dispositivi elettronici impiantabili

Un problema che sta emergendo con frequenza esponenziale riguarda i dispositivi elettronici cardiaci impiantabili (pacemaker, defibrillatori e loop recorder) e la loro possibile interferenza con apparecchiature elettromedicali o strumenti di uso quotidiano che emettono frequenze elettromagnetiche (es. telefoni cellulari o lettori di musica digitale). Le interferenze elettromagnetiche sono infatti potenzialmente in grado di interagire con il normale funzionamento dei circuiti elettronici presenti all’interno di tali dispositivi causando problemi di malfunzionamento temporaneo o permanente (es. inibizione della stimolazione, stimolazione asincrona, erogazione di terapie inappropriate a causa di oversensing) o addirittura effetti biologici quali il riscaldamento dei tessuti. In ambito medico, l’attenzione maggiore è rivolta alla compatibilità di tali dispositivi con la risonanza magnetica, ma interazioni potenzialmente pericolose esistono anche con le radiazioni ionizzanti (principio cardine della radioterapia), l’elettrocoagulazione chirurgica o l’elettrostimolazione neuromuscolare. L’articolo di Valentina Ribatti et al. affronta in maniera sistematica e dettagliata queste problematiche che rappresentano oggi oggetto di crescente attenzione da parte sia dell’industria biomedica sia della comunità scientifica. Oggi infatti la nuova strada intrapresa da parte delle case costruttrici è quella di sviluppare, testare e lanciare sul mercato dispositivi certificati come “MRI conditional” o compatibili (che rendono comunque obbligatorie precauzioni codificate); tuttavia siamo ancora lontani dall’avere dispositivi che possano essere considerati “MRI safe”. Questa tematica apre un nuovo capitolo che coinvolge l’industria dei dispositivi impiantabili, gli organismi di regolamentazione e i produttori di emettitori di campi elettromagnetici, per delineare precise linee guida comportamentali e validi strumenti di prevenzione, incluso un sistema di etichettatura che sia il più possibile chiaro e univoco. •




Un massaggio automatico in soccorso del cuore…

Il ”tempo è muscolo” è uno dei leitmotiv della Cardiologia moderna. Questo vale sia nell’ambito dell’angioplastica primaria sia (e soprattutto) nell’ambito dell’arresto cardiaco refrattario al primo intervento. L’ultimo decennio è stato caratterizzato dallo sviluppo delle reti per la gestione dell’emergenza cardiologica e dallo sviluppo di nuovi e sempre più efficaci presidi per il trattamento delle emergenze e dell’arresto cardiaco. I massaggiatori cardiaci esterni sono forse uno dei presidi che meno si sono diffusi nel territorio e nell’uso quotidiano. In questa breve rassegna, Alessandra Russo et al. evidenziano pregi e difetti dei massaggiatori automatici esterni, spiegandocene i motivi. Gli autori descrivono i principali modelli disponibili in commercio, come possono e dovrebbero essere implementati in una rete per la gestione dell’emergenza cardiologica. In aggiunta si soffermano sui principali studi clinici che sono stati eseguiti con questi dispositivi. Come correttamente sottolineano gli autori, questi studi non hanno dimostrato una netta superiorità rispetto alla rianimazione cardiopolmonare tradizionale. Nonostante questo un uso selettivo e mirato, in una rete per l’emergenza ben organizzata, potrebbe coadiuvare la gestione degli arresti cardiaci refrattari contribuendo ad aumentare le possibilità di sopravvivenza o minimizzare i danni agli organi vitali. •

studio osservazionale




Un po’ di lavoro di squadra al giorno toglie la radiazione di torno

L’incremento di esposizione a radiazioni ionizzanti per procedure diagnostiche è uno dei maggiori problemi della medicina contemporanea. L’angiografia coronarica con tomografia computerizzata multidetettore rientra di pieno diritto in questo scenario. Infatti l’esecuzione di questo esame è associata a un carico radiante non indifferente per i soggetti o pazienti che vi sottopongono. L’interessante lavoro di Massimo Magnacca et al. cerca di dimostrare l’impatto che alcune semplici manovre possono avere sulla quota di radiazioni emesse nel corso dell’esame. Analizzando in modo retrospettivo i dati da circa 1000 soggetti, gli autori dimostrano chiaramente come sia possibile garantire un’alta qualità dell’esame con una minore esposizione a radiazioni ionizzanti. Tale risultato è possibile integrando cardiologo e radiologo in 3 semplici step: accurata selezione del paziente e dell’indicazione all’esame; ottenimento di una bassa frequenza cardiaca sempre <60 b/min; applicazione sistematica con macchine di ultima generazione di protocolli triggerati sull’ECG, ad aree limitate del torace e con esposizioni molto basse. •

casi clinici




Al peggio non c’è mai limite…

Paolo Canova et al. ci raccontano la gestione clinica e l’esito di un caso in cui diverse complicanze e problematiche si sono concentrate. Si tratta di un paziente ammesso per infarto miocardico che durante la procedura di angioplastica coronarica è andato incontro a dissezione aortica iatrogena. Gli autori ci descrivono con maestria la gestione della complicanza facendo anche un’adeguata disamina della letteratura disponibile. E quando tutto sembra volgere a buon fine, poiché al peggio non c’è mai limite, una recidiva di infarto complica ulteriormente la gestione del caso. Nonostante questo, come dimostrano gli autori, imparando dalla propria esperienza e dalla letteratura si può sempre trovare una via di uscita. •




C’è sempre una soluzione per ogni problema

Ogni procedura di cardiologia interventistica è associata a un non trascurabile rischio di complicanze. Allo stesso modo è ben noto che tale rischio di complicanze sia direttamente proporzionale alla complessità del paziente e della procedura stessa. Le procedure di impianto transcatetere di valvola aortica (TAVI) sono a tal proposito paradigmatiche. Sono procedure complesse che si eseguono in pazienti anziani con plurime comorbilità. Emanuele Cigala et al. ci descrivono una inusuale complicanza proprio durante una procedura di TAVI. Gli autori descrivono come gestire brillantemente una dissezione importante dell’aorta discendente, dimostrando come la piena conoscenza di diverse tecniche e procedure può aiutare a uscire brillantemente anche dalle situazioni più complesse. •